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Autore: Mirin    23/09/2013    3 recensioni
Qualche ora dopo, Ino aprì gli occhi, trovandosi stranamente pesante. Forse il sonno l’aveva intontita.
Si portò una mano alla testa che girava, sentendosi debole ed acciaccata: la caduta non era stata esattamente morbida, aveva la schiena a pezzi. Si tirò su a sedere con cautela e si tastò le spalle robuste alla ricerca di qualche rot- frena. Spalle robuste? Ma se lei era esile come un grissino!
La sua mano proseguì lungo il braccio, tonico, scolpito, massiccio. La tecnica le aveva fatto mettere su massa muscolare? Lo trovava improbabile. Era un tecnica che agiva sulla mente dell’avversario, di certo non sul corpo; e se anche fosse stato, di certo non avrebbe agito sul suo stesso corpo!
«Ma che succede?» chiese, la voce roca incrinata dalla rabbia.
Voce roca?

The Night Is White. White Midnight 2013 -from twothousand and seven, still here.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara | Coppie: Shikamaru/Ino
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Naruto Shippuuden
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IMPORTANTE: Per parecchio, prima di scrivere il continuo, mi sono chiesta che tipo di genere usare per pronomi ed aggettivi. Ho deciso che li accorderò all’aspetto fisico, quindi quando Ino (ovvero Inomaru) si rivolgerà a Shikamaru (ovvero Shikako), scriverò “le disse” anche se Shikamaru è maschio, ma apparendo femmina… Oppure, quando dovrò usare un pronome anziché il nome vero e proprio, userò “lui” per indicare Inomaru, “lei” per indicare Shikako.
Ovviamente, quando si parla di Inomaru si parla di Ino nel corpo di Shikamaru, quando si parla di Shikako si parla di Shikamaru nel corpo di Ino. Ci tengo a precisare, inoltre, che cercherò di limitare questo espediente, quindi tenete sempre presente che quando leggerete “Shikamaru” si parla del corpo di Shikamaru, quindi in sintesi di Ino -e, ovviamente, viceversa. Spero che sia tutto chiaro. Buona lettura, ci ritroviamo alla fine!

Shikako lo guardò come se stesse impazzendo.
«Non puoi fare sul serio!» sbottò, allibita. Tutto ciò era semplicemente assurdo. Lui… nel corpo di Ino? No! Era impensabile e soprattutto inaccettabile! Cosa ne sarebbe stato dei suoi pisolini sull’erba e sui tetti, delle sigarette sbocconcellate una volta ogni tanto, delle giornate passate a guardare le nuvole e dividere patatine con Choji, delle sue partite a shoji con Shikaku?
Eppure lo vedeva con i suoi occhi. Osservava il suo corpo contrarsi nervoso -non si era mai accorto prima di quanto fosse alto-, i pugni stretti, le labbra morse con voracità, gli occhi nocciola che evitavano i suoi -deglutì forzatamente- cerulei.
«Dimmi che almeno sai come sciogliere la tecnica» mormorò, disperata «che puoi annullare l’effetto.»
«No che non posso!» sbraitò, arrabbiato «non c’era niente del genere sul rotolo!»
Shikamaru si morse la lingua: si era fatto scappare ancora una volta troppe cose.
Ino, per l’appunto, chiese: «Rotolo?»
Poi pestò i piedi, furente. Nemmeno lui poteva essere così stupido!
«Ino, non dirmi che hai preso il rotolo senza permesso!» gridò, la voce acuta ormai stridula.
Si rese conto che era difficile modulare il tono con quella voce delicata, soprattutto se gridava a quel modo. Cercò di abbassarla, ma era impossibile per come era arrabbiata/o.
«Ti rendi conto che hai infranto una delle leggi più sacre dei nostri clan, non è così?» sibilò minacciosa, incatenandolo con lo sguardo.
Shikamaru si accorse che i propri occhi azzurri erano una vera condanna, attiravano come due calamite. Però era bello poter guardare quello spaccone dall’alto, una volta tanto.
«Non sei nella posizione per farmi la predica, Shikamaru!»
«CHI È CHE HA RUBATO IL ROTOLO DA SOTTO AL NASO DEL PROPRIO PADRE NONCHÉ CAPOCLAN PER “IMPARARE” UNA TECNICA CHE NEMMENO SA PRONUNCIARE?!»
Shikamaru digrignò i denti: possibile che avesse sempre ragione? Le avrebbe tirato volentieri una sberla, se non fosse stato un comportamento troppo infantile persino per lui.
«Ho detto che mi dispiace!» ripose, infuriato.
«Non lo hai fatto!» ribatté Ino, sull’orlo di una crisi isterica «E se anche lo facessi, non varrebbe nulla! Ti rendi conto di che diavolo hai combinato?! Ora che dovrei fare secondo te? Andare in giro come se nulla fosse?! COME UNA DONNA?!»
Shikamaru la guardò con occhi di brace, i lineamenti deformati dalla rabbia.
«D’accordo, bene! Ora andrò a dire a mio padre che ho trasgredito una delle regole fondamentali del nostro clan e mi farò ESILIARE DA KONOHA! Sei contento?!» esclamò, cieco di rabbia.
Ino sospirò: no, non era contenta. Non voleva che Inomaru passasse un tale guaio, nonostante l’enorme idiozia che aveva combinato.
«Cos’è che andato storto?» domandò, visibilmente più calma.
Anche Shikamaru inspirò e, tanto per fare qualcosa, alzò gli occhi al cielo. Sapeva di averla combinata grossa stavolta e di aver messo il suo compagno in una posizione orrenda, ingabbiato nel corpo di una donna. Anzi, DELLA donna, la femmina per eccellenza, quella più muliebre e seccante: Ino Yamanaka. Poteva solo immaginare come detestasse quella situazione.
«Ho detto “Shinkokan”, “Scambio mentale”. Doveva essere “Shinkokoro Chekku”, “Controllo mentale dello spirito”, ma mi sono impappinata.»
Ino si trattenne dallo scaraventargli una pietra in testa: come si faceva ad essere così maldestri?
Passarono alcuni minuti di pesante silenzio, entrambi troppo imbarazzati e scossi per dire qualunque cosa.
«Che facciamo adesso?» si arrischiò a chiedere Shikamaru, le guance rosate.
«Non lo so» ammise Ino, la quale si nascondeva dietro il ciuffo di capelli biondi. Era un po’ strano abituarsi ad avere la visuale coperta da quel folto schermo dorato, ma tutto sommato non era poi così scomodo; oltretutto doveva per forza conviverci, dato che Ino amava quel pezzo di capelli più di quanto volesse bene ai suoi due migliori amici.
«Sei tu il genio» le ricordò Shikamaru, giungendo le mani dietro la nuca. Che strano. Lo aveva fatto involontariamente, come un riflesso automatico. Forse vedere tante volte Shikamaru che compiva quel gesto glielo aveva impresso nella memoria.
«Beh, tutto quello che ho in mente si basa sul rubare di nuovo quel rotolo alla disperata ricerca di un rimedio» confessò con un sorriso mesto.
«Facciamolo allora!» disse Shikamaru, entusiasta.
Ino lo guardò incredula: «Sei seria?»
«Certo che sì!» confermò con un sorriso gioviale. La sua espressione si incrinò leggermente: «Voglio rimediare al mio errore. So che per te dev’essere una tortura.»
Ino scosse il capo.
«Lascia stare, davvero. Ci usciremo, in un modo o nell’altro» fu tentata di dire “prima o poi”, ma le suonava troppo melodrammatico.
«Nel frattempo, cosa facciamo? Ci comportiamo come se nulla fosse?» propose Shikamaru, un po’ in ansia: e se lei avesse voluto dire la verità? Di certo sarebbe salito a galla tutto e lui rischiava davvero tanto.
«Sì, credo di sì. Non abbiamo scelta» confermò Ino, rassegnata: cos’altro potevano fare?
Shikamaru si diresse verso di lei con un’agilità ed un passo scattante -nonché una fine eleganza- che nessuno gli aveva mai visto addosso. Sembrava davvero affascinante, con quegli atteggiamenti da lord. O, come avrebbe detto Ino, da maggiordomo effeminato.
Le tese la mano con un mezzo sorriso, scostandosi con un gesto teatrale del capo la frangetta dagli occhi.
“Come se non fosse abituata a portare un dannato ciuffo chilometrico” lo rimbrottò mentalmente la bionda, che per l’appunto era impegnata a cacciarsi quella fastidiosa banda dietro l’orecchio.
«Mi dispiace» disse con voce limpida e cristallina il neo-ragazzo, offrendole la possibilità di rimettersi in piedi -e l’implicita collaborazione per tirarsi fuori a vicenda da quel disastroso impiccio.
Ino sospirò pesantemente, sapendo già che non sarebbe stato affatto semplice, ma che di certo non sarebbero arrivati a nulla camminando ognuno per la propria strada. Se volevano ottenere dei risultati, dovevano ottenerli insieme. Avevano già dimostrato d’altronde di essere una grande squadra, no?
«Lascia stare Ino» ripeté, accettando il suo aiuto e tirandosi su. Si batté qualche volta la mano sulla gonna per eliminare la polvere -cercando di trattenersi il più possibile dal rabbrividire di disgusto- e mise insieme un sorriso pigro da rivolgere a Shikamaru.
Il ragazzo ricambiò e non riuscì ad impedirsi di essere fiducioso: lui ed Ino -Shikako- erano capaci di superare qualunque cosa.
 
Qualche ora dopo, una Ino imbarazzata come una ladra entrava in casa di soppiatto.
Stava morendo di vergogna: entrare in una casa non propria e fare finta di averci abitato da sempre? E poi come avrebbe affrontato Inoichi?
“Quell’uomo mi mette paura solamente guardandomi in faccia con quegli occhi verdi” rifletté depressa Shikako, la quale in punta di piedi si dirigeva verso il piano superiore camminando all’incontrario. Aveva sentito dire da alcune persone quand’era piccolo che il demonio avesse gli smeraldi incastonati negli occhi e coltivasse oro per nascondere le corna sulla testa… ora aveva un serio motivo per crederci.
«Ino-chan?»
Strillò come un’ossessa, facendo un capitombolo di testa attraverso sette dolorosissimi e spigolosissimi scalini. Sentì addirittura le punte di legno massello conficcarsi nella schiena, anche cadendo a faccia in giù sul tappeto di fibre bianco polvere.
Inoichi la guardò dalla cima della scala come se fosse impazzita. Effettivamente, con quella testata, ritenne di aver perso molto dei suoi duecento punti di quoziente intellettivo.
Portò una manina alla testa, cercando di massaggiarsi la cute pulsante oltre la matassa di capelli biondi.
«Ino-chan, ti senti bene?» domandò premuroso Inoichi, temendo per la salute mentale della sua bambina.
Ino, mettendo su un sorriso storto e davvero poco rassicurante, corredato da goccioline di sudore alla tempia, annuì tremante; poi, sfruttando la sua agilità da ninja, si ritrovò in un baleno in cima alle scale.
Inoichi la guardò prima sbagliare la porta di camera sua, poi tuffarsi letteralmente oltre la soglia giusta.
«Devo ricordarmi di chiedere a Shikaku se c’è qualche strana febbre in giro» rimuginò lo Yamanaka maggiore, scendendo le scale con passo insicuro e malfermo.
Ino lo sentì scendere con il cuore che le tamburellava nel petto.
“Dissimulazione e nonchalance? Sono un maestro in queste cose” rifletté in modo autoironico, nascondendo il viso di un rosso brillante contro le ginocchia.
Proprio quello che si diceva passare inosservati…
Quando si arrese all’evidenza che no, il pavimento non l’avrebbe inghiottita, si alzò con passo barcollante ed azzardoso, stendendosi sul letto.
Tirò un sospiro di sollievo al constatare che la finestra lì vicino le regalava un ottimo scorcio del cielo, ora scuro e trapunto di belle luci gialle.
Si ricordò che ad Ino piaceva osservare le stelle e non dovette cercare a lungo per trovare un telescopio tirato a lucido nascosto in un angolo. Forse un giorno ci avrebbe guardato dentro, chissà cosa ci avrebbe visto; a dire il vero, provava una certa curiosità. C’erano tanti piccoli dettagli nella vita di Ino che sapeva ma a cui non aveva mai dato particolare importanza: la sua passione per gli astri, la sua fissazione per il viola -quella stanza ne era colma, dalle pareti ai fiori che teneva in una tazzina dai colori vivaci-, il suo speciale rapporto con il genitore.
Le si strinse il cuore mentre si soffermava sulla parete di sinistra, tappezzata di fotografie, tante da rendere invisibile la tonalità di fondo. Molte di esse la ritraevano con Sakura o con le sue amiche, alcune erano con Asuma, tante erano primi piani di lei da bambina in vestiti arancioni svolazzanti o giallo papavero, altre -e questo sorprese davvero l’ospite- erano state scattate insieme a Choji e Shikamaru in varie fasce d’età.
Ma la maggior parte ritraevano la bellissima -ed ormai defunta- madre.
Sapeva poco di lei, tutto quello che era riuscito a cavare tempo addietro dalla bocca di Ino: che era una ninja, molto giovane, e che era stata uccisa durante una missione. Shikaku e Yoshino la conoscevano e, quelle rare volte in cui il discorso finiva sugli Yamanaka, ne parlavano come di una donna speciale e dal cuore d’oro.
Iniziava a capire da chi Ino avesse preso.
Staccò delicatamente una fotografia dalla puntina da disegno che la teneva incollata al muro e la esaminò.
C’era una piccola bambina bionda e i due genitori che la tenevano per mano. La bambina indossava una felpa invernale e dei deliziosi pantaloncini lillà con le scarpine in tinta. Sulla testa tonda teneva calcato un cappello di lana bianco dal pompon grosso e pomposo.
Ino rise: quant’era tenera! E poi aveva un sorriso così dolce, così ingenuo, così caloroso… erano passati anni dall’ultima volta che l’aveva vista sorridere in quel modo.
La donna alla sua destra aveva dei lunghissimi capelli biondo pallido arricciati all’estremità, la pelle d’avorio e gli occhi blu oltremare -impegnati a studiare la piccola- che bucavano l’obiettivo nonostante non ci guardasse dentro.
“Sì, decisamente Ino è tutta sua madre” concordò segretamente Shikako, rimettendo a posto lo scatto con immensa cura. Non si sarebbe mai permessa di rovinare uno dei tesori di Ino, neanche per sbaglio, neanche per ripicca.
Un conto era scambiare accidentalmente i corpi, un altro era ferirla intenzionalmente.
«Ino-chan, ti ci vuole ancora molto?»
Ino arrossì: ma certo, era la donna di casa! Toccava a lui, cioè a LEI, cucinare!
“Ma doveva proprio sbagliarla quella parola, mendokusee!?”
 
Shikamaru, il volto basso, consumava con calma la sua ciotola di riso. Yoshino e Shikaku chiacchieravano del più e del meno, ridendo e prendendosi in giro a vicenda -però se l’uomo osava troppo, la moglie non si faceva scrupoli a picchiarlo con le bacchette.
Shikamaru ogni tanto si permetteva di spiarli da sotto le ciglia e di soffocare un sorriso: erano comici quei due, il loro amore era palese proprio perché non c’era bisogno di paroloni per esprimerlo, bastava che loro semplicemente interagissero l’uno con l’altra per scorgere il forte sentimento che li univa.
Non riuscì a reprimere un leggero rossore al pensiero che quella definizione calzava anche per un’altra coppia.
«Shikamaru, figliolo, oggi sei parecchio pensieroso» si intromise il ninja con le cicatrici con uno sguardo curioso «è successo qualcosa?»
Il ragazzo scosse la testa con un espressione annoiata. Sapeva perfettamente come giocare il suo ruolo, conosceva più che bene le abitudini e gli atteggiamenti di Shikamaru, senza contare che in quanto spia aveva fatto il callo all’assimilazione di identità diverse dalla propria.
«Ino-chan ti ha fatto sudare agli allenamenti, eh?» rincarò il jonin, dandogli un colpo nella schiena. Si impedì di soffocare con il riso e lo mandò giù tutto d’un fiato. Il petto, dopo quella operazione, gli faceva un po’ male.
«Già, mendokusee. Quella donna mi farà impazzire» decise di rispondere in maniera molto in linea con il personaggio, senza dimenticare il classico tic verbale caratteristico del Nara.
«Ah, è proprio per questo che adoro la piccola Ino-chan» si intromise sognante Yoshino, le mani piegate sotto il mento e i gomiti poggiati sul tavolo «se Inoichi me lo proponesse, farei volentieri a cambio con te.»
Shikamaru sorrise: «Accetterebbe volentieri, ne sono certo.»
Shikaku scoppiò in una risata grossa.
«Dai Yoshino, Ino-chan è così carina, non vorrai di certo rovinarla con la tua…» «SHIKAKU NARA, SCEGLI CON CURA LE PAROLE CHE USI, POTREBBERO ESSERE LE TUE ULTIME!»
Shikamaru non riuscì a smettere di avere quell’espressione felice e rilassata mentre l’ennesimo siparietto comico fra i due prendeva vita.
Preso da un automatismo acquisito in quindici anni di vita come massaia di casa Yamanaka, si allungò sul tavolo per sparecchiare.
Shikaku e Yoshino si guardarono a vicenda con gli occhi sbarrati.
«Shikamaru, tesoro, ti senti bene?» tentò la madre, sconvolta -e se Yoshino chiamava il figlio “tesoro”, le opzioni comprendevano il ventaglio morte, premorte, coma, missione suicida o viaggio interminabile… alla meglio.
Shikamaru annuì, nella mano sinistra lo sgrassatore, nella destra la retina di acciaio. Aveva persino indossato i guanti rosa di gomma trovati sul lavandino. Il tutto sarebbe potuto apparire comico… se non fosse stato tremendamente inquietante.
«Andate pure a riposarvi, qui finisco io.»
«Shikamaru?» lo riscosse il padre, ormai preoccupato.
«Davvero, Shikaku-san, sono contento di dare una mano.»
Si morse la lingua: da dove gli era uscito quello “Shikaku-san”? Maledizione!
Passarono alcuni secondi di silenzio, poi, imprevedibilmente, Yoshino scoppiò a ridere.
«Ma certo! È una scommessa con Ino-chan, vero?» asserì, soddisfatta e sorniona.
Shikamaru, trattenendo un sospiro di sollievo, annuì con un espressione rassegnata alla “perché credevate che lo stessi facendo, altrimenti?”. Sia Shikaku che Yoshino, rassicurati, tornarono a ciarlare, mentre Shikamaru-la-casalinga continuava con i suoi lavoretti domestici in silenzio.
In realtà, non gli dispiaceva portare a termine quei piccoli compiti, gli ricordavano l’atmosfera familiare che si era lasciato -temporaneamente, si sperava- alle spalle. Era una delle piccolezze che lo aiutavano a sopportare l’idea di tenere quel corpo così ingombrante e scomodo.
Non aveva mai realmente fatto caso a quanto Shikamaru fosse grosso e robusto e non aveva mai portato tanto peso sulle ossa prima d’ora, anche se quelle ossa erano adattate alla sua corporatura mascolina. Aveva evitato di guardarsi allo specchio da quando aveva messo piede in casa, ma già guardare il piatto sorretto da quelle grandi mani bronzee gli scombussolava lo stomaco.
«…e Inoichi stava per avere un infarto stamattina!» disse Shikaku con uno sbadiglio.
Il cuore si bloccò nel petto di Inomaru: cosa?!
«Cosa è successo ad Inoichi?» si aggiunse bruscamente alla conversazione, evitando di girarsi per far vedere loro la sua espressione terrorizzata.
«Ma no, un guaio con la Cerimonia delle consegne. Praticamente, quell’idiota non riusciva a trovare il rotolo per rimetterlo al sicuro nel suo posto segreto e abbiamo dovuto cercare in tre per tutta la casa, il negozio e la serra!» spiegò Shikaku, contrariato e tediato «mendokusee, immaginati la noia.»
Shikamaru sorrise: tale padre, tale figlio.
Shikamaru sorrise, prima che un brivido gli corresse lungo la spina dorsale.
 
«I… tada…ki-ki… masu.» balbettò Ino, assaggiando l’acqua salata insaporita alle alghe marine che aveva servito in tavola.
Ottimamente disgustosa. Ci si poteva annaffiare le piante… anche se forse era tossica per qualunque essere vivente.
Inoichi si fece coraggio e ne prese una generosa cucchiaiata. Impastò un’espressione al limite del ribrezzo, ma riuscì a stendersi un sorriso sul viso leggermente segnato dalle rughe.
“Gli avessi servito sudore al pomodoro, probabilmente sarebbe stato meglio” rifletté Ino, sfiduciata. Avrebbe dovuto chiedere alla vera Ino qualche ricetta se non avesse voluto avvelenare il povero Inoichi.
«È ottima, zuccherino» ebbe pure il coraggio di mormorare il biondo, cianotico.
Ino non si prese il disturbo di rispondere e annuì, mozza.
Trascorsero alcuni minuti in cui Shikako tentò in tutti i modi di rendere quell’intruglio mangiabile, affogandoci il tofu e persino il wasabi in un gesto disperato. Alla fine decise di rinunciarci, piluccando un po’ di riso dalla sua piccola ciotola -era l’unica cosa che le riuscisse decentemente, se aveva un bollitore elettrico.
Sapendo che ormai non poteva rimandare oltre, la ragazza si schiarì la voce.
«Papà, ma per quanto riguarda il rotolo del clan Yamanaka, dove si trova adesso?»
“E ancora una volta, complimenti per la naturalezza. Una zebra in strada sarebbe meno appariscente”.
Inoichi alzò gli occhi su di Ino con un’espressione divertita.
«Al tempio del Fuoco, piccina. Lo vedrai fra una settimana!» le fece l’occhiolino con aria ammiccante.
Ino avrebbe voluto morire.
 
ladie’s a gentleman! (author’s corner):
In realtà, quando si tratta di long, mi piace pubblicare soltanto se ho il capitolo successivo già pronto, ma stavolta evito di fare tanto la pignola, è la festa di Shikamaru ed Ino, e va festeggiata fin quando se ne ha la possibilità.
Approfitto per fare chiarezza sul titolo della long, nel caso qualche lettore conoscesse il greco antico -oppure non lo conoscesse, in effetti-: “γυνη” (pronuncia “ghiunè”, traslitterazione “gine, gyne”) significa “donna” in greco; “ανηρ” (pronuncia “anèr”, traslitterazione “aner”) significa “uomo”. Come è facilmente intuibile, i nomi sono mescolati tra loro, perché volevo proprio fare intendere questa “mescolanza” fra Ino e Shikamaru, questo twist magistrale (ma de che?).
“Kai” significa semplicemente “e”. Sta lì, giusto perché sennò si dispiaceva. Davvero, è molto sensibile.
Passando al capitolo, spero -come ho detto sopra- di essere stata abbastanza chiara e soprattutto di aver mantenuto l’IC dei personaggi, anche se sono scambiati. xD
Per quando riguarda la situazione familiare di Ino, l’ho inventata di sana pianta, ma non avendo mai visto la madre di Ino (e NO, quella non è la madre di Ino. È semplicemente una donna spuntata a caso dal nulla per colpa di un’inutile filler. NON HA NEANCHE UN NOME) nella mia mente lei ormai non c’è più. Ah, e se vi interessa, si chiama Hoshi. spoiler per chi segue (?) The Old Flames? Chissà.
Qui vediamo all’opera il disagio e l’imbarazzo di Shika, ma non preoccupatevi, nel prossimo ci sarà spazio anche per Ino-chan! Eh, stare nel corpo del bel genio pigro a volte può dare i suoi grattacapi…
FINALMENTE, rispondiamo alle recensioni! Ragazze, giuro, se non rispondo non è per cattiveria, ma perché purtroppo EFP mi dà problemi e non mi permette di farlo! Quando ho delle raccolte a più capitoli, cerco sempre di fare tutto il possibile e le accludo nel capitolo successivo, quindi ne approfitto per scusarmi con i miei recensori che non hanno mai avuto risposta! Gomen nasai gozaimasu!
Tata_cuccioletta: prima di tutto, grazie per la recensione cara! Non sono così arrogante da dire di essere la prima ad aver pensato allo scambio di identità, ma non ho mai visto niente del genere, in nessuna lingua, accostato a Shikamaru ed Ino, e mi è sembrata una bella idea introdurlo ^^
Per quanto riguarda la tecnica, come è spiegato nel capitolo, non era lo Sconvolgimento Spirituale (Shinranshin no Jutsu) ma una tecnica che ho inventato di sana pianta, e sì, Inomaru è proprio Ino nel corpo di Shikamaru! Grazie mille per la recensione!
ryanforever: oh, Ryan, che bello leggerti fra i recensori! Guardare il tuo nome è sempre una gioia, dico sul serio! E poi dai, almeno in questi due giorni ci sono concessi i deliri più stravaganti, è la White Midnight, uno dei giorni più belli dell’anno *^*
Per quanto riguarda la storia, questo è un primo assaggio, nei prossimi ci sarà modo di vedere altro anche in maniera più approfondita e il loro modo di interagire (già mi gusto il pensiero di poter scrivere una cosa del genere *Q*)! Ci sentiamo al prossimo capitolo! (spero xD)

E anche quest’impresa è finita! Per il prossimo capitolo non vi posso promettere un aggiornamento tanto lampo, perché di certo sarà più lungo di questo e la scuola non perdona proprio!
Amore imperituro ai lettori e venerazione ai recensori!
Kiss,
la vostra stanchissima Ladie.

AGGIORNAMENTO DEL 081113 [tratto dalla storia She felt it, when my shadows hold her.] FERMI TUTTI! Mi sono dimenticata l’avviso più importante! Per chi segue Giner kai anè, il prossimo capitolo (“Vita muni cruciatique ratio est”) uscirà durante il periodo natalizio, quindi cave auctorem! Se siete interessati, ecco una piccola anticipazione: “Sospirò, frustrata, mentre si poggiava con la schiena ad un muretto. Individuò tra le persone che camminavano nella strada un alto codino nero e, preda di un isterismo in pieno stile Yamanaka -anche se in realtà era un Nara, ma a quelli si faceva facilmente abitudine-, gli si avventò contro, facendo forza sul collo del giubbotto. «TU!» strillò, sventolandolo come una bandiera. «Calmati!» le impose. Si liberò dalla sua presa e la trascinò in un vicolo più tranquillo. «Ridammi la mia vita» sibilò mortifera. «Non preoccuparti, neanche a me va di velluto» rispose con sufficienza Shikamaru, studiando la figura di Ino. «Aaaah, maledizione! Cosa hai fatto alle mie bellissime mani di fata?!» piagnucolò disperato, prendendole fra le sue e studiandole. C’erano delle piccole escoriazioni sui palmi e lo smalto sulle unghie era scheggiato. Ino si sporse per passargli un dito sulle labbra, poi se lo portò alla bocca e rabbrividì. «Hai messo il lucidalabbra?!» ringhiò la bionda. «Certo, ci sta di incanto!» rispose con nonchalance. Lei strabuzzò gli occhi e lo guardò con aria assassina. «Togliti questa roba immediatamente!» mugghiò paonazza, spingendolo a forza contro il muro. «Non fare il troglodita Shikamaru! Ormai anche i maschi si mettono il rossetto!» ribatté, e fece degli scarsi tentativi per allentare la morsa in cui era soffocato. «Gli effeminati sì! Io no!» «Hai la mentalità dell’uomo di Neanderthal!» «Avrò pure la mentalità di chi ti pare e piace, ma io il rossetto sulle mie labbra non lo tollero!» e passò una mano sulla bocca di Shikamaru per cancellare ogni traccia di appiccicoso sulla sua bocca. «Ino? Shikamaru?» I due si ghiacciarono. Era la voce di Choji.”
   
 
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