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Autore: Defiance    10/10/2013    2 recensioni
Seguito della mia fan fiction, 'Halfblood'.
Scoppiarono tutti a ridere, ma Hermione si fece subito seria e disse piano:
“Magari invece, immagino solo di dover colpire a morte la vecchia me, anche se ormai non esiste più. Credo di essere invidiosa, lei almeno sapeva chi fosse” chiuse gli occhi e sospirò. (Dal prologo).
Un nuovo mestiere per i protagonisti della precedente storia, il loro incontro con un altro mondo e una nuova battaglia che incombe su di loro e sul mondo umano. Si troveranno ad affrontare cose che non avevano mai visto in precedenza e si interrogheranno su quante cose ancora ignorano della Terra.
Faranno nuove conoscenze, avranno delle rivelazioni, segreti e bugie verranno svelati e apprenderanno un nuovo tipo di 'magia'. Correranno rischi e pericoli, ma alla fine, la vita di alcuni dei protagonisti cambierà per sempre.
Halfblood 2 - Città dei Demoni
Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 14
 
 
 
 
“Cos’è successo?” esclamò Harry, la preoccupazione evidente nel suo tono di voce.
Clarisse stava varcando la soglia dell’Istituto, reggendo Annabeth a fatica.
“Demone” spiegò la semidea, con una smorfia di dolore sul volto “Sto bene” aggiunse, mentre la figlia di Ares la deponeva lentamente sul divano.
“Sei sicura?” chiese il ragazzo, sedendosi al suo fianco e tendendo la mano per accarezzarle una guancia.
“Se mi portaste un po’ di ambrosia o di nettare sì, ne sarei sicura” borbottò la semidea, ritraendosi.
Non era una buona idea discutere con lei quando aveva la luna storta.
“Ehm, si… Vado a prendertela io” si propose Ron, precipitandosi verso l’Infermeria.
“Harry… sai che vuol dire questo, per caso?” gli domandò Annabeth mostrandogli la foto che aveva scattato con il cellulare.
“Mmmh, non lo so.. potrebbe essere un marchio?” ipotizzò il ragazzo.
“Andiamo Potter, smettila di vedere marchi dappertutto!” sbottò Draco, staccandosi dal muro cui stava poggiato, con aria stanca e, probabilmente, anche parecchio seccata.
Harry scrollò le spalle.
“Fammi vedere” disse Isabelle, chinandosi sull’oggetto per guardare meglio. “È un pentagono!” esclamò.
“Beh, grazie. Fin lì, ci eravamo arrivate anche noi” dichiarò Clarisse, con aria saccente.
“Voi non capite… servono a evocare i demoni…” chiarì la Cacciatrice.
Annabeth rabbrividì. “Quello che abbiamo affrontato noi? Può essere?”
“No. È troppo grande, credo che fosse un Demone Superiore e fidatevi se vi dico che non lo avreste sconfitto tanto facilmente. Nemmeno noi Shadowhunters ci riusciremmo… almeno, non restando così illesi...” rispose Isabelle, lanciando un’occhiata al fratello.
Alec si voltò e aggiunse “ha ragione… e parlo per esperienza”.
Lui aveva rischiato la vita, qualche anno prima, proprio per colpa di un Demone Superiore, la ‘strega’ Dorothea, che viveva sotto l’appartamento di Clary. E non era stata affatto una bella esperienza.
“Credete che lo abbia evocato Jonathan? A quale scopo?” chiese la figlia di Atena, prendendo il nettare dalle mani di Ron, appena tornato nella sala.
“Tempo fa lui voleva… beh, distruggere tutti i Nephilim” spiegò il Cacciatore.
“Perché?” domandò il rosso, inarcando le sopracciglia.
“Potere… dominio… suppongo. Vuole il sangue degli Shadowhunters. Lui è per metà demone e senza di noi, il mondo cadrebbe nelle loro mani… e vi lascio immaginare quello che potrebbe significare” spiegò Alec, dirigendosi verso la sorella e posandole una mano sulla spalla.
Magnus sapeva perché.
Parlare di Jonathan/Sebastian alla ragazza non piaceva; le faceva riaffiorare brutti ricordi: la morte del fratellino Max avvenuta proprio per mano di quell’essere ignobile e ripugnante, una vendetta tanto aspirata e non ancora ottenuta.
“Distruzione” dedusse Draco, in tono lugubre.
 
 
“Luna, Luna sei tu?”
Domandò Nico, sentendo la porta della sua stanza aprirsi.
Se ne stava rannicchiato sul pavimento, con la schiena appoggiata al letto e lo sguardo fisso nel vuoto.
“Sì. Sono io” rispose la ragazza.
Si avvicinò al semidio e gli si sedette accanto.
“Ti senti bene?” domandò.
Lui scosse la testa.
“Voglio evocare Bianca. Voglio parlare con lei… magari può aiutarci, magari sa cosa sta succedendo!” confessò il ragazzo.
“Nico… sai come la penso” obiettò Luna.
“Si, che i morti debbano essere lasciati in pace… ma, potrebbe essere l’unico modo. Siamo qui da un mese e ancora non abbiamo ottenuto risultati!” esclamò il figlio di Ade. “Non sappiamo come si sta evolvendo la situazione, dove sia Jonathan, cosa stia tramando… Bianca…”
“Bianca non può esserci di aiuto, Nico. I demoni non provengono dal regno dei morti, gli Shadowhunters l’hanno spiegato chiaramente. Vengono da altre dimensioni, esterne alla nostra, esterne agli Inferi” lo interruppe Luna.
Sapeva perché ogni volta che c’era un problema, il semidio diceva di volerne parlare con la sorella morta asserendo che lei poteva aiutarli a capire cosa stesse succedendo… ma Luna ne era sicura, coglieva la minima scusa per provare a parlarle.
A Nico mancava Bianca. Ed era normale.
Erano stati una famiglia, loro due, per la maggior parte della vita del ragazzo… e gli si era spezzato il cuore quando lei aveva deciso di diventare una Cacciatrice di Artemide e ancor più quando aveva ricevuto la notizia della sua morte.
“Nico…” sussurrò, ma il ragazzo scosse la testa e chiuse gli occhi.
“Forse hai ragione. È che mi sento così strano ultimamente, così… irascibile. Per fortuna me ne sto quasi sempre per conto mio, o non so cosa potrebbero pensare gli altri” ammise il figlio di Ade.
“È come se riuscissi a percepire nel mio sangue l’attività demoniaca”
“O forse, senti il dolore che quelle creature causano alle loro vittime. Non sei mai riuscito a stare qui a Manhattan oltre un determinato periodo… magari è questo il motivo” ipotizzò Luna.
Nico la guardò.
Aveva sempre considerato irresistibili i suoi occhi e soprattutto la sua aria trasognata… gli dava l’idea di una ragazza che viveva in un mondo tutto suo.
Era strana, e gli piaceva. Era strana come lui. Lo aveva colpito sin dal primo momento in cui aveva incrociato il suo sguardo.
Tese una mano verso di lei e cominciò a giocherellare con una ciocca dei suoi capelli biondi-argento. 
Sapeva che legarla a lui era un atto di puro egoismo, fare sua una creatura innocente come lei… lui che era così collegato con la morte e la sofferenza… ma non poté più trattenersi.
Avvicinò le sue labbra alle sue e la baciò.
Era rassicurante sapere che qualsiasi cosa fosse successa, qualsiasi cosa fosse andata storta, avrebbe avuto sempre qualcuno su cui contare.
Luna, la sua Luna.
 
Tessa condusse i ragazzi nel salotto della sua abitazione.
Sembrava essere arredata con gusto di altri tempi e ad Hermione fece venire in mente il Pensatoio: era come se si trovasse nel ricordo di qualcuno vissuto un centinaio di anni prima.
La donna li fece accomodare su un soffice divano e si mise a fissarli.
“Herondale, dunque” disse più a sé stessa che ai suoi ospiti, annuendo col capo, pensierosa.
Non riusciva a togliere gli occhi di dosso a Jace, lo fissava da quando era comparsa sulla soglia della casa.
James entrò nel salotto portando un vassoio con del tè e dei tramezzini e quando si chinò per poggiarlo sul tavolino i suoi occhi incrociarono quelli di Jace, e mormorò “oh mio dio”.
Il ragazzo aggrottò le sopracciglia ed esclamò “si, sono bello, lo so. Ma sono etero, mi dispiace.”
La sorella si voltò, per guardarlo con gli occhi sgranati.
Doveva essere sempre così poco modesto?
“Oh, mio, dio” ripetè James “Tessa…”
“Lo so” lo interruppe lei, con gli occhi umidi.
Hermione era confusa. “Sa cosa? Signora, mi scusi, ma siamo qui per avere delle risposte…”
“Gli somigli tanto, sai?” domandò la donna, lo sguardo sempre fisso su Jace, come se ignorasse la presenza di sua sorella.
“Somiglio, a chi?” chiese il Nephilim.
Will…” rispose Jem, che si era seduto sulla poltrona accanto a quella di Tessa, che sospirò.
“Will Herondale” chiarì, spingendo verso i ragazzi una foto.
Hermione la guardò: era vero. Jace somigliava incredibilmente a quel ragazzo, il ragazzo del suo sogno, quello che era chino sul letto di Jem e sussurrava piano il suo nome; sebbene il colore degli occhi e dei capelli fosse completamente diverso, i lineamenti del volto, i muscoli delle braccia, il busto, le espressioni e gli altri caratteri del loro fisico erano quasi identici.
“Chi è?” chiese Hermione, esitando.
“È.. era mio marito” disse Tessa, con un tono malinconico e carico di dolore e nostalgia che le fece rimpiangere di aver posto quella domanda.
“E il mio parabatai” aggiunse Jem.
Era? Mi dispiace tanto, signori..” fece per dire la ragazza ma la donna la interruppe.
“Oh, è successo tanto tempo fa… è morto nel 1937” fu scossa da un singhiozzo.
Cosa?!” esclamò Jace, sgranando gli occhi.
“Magnus ha lasciato a me il compito di raccontarvi tutto vero?” domandò Tessa, socchiudendo gli occhi.
Hermione annuì, imbarazzata.
La donna sospirò e cominciò a raccontare la sua storia.
Raccontò di come Will l’avesse salvata tante di quelle volte, di come si innamorò di lui e anche di Jem, della malattia di quest’ultimo e della sua scelta di diventare un Fratello Silente per poter sopravvivere… raccontò della lotta contro gli automi di Mortmain, di aver visto il marito e tutte le persone a cui teneva di più morire, e di essersene andata prima di vedere i propri figli fare altrettanto. Di come si era riunita a Jem, una volta che lui ebbe trovato una cura per la sua malattia e lasciato i Fratelli Silenti.
Hermione notò come il giovane guardava Tessa, ovvero come se non ci fosse nessun’altra donna al modo e non potè fare a meno di chiedersi se un giorno qualcuno avrebbe fatto lo stesso con lei.
Immaginò la sua forza, nell’accogliere nuovamente Jem a tempo pieno nella sua vita: da come ne parlava, sapeva che sarebbe morto anche lui, ora che non faceva più parte dei Fratelli Silenti.
Intanto, i suoi sogni cominciavano ad avere senso: aveva visto parti del passato della sua famiglia ma a quale scopo?
“Magnus credeva che lei potesse darmi delle risposte, signora” esordì Hermione, quando Tessa ebbe finito di parlare.
Jace era pensieroso… se era così simile a Will, se il loro carattere era così simile, allora c’era una buona probabilità che fosse davvero un Herondale.
Il suo cuore si alleggerì e capì che fino a quel momento aveva ancora dubitato della sua discendenza. E ne aveva tutti i motivi, ovviamente.
“Dammi del tu, Hermione” la esortò la donna. “e chiedi pure”.
“A sentire Amatis, io sono la prima discendente degli Herondale ad avere doti magiche da tanto tempo. Dice che derivano da Celine, mia madre, ma… ma Magnus la pensa diversamente” spiegò la ragazza.
Vide Tessa annuire.
“Che genere, di doti?” domandò.
“Io… ecco, sono una strega… ma non come Magnus… non so spiegarlo” provò a rispondere Hermione, rendendosi conto per la prima volta in vita sua che qualcosa le era sfuggito, che non riusciva ad esprimersi, che non riusciva a capire…
“Io sì. Le tue capacità, derivano da me. Sono una mutaforma, vedi… metà demone e metà Cacciatore. La mia opinione è che il sangue angelico che Valentine ti ha somministrato tramite tua madre, Celine, abbia potenziato le tue capacità, come è successo con Jace o con quella ragazza, Clarissa mi sembra che si chiami…” il cuore di Jace mancò di un battito nell’udire quel nome “il tuo potere è particolare… ma credo che il fatto che si sia manifestato in te, sia questione di… ehm… probabilità? Sai quella cosa genetica che studiano i mondani…” provò a spiegare Tessa.
Hermione afferrò al volo.
“Si, ho capito… ma… perché io ho i poteri di una qualsiasi strega non discendente dai demoni?” chiese ancora.
“Vedi… ragazza mia, so chi sei da quando i tuoi genitori, i Granger, si sono trasferiti qui. Li incontrai una mattina mentre ti stavano portando a fare una passeggiata… ti piegasti per raccogliere un sassolino da terra e ti si alzò la maglietta, così vidi la tua voglia a forma di stella…” raccontò la donna “iniziai a sospettare e decisi di indagare. Qualcosa di te deriva da me, il tuo potere di mutare forma.. ma il resto… beh il caso ha voluto che tu fossi una ‘Nata Babbana’ a tutti gli effetti… solo che i tuoi genitori erano Cacciatori e non Babbani… che io sappia, un caso unico nel suo genere”
“Mu… mutare forma? Ma io non sono un Metamorfomago! Tonks lo era… ed era così dalla nascita, utilizzava il suo potere involontariamente già da bambina.. a me non è mai capitato nulla del genere!” obiettò lei.
Tutti la fissavano confusi e accigliati. Metamorfomago? Ma di che accidenti stava parlando?!
Hermione fece cenno di lasciar perdere, rassegnata.
“Riconosco qualcuno con il mio stesso potere, quando lo vedo” replicò decisa Tessa “Hai qualcosa che non appartiene a te? Posso dimostrarti che non mi sbaglio”.
“Qualcosa, tipo?” domandò confusa Hermione.
“Una collana, un anello, una ciocca di…”
La donna non finì di pronunciare la frase che la ragazza aveva già staccato una ciocca di capelli dalla testa di Jace, che si portò una mano nel punto dove aveva avvertito lo strappo.
“Ehi!” esclamò lui, contrariato.
“Scusami, questione di abitudine” si giustificò Hermione, ripensando a quando aveva preparato la pozione polisucco per la prima volta, al secondo anno anche se non gli era andata piuttosto bene e a quando, due anni prima, aveva strappato a forza una ciocca di capelli ad Harry… represse l’istinto di sorridere a quel ricordo. Sebbene quel periodo fosse stato difficile, sebbene tutta la sua infanzia sia stata scandita dal pericolo, lei ci era legata e vedeva il buono di ogni momento vissuto con i suoi amici.
“Stringi la ciocca tra le mani e concentrati. Chiudi gli occhi e attaccati alla vita in essi contenuta. Lasciati invadere dall’anima che rappresentano” la istruì Tessa.
Jace le fissava perplesso, Jem invece appariva curioso di vedere se la ragazza ci sarebbe riuscita.
Hermione sospirò e provò ad eseguire quanto le era stato detto.
All’inizio non successe niente e si chiese se quella donna non fosse una pazza, ma poi si sentì stringere da una sensazione simile a quella del momento della smaterializzazione; fu avvolta dalle tenebre e percepì il suo corpo mutare: le piccole mani sostituite da mani forti, la sua statura che si innalzava, i capelli che si accorciavano e si schiarivano… quando riaprì gli occhi, notò che tutti avevano il fiato sospeso, eccetto Tessa, che sorrideva smagliante.
Hermione si guardò, guardò il suo corpo… no. Non il suo corpo… il corpo di Jace. Era davvero diventata suo fratello!
Riusciva a percepirne i pensieri, tutta la sofferenza che aveva provato nella sua vita e che ancora provava, il suo sforzo di mascherare un’anima buona e fragile con un comportamento da duro e inflessibile, la fatica di attenuare il dolore col sarcasmo… poi non resse più e svenne.
Quando si svegliò, si trovava stesa un letto, con Jace che le stringeva la mano, seduto su una sedia lì accanto.
“Come ti senti?” le domandò.
“Sembra che sia diventata un’abitudine. Finire in infermeria…” borbottò lei, sorridendo. Il fratello ricambiò il sorriso.
“Mi sento una debole” aggiunse lei tornando seria “ma fondamentalmente sto bene”.
“Non sei debole. Stai solo facendo uso di poteri che non sapevi di avere e che non sai bene come usare e controllare” la corresse Jace.
“Capitava anche a me, all’inizio… di svenire” la rassicurò Tessa, appena comparsa sulla soglia della stanza.
Si avvicinò ad Hermione e le mise un panno umido sulla fronte.
“È solo questione di pratica… e poi, se si ha un legame con una persona in cui ci si trasforma.. beh, diciamo che le cose si complicano un po’” spiegò “comunque, se volete, potete trascorrere qui la notte, e ripartire magari domani pomeriggio” aggiunse poi.
“Oh, no è molto gentile signora, ma dobbiamo proprio andare… sa, stiamo investigando su..” cominciò Jace, ma si bloccò vedendo la gioia scomparire dagli occhi di Tessa.
Doveva sentirsi molto sola, pensò Hermione. O forse faticava a lasciare andare Jace.
“La verremo a trovare, se ci assicura che le fa piacere” assicurò la ragazza.
La donna la guardò e parve pensarci su per un momento, poi disse “Tornate quando volete, la mia casa è sempre aperta agli Herondale e mi farebbe molto piacere conoscervi meglio… comunque Jace, forse dovresti lasciare sola tua sorella, magari si vuole sistemare prima di ripartire”.
In effetti, Hermione aveva proprio una gran voglia di darsi una controllata.
Rassicurò il fratello con un cenno del capo, accompagnato da un sorriso.
Lui si alzò e seguì Tessa lungo il corridoio.
“L’anello che indossi… era di Will, lo sai?” gli chiese ad un tratto, con tristezza.
Jace fece per sfilarselo e porgerglielo, ma la donna gli sorrise e fece un gesto con la mano, come rifiuto.
“È tuo. Promettimi solo di portarlo sempre al dito, io so che Will ti proteggerà. Lui era fatto così, sai? Lui credeva…”
“…di dover salvare il mondo intero” concluse il ragazzo. Conosceva la sensazione. Perfettamente.
“Esatto. Siete molto simili… ma questo l’ho già detto. Ad ogni modo, permettimi di darti un consiglio” Tessa guardò verso la porta della stanza dove aveva riposato Hermione.
“Ho visto come la guardi. Stai attento. I sentimenti degli Herondale non sono mai stati semplici, né mai lo saranno. E se cominci a provare qualcosa per tua sorella, potrebbe distruggerti” lo avvertì.
“Io… io non provo quel genere di sentimento per lei!” si difese il Nephilim, che tutta via non potè evitare di avvampare.
“Il mio cuore appartiene a… non importa” liquidò così il discorso.
 
Quando uscirono dalla casa di Tessa era pomeriggio inoltrato.
“Jace…” sussurrò Hermione.
Il ragazzo si voltò a guardarla, negli occhi una domanda inespressa.
“Mi chiedevo… per caso…” la ragazza arrossì violentemente “Ti va di conoscere i miei genitori?”




Se volete leggere l'incontro tra Jace e Tessa, dal punto di vista di lei, vi lascio il link della OS che ho pubblicato ieri: 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2211190&i=1
 
  
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