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Autore: Unusualize    09/04/2008    1 recensioni
Spoiler: non legga chi deve leggere il romanzo di Sweeney Todd.
Un sogno sconvolgente, agghiacciante, che ha dato da riflettere molto ad un uomo, soprattutto per quanto riguarda il suo unico amore. Ma è troppo tardi per rimediare.
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Rosicrucian e Nami, assistenti amministratrici.
Genere: Romantico, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Ma solo dentro la sua cella si rese conto di quello che aveva realmente fatto. Evitò di parlare a Sweeney per tutta la serata e lui, arrendendosi al fatto che non fiatava, sprofondò in un sonno profondo.

-Bene Sweeney, lascio a te la gestione del negozio per qualche ora. Se entra qualcuno, digli che siamo chiusi. Tutto chiaro, ragazzo?-
Swenney Todd stava dietro il bancone della bottega, apprendista, desideroso di imparare un lavoro onesto.
Il giovane annuì leggermente, mentre il padrone si metteva il cappello e usciva. Ricordava perfettamente cosa successe quel particolare giorno.
Già dieci minuti più tardi si presentò un cliente: un uomo alto, dall’aria ricca e aristocratica, con due folte basette che gli ricadevano fino al mento.
Si guardò attorno e non appena lo vide esclamò:- Oh, un barbiere così giovane! Bene, bene. Credo allora che avrei bisogno di un trattamento completo. -
Sweeney fece per ribattere dicendo che non era lui il barbiere, ma poi si mise a pensare: “Se per questa volta lo faccio io, non credo che il signor Lenny si arrabbierà. Non verrà mai a scoprire che gli ho tagliato i capelli se tengo io i soldi”.
Si decise:- Prego, signore, da questa parte- disse accompagnandolo nella sala dedicata alla rasatura.
Tagliò barba e capelli tutta la sera, guadagnando penny su penny, che finivano direttamente nelle sue tasche.

La mattina seguente il signor Lenny, il suo padrone, venne elogiato da alcuni signori che definivano quella rasatura, avvenuta proprio nell’orario in cui lui era assente, la migliore che avessero mai avuto. Lenny ringraziò con gioia i signori invitandoli a tornare di nuovo, ma appena rientrò in bottega, cacciò Sweeney.
Questo aprì una bottega tutta sua, quella famigerata di Fleet Street, ed ebbe così tanto successo da mandare in fallimento quella del signor Lenny, che si trasferì altrove.

In un giorno di maggio dello stesso anno, si presentò alla porta della bottega di Fleet Street, un uomo che diceva di essere il duca di Edimburgo, venuto nella capitale per una visita al re. Todd non bevve la storia, ma non potè non notare gli anelli sfarzosi che portava a otto dita, lasciando liberi solo i pollici, i vestiti pregiati ed altre caratteristiche che facevano capire l’ agiatezza di quel signore.
Lo invitò a sedersi e prese a rasarlo. Non faceva altro che pensare allo splendore di quei gioielli, allo sfarzo di quei vestiti di seta… provando una tale gelosia da poter far tutto per averli. Immerso nei suoi pensieri, non si rese conto della foga con cui usava i rasoi: il fasullo duca si ritrovò parecchi tagli sul viso. Ma non gliene sarebe importato.
Fingendo di guardare meglio il rasoio alla luce della finestra, Todd prese l’angolazione necessaria per un buon taglio e, con un colpo sicuro, lo sgozzò.
Questo cadde dalla sedia, rimanendo a contorcersi a terra per qualche secondo, mentre Sweeney lo derubava dei suoi averi.
Nel suo sguardo non c’era né rimorso né nessun’altra emozione che poteva significare un suo dispiacere, sapeva perfettamente cosa aveva fatto e, se fosse tornato indietro, avrebbe ricompiuto quel gesto sanguinario.
Fu circa così che iniziò la cosiddetta “avventura” di Sweeney Todd, il diabolico barbiere di Fleet Street.
E’ per questo che uccideva: puro lucro, niente di più.

Ma ad ogni buon assassino, com’era definito, serve un’ affascinante, intelligente, acuta, fedele asistente, pronta a far di tutto perché il complice avesse ciò che voleva.
Fu così che conobbe Sarah Lovett.
Era un’afosa sera di luglio. Sweeney si rigirava nel letto senza prendere sonno, maledicendo la sua dannatissima insonnia. Calciò via le lenzuola, pensando che un po’ di fresco l’avrebbe aiutato. Niente. Il sonno non voleva proprio farsi vedere: non sarebbe entrato delicatamente nella sua mente, accompagnandolo nel mondo dei sogni, un mondo che non visitava da parecchi giorni.
Arrendendosi ancora una volta al fatto che non si sarebbe addormentato semplicemente volendolo, decise di andare a fare due passi per Fleet Street.
La notte calava silenziosa avvolgendo Londra nel buio più totale, mentre un leggero venticello si faceva spazio tra le vie, rinfrescando tutto al suo passaggio.
S’incamminò in quelle che alcuni avrebbero definito zone malfamate della città, ma che lui conosceva come le sue tasche: per colpa dell’insonnia, si svegliava di notte fonda e, per passare il tempo e tirare l’alba, sicuro che non avrebbe ripreso sonno, passegiava per Londra cercando sempre nuovi passaggi.
Fu grazie ad una di queste sue “passeggiate notturne” che incappò in un passaggio segreto sotterraneo che portava dalla sua bottega ad un negozietto di Bell Yard, e decise di nascondere proprio lì i resti delle sue vittime.

Girò senza meta per la città per un paio d’ore, pensando a Dio solo sa che cosa e prendendo a calci un sasso tanto per avere un qualunque rumore che gli tenesse compagnia. Sentì una donna urlare e vide un’ombra correre sul muro al suo fianco.
Si nascose nel buio: non voleva avere nulla a che farci; che stesse morendo o scappando non gli importava, non l’avrebbe aiutata. Altre preoccupazioni non gli servivano.
Era in Market Street, una delle vie principali di Londra, molto ampia, poco distante da Fleet Street. Doveva contenere tutte le bancarelle del mercato che, tutti i giorni, occupavano la via con i loro schiamazzi e chiaccherii, e grazie alla sua staza i rumori eccheggiavano per tutta la strada, così che tutti potessero sentire tutto, e così che Sweeney potè sentire i passi della donna avvicinarsi. Si nascose meglio tra le bancarelle, così da poter vedere, grazie alla debole luce di un lampione ad olio lì vicino, ma, comunque, non essere visto.
Sfinita dalla corsa, la donna si fermò proprio davanti ai suoi occhi: cadde in ginocchio buttando in avanti i ricci rosso scuro, quasi color bronzo, mentre riprendeva fiato.
-Ehi, dove scappi, bellezza?-
La donna emise un urlo mostruoso quando sentì quella voce: da dietro di lei spuntarono due uomini, sembravano due marinai, robusti e con un sorriso talmente depravato che increspava loro le labbra che persino Sweeney si spaventò; non c’era ombra di dubbio che quei due la stessero rincorrendo.
Subitò si rimise a correre, ma inciampò nell’orlo della sua gonna e cadde di nuovo a terra. I due scoppiarono a ridere, avvicinandosi minacciosi. Il più vicino le saltò addosso, bloccandole i fianchi con le gambe mentre l’altro le bloccava i polsi sopra la testa. La povera donna tentò di urlare, ma subito l’urlo disperato fu bloccato nella sua gola dall’uomo, che le premette la mano sulla bocca per zittirla.
-ShSh- le sussurrò all’orecchio sghigniazzando- ti vogliamo solo fare un piccolo regalo-
Intanto l’altra mano le toccava apertamente le gambe e il corpetto fino ai seni, facendola rabbrividire di disgusto e terrore. Si dimenava, lei, tentando invano di liberarsi da quelle dolorose prese, ottenendo l’effetto contrario. Sweeney vide chiaramente il luccichìo dei suoi occhi che imploravano aiuto e pietà: non poteva stare fermo e non far nulla…
La mano dell’uomo si spostò sulla sua gola, iniziando a stringere sempre più sui vasi sanguigni principali, soffocandola. La donna, decisamente impaurita, prese a dimenarsi più forte, finchè l’ossigeno iniziò a mancarle e non si mosse più.
I due risero di gusto; uno prese in mano un coltellino e glielo puntò sul delicato collo, pronto a colpirla da un momento all’altro.
Un dolore acuto alla schiena, il sangue correva lungo la spina dorsale, ma non sotto la pelle, e gli occhi improvvisamente velati.
-Che ti prende?- chiese il marinaio, che poco prima bloccava i polsi alla donna, all’amico, che accusò questi sintomi all’improvviso.
Questo cadde morto al fianco della giovane: un rasoio ficcato all’altezza della quarta costola. Dietro di lui stava un uomo, l’omicida, che non presentava alcun segno di rimpianto riguardo il gesto appena compiuto.
L’altro sbiancò e si mise a correre lungo la via, allontanandosi il più possibile da Sweeney.
Spostò il marinaio dalla donna, riprendendosi il rasoio, e solo allora si avvicinò alla poveretta che aveva subito quelle crudeltà. Era una bella donna: i ricci rossi circondavano il viso niveo, leggermente tinto di rosa, e bagnato di lacrime, unico mezzo che aveva per supplicare i pervertiti che l’avevano violentata. Ma nonostante quello che aveva subito sembrava respirasse ancora; Sweeeney provò a sentire il battito: era debole, ma c’era.
Poteva lasciarla lì fino a che, di mattina, non l’avessero trovata i commercianti, dopotutto cosa gliene importava.
Si voltò deciso ad andarsene e sperare che avessero avuto misericordia per lei la mattina seguente, ma, fatti pochi passi, sentì un gemito talmente penoso che la piccola parte di umanità rimasta nel suo corpo, lo indusse a tornare indietro.
S’inginocciò al fianco della creatura che aveva emesso quel terribile suono: la donna aveva riaperto gli occhi doloranti . Quelle iridi scure lo stavano implorando, stavano chiedendo aiuto con il loro brillare, con la loro immensa bellezza.
E, senza che lei lo sapesse, l’aiuto sarebbe arrivato questa volta. Svenne di nuovo mentre Sweeney la prendeva in braccio, decidendo di occuparsi di lei.

La mattina dopo si svegliò in un posto a lei sconosciuto, con una forte emicrania e dei lividi sulle braccia di cui non ricordava la provenienza.
-Ah, siete sveglia-
Alzò lo sguardo sull’uomo che era appena entrato nella stanza, indecisa se ringraziarlo, per averla salvata, o saltargli al collo, per averla portata lì. Rimase immobile con lo sguardo ancora puntato su di lui, che intanto si avvicinava cauto:
-Non dovete preoccuparvi, non vi voglio far del male- disse Sweeney per calamarla.
-D-dove mi trovo? C-chi siete voi?- domandò lei.
Sweeney prese una sedia e le sedette accanto:
-Siete a Fleet Street- trovò prudente non riverarle la sua identità.
-Non sono lontana da casa…- riflettè lei- anzi, è proprio dietro l’angolo.-
Fece per alzarsi , ma subito perse l’equilibrio e Sweeney la prese al volo facendola risedere.
-Dio, cosa mi succede?- si domandò, portandosi una mano alla testa.
Todd prese un bicchiere d’acqua e glielo porse:- Avete preso una bella batosta ieri notte-
La donna bevve piano:- Non ricordo molto…-
-Cosa ricordate?-
Pensò per qualche secondo, massaggiandosi una tempia-Ero rincorsa, da due uomini. Uno di questi mi è saltato addosso… e poi credo di essere svenuta-
- Diciamo quasi morta- sottolineò Sweeney, spaventandola a tal punto che l’acqua le andò di traverso.
-Oh, santo cielo!- esclamò quando si fu ripresa- M-morta?-
-Vi stavano strangolando. Se non fossi intervenuto, non so se sarebbe qui a parlare con me ora-
-Santo cielo! Santo cielo! Vi devo la vita, e non conosco nemmeno il vostro nome.-
Non credeva fosse una buona idea riverarle chi in realtà fosse, giravano troppe voci sulla sua bottega: da quando si diceva che le persone scomparissero lì, molta gente, vedendolo per strada, cambiava direzione.
Ma lesse la fedeltà, forse anche un po’ d’ingenuità, nei suoi grandi scurissimi occhi.
-Sono Sweeney Todd- disse infine.
-Il famoso barbiere di Fleet Street, girano strane voci su questo posto- constatò lei- Sarah Lovett- aggiunse.
-La famosa fornaia di Bell Yard- notò Sweeney, gioendo dentro di sé quando la vide sorridere e arrossire per il leggero imbarazzo.
Era davvero una bella donna: una giovane, timida rossa, che avrà avuto circa otto anni meno di lui, dall’aria fragile, come una bella bambolina di porcellana dalle forme aggraziate, messe leggermente in evidenza dal seducente vestito scuro, che risaltava con la carnagione candida.
Così si conobbero i due famosi complici, e poi futuri amanti. Ma una domanda rimane in sospeso: come diventarono realmente complici?
  
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