FANFICTION SCRITTA DA GLENDA E REM
Muoviti, muoviti, muoviti! Pensava Reid, nonostante i sobblazi dell’automobile sullo sterrato gli disturbassero
lo stomaco e rimbalzassero nella sua testa.
Si erano spostati il più vicino possibile in elicottero, e adesso, le auto
dell’FBI correvano per quel sentiero di montagna verso il rifugio.
Milla Endberg, suicida nel 1999, era stata la
proprietaria di quel cottage e di quel terreno.
Era morta all’età di venticinque anni, senza eredi, e la casa era rimasta
abbandonata.
Si era avvelenata.
Ma nessuno aveva associato quella sostanza al veleno che, a partire dall’anno
successivo, aveva ucciso sette persone.
Non lo avevano fatto perché Milla Endberg si era
uccisa, e nessuno si interessa a scavare nel passato dei suicidi, specie se
sono rimasti soli al mondo e non c’è più nessun parente a domandarsi le ragioni
di quel gesto. Eppure, se lo avessero fatto, avrebbero scoperto che Milla,
prima di trasferirsi in Virgina per lavoro, aveva
vissuto a Las Vegas, in un quartiere popolare, porta a porta con la famiglia Bird.
Avrebbero scoperto che non si erano mai persi di vista, nonostante lontani, e
che lui le scriveva lunghe lettere. Avrebbero saputo che si vedevano una volta
all’anno, sempre lì, in quel luogo.
E avrebbero anche saputo che lui era lì, quella notte.
Che lei era morta grazie al suo veleno.
E che lui l‘aveva guardata morire.
“Ripete la scena” spiegò Reid “Si sente responsabile per averle permesso di
uccidersi, per averla assecondata. Milla Endberg
soffriva di depressione da anni. Probabilmente la morte della madre, avvenuta
il mese prima, era stato l’evento che l’aveva spinta a farla finita. Sapeva che
Bird era un chimico, e deve aver chiesto il suo aiuto per morire nel modo più
breve possibile. Ma non è andata così. Il veleno di Bird...” la sua voce esitò un
attimo “provoca un’agonia dolorosissima. Forse Alan
ha cercato di chiamare i soccorsi e lei glielo ha impedito. O forse,
semplicemente, ha deciso di non farlo e adesso non se lo perdona. Prova per lei
senso di colpa ed odio al tempo stesso. Tortura le vittime perché vi identifica
Milla, e sfoga su di loro la sua rabbia verso di lei. Lei è la causa della sua
sofferenza, lo ha costretto a vedere qualcosa a che non voleva vedere, e per
questo la disprezza. Ma al tempo stesso le tiene al buio, perché ha paura di
assistere alla loro morte. E non si fermerà finché non riuscirà a farlo: finché
non guarderà di nuovo la morte in faccia...”
Si fermò sulle sue stesse parole.
“Accelera, Hotch!”
“Devi farlo!”
Gideon scosse la testa. Non avrebbe mai sparato a un uomo disarmato.
“Devi farlo Jason!” gli gridò Bird.
“no, come puoi pensare che...”.
Bird si allontanò da lui di qualche passo.
“ah è così? Non vuoi farlo? Non vuoi aiutarmi, eppure tu dovresti sapere meglio
di me cosa si prova!”.
Gideon lo fissava sbalordito, che il delirio di Alan
fosse arrivato a quel punto? Pensava davvero che gli avrebbe sparato?
“Certo!!! Tu devi sapere cosa si prova a non poter far niente,a essere
impotenti, ma responsabili. È questa la nostra condanna Jason non capisci? Noi
sapevamo ma non abbiamo potuto fare niente. Qualcun altro ha scelto per noi! Ma
noi tenevamo quelle persone vero?”.
Era andato, definitivamente. Nelle sua allucinazioni probabilmente Bird
sovrapponeva quello che gli era accaduto a quello che aveva scoperto su di lui.
“Oh tu lo farai eccome se lo farai!!!”.
Gideon si concesse un breve sorriso, voleva proprio vedere come avrebbe fatto a
convincerlo a sparargli.
“Non vuoi farlo eh?” esclamò Bird avvicinandosi di nuovo.
“E se ti dicessi che se non lo fai io ti qui adesso io li troverò e li
ucciderò,!” Bird fece una beve pausa
“Sai che posso farlo. sappi che li troverò. Chi lo sai bene”.
Gideon cominciò a vederlo sotto un’altra luce. Quell’uomo gli stava offrendo la
possibilità di salvare i suoi colleghi.
“E comincerò da lui, dal tuo preziosissimo Spencer Reid!”
“NO!!” gridò Gideon istantaneamente alzando la pistola.
“Credi che sarà abbastanza uccidere la moglie di Hotch davanti agli occhi di
suo figlio? Il piccolo Jack...ma Hotch lo lascerò in vita, perché sappia chi
dovrà ringraziare..e Morgan e le sue graziosissime
sorelle, per non parlare della bella Jj..”
“NO!”
“Mi piaci così Jason! Lasciati andare, se io muoio quelle persone vivono. O
vuoi vedere davvero altre lacrime sul volto di chi ti sta intorno? Vuoi essere
di nuovo responsabile di dolore e disperazione? Lo vuoi davvero? No, giusto? Io
lo so, e allora premilo. Fatti coraggio, sii forte come loro pensano che tu
sia”.
“Io non…” ma le mani gli stavano tremando. Forse non sarebbe mai dovuto
tornare. Aveva messo in pericolo tutti, tutti quelli che amava.
“Per quelli che ami, fallo Jason, avanti”e si sporse fino a toccare la canna
della pistola col petto.
Avvenne in un attimo.
La porta gettata giù con un calcio da Morgan e il colpo di pistola.
Bird si accasciò a terra, gemendo, tenendosi la gamba ferita.
Hotch teneva l’arma puntata su di lui.
L’arma con cui lo aveva colpito, con velocità e precisione, prima ancora che
potesse voltarsi al rumore della porta spalancata.
La pistola di Bird, invece, era rotolata a Terra.
Reid si chinò e la raccolse.
Poi, prima di rialzarsi, puntò gli occhi in quelli di Bird, in ginocchio sul
pavimento.
“Ti ho trovato” disse.
L’uomo storse la bocca, in una piccola smorfia.
“E bravo Spencer...” sogghignò.
Ma Reid non lo stava più nemmeno guardando. L’oscurità di quella stanza, dove
si era sentito solo, dove era stato torturato, dove aveva avuto paura di
morire, non gli faceva impressione, adesso. Perché in quella stanza c’era la
sola persona che aveva desiderato poter vedere, in tutti quei mesi.
“GIDEON!” esclamò, passando oltre Morgan ed Hotch, e raggiungendo il collega,
che rimaneva in piedi, spalle al muro, silenzioso e sfinito, avvolto in quella
penombra.
Voleva dirgli tante cose - Cosa ti ha fatto? Stai bene? Sei ferito? Hai bisogno
di aiuto? - ma non riusciva a parlare. Lo fissava e basta. Come un bambino
felice.
Fu la voce a riscuoterlo dal torpore successivo all’arrivo della squadra, alla
fine di quella storia infernale.
Era la voce del giovane per cui era stato pronto a sacrificare tutto, era la
voce di Reid e significava che era vivo, che stava bene e che Bird non aveva
vinto. Ma ormai quell’uomo era solo un brutto ricordo, uno di quelli da
archiviare nel profondo come un incubo che ormai era finito, perché adesso
c’era Spencer Reid davanti a lui che lo guardava con un’espressione di pura
felicità sul volto. E allora non poté fare a meno di sorridergli di rimando.
Gideon sorrideva.
E lui desiderò distendere il suo viso, e le sue labbra, e ricambiare quel
sorriso, e dire “sono contento, è andato tutto bene, è tutto finito.
Come si sarebbero detti, forse, tanti mesi prima.
Invece...
Invece riuscì soltanto...
...a piangere...
“Spencer...”
Reid gli gettò le braccia al collo singhiozzando.
Come se non piangesse da una vita.
Era stato così lungo...
Così doloroso...
Era così stanco...
Le lacrime continuavano a scendere senza che le potesse fermare.
I singhiozzi gli scuotevano le spalle.
Voleva solo...rimanere in quell’abbraccio...finchè
quel male non fosse passato...
“Ehi ehi, calma...sta' tranquillo...va tutto bene
adesso” mormorò Gideon stringendolo a sé e accarezzandogli delicatamente la
testa “va tutto bene, tranquillo...tranquillo” continuò a sussurrare mentre
scambiava uno sguardo d’intesa con Hotch. E le sue parole suonavano
rassicuranti perché vere.
Lo lasciò sfogare mentre il dolore si stemperava pian piano, finché i
singhiozzi non furono che un eco lontano di tutto quello che avevano passato e
di quello che avevano dovuto affrontare per ritrovarsi.
C’erano volute davvero molte lacrime per arrivare fin lì, ma quello che contava
era che erano lì entrambi, vivi.
“Mi dispiace di essermene andato” disse Gideon quando Reid si fu un po’ calmato
“niente di tutto questo sarebbe successo se non l’avessi fatto...io non...”
incespicò in cerca delle parole adatte. Ma non ce n’erano per una situazione
del genere. Tutte le scuse del mondo non sarebbero servite a giustificare un
atto di vigliaccheria come il suo. E lui lo sapeva bene, ma sperava che Reid lo
perdonasse, nonostante quello che aveva passato per colpa sua. Se non altro
almeno a lui poteva chiedere scusa. Ci aveva provato anche con Sara, ma ogni
volta che arrivava al limitare del cimitero dove era stata sepolta si bloccava,
senza riuscire a proseguire. Aveva provato a rimanere immobile per delle ore,
mentre i fiori che aveva portato venivano spazzati via dal vento.
E adesso guardava quel ragazzo in attesa di una sua risposta, consapevole che
avrebbe dovuto accettare qualsiasi sentenza Reid avesse voluto rivolgergli. Ne
aveva tutto il diritto.
Spencer sollevò la testa dalla sua spalla e andò a cercare i suoi occhi.
C’erano molte cose che avrebbe voluto dire. Che si era sentito tradito. Che
quella lettera gli aveva fatto ancora più male delle ultime parole con cui suo
padre si era chiuso dietro la porta di casa. Che aveva avuto paura di non
farcela, senza di lui. Che gli aveva fatto pensare che tutte le persone a lui
care, prima o poi, lo avrebbero abbandonato.
“Gideon...”
Ma lui era corso lì, quando quell’uomo lo aveva rapito. Appena c’era stato
bisogno, lui era tornato indietro per cercarlo. E quando la sua abilità di
profiler aveva fallito contro Bird, era stato pronto a offrire la propria vita,
in cambio della sua. Non aveva mai smesso di proteggerlo.
“Jason...”
Scosse lentamente la testa, e gli sorrise con dolcezza.
“Mi sei mancato”
*siamo arrivate proprio alla fine. Ringrazio tutti quelli che ci hanno seguito fin qui. Noi ci siamo divertite molto a scrivere questa fan fiction, speriamo che per voi sia stata la stessa cosa.
Ad ogni modo, il comitato Glenda&Rem tornerà presto con una nuova produzione.