ODI
ET AMO
<
Contro
i sentimenti siamo disarmati, poiché
esistono e basta, e sfuggono a qualunque censura. Possiamo
rimproverarci un
gesto, una frase, ma non un sentimento: su di esso non abbiamo alcun
potere.
>
Milan Kundera
Ma su
cosa avrei dovuto riflettere?
La mia
vita era diventata qualcosa che non volevo più controllare,
ero quasi un automa
che passava le sue giornate a scandire il tempo che mancava
perché il sole
tramontasse e un nuovo giorno desse nuovamente inizio alla mia misera
vita.
Io non
riuscivo più a vedere il mondo che mi circondava, mi sentivo
totalmente
abbandonato a me stesso, solo Tanya avrebbe potuto riportarmi alla
vita, perché
la sua assenza aveva lasciato un vuoto enorme dentro me. Se chiudevo
gli occhi
riuscivo ad immaginarla accanto a me, sentivo il calore del suo corpo,
che mi
mancava come l’aria nei polmoni; mi mancava così
tanto che spesso avevo sentito
il desiderio di seguirla, di farla finita e raggiungerla ovunque lei
fosse, ma
poi mi tiravo indietro, troppo codardo e vigliacco per porre da solo
fine alla
mia vita, se così poteva chiamarsi la mia esistenza: vivevo
in assenza di lei,
in me non c’era più vita.
E invece
lei mi aveva fatto credere che io fossi migliore di quello che credevo,
che per
me ci fosse ancora speranza.
In tutti
questi mesi non riuscivo a capire cosa quella ragazza stesse cercando
di fare:
l’avevo trattata male più di una volta, arrivando
a cacciarla in piena notte da
questa casa, eppure lei era rimasta con me, pensando forse di potermi
aiutare,
ma non sapeva che era una guerra persa in partenza.
Certo,
alcune battaglie le aveva vinte, era riuscita a farmi apprezzare
nuovamente il
sole, la bellezza di quel calore che riesce a scaldarti anche quando
dentro il
tuo cuore alberga solo il gelo, era riuscita in qualcosa che mai
nessuno prima
aveva tentato: era caparbia e furba, con l’inganno aveva
aperto quelle tende
che non venivano schiuse da cinque lunghi anni, e io non mi ero
infuriato con
lei, anzi, avevo apprezzato il suo gesto, soprattutto quando mi aveva
condotto
fuori, in giardino, e mi aveva sorriso felice quando aveva visto che mi
stavo
godendo quel momento.
Ma non
ero pronto quando aveva preso a toccarmi la guancia ferita.
Non avevo
mai permesso a nessuno di toccarmi lì, neppure a mia madre,
a malapena poteva
farlo mio padre quando, i primi tempi dopo l’incidente,
doveva cambiarmi la
fasciatura; non volevo essere toccato per vedere nei loro occhi la pena
e la
compassione per quel figlio che non sarebbe stato più lo
stesso, non sopportavo
di vedere le loro mani tremanti mentre si avvicinavano a me, cercando
di non
sfiorare quella guancia, e non riuscivo a capire se fosse per paura di
fare del
male a me o perché davvero si schifavano del mio nuovo
aspetto.
Lei,
invece, mi aveva accarezzato delicatamente, con un tocco appena
percettibile, e
quando aveva notato che io non rifuggivo il suo tocco, non aveva
esitato ad
appoggiare completamente la mano sulla mia guancia, e io mi ero
lasciato andare
a quel tocco, desideroso di sentire nuovamente il calore umano
penetrare
attraverso la mia pelle martoriata. Le avevo sorriso, felice per aver
superato
quella prova che per me era stata sempre tanto ardua, ma che lei aveva
affrontato con enorme coraggio: io stesso a volte non riuscivo a
toccare la mia
guancia, e invece lei lo aveva fatto come se fosse la cosa
più normale del
mondo. E io in quel momento avevo provato il desiderio,
l’impulso di baciarla:
stavo quasi per farlo e avevo capito che lei non si sarebbe tirata
indietro, ma
poi il coraggio mi era venuto meno, sopraffatto da tutto quello che
quel bacio
avrebbe significato, e così ero scappato.
Desiderio…
davvero il mio corpo era ancora in grado di desiderare qualcuno? Io non
potevo
provare certe sensazioni, io non potevo continuare a vivere come se
nulla fosse
accaduto quando due delle persone più importanti della mia
vita non potevano
più farlo.
Ma
nonostante questo, sentivo il bisogno di aprirmi con Isabella, di
raccontarle
cosa mi era successo: non avevo mai avuto la voglia di parlarne con
qualcuno,
il solo pensiero di rivivere quegli eventi mi gettava nel panico, ma
lei era
davvero una ragazza
molto dolce, capace
di farmi sentire voluto bene anche se nessuno più aveva
deciso di
dimostrarmelo, e volevo condividere con lei il mio dolore.
Non mi
aveva mai chiesto nulla, eppure io avrei voluto coinvolgerla, da
egoista quale
ero, nel mio dramma, raccontandole tutto.
Decisi di
scendere a fare colazione, sapevo che Bella si alzava presto per farla
con
William e preparare la mia, per cui non sarebbe stato un problema se
fossi
sceso prima.
All’ingresso
del soggiorno, però, mi bloccai, sentendo le loro voci: non
so perché lo feci,
ma fu come se una strana sensazione mi dicesse di non palesare subito
la mia
presenza, che loro erano impegnati in un discorso privato.
“ Hai
dormito un po’ stanotte? ” Le chiese il mio
maggiordomo, ma da lei non udii
alcuna risposta, probabilmente aveva risposto con un cenno della testa.
“ Bella,
ti avevo avvisato di stare attenta. Edward non è una persona
semplice. ”
“
William, ma come potrebbe esserlo? E’ legato a qualcuno del
suo passato, credo
la stessa donna che ha sognato la notte in cui è stato male,
ma non può
continuare a vivere ingabbiato nei ricordi, si farà solo del
male. ” Gli
rispose lei, con voce accorata.
“ Ti
avevo avvisato che poteva essere pericoloso, anche a lui avevo detto
che
prendere una ragazza come te non era una buona idea: guardati, sei
pallida come
un lenzuolo, hai gli occhi cerchiati, stai iniziando a
distruggerti per lui. ”
“ Sto
bene, ok? Non potevi pretendere che dormissi sonni sereni dopo quello
che è
successo in giardino, non ho fatto altro che pensarci tutto il giorno e
stanotte ho rivissuto la scena continuamente. Come si fa a rimanere
impassibili
di fronte al suo gesto? ”
“ Come fa
lui. ”
“ Cosa
vuoi dire? ”
Sapevo
cosa William le avrebbe detto e quale, probabilmente, sarebbe stata la
reazione
di Isabella, ma non avevo intenzione di interromperli proprio ora: se
le parole
del mio maggiordomo fossero servite a salvare la ragazza, lo avrei
lasciato
fare, lei non meritava tutto questo.
“ Lui è
incapace di provare sentimenti, non è più in
grado di provare gioia, felicità,
neppure gratitudine vero chi lo ha sempre aiutato: non lasciarti
trascinare
nella sua spirale di autodistruzione. ”
“ Non è
vero, io ho visto la felicità nei suoi occhi: quando siamo
andati in giardino
lui era realmente felice, ho visto i suoi occhi illuminarsi.
È vero che sono
annebbiati da un profondo velo di tristezza, ma amandolo sono sicura
che quel
velo volerà via. ” Vidi chiaramente il mio
maggiordomo irrigidirsi quando lei
usò quel verbo che ormai era fuori dal mio vocabolario,
completamente
cancellato.
“ Bella,
tu lo ami? ” Quando William glielo chiese, io trattenni
automaticamente il
respiro: mi amava? No, non poteva essere, non glielo avrei permesso, io
non ero
più in grado di amare, io ero solo un mostro, una bestia che
era diventata
incapace di provare sentimenti, perché donare il proprio
cuore a qualcuno alla
fine portava solo tanto dolore, in un modo o nell’altro te lo
avrebbero sempre
spezzato, e allora era meglio non concederlo più a nessuno.
“ Non lo
so. Se amare vuol dire stare bene quando lo sta lui, essere felici
perché lui è
felice, allora sì, credo di essere innamorata di lui. Fino a
due giorni fa non
lo credevo possibile nemmeno io, ma vederlo così sereno, in
giardino, ha smosso
qualcosa in me” Concluse, con la voce rotta dal pianto, e
poco dopo sentii i
suoi singhiozzi e il rumore di una sedia che veniva spostata: quasi
certamente
William si era alzato per consolarla.
Mi
allontanai velocemente da lì, andando nel mio studio, con il
fiato corto come
se avessi appena corso una maratona e il cuore che pompava furioso nel
petto:
cosa mi stava succedendo?
Quella
ragazza stava stravolgendo il mio mondo, stava succedendo quello che
non
sarebbe mai dovuto succedere ed era solo colpa sua. Se lei non avesse
preso
quella maledetta chiave dal mio armadio, se lei non fosse entrata in
piena
notte in camera mia, io non l’avrei cacciata, lei non si
sarebbe ammalata e io
non mi sarei sentito in dovere di scusarmi con lei e di mostrarmi meno
distaccato nei suoi confronti; se lei non si fosse dimostrata
così ben disposta
nei miei confronti, se non si fosse prodigata tanto per farmi
assaporare
nuovamente alcune delle bellezze della vita, io non l’avrei
certo coinvolta
nella mia vita e adesso lei non starebbe di là a piangere, e
io qui a
torturarmi cercando di capire come poterla allontanare.
Ma poi mi
vennero in mente le parole che Tanya mi ripeteva sempre, che nella vita
non
bisognava vivere di ipotesi, che i “ se ” avrebbero
dovuto abolirli, perché ci
saremmo trovati sempre davanti a delle scelte, e continuare a pensare a
come
sarebbe stato se si fosse intrapresa l’altra strada, ci
avrebbe impedito di
vivere appieno quella che avevamo deciso di percorrere; e adesso le sue
parole
sembravano profetiche, considerando come era andata con lei.
I nostri
sogni erano andati infranti nel giro di pochi secondi, una intera vita
passata
a fare progetti, ad immaginare le nostre vite, e tutto era scomparso,
tutto era
come se non fosse mai esistito. Le nostre promesse, i nostri progetti,
il nostro
amore, non esisteva più niente, eppure io sapevo che non
erano andati via del
tutto: era come quando sogni qualcosa di notte e poi ti svegli di
soprassalto,
cercando di ricordare invano cosa stavi sognando, ma con la
consapevolezza che
era qualcosa di bello e che ti lascia addosso quella strana sensazione
di
insoddisfazione che non se ne va facilmente. Solo che da me non se ne
sarebbe
mai andata, perché io non volevo dimenticare Tanya, non
volevo che il mio cuore
appartenesse a qualche altra donna, ecco il motivo per cui mi ero
rifugiato in
questo casolare che doveva essere la nostra casa: mi ero nascosto dal
mondo
esterno, dalle tentazioni che potevano esserci, e adesso il
comportamento di
Isabella mi stava portando in confusione.
In questo
momento avrei avuto bisogno della mia migliore amica, di sfogarmi con
lei, che
sicuramente mi avrebbe saputo dire cosa fare. Immaginai cosa mi avrebbe
detto
lei se fosse stata qui con me, e quasi sentii la sua voce sussurrarmi
nelle
orecchie < Ascolta il tuo cuore, fai
quel che dice anche se fa soffrire, prova a volare oltre questo dolore,
perché
questo non potrà mai cancellare il tuo destino. Nel silenzio
troverai le
parole: chiudi gli occhi e lasciati andare. È difficile
capire qual è la cosa giusta
da fare, ma anche quando ti sembra che tutto stia per crollare, credi
in te e
ascolta il tuo cuore, solo così non ti ingannerai. >
Cosa
voleva il mio cuore? Davvero era pronto ad aprirsi nuovamente al mondo,
a
rischiare di spezzarsi in pezzi ancora più piccoli?
Se fossi
stato un ragazzino alle prime armi, non avrei saputo dare un nome a
queste
sensazioni che mi agitavano l’animo e quasi mi toglievano il
sonno la notte;
ero certo che non fosse ancora amore, non di quello forte e intenso che
mi
avrebbe spinto a dirle “ ti amo ”, ma era
un’emozione intensa, che riusciva a
farmi mancare il respiro e accelerare i battiti del mio cuore non
appena lei
cercava di fare qualsiasi cosa che potesse farmi stare meglio.
Decisi
di
chiamare Isabella nel mio studio, forse un confronto diretto con lei mi
avrebbe
schiarito meglio le idee; entrò dopo qualche minuto, dopo
aver finito di pulire
un vetro, e quando lo fece provai una strana fitta
all’altezza dello stomaco.
“ Voleva
vedermi, signore? ” Rimasi interdetto: non le avevo mai visto
questo
atteggiamento di sottomissione nei miei confronti, aveva il capo chino
ed
evitava di guardarmi negli occhi, e poi mi stava dando del lei quando
oramai ci
davamo del tu.
“
Isabella, perché mi stai dando del lei? ”
“
Preferisco ristabilire i confini del nostro rapporto. ”
Rispose mesta.
“ E’
davvero questo che vuoi? ” Mi accertai: volevo che me lo
dicesse guardandomi
negli occhi.
“ Questo
è quello a cui tu mi costringi Edward. ”
Urlò, e stavolta fissò il suo sguardo
nel mio, ma forse sarebbe stato meglio se non lo avesse fatto: stava
piangendo,
i suoi occhi erano colmi di lacrime e dolore, ed era tutta colpa mia.
“ Io non
riesco a starti dietro, i tuoi sbalzi d’umore rischiano di
mandarmi al
manicomio, e io ho bisogno di proteggermi. Non posso rischiare di farmi
ancora
più male, e l’unico modo per farlo è
ristabilire i confini, ritornare ad essere
serva e padrone. ” Continuò, asciugandosi
rabbiosamente le lacrime che le
solcavano le guance.
In quel
momento capii che la stavo uccidendo, che la stavo trascinando affondo
insieme
a me, e non lo volevo, non me lo sarei mai perdonato, quindi era giusto
lasciarla andare se questo fosse servito a salvarla. Non importava che
adesso
avessi avuto la certezza che lei stava facendo tornare a battere il mio
cuore
come un tempo.
“ Se
pensi che questa sia la cosa giusta da fare, sentiti libera di andare
via, non
voglio trattenerti qui contro la tua volontà. ”
“ No, ho
bisogno di questo lavoro, almeno fino a quando non ne
troverò un altro, quindi
stringerò i denti e rimarrò. ” Disse,
alzando lo sguardo verso il soffitto per
evitare che nuove lacrime strabordassero dai suoi occhi: era la ragazza
più
orgogliosa e combattiva che avessi mai incontrato.
“
Qualsiasi tua decisione per me andrà bene. ”
Annuì e poi lasciò la stanza prima
che io potessi aggiungere altro.
Ma
in
quel momento seppi che da ora in poi avrei fatto di tutto per
trattenerla.
Detto
ciò, ringrazio infinitamente chi continua ad esserci,
infatti volo a rispondere alle recensioni!
E
un grazie speciale a Ile per la copertina :)
Dimenticavo,
il pov naturalmente è un pov Edward, ma credo non ci fosse
bisogno di specificarlo: avete quindi conosciuto la sua testolina
bacata e confusa.
Alla
prossima, Paola