Dysclaimer! I personaggi utilizzati in questa fanfiction non mi appartengono, sono proprietà esclusiva di Hiro Mashima, la suddetta storia non ha scopi di lucro alcuno.
Let her go - Prologue
Prima di posare il bambino nel letto, Natsu, si preoccupò di
adagiare le coperte in modo tale da poter coprire suo figlio quando lo
avesse
poggiato, istintivamente gli andò l’occhio verso
la finestra tonda che forniva
luce di giorno, e che in quel caso invece portava la notte. Si
ricordò di una
cosa, ma il bambino lo chiamò con fare innocente e questo lo
distolse dal
pensiero. Natsu era sempre stato un bambino curioso, si divertiva a
scandagliare il bosco in cerca di qualcosa che nemmeno lui conosceva,
semplicemente cercava, senza mai trovare. «… ma te lo racconterò la prossima
volta» diede un bacio
sulle fronte del figlioletto che si era addormentato e rimise la sedia
vicino
la scrivania, fece per andarsene e vide Lucy che lo aspettava sulla
soglia
della porta, camicia da notte già addosso. NdA
Non si poteva certo dire che la loro casa fosse grande,
anzi, proprio non lo era, poiché due stanze da letto in un
sottotetto vecchio
ma accogliente, un piccolo bagno, una cucina ed un’esile sala
non facevano una
reggia; ma quella casa bastava agli scopi della famiglia,
gl’era sempre
bastata.
Natsu guardò il figlio e poi si girò verso la
moglie, che
gli aveva dolcemente posto una guancia sulla spalla; il bambino si era
addormentato in una posizione piuttosto strana sul divano, tenendo una
manina
alta e l’altra bassa, con le gambe che seguivano
l’arco della schiena.
Tale padre tale figlio.
«Ci sei riuscita anche questa volta» Natsu diede
una bacio
sulla guancia di Lucy e solo dopo si alzò, con calma,
gustandosi ogni passo
verso il figlioletto; lo prese dolcemente sussurrando un appena
percettibile “ehi”
quando quello si sentì sollevare ed aprì gli
occhi assonnati.
Li aveva presi dalla madre, e quando non lo si vedeva stare
sui libri a leggere correva nel bosco in cerca d’avventura,
come il padre. L’unione
perfetta tra conoscenza ed avventura, lui; capelli rosa, come il padre,
lunghi
come la madre.
Lucy si compiacque alla vista di Natsu così affettuoso ed
alzandosi dalla poltrona andò verso la finestra per
abbassare la serranda; gli
parve di vedere un gatto nella penombra della lampada che teneva vicino
l’entrata
di casa, ma si convinse di non aver visto nulla. Quando si
girò vide Natsu che,
guardando il figlio con un sorriso, iniziava a salire le scale. Chissà stasera che gli racconta pensò
la
bionda.
«Papà» disse il piccolo accarezzando
l’orecchio del padre, «questa
sera mi racconti di Happy?».
«Di nuovo?» Natsu enfatizzò il tono,
«te la racconto tutte
le sere quella storia».
«Ti prego» lo supplicò il piccolo,
sentendosi mettere sul
letto, e contemporaneamente sentendo il padre prendere la sedia; stava
per
iniziare a raccontargli la storia.
«Allora» la mente di Natsu andò di
natura al suo passato, a
quella seppur breve storia che tanto piaceva al figlio, a quel pezzo
della sua
infanzia che l’aveva fatto crescere, «era una
mattina piovosa quella. Il nonno
e la nonna stavano….
Quel giorno era venuto a trovarlo suo cugino di città, il
borioso e maleducato “pezzo grosso” della famiglia,
quello che solo perché
viveva in città si permetteva di trattarlo con sufficienza
ed irriverenza.
Quando arrivava nella sua “catapecchia”, come amava
definirla, subito
cominciava ad atteggiarsi, criticando
quello e questo senza lasciare in ombra il tale.
«Sembri proprio uno sfigato» esordì
Gajille dandogli un
pugno, amichevole, sulla spalla.
«Ok» rispose apatico Natsu; aveva escogitato quel
metodo per
non dover subire il cugino. Li ignorava fino a che non se ne andava e
solo
allora gli tornava il sorriso.
Si trovavano entrambi sulla panca bianca adagiata di fianco
all’entrata di casa, dove i genitori di entrambi conversavano
su cose che alle
loro orecchie erano estranee.
«Ehi, Natsu! Vuoi vedere una cosa?» Gajille si mise
una mano
nel cappotto imbottito che portava; rispetto alla giacca sporca e con
toppe di
Natsu quello era un capo di prima classe, e non solo per pensiero, ma
anche per
valore, lo era davvero.
«Cosa?» Natsu girò il capo controvoglia,
aprendo gli occhi
quando vide un pacchetto di sigarette ed un accendino. Fissò
il cugino
incredulo e lo costrinse ad una spiegazione.
«Bé che vuoi?» Gajille aprì
il pacchetto e prese una
sigaretta, fece anche per offrirne una a Natsu ma quello
rifiutò prontamente.
«Non dovresti fumare, non a questa età»
Natsu si tirò
indietro; conosceva come andavano a finire quel tipo di cose,
provenendo Gajille
dalla città i suoi avrebbero pensato, a meno che
già non lo facessero, che la
pietra dello scandalo fosse il rosato e dopo una strillata ed una
punizione l’avrebbero
spedito in camera, di corsa.
«Perché invece tu sei grande vero?»
Gajille si accese la
sigaretta e per poco non si strozzò, non era un asso ad
aspirare.
Natsu restò a guardare basito, era certo che Gajille non
fosse un bravo ragazzo, ma non si aspettava certo che fosse
così ribelle… la
cosa lo ammirava da una parte, perché non era capace di
concepire la mentalità
di città del cugino, e lo faceva arrabbiare
dall’altra, perché la colpa sarebbe
stata sua anche questa volta.
Come a voler dimostrare il suo pensiero subito si sentì un
rumore di sedie provenire da dentro l’abitazione;
«Dai qua!» Natsu prese la
sigaretta al cugino che cominciò a lagnarsi, non facendo
altro che far
accorrere i genitori di entrambi più velocemente.
«Natsu!» in coro i genitore, di tutti e due,
cominciarono a
protestare per la sigaretta nella mano del rosato, che non
riuscì a difendersi.
Vide appena la mano del padre calare sulla sua faccia…
L’ennesima volta. Gajille l’aveva messo in sacco di
nuovo.
«Non sono stato io!» gonfiò gli occhi,
strillando verso il
padre che stava caricando un nuovo schiaffo «ma tanto tu non
mi credi mai! Mai!
Ti odio!» iniziò a correre lasciando tutti di
stucco.
Corse lontano, corse veloce, corse più forte che
poteva… poi
lo vide; un gatto nero che al riflesso della luce pareva blu scuro
l’aveva
seguito.
«Questa volta gliela racconti tutta?» la bionda gli
mise le
braccia intorno al collo e lo guardò a fondo.
«Qualcuno gli dovrà pur spiegare chi ci ha fatto
conoscere…
no?» Natsu la baciò; quella sarebbe stata una
notte bellissima.
Sinceramente parlando non so perché mi sia venuta in mente
una storia del genere.. una NaLu… io sono per la NaLi! Fino
alla fine… però bò
spero vi piaccia!