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Autore: Aretusa    03/11/2013    5 recensioni
Jonathan Christopher Morgenstern, ha deciso di consegnarsi al Conclave e chiedere di essere perdonato per le colpe commesse da suo padre. Sa di non avere alcuna possibilità, ma che importa quando sei solo al mondo e ciò che ti resta non è altro che te stesso?
Il rituale di legame con il suo fratellastro Jace sembra averlo cambiato definitivamente, al punto che forse... forse, potrebbe anche arrivare ad innamorarsi.
Ma chi mai potrebbe ricambiarlo?
Chi amerebbe mai, una bestia?
Genere: Drammatico, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Izzy Lightwood, Jonathan
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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VERITA' CRUDELE




La visita dei Fratelli Silenti, seppure breve, era stata parecchio intensa e aveva scosso un po’ tutti. Maryse si era chiusa nel suo studio dopo che erano andati via per tornare alla città di Ossa e Isabelle, Jace, Clary e Sebastian avevano preso possesso della biblioteca per discutere della cosa. Non che ad Isabelle andasse a genio il fatto di passare il suo tempo con Clary e Jace che continuavano a baciarsi e a mettersi a vicenda le mani addosso come se fossero soli al mondo, e stare nelle strette vicinanze di Sebastian la rendeva insieme nervosa e arrabbiata, ma pensare di stare da sola nella sua stanza a rimuginare sulle rivelazioni dei Fratelli Silenti era ancora peggio.
Per di più, la voce di quel fratello continuava a riecheggiarle nella testa come un disco rotto.

Jonathan, Jonathan, Jonathan…

A chi dei due si riferiva? Jonathan era il vero nome di entrambi, infondo, sebbene nessuno di loro sembrava amarlo particolarmente. Era un nome da Shadowhunters; il primo di tutti loro, portarlo avrebbe dovuto essere un onore, ma Valentine non aveva fatto altro che trasformarlo in vergogna.
«Quel fratello Silente», esordì Isabelle ad un certo punto, dopo parecchi minuti di silenzio, «quello che non si è tolto il cappuccio, non mi sembra di averlo mai visto prima». I membri della confraternita erano quanto di più simile a dei medici ci fosse tra i Nephilim, facevano spesso visita agli Istituti sparsi per il mondo per svolgere le loro funzioni, curare i Cacciatori, far nascere bambini, celebrare matrimoni e funerali e, talvolta, investigare su vicende ambigue, proprio come dei detective. Tuttavia, il loro aspetto non li rendeva particolarmente empatici tra i Cacciatori più giovani, seppure molto interessanti, quindi a meno che non fosse strettamente necessario, di solito Isabelle e i suoi fratelli avevano sempre cercato di stargli alla larga. C’erano tantissimi fratelli Silenti, anche se Valentine ne aveva fatti fuori personalmente una quantità considerevole quando si era intrufolato nella città di Ossa per rubare la spada dell’anima e lasciare Jace incatenato in una cella, ma era impossibile conoscerli tutti, senza contare che, solitamente, ogni Istituto, aveva i suoi Fratelli Silenti di fiducia, per così dire. Il fatto che fossero incappucciati e sfigurati però, non rendeva di certo facile distinguerli tra loro, così molto spesso, Isabelle non prestava molta attenzione ai loro nomi.
«Intendi Fratello Zaccaria?», chiese Clary, sollevando la testa dal viso di Jace, stravaccato su una delle consunte poltrone della biblioteca.
Isabelle le rivolse un’ occhiata curiosa. «Come fai a sapere il suo nome?». Tra tutti, Clary rimaneva quella che conosceva meno il loro mondo, essendo entrata a farne parte da relativamente poco. «Lui sembra diverso dagli altri».
«Diverso? Quelli sono tutti uguali. Abiti fuori moda, cranio pelato, occhi cavi… hai presente no?», scherzò Jace, attorcigliandosi una ciocca dei capelli rossi di Clary attorno ad un dito.
In realtà, sebbene non ne avesse alcuna voglia, Isabelle non riusciva a fare a meno di guardarli. Quando Jace e Clary erano insieme, sembravano dimenticarsi del resto del mondo, come se esistessero soltanto loro due. Era come se una particolare forma di gravità li attirasse in modo persistente l’una all’altro. Qualche volta Isabelle si era chiesta cosa si provasse ad essere vittima di un sentimento così grande e profondo, ma allo stesso tempo, non era certa che la cosa le sarebbe piaciuta. Essere totalmente in balia di qualcun altro, affidarsi completamente a lui, donarsi senza riserva… era qualcosa che non faceva per lei. Era sempre stata indipendente, aveva sempre usato i ragazzi per divertirsi, per sentirsi meno sola, o semplicemente per il piacere di usare il suo fascino ed esercitare un certo tipo di controllo su di loro, ma non aveva mai provato ne il desiderio, ne tantomeno il bisogno, di una relazione stabile. La stabilità era qualcosa di effimero, in fondo. Non si poteva fare affidamento su nessuno se non su se stessi, tantomeno su un uomo.
Non poteva fare affidamento nemmeno sul suo stesso padre…
«E’ diverso», confermò Clary, distogliendola dai suoi pensieri e dalle dita di Jace che le accarezzavano la testa. «Lui sembra… più umano», disse, alzando le spalle e incrociando le dita a quelle di Jace.
Tutti si voltarono verso di lei, fissandola con stupore. In realtà, sia lei che Sebastian, la stavano già guardando, o meglio, li stavano guardando entrambi.
«Tutti gli altri fratelli Silenti sembrano… fantasmi», spiegò Clary, visibilmente concentrata nel tentativo di trovare le parole giuste per spiegarsi, «come se non ricordassero più cosa significhi avere dei sentimenti, o amare qualcuno. Ma lui… è diverso. Una volta ho parlato con lui, quando Jace era ancora disperso e non sapevamo che fine avesse fatto. Per questo conosco il suo nome. Mi ha anche detto di essere stato innamorato un tempo… beh, no, in realtà mi ha detto di aver amato molto due persone, quando era ancora un semplice Cacciatore».
«Non ho mai pensato ai Fratelli Silenti in questi termini. Voglio dire, sembrano così diversi da noi… ma lui, non so, non sembra come tutti gli altri», disse Isabelle. «Inoltre… non so, forse è stata soltanto una sorta di allucinazione, o un gioco di luci, ma mi è parso che mi guardasse negli occhi prima, dentro lo studio».
«I componenti della confraternita non ce l’hanno gli occhi», ribattè Jace, con aria saccente, «gli vengono cavati quando prendono i voti, lo sanno tutti».
«Questo lo so anch’io, cosa credi?», rispose Isabelle, facendogli il verso. «Ma lui ce li aveva. Erano neri, li ho visti. Aveva due rune della fratellanza sugli zigomi, ma non era mutilato, sembrava un normale cacciatore della nostra età».
«Aveva anche la nostra età? Scommetto che era anche bello», la interruppe Sebastian, alzando gli occhi al cielo ed espirando dalla bocca. «Se quello che dici non fosse così assurdo penserei che ti sei presa una cotta per un Fratello Silente», la prese in giro. «Il ragazzo-topo non ne sarà contento. Persino fratello Zaccaria è più interessante di lui?».
«Qualcuno mi ricordi perché non posso semplicemente ucciderlo», sbuffò Isabelle, «nessuno sentirebbe la tua mancanza!».
Sebastian scoppiò a ridere, buttando indietro la testa e lasciando che i raggi dorati del sole giocassero con i suoi capelli e probabilmente per la prima volta, Isabelle si permise di pensare a qualcosa a cui non avrebbe mai dovuto pensare per niente al mondo. Era un pensiero folle ed effimero, ma quando si lasciava andare in quel modo, Sebastian sembrava davvero umano. Ma l’idea di un Sebastian umano, poteva essere più assurda soltanto di quella di un Fratello Silente con gli occhi ancora al loro posto, all’interno delle orbite.
«Izzy, Sebastian stava solo scherzando», fece presente Clary, catturando nuovamente la sua attenzione.
«Inoltre», le ricordò Jace, «vorrei farti presente ancora una volta che, se lui muore muoio anch’io». Sollevò la mano infortunata, ricordando a tutti che l’ultima volta che Sebastian si era ferito, lui aveva subito la stessa sorte. Isabelle provò l’impellente desiderio di sbattere i piedi a terra, come quando era bambina e qualcosa non andava secondo i suoi desideri. Se gliel’avesse tranciata, quella mano, ora non farebbero tanto gli spiritosi.
«A proposito. Qualcuno potrebbe illuminarmi sul vero motivo per cui mi ritrovo la mano affettata come un prosciutto? Non crederai sul serio che qualcuno si sia bevuto la balla del panino, non è vero?», chiese Jace a Sebastian.
Per un secondo, Isabelle guardò il figlio di Valentine Morgenstern, sicura che stesse per tradirla;  in fondo, quello era il suo segreto, il fatto che non avesse detto la verità ai Fratelli Silenti o a sua madre non significava che avrebbe fatto lo stesso con gli altri, senza contare che facendola passare come la cattiva di turno, avrebbe potuto recitare ancora più facilmente la parte del povero orfanello pentito o ancora peggio, ricattarla. Ma il ragazzo non disse nulla. Si limitò a guardarla per un lungo momento negli occhi, con la luce della finestre alle sue spalle che si impigliava tra l’oro pallido dei suoi capelli come l’aureola di un angelo o di un Santo. L’inganno più crudele che la natura potesse mettere in atto. Niente di più lontano da ciò che era in realtà.
Sebastian sostenne il suo sguardo per un lungo momento, non sorrideva questa volta, era serio e pensieroso e i suoi occhi erano penetranti come spilli conficcati nella carne tenera di un bambino. Isabelle trattenne il respiro fino a quando lui non fece un passo avanti, fuggendo dalla mandorla di luce che lo avvolgeva, per tornare ad integrarsi alla perfezione con il suo elemento naturale.
Ombra, buio e tenebre.
«Mi dispiace deluderti, fratellino. Capisco che non c’è niente di divertente nel ritrovarsi una mano affettata per colpa di un coltello da colazione, ma questo è esattamente ciò che è successo. Forse avresti preferito che tua sorella mi aggredisse con una spada angelica in piena notte?», rise Sebastian, sinceramente divertito.
Il cuore della ragazza perse un paio di battiti, prima che si rendesse conto che la sua voleva essere soltanto una battuta; cercò di coprirsi il viso con i capelli, per non mostrare il lieve rossore che sentiva salire sulle guance, ma nessuno oltre loro due avrebbe potuto capire che quella era un’allusione a ciò che era accaduto la sera prima. Sebastian era troppo bravo a mentire, perché qualcuno potesse sospettare qualcosa.
«Per lo meno sarebbe stato più eccitante», disse Jace, estraendo lo stilo dalla tasca della giacca e passandolo a Clary per farsi fare un Iratze sulla mano ferita.
«Si», sussurrò Sebastian, scoccando a Isabelle un’occhiata furtiva da sotto le lunghe ciglia bionde, «di sicuro lo sarebbe stato».
«Siete due idioti», disse Clary, esasperata da quanto potessero essere idiote le fantasie sessuali dei ragazzi. «Izzy non lo farebbe mai, non è vero, Iz?». La ragazza sollevò appena la testa dalla runa guaritrice che stava tracciando sulla pelle di Jace, e la guardò attraverso la tenda di riccioli rossi che la rendevano estremamente simile a Jocelyn e tanto diversa dal fratello.
Per fortuna.
«Gia», bofonchiò l’altra, evitando di guardarla direttamente negli occhi.


 
***

 
Gli autunni New Yorkesi erano freddi, grigi e decisamente umidi, niente a che vedere con il clima mite che c’era a Idris quasi tutto l’anno. Isabelle rabbrividì dentro il giubbino di pelle nero e si rimproverò di non aver indossato almeno qualcosa di più pesante sotto, o di una sciarpa che impedisse al vento di insinuarsi all’interno della scollatura del suo cardigan. Non aveva idea di dove stesse andando, era uscita dall’istituto con l’idea di andare a trovare suo fratello Alec, che attualmente si trovava temporaneamente a casa di Magnus Bane, sommo stregone di Brooklyn, nonché suo fidanzato. Ma in realtà l’idea di passare la giornata a contemplare loro due che facevano cicci pucci come due gattini innamorati incuranti di ciò che gli stava attorno, non la entusiasmava granché. Soprattutto visti i suoi recenti sviluppi sentimentali con Simon, che a quanto sembrava, si era già rassegnato all’idea che tra loro fosse finita, sebbene in realtà, Isabelle non sapeva bene neanche se fosse mai cominciata davvero. Non che lei si fosse premurata di rispondere alle sue chiamate della notte precedente, ma d’altronde era stato lui a comportarsi da idiota, preferendo per l’ennesima volta, la sua migliore amica a lei.
Isabelle Lightwood non sarebbe mai stata la seconda scelta di nessuno, tantomeno di un neo vampiro nerd con la fissa per i giochi di ruolo e i fumetti giapponesi.
Manganon fumetti, si corresse mentalmente, con la stessa espressione contrariata che avrebbe assunto Simon se avesse potuto ascoltare i suoi pensieri.
Forse dopotutto aveva sbagliato a dire a Clary di lasciare Simon per conto suo. Certe cose andavano dette di persona, sempre che fosse sicura di volerle dire davvero. Era sempre stata ben felice di disubbidire alle regole dei suoi genitori, frequentare ragazzi che loro non approvavano era un modo come un altro per distogliere l’attenzione dall’omosessualità di Alec, oltre che per dimostrare a se stessa che poteva usare gli uomini a suo piacimento, esclusivamente per divertirsi, o per non pensare a qualcosa di sgradevole, come il tradimento del padre nei confronti di sua madre. Una volta, quando era ancora poco più che una ragazzina di quattordici anni ed era appena venuta a conoscenza della cosa, aveva promesso a se stessa che non si sarebbe mai innamorata. Crescendo, aveva imparato che, frequentando ragazzi che la sua famiglia considerava inadeguati, era più facile lasciarli perdere prima di implicarsi sentimentalmente con qualcuno di loro. Poi era arrivato Simon. Simon che, nonostante fingesse interesse per lei, non aveva occhi che per Clary. Quella era stata la prima volta che aveva pensato di volere davvero qualcuno. Di solito era fin troppo facile far perdere la testa ai ragazzi per lei, le bastava fargli qualche stupido complimento, spostare i capelli da una spalla all’altra, inarcare le labbra in un determinato modo, cose così…. Ma con Simon era stato tutt’altro che facile, probabilmente era quello, il principale motivo per cui aveva iniziato ad interessarsi a lui. Clary era piccola e totalmente priva delle forme che una donna avrebbe dovuto avere per contratto, aveva i capelli rossi e le lentiggini, ed un carattere orrendo, eppure Simon la adorava. Era la prima volta che conosceva un ragazzo che non era interessato solo all’aspetto fisico. Anche lei, voleva sentirsi così speciale per qualcuno…
Senza neanche rendersene conto, Isabelle si ritrovò nelle vicinanze dell’appartamento che Simon divideva con Jordan, l’ex (o forse no) ragazzo di Maya. Non aveva programmato di andare da lui, ma chissà perché era li che i suoi piedi l’avevano portata. Forse era davvero il destino a volerle far pace con Simon, in fondo, a quanto ne sapeva, Clary non aveva ancora avuto modo di parlare con l’amico.
Non sapeva neanche cosa intendesse dirgli realmente, se dare retta alla volontà della madre di chiudere con lui, urlargli contro che l’aveva messa da parte ancora una volta e che non l’avrebbe perdonato, oppure buttargli le braccia al collo, baciarlo e far si che l’aiutasse ancora una volta a dimenticare tutti i suoi problemi.
Era così: voleva dimenticare il fatto che suo padre era chissà dove e sembrava essersi dimenticato di loro, che sua madre passava le giornate chiusa dentro il suo studio, dimenticandosi di rivolgerle la parola per giorni, voleva dimenticare il fatto che Clary sembrava ottenere sempre tutto quello che desiderava, il ragazzo che amava, il fratello che aveva sempre voluto, il suo migliore amico, mentre lei continuava a perdere ogni singola cosa a cui tenesse davvero. Voleva dimenticare Max, l’immagine del suo corpicino inerme ricoperto di sangue tra le braccia di Sebastian e voleva dimenticare lui, tutta la sua intera esistenza, che non aveva fatto altro che portare dolore e distruzione nelle vite di chiunque dal giorno in cui era nato.
Non fu necessario suonare al citofono, il portone era aperto, così Isabelle fece di corsa le scale fino al pianerottolo che ospitava il suo appartamento. Il marmo che rivestiva i gradini e le pareti ad altezza d’uomo amplificava il suono della suola spessa dei suoi stivali contro il pavimento, facendo rimbombare i suoi passi come rulli di tamburi ed espandendo il vociare dei condomini attraverso le porte dei loro appartamenti. Isabelle udì il cigolìo di una porta che si apriva e il rumore di altri passi, poi la voce di Simon che si spegneva spezzandosi improvvisamente e il suono di una risata femminile.
Clary? Possibile che fosse andata da lui per riferirgli la sua decisione di lasciarlo? Quando era uscita era ancora all’ istituto e lei e Jace sembravano parecchio impegnati per pensare che intendesse uscire così in fretta dalla biblioteca per andare in un qualsiasi posto che non fosse la stanza di lui. Inoltre, la risata che aveva appena sentito dava l’idea che lui non fosse così angosciato da quello che lei aveva da dirgli.
Isabelle fece gli ultimi gradini due a due e girò l’angolo che dava davanti la porta dell’appartamento del ragazzo, poi si fermò, senza fiato.
Simon aveva i capelli scompigliati di chi si è appena alzato dal letto dopo una bella sbornia e il colorito leggermente roseo che un vampiro avrebbe potuto avere solo dopo essersi appena nutrito. Indossava una delle sue solite magliette nere, che però aveva tutta l’aria di essere infilata al contrario, e sorrideva come un imbecille cercando di apparire figo nella sua tenuta da creatura della notte. La ragazza che era con lui, invece, era piccola e gli arrivava alle spalle, aveva i capelli mossi di un castano molto chiaro che tendeva al rame e stava cercando di infilarsi una scarpa con il tacco mente con l’altra mano si aggrappava al collo di Simon per tenersi in equilibrio. Isabelle li fissò immobile, dimenticandosi persino di respirare, poi lei gli gettò anche l’altro braccio al collo e sollevandosi sulle punte dei piedi lo baciò.
In quel momento, fu come se qualcuno le tirasse un pugno in pieno petto, i polmoni si svuotarono completamente e fu costretta ad espirare aria dalla bocca, emettendo un suono terribile a metà tra un grido e un attacco d’asma.
«Izzy?». Non appena la vide, Simon perse quel poco di colore che gli era rimasto in viso. Allontanò la ragazza che era con lui, prendendola per le spalle, e farfugliò una serie di parole senza senso condite da un paio di bestemmie su qualche profeta che lei non aveva mai sentito nominare. La ragazza dai capelli mossi di voltò, sorpresa, rivelando che in realtà, a parte il riflesso dei capelli e la corporatura, non aveva nient’altro in comune con Clary. Era molto carina, con il naso piccolo e sottile che terminava con una graziosa punta all’insù, le labbra piccole e a forma di cuore leggermente schiuse per lo stupore e gli occhi di un innaturale viola acceso cerchiati con una spessa linea di eyeliner un po’ sbavata, come se avesse dormito truccata.
«Isabelle… che… che ci fai qui?», domandò Simon, quasi balbettando mentre cercava di riassettarsi i vestiti e contemporaneamente tenere a distanza quella ragazza. Isabelle non rispose. Rimase immobile a fissarli, con gli occhi spalancati che le bruciavano e promettevano lacrime.
Lacrime che non avrebbe mai versato, non adesso, non davanti a loro, non per lui.
«Beh», fece la tipa dagli occhi viola, sollevando entrambe le sopracciglia, di un tono più scure rispetto ai capelli, «e tu chi saresti?».
Indossava uno strano vestito nero con la gonna larga che stava su grazie ad un cospicuo strato di tulle, le maniche leggermente a palloncino e un corsetto chiuso da nastrini rossi che pareva uscito direttamente da un film gotico. Sembrava una specie di bambola di porcellana, una bambola di porcellana dark, con la pelle bianchissima e perfetta, gli occhi enormi e le labbra leggermente arrossate dal bacio del suo ragazzo. Se Isabelle non fosse stata una cacciatrice, probabilmente avrebbe anche potuto scambiarla per un vampiro, ma gli occhi di quel viola finto e intenso dichiaravano palesemente che qualche traccia di sangue demoniaco scorreva nelle sue vene.
Una strega.
Quella ragazza era senza ombra di dubbio una strega.
Il primo pensiero di Isabelle fu che quella stronza avesse fatto un incantesimo a Simon per indurlo a stare con lei, ma il ragazzo sembrava fin troppo consapevole, colpevole e decisamente colto alla sprovvista, per poter passare per qualcuno sotto incantesimo. Inoltre, forzare la volontà di qualcuno con la magia, era qualcosa di estremamente complicato, a dispetto di quanto si pensasse nel mondo mondano.
«La conosci?», chiese la piccola strega a Simon, dato che lei non si decideva a rispondere alla sua domanda.
«Beh, io… si. Lei è… una cacciatrice».
«Una cacciatrice?», ripetè lei, spalancando i suoi grandi occhi viola. «Simon! Non avrai infranto le leggi del conclave, vero? Mi avevi detto che bevevi esclusivamente sangue di mucca». Aveva una vocetta stridula, simile a quella di una bambina, che si intonava perfettamente a quello che era il suo aspetto. In qualche angolo remoto della mente, il ricordo di qualcosa letto in un libro di demonologia riguardo ai demoni che esercitavano i loro poteri tramite la voce, venne a galla.
«E’ così, infatti. Ma lei… ecco… Leyla, lei è…».
Leyla. 
Era così che si chiamava la ragazza che Simon aveva appena baciato, quella con cui l’aveva tradita.
Ancora una volta, aveva preferito una nascosta a lei.
«Io», disse Isabelle, interrompendolo con il tono di voce più calmo che riuscisse a fingere, «sono Isabelle Lightwood. La sua ex ragazza».
Leyla scoppiò a ridere, e la sua voce argentina rimbalzò sulle pareti della tromba delle scale, espandendosi in un eco che parve infinito. «La tua ex ragazza è una cacciatrice? Non ci posso credere, è assurdo!».
«Gia», fece Isabelle, sforzandosi di ridere a sua volta, «assurdo! Soprattutto perché avevo deciso di lasciarlo giusto stamattina. Ero venuta qui apposta per dirglielo, ma a quanto pare non c’è ne affatto bisogno».
Simon sbiancò mentre Leyla la guardò per una frazione di secondo senza capire, poi schiuse le labbra, improvvisamente consapevole e si girò di scatto verso il vampiro, furiosa.
«Izzy, aspetta, posso spiegare…», esordì Simon, come il più prevedibile e vile degli uomini. «Posso spiegare tutto ad entrambe», aggiunse, vedendo l’espressione omicida di Leyla che lo fissava con disprezzo.
Patetico.
«Davvero?», chiese Isabelle, con scherno. «Chissà perché, questa frase non mi è nuova… oh giusto! Il nome Maya Roberts ti dice niente? Sai, non è la prima volta, che il nostro caro Simon si fa beccare come un idiota a giocare con ben due mazzi di carte. Abbi almeno il buon gusto di imparare a non farti scoprire, no?». Alzò gli occhi al cielo, disgustata, dopodiché girò sui tacchi e se ne andò senza aggiungere altro.




***NOTE DELL'AUTRICE***

Okay, vi concedo di lapidarmi. Sono imperdonabile, lo so! Vi ho fatto aspettare davvero davvero tanto, stavolta, altro che 12 anni ad Azkaban, chiedo venia, ma non sempre l'ispirazione arriva al momento giusto, e quando arriva sto sempre facendo qualcos'altro che mi impedisce di scrivere, così quando trovo il tempo per scrivere, dimentico cosa volevo narrare :( Che brutto circolo vizioso!
Or dunque, spero che leggerete comunque questo capitolo, e che continuerete a seguire la storia, sebbene sembri che io non riesca ad essere puntuale, vi prometto che non abbandonerò la storia fin quando non sarà completa. Quindi ogni tanto fate un salto, chissà che non troverete un nuovo capito a tenervi compagna. Prometto comunque di fare il possibile per postare almeno un capitolo al mese :)
Ora entriamo nel vivo della storia, nella parte più interessata. Ora che la storia con Simon è definitivamente chiusa, (su questo non credo ci siano dubbi XD) Isabelle dovrà vedersela con i suoi sentimenti e con iol lato "umano" di Sebastian, che anche se ben nascosto, vi assicuro che c'è eccome!
Bene, che dire, spero che leggiate il capitolo e che commentiate per dirmi cosa ne pensate, ci tengo davvero molto.

Baci <3 _RosaSpina_
   
 
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