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Autore: Depp is perfect    15/11/2013    2 recensioni
Chi non ha almeno un bel ricordo della propria infanzia? C'è chi associa ad essa un determinato profumo, posto, sapore, persona.
Elle nel suo passato ha già incontrato Johnny e gli ha voluto bene. Cosa succederebbe se si incontrassero di nuovo, dopo tanto tempo? E se il destino giocasse brutti scherzi?
Trasferitevi con noi, per qualche istante, nella piccola Owensboro di vent'anni fa e fateci sapere se vi piace! :)
Storia a 4 mani di Aishia e Princess of Dark
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo più lungo, ma è l'ultimo e contiene tutto il "succo" della storia... buon divertimento ahah ;)

Lo sapevo che non dovevo mangiarle quella dannata torta che Sarah aveva portato per l’addio al nubilato. Lo sapevo che non l’avrei digerita, mi sarebbe rimasta sullo stomaco, non mi avrebbe fatto chiudere occhio e mi avrebbe rovinato il matrimonio.
Sì, era proprio quel pastrocchio di cioccolata che si era messo al centro del mio petto.
Ma cosa dici, Elle? Perché vuoi dare la colpa al cibo per la tua ansia?
Ti stai per sposare. Dovrebbe essere normale, no, essere un po’ in ansia? Avere mal di pancia, le gambe molli, il fiato corto e il cuore a mille?
Forse è perché non ti ci sei mai vista in quell’abito bianco… no, non avrei mai immaginato di indossarlo così presto. In realtà avevo paura di non averlo potuto mai indossare…

«Su su! Che ci fai lì impalata?». La mamma irruppe nella stanza tutta allegra, battendo le mani per spronarmi mentre si avvolgeva le spalle nella sua stola rosa pallido.
Finalmente poteva mettere quel vestito rosa che a lei piaceva tanto ma che non aveva mai potuto indossare!
«Stavo riflettendo su…». Con un filo di voce lasciai la frase in sospeso,non avendo nemmeno la forza di esplicitare ciò che avevo dentro.
Su cosa riflettevo? Stavo dando la colpa al cioccolato se non volevo sposarmi?
«Stai avendo dei ripensamenti?», mormorò con un filo di voce che ora era diventato dolce come solo la mamma poteva averlo.
Ripensamenti? Cosa vuol dire questa parola? Di solito si parla di “ripensamento” quando si sceglie fermamente qualcosa e poi si inizia a dubitare su di essa… il fatto è che avevo dubitato fin dall’inizio sulla mia scelta: fino a che punto lo potevo definire “ripensamento”?
«Guarda che sei ancora in tempo per cambiare idea…», aggiunse rincuorandomi, mentre i suoi occhi tornavano ad essere lucidi.
Quella mattina aveva già pianto due volte, la prima quando mi aveva vista con il vestito da sposa, la seconda mentre mi sistemava il velo sul capo: un altro suo crollo non l’avrei retto e mi sarei messa a piangere anch’io, compromettendo il duro lavoro di correttore e mascara dell’estetista.
«Niente ripensamenti. Il mio sogno di avere una famiglia sta per realizzarsi», dissi decisa abbozzando un sorriso, tirando poi un grosso sospiro per tornare a guardarmi dinanzi allo specchio. «E poi, posso sempre scappare alla Julia Roberts», aggiunsi ironica e scoppiammo a ridere.
«Allora inizio a sellare il cavallo», mi fece l’occhiolino. Mi affacciai giù per vedere nel viale l’uomo in smoking che, accanto alla macchina che mi avrebbe portato in chiesa, batteva ansiosamente il piede contro l’asfalto controllando l’orologio. Avrei voluto vederlo in volto, ma aveva un cappello scuro in testa che mi impediva di guardarlo in faccia.
«Scendo subito, il cocchiere qui sotto sembra piuttosto nervoso…», scherzai e la vidi sorridere di nuovo mentre mi lasciava sola in camera.
Sarah mi avrebbe vista in chiesa, le avevo chiesto di non passare per casa perché altrimenti mi avrebbe guardata con il vestito bianco, mi avrebbe ricordato quando da piccole ci avvolgevamo negli asciugamani fingendo che fossero abiti da sposa e mi avrebbe fatto commuovere… quindi no, era già lì dove anche Matt mi aspettava.
Il solo pensiero mi faceva venire i brividi e le fitte allo stomaco. Ma forse l’ultima cosa era dovuta alla bambina che scalciava e si dimenava come una pazza. Di certo era normale,fra poche settimane sarebbe venuta al mondo e quindi già si dibatteva freneticamente per la vita.
Coraggio Elle, ormai hai preso le tue decisioni!
Afferrai il vestito per aiutarmi a camminare con facilità e lasciai che il riflesso nello specchio diventasse sempre più piccolo fino a scomparire. Magari potesse scomparire anche quel magone allo stomaco opprimente…
«Non pensavo potesse fare così caldo qua dentro», sbuffai, facendomi aria con una mano mentre sentivo il vestito appesantirmi sempre di più man mano che scendevo gli scalini.
«Sempre meglio di una giornata di pioggia, no? Bocciolo». Mi immobilizzai e alzai lo sguardo, vedendo l’uomo che aveva appena pronunciato quelle parole poggiato alla macchina, mettersi dritto e togliersi il cappello. Solo una persona mi aveva chiamata “bocciolo’’  ma… non poteva essere…
Ebbi un sussulto al cuore appena riconobbi i suoi occhi più verdi dei miei e dei ricci castani circondargli il suo volto. Le gambe quasi mi cedettero dall’emozione e mi chiesi se fosse reale la figura che avevo davanti a me.
«Jason?», mugolai immobile sulla soglia della porta.
«Ciao, sorellina», mi fece l’occhiolino, allargando le braccia per accogliermi in un abbraccio. Cacciai un urlo di felicità e corsi come se all’improvviso tutti quei strati di velo fossero inconsistenti, buttandomi tra le braccia di mio fratello e stringendomi al suo petto e aggrappandomi con foga alla stoffa della sua divisa. Strizzai gli occhi,cercando di non piangere
«Dio, Jay, da quanto tempo», singhiozzai, stringendomi alle sue grosse spalle da uomo.
«Non sono venuto qui per farti piangere», sorrise lui, stampandomi un bacio sulla fronte.
«Mi sei mancato» sussurrai,guardandolo negli occhi e specchiandomi in quello sguardo cristallino che mi era così tanto mancato.
«Anche tu, Elle, da morire», sussurrò, accarezzandomi prima di asciugarmi una lacrima con il pollice. Ci allontanammo di qualche centimetro per poterci guardare meglio: dopotutto, io ero ancora una bambina quando lo avevo visto l’ultima volta e lui un piccolo teppista con un gran cuore.
Quel ragazzo con meno di vent’anni, dai lineamenti delicati e il corpo esile, si era trasformato in un uomo maturo e dai tratti più decisi, la corporatura più massiccia, le mani più ruvide, anche se conservava lo stesso sguardo vivace che ricordavo.
«Eri soltanto una bambina e ora sei diventata una bellissima donna che si stai sposando…», sospirò malinconico, percorrendo con due dita il profilo del mio viso.
«Perché sei andato via, Jason?», mugolai delusa, abbassando lo sguardo. «Perché sei tornato solo ora?!»
«Ero solo un ragazzino, debole. Volevo allontanarmi da questo posto zeppo di ricordi dolorosi, ma non avrei mai voluto allontanarmi da te...», mi sorrise malinconico. «Non volevo perdermi anche il tuo matrimonio», aggiunse,nascondendo il volto sotto il berretto.
«Come hai fatto a sapere che dovevo sposarmi?»
«La mamma mi ha sempre mandato delle lettere che mi raccontavano di dove vi trasferivate, il nuovo lavoro, i tuoi voti a scuola… non si è mai stancata nonostante in quindici anni non avesse mai ricevuto risposte. Poi ha mandato lettere in cui parlava della tua malattia, del tuo ragazzo, di tua figlia… quelle lettere non le ho mai lette, Elle, prima di ieri sera: mia moglie me le aveva nascoste, forse per paura che potessi correre qui». Si fermò con gli occhi lucidi, deglutì e rivolse lo sguardo al cielo come se stesse aspettando che da lì su scendesse la forza e il coraggio di continuare a parlare.
Jason era anche sposato e io non ne sapevo nulla… chi era quell’uomo che avevo davanti? Uno sconosciuto?
«Se lo avessi saputo prima, sarei venuto. Nostro padre se n’è andato, so che io invece avrei dovuto rimanere da bravo fratello maggiore e prendere il suo posto: non l’ho fatto, sono stato un codardo, e spero che tu possa perdonarmi per tutto questo», disse a capo chino e con i pugni chiusi
Restai a fissarlo immobile per diversi secondi, attimi in cui ripensai a tutto ciò che ci aveva uniti, a tutto quello che invece ci aveva divisi per farci rincontrare solo oggi.
Quante volte avevo sognato il suo ritorno, quante volte avevo immaginato come se la stesse cavando… chissà perché mi ero immaginata che potesse comparire ancora un ragazzino davanti alla porta e avevo quasi l’impressione che dinanzi a me non avessi lo stesso Jason di un tempo. Ma era lui. Era mio fratello. Ed ora era tornato per me.
«Vuoi che ti perdoni dopo tutto quello che mi hai fatto passare? Dopo tutte le notte insonni, i giorni grigi e le lacrime sprecate?», gli chiesi tutto ad un fiato sentendo le lacrime rigarmi il viso. «Allora accompagnami all’altare, Jason», sussurrai con la voce rotta dall’emozione mentre un piccolo sorriso comparve sulle mie labbra.
«Ne sarei onorato», sorrise lui dolcemente, afferrandomi le mani e portandosele al cuore.
 
Pov Sarah
 
«Pronto? Sì, sono io!». Armeggiai con la porchette per infilare dentro tutto ciò che era uscito fuori per estrarre il cellulare, avanzando a passo velocissimo verso l’auto, tenendo l’oggetto stretto tra la spalla e l’orecchio destro mentre cercavo le chiavi.
Perché le cose scompaiono sempre, anche quando la borsa è di venti centimetri quadri?!
E, soprattutto, perché il cellulare squilla sempre nei momenti meno opportuni?!
La voce acuta della mia assistente mi rimbombò nelle orecchie e mi chiese qualcosa, ma io ero troppo indaffarata a cercare le chiavi e avevo il terrore di fare tardi.
Elle non mi avrebbe mai perdonata! Io non mi sarei mai perdonata, se avessi fatto tardi al matrimonio della mia migliore amica!
«Sarah? Mi stai ascoltando?»
«Sì, sì, ascolto», feci innervosita, esultando quando spuntarono attaccate alle cuffiette dell’ipod che avevo scordato di togliere. Le gettai sul sediolino dopo essere entrata in macchina e mi sistemai il mio vestito turchese, quello che avevo comprato l’anno scorso senza mai metterlo, come se l’avessi conservato apposta per quest’occasione…
«E allora cosa devo fare?», insistette la ragazza e riuscii a capire che voleva sapere come fare con alcuni pazienti senza prenotazioni.
«Ma non lo so! Oggi mi sono presa il giorno libero, devo andare al matrimonio di Elle! Sono sicura che te la sai cavare benissimo anche senza di me…»
«Ma…»
«Un bacio!». Attaccai prima che potesse replicare e sbuffai, dando una veloce occhiata alla mia figura nello specchietto retrovisore.
Perfetto. La pettinatura se ne stava già scendendo tutta e sembrava avessi lottato contro una tigre.
Misi in moto e partii di corsa, dritta verso la chiesa: se non c’era traffico, ce l’avrei fatta in tempo.
Ancora non ci credevo che la mia Elle si stava sposando. A dir la verità non volevo credere neanche che stesse per diventare madre, che avesse scelto Matt e che presto sarebbe andata a vivere assieme a lui.
Elle a volte mi sembrava ancora così piccola e indifesa, così bisognosa di attenzioni, e Matt mi sembrava altrettanto bambino: chissà se sarebbe stato abbastanza, se avrebbe retto i ritmi di Elle, se l’avrebbe supportata… a lei serviva un uomo più forte, qualcuno in grado di dirle “oh, non ti permetto di essere triste oggi perché ci sono io!”, uno come Johnny. Continuavo a pensare che sarebbe stato l’uomo perfetto per Elle, ma ormai lui aveva gettato la spugna e non potevo biasimarlo. Quanti legami senza amore e quanto amore senza legami!
Il cellulare osò squillare di nuovo: se è la mia segretaria, giuro che la licenzio.
«Chi parla?», risposi, prima di bussare il clacson ad un camion che voleva tagliarmi la strada.
«Ahò! Ti avevo vista!», sbraitò un uomo che si affacciò dal finestrino.
«Impara a guidare prima di metterti in macchina!», replicai accompagnandolo con un gesto a palmo aperto, prima che potesse sorpassarmi e sfrecciare via a gran velocità. «Stronzo», aggiunsi sottovoce, lanciandogli un’occhiataccia.
«Allora, chi è?», feci per la seconda volta, stavolta più stizzita. Sentii qualcuno schiarirsi la voce con imbarazzo, probabilmente aveva ascoltato il piccolo battibecco.
«Signorina, mi scusi, sono il dottor Lay, la chiamo dall’ospedale Green Hospital…»
«Oh, sì, mi ricordo di lei», feci sorpresa, schiarendomi la voce imbarazzata per la figuraccia che avevo appena fatto. «Segue la mia amica»
«L’ho chiamata proprio per questo. In realtà ho provato a chiamare sia la signora che suo marito ma hanno entrambi la segreteria telefonica e mi restava il suo recapito telefonico…»
«Sì, certo, mi dica», farfugliai preoccupata.
«Riguarda le analisi del sangue di qualche settimana fa. All’inizio era sembrato tutto in norma ma abbiamo effettuato ulteriori controlli e sono emersi dei problemi… dovremmo rifare il test»
«Cosa?», risi isterica, incredula per ciò che avevo appena ascoltato. «Ora non possono, stanno per sposarsi!», aggiunsi in un esclamazione.
«Signorina, credo sia molto più importante del matrimonio. Mi serve la sua presenza, ora». Il suo tono di voce era piuttosto serio e preoccupato, lui che di solito era sempre sorridente e scherzoso e si era occupato di Elle con così tanta comprensione… Lanciai uno sguardo all’orologio analogico e sospirai.
«Arrivo», dissi decisa, staccando la chiamata.
Feci inversione e tornai indietro per dirigermi al Green Hospital. Cos’altro c’era che non andava? Forse avevano rivelato qualche stranezza nel sangue del bambino a causa della malattia?
Dio santo, fa che non sia nulla di irreparabile! Elle mi perdonerà se farò tardi.
 
Pov Elle
 
«Signore, non possiamo celebrare il matrimonio senza il testimone!», replicò testardo il sacerdote, un po’ innervosito per l’insistenza di Matt, mentre tutti avevamo gli occhi fissi sull’orizzonte nella speranza di vederla comparire sulla soglia con il fiatone per la corsa dovuta al suo ritardo.
Alla cerimonia c’erano tutti: mia madre, mio fratello, i miei cugini, zio Sam e molti parenti di Matt che non conoscevo. C’era persino zia Betty che, aveva saputo della notizia del mio matrimonio, non riusciva neanche ad immaginare di non esserci.
Era un paradosso, ma Sarah mi aveva detto che Johnny era a Parigi, quindi non sarebbe venuto per fortuna. Era una semplice cerimonia che mi avrebbe unita per sempre a Matt, non volevo altro.
La testimone però mancava e non era da Sarah mancare alle occasioni importanti.
Ero arrivata in chiesa sotto il braccio di Jason ma non avevo potuto fare il mio ingresso a causa della testimone mancante e non avrei mai permesso a nessuno di cominciare senza di lei. Era quasi passata mezz’ora da quando ero arrivata e anche sotto le implorazioni di mia madre e Jason non mi ero decisa ad andare all’altare. Era una promessa che ci eravamo fatte da piccole e io non l’avrei infranta proprio adesso.
Mi affacciai,guardando la lunga navata dove si trovava Matt con volto preoccupato e perplesso mentre guardava l’orologio e sbuffava spazientito a causa dell’enorme ritardo. Ma dov’era finita?
«Ho paura che le sia successo qualcosa…», sussurrai abbassando lo sguardo, preoccupata come non mai. Non aveva chiamato né fatto avere notizie.
«Magari ha bucato o ha trovato traffico…», mi sussurrò Jason accarezzandomi, tentando maldestramente di confortarmi. Il sacerdote dietro di noi brontolava qualcosa, sicuramente poco carino nei confronti di Sarah. Sospirai rumorosamente, sentendo una piccola fitta a basso ventre, sicuramente la mia tensione faceva innervosire perfino la bambina. Drizzammo le orecchio quando nella sala squillò un telefono e sbirciando nel vestibolo intravidi Matt prendere il telefono e rispondere.
«Christian?», borbottò sorpreso, facendo strillare la sua voce in tutta la sala. Vidi il prete alzare gli occhi e le mani al cielo, mimando con le labbra una preghiera, probabilmente non aveva mai assistito ad una cosa del genere. Sbuffai, raccolsi il mio velo per non calpestarlo e mi sedetti sulla piccola panca, poggiando il mento sui palmi. Mia madre incrociò il mio sguardo e fece una strana faccia.
Forse era un “mi dispiace per te” simile ad un “te l’avevo detto che sarebbe andata a finire male” ma preferii non pensarci.
Già… perché, a pensarci, peggio di così non poteva andare! Non avevo mai visto un matrimonio senza il testimone.
 
Pov Sarah
«Reparto numero otto, reparto numero otto…», continuavo a ripetere a bassa voce, avanzando lungo i corridoi verso il reparto numero otto che mi era stato indicato dalla segretaria dopo che avevo chiesto del dottor Lay.
Il problema degli ospedali, e in particolare del Green Hospital, è che tutti i corridoi sembrano uguali ed è facilissimo perdersi, manco stessi percorrendo un labirinto! Vagai per più di dieci minuti su e giù per la struttura, perché qualcuno mi diceva che il reparto si trovava al terzo piano, qualcuno al secondo, qualcuno di nuovo al terzo ed io stavo uscendo matta: avevo provato anche a chiamarlo, ma non c’era campo e non potevo far altro che vagare in attesa di un’illuminazione.
Passai accanto al reparto numero sette: se era quello vicino all’otto, forse sapeva dove si trovava!
Distinsi anche una voce maschile provenire da dietro la porta e, sbirciando, distinsi la chioma rossastra di Christian, quell’amico di Matt che ci era stato presentato un po’ di tempo fa e che aveva continuato un po’ a seguire Elle durante la sua gravidanza.
Aveva anche tirato un po’ le somme, calcolando il parto per una settimana, massimo due: Elle era andata nel panico più totale al solo pensiero che tra quindi giorni avrebbe dovuto partorire!
«Come sarebbe a dire, Matt?!», esclamò l’uomo adirato, sbattendo i pugni contro la scrivania. «Devi venire subito
Matt? Perché mai stava parlando con Matt? Non doveva essere in chiesa a quest’ora? Oddio forse era successo qualcosa, Elle era scappata, il matrimonio era stato annullato…
«Perché non mi hai detto che ti sposavi proprio oggi?! E comunque devi sospendere la cerimonia e venire», aggiunse innervosito. Avrei pagato oro per ascoltare le parole di Matt, che a me parevano soltanto vuoti silenzi perché ovviamente non riuscivo a sentire.
«Matt, non hai capito un cazzo… hanno fatto delle indagini, sta venendo fuori un casino! Se si scopre cos’abbiamo fatto finiamo nella merda. Io finisco nella merda!». Aderii di più contro la parete sperando che nessuno passasse di lì e mi interrompesse proprio ora che la cosa iniziava a farsi interessante.
«No! Rischio di finire in galera, porca puttana, questo lo sai? E rischi anche tu, perché abbiamo falsificato insieme le analisi! Lo sapevo che sarebbe andata a finire così…!».
Sgranai gli occhi, portandomi istintivamente le mani alla bocca. Sentii il cuore fare un balzo fino a finirmi in gola mentre mi chiedevo se davvero avessi sentito ciò, come quando fai un sogno così realistico che credi sia stato vero e rimani con il dubbio. Mi sentivo così: avevo solo sognato quelle parole o veramente erano state pronunciate? Cosa significava che aveva “falsificato le analisi”?
«Se vieni e dichiari di non saperne nulla ce ne usciamo. Possiamo inventarci qualcosa, magari ammetto di essermi confuso con i campioni perché sbagliare è umano… o non lo so… tu però devi venire. Se arrivano a scoprire chi è il padre biologico avranno una prova contro di noi», sussurrò a più bassa voce, nel timore che qualcuno possa ascoltarlo.
Davvero non avevo più nessuna forza di rimettermi in piedi e andare via, tanto che ero disgustata, sorpresa, delusa dal comportamento infantile e poco corretto di Christian e di Matt.
Aveva davvero falsificato le analisi?! Una persona apparentemente ingenua come Matt, così innamorato di Elle, così voglioso di farla felice avrebbe davvero fatto una cosa simile?
Ma.. un momento! Se Matt non era il padre, chi altro poteva esserlo?
C’era una sola persona, che io sapessi, con la quale Elle era stata insieme. Una sola persona che Elle aveva amato così tanto da essere trascinata dalla passione.
Dovevo impedire che lei sposasse quel mostro. Ma prima di tutto dovevo impedire che quella bambina nascesse senza il suo vero padre: doveva essere lui ad agire ora. E, anche se dubitavo mi avesse creduta, sapevo già da chi andare.
 
Pov Johnny
 
Un ronfo persistente mi fece destare dai miei sogni, costringendomi ad aprire gli occhi e a catapultarmi nella vita reale. Capii solo dopo qualche minuto che qualcuno stava bussando persistentemente alla porta e, se avesse continuato in quel modo, fra qualche minuto me lo sarei ritrovato davanti con la porta a terra. Chi poteva essere? Di certo non era uno sano di mente.
Mi sollevai dal letto controvoglia, facendomi spazio tra le bottiglie di birra di cui avevo malsanamente abusato questa notte. Accesi la luce dell’ abat-jour, strabuzzando gli occhi a causa dell’intensità della luce e cercai con la mano il pacchetto di sigarette quasi finito. Mi portai la sigaretta alla bocca, accendendola con l’accendino che buttai subito dopo sopra il letto.
«Arrivo», urlai, ispirando dalla sigaretta e ricacciando il fumo subito dopo, lasciando che mi si formasse attorno una nuvoletta grigia di fumo. Mi alzai dirigendomi verso la porta, sbattendo più volte contro qualche oggetto lasciato sul pavento trai piedi.
Bussavano ancora in modo persistente.
«Ma mi volete forse rompere la port… ». Strabuzzai gli occhi quando mi ritrovai davanti agli occhi una donna dai capelli chiari e raccolti in una treccia con delle ciocche che le ricadevano disordinatamente sul viso fino. Era strana, visibilmente scossa, le sue spalle si alzavano e abbassavano a causa della folle corsa che aveva fatto per raggiungermi. Era vestita in modo molto elegante, di sicuro andava da qualche parte di importante…
«Johnny! Ti devo parlare e tu devi starmi a sentire», sussurrò a denti stretti e stringendo i pugni. Mi spostai, facendole spazio per entrare indicando l’interno dell’appartamento. «Joh, devi aiutarmi! Devi venire con me al matrimonio!».
La guardai scettico e la prima cosa che feci fu scoppiare a ridere: Eleonore era all’altare con l’uomo sbagliato al suo fianco e io dovevo andare a “salvarla”? No… lei non voleva essere salvata.
«Joh! Non perdere tempo… devi venire con me e fermare quel maledetto matrimonio! Ci sono troppe cos…»
«Sarah, va via, non mi interessa!», tagliai corto adirato, cercando di prendermela con la sigaretta piuttosto che con lei.
«Oh si che t’interessa! Questo locale puzza di alcool e fumo e i tuoi occhi sono visivamente stanchi e questo vuol dire che stanotte non hai chiuso occhio … per lei scommetto».
Ma chi era questa donna per venire a bussare a casa mia, giudicando la mia vita?
Le diedi uno sguardo come ad intimarla ad andarsene ma quella donna era più cocciuta di un mulo e sapevo che non se ne sarebbe andata così facilmente, non era il tipo da intimidazioni.
«Ma chi ti da il diritto di venire qui e dirmi cosa devo fare?! Torna a quello stupido matrimonio e festeggia!». Mi sentì avvolgere la mano e sentì la sua fredda come il ghiaccio. Mi voltai, ritrovandola ad un passo da me con i suoi occhi chiari addosso. Sapevo cosa faceva… quello era un modo professionale per leggermi dentro.
«Johnny, ti prego, non sarei venuta qui se non fosse stato importante... ascoltami ti prego…»
«Non voglio ascoltare nessuno, diamine! Non mi interessa!! Lascia che quei due vivano la loro vita come vogliono, c’è una bambina di mezzo, cazzo!».
Cercai di rimanere impassibile e controllare il mio tono di voce, non potevo permettermi di far riaffiorare le mie emozioni.
«E’ di lei che devo parlarti! Smettila di comportarti come se non t’importasse nulla, quindi te lo ripeterò solo un ultima volta, Johhny… siediti su quella cazzo di sedia e lascia che ti dica che Eleonore o come la chiami tu… non è innamorata di Matt! Lo ha fatto per la sua bambina ma oggi ho scoperto una cosa che…»
«Cosa, Sarah? Cos’hai scoperto, eh?», sbiascicai con rabbia, facendola indietreggiare a malapena, senza che il suo sguardo inferocito facesse una minima piega.
«Johnny… sei tu il padre della bambina…».
Il mio cuore parve arrestarsi di botto e la sigaretta mi cadde dalla bocca, cadendo sul pavimento, lasciando che la cenere si cospargesse sul tappeto. Cercai di leggere lo sguardo indecifrabile di Sarah, comprendere il labiale, ascoltare quelle nuove parole che mi stava urlando.
Cosa stava dicendo? Voleva prendersi gioco di me?
Caddi all’indietro accasciandomi sulla sedia, tenendomi la testa con le mani.
Come poteva essere?! Come potevo essere io il padre di quella bambina? Non era logico, non era calcolato.
Io… il padre di una piccola creatura, accoccolata sul ventre della donna che aveva reso la mia vita un misto tra inferno e paradiso. Lei… l’unica donna che avevo reso la mia esistenza l’unico film che avrei amato più di tutti.
 «Joh, hanno camuffato tutto così da non permettere ad Elle di fare una scelta, di avere una vita insieme al padre della piccola e al suo vero ed unico amore… e quello sei tu Joh… il vostro è un amore epico, di quelli che si leggono nelle fiabe! Quindi ti prego, mettiamo questo lieto fine finché  c’è tempo!».
Sorrisi di malavoglia, boccheggiando, cercando dentro di me la sola risposta, l’unica e vera verità. Mi sollevai quel minimo per vedere i suoi occhi divampare.
«Non posso Sarah… è una cosa così… strana. Non so se crederci o meno. Eleonore poteva anche…»
«Oddio! Piantiamola con questo stupido gioco! Hai il prosciutto davanti agli occhi per non capire che avevi la soluzione ai tuoi problemi davanti a te? Eleonore… non capisci che Eleonore non è altro che Elle? Sì, non fare quella faccia, la bambina della porta accanto con la quale passavi le giornate facendole lezioni di vita, quella bambina che ora è diventata la donna della quale tu ti sei perdutamente innamorato!».
Non so cosa mi passò per la testa in quel momento ma fu un qualcosa non molto lontano dallo svenire.
Chi era quella donna che mi stava riempiendo la testa di stronzate?! Come poteva essere… Elle.
La mia mente venne percorsa da un flash, come quando si dimentica qualcosa e la si ricorda poco dopo: quel ricordo della mia piccola Elle stava diventando ingombrante nei miei pensieri.
Quella bambina dai capelli biondini che rideva sempre, quella che avevo amato come se fosse la mia sorellina… era lei, la donna che ora aspettava un figlio a me.
Cosa cavolo avevo combinato?! Come potevo essere stato così cieco?
Sentii gli occhi farsi pesanti e una morsa allo stomaco che non mi permise di respirare adeguatamente. Per un attimo quasi mi mancò l’aria e desiderai perdere i sensi, mettere fine a questo tumulto che mi faceva girare la testa.
«Lo so… lo so che ora come ora è difficile da capire ma dobbiamo andare! Vuoi sprecare l’ultima occasione per essere felici insieme? Joh! Vieni con me a riprenderti ciò che è tuo di diritto!», esclamò tirandomi di peso dalla sedia. La guardai scosso, battendo le ciglia.
«Ok… ma guida tu. Credo che mi stia venendo un infarto!».
 
Pov Elle
 
«Signorina, non credo potremo ritardare ancora molto», mi sussurrò il prete con la faccia da cane bastonato e una mano posizionata sul cuore in segno di rammarico. Mi voltai verso mia madre che, con il telefono in mano, stava provando ancora a contattare Sarah. Sospirai rumorosamente, portandomi una mano in grembo.
«Andiamo avanti, Elle, sono sicuro che capirà…», sussurrò Jason, cercando di confortarmi. Lo guardai titubante.
«Non posso farlo senza di lei…», sussurrai, più parlando con me stessa che con lui.
Mio fratello si accovacciò a me, posizionando la sua mano sopra la mia, accarezzando la sottospecie di dirigibile che avevo al posto della pancia.
«Sembra quasi che stia per scoppiare», sussurrò e io risi come una bambina, guardandolo con le lacrime agli occhi per quanto era diventato bello. Storse il muso mettendosi la faccia da bimbo dolce, come faceva da piccolo quando ero triste.
«Elle… non credo che Sarah arriverà presto, ti consiglio di proseguire con la cerimonia». I suoi occhi chiari mi guardarono con dispiacere. Mi sembrò il consiglio più dolce e sincero mai esistito. Tirai un sospiro e mi alzai, annuendo.
Strinsi il braccio di mio fratello e l’orchestra diede inizio alla marcia nuziale. Vidi gli ospiti alzarsi e mi salì l’agitazione. Stavo per sposarmi…
Avevo da sempre desiderato questo giorno, da quando ero una piccola bambina e avevo sempre desiderato indossare un bellissimo abito che mi faceva aderenza sul mio corpo e un lunghissimo velo, invece avevo un abito con un enorme rigonfiamento sullo stomaco ma lo stesso che amavo più della mia stessa vita. Camminavo,facendomi trasportare da Jason a causa delle gambe che erano diventate improvvisamente molli, forse a causa dei tacchi che portavo ai piedi…
Percorsi la navata sotto la guida di mio fratello che mi guardava preoccupato, intanto che sentivo la mia bambina scalciare e agitarsi come impazzita. Guardai l’altare, incrociando lo sguardo di Matt che mi osservava colmo di emozione, mentre mi sorrideva con il suo sorriso da bambino. Indossava un abito di lino nero con una rosa posta nel taschino, mentre si torturava le mani a causa della forte emozione che lo stava mangiando vivo, tanto quanto me. Cominciai a tremare,senza avere più sicurezze. Era la cosa più giusta da fare?
Più di una volta mi guardai indietro, cercando una via di fuga e mi sentii in un vicolo cieco senza più uscita. Era troppo tardi per scappare via a gambe levate e di certo i tacchi non lo avrebbero permesso e mi avrebbero preso prima di arrivare sull’uscio della porta ma dopotutto avevo preso una decisione e lo avevo fatto per il bene di quella bambina che scalciava come impazzita nel mio ventre, consapevole che forse era la decisione più sbagliata che sua madre potesse fare.
Quando fummo vicini, Jason mi baciò la fronte, consegnandomi al mio futuro sposo che mi cinse la vita, conducendomi dinanzi all’altare, e il sacerdote iniziò subito la cerimonia come se avesse paura di essere di nuovo interrotto. Le sue parole mi sembravano incomprensibili come se stesse parlando in cinese ed ebbi la stessa sensazione di alcuni mesi prima, quando avevo rischiato di perdere mia figlia e sentii che qualcosa in me era cambiato. Persi la sensibilità delle gambe e mi aggrappai al braccio di Matt con tutte le mie forze, toccandomi il ventre sconvolta. Mia madre si era già allarmata correndomi incontro.
«Elle che ti succede!!!»
«Mi si sono rotte le acque»
 
Pov Johnny
 
«Forza, Sarah, non puoi fare più veloce?». Correvamo spediti come inseguiti dal diavolo in persona in direzione di una piccola chiesetta fuori città, mentre pregavo Dio che potessimo arrivare in tempo per fermare il matrimonio. Sarah stava guidando come una pazza, con una mano nel volante e l’altra sul cellulare, mentre parlava con le forze dell’ordine spiegando il tutto. Chiuse la chiamata per poi digitare un nuovo numero.
«Cazzo, è spento!», proferì, buttando il cellulare sul sedile e concentrarsi sull’acceleratore.
«Comunque merito delle spiegazioni… Sarah». La vidi sospirare rumorosamente, senza distogliere lo sguardo dalla strada, mentre cercai con tutta la forza di rimanere lucido e vigile, cercando di capire il tutto nel modo più veloce possibile. Mi sentivo come in un sogno e adesso mi toccava afferrare ciò che era successo nel tangente in cui avevo dormito.
«Allora… Matt e un altro dottore hanno collaborato in modo da falsificare le carte sulla paternità della bambina, cosa illecita infatti la polizia ha appena aperto un inchiesta… quindi facendo due e più due… se Matt non è il padre arriviamo alla prova che…»
«Che io sarei il padre». Ancora non potevo credere di aver pronunciato quelle parole. «Non credo di farcela, Sarah, a rivederla…», aggiunsi un secondo dopo, andando con la mano sulla maniglia dello sportello come se volessi uscire, in preda al panico.
«Rilassati». Una donna nevrotica che va a duecento all’ora che mi dice di rilassarmi… questa era bella.
«Per tutto questo tempo ho chiamato Elle con un altro nome… perché non me l’ha detto subito?!», feci isterico. Sarah mi riservò un occhiata flebile, sorridendo subito dopo.
«Joh… l’amore fa paura ed Elle ne ha avuta tanta. Dal primo momento che ti ha visto si è sentita catapultata in quel passato che ha cercato per troppo tempo di dimenticare. Ha subito capito che se ti avesse detto chi era tu l’avresti da subito considerata non come la donna che è diventata ma come la bambina che tu ti sei lasciato alle spalle. E dimmi… ti saresti innamorato di una bambina o…»
«Sono stato così… maledettamente cieco…»
«Devi dirglielo Joh! Dobbiamo solo sperare che abbia deciso di aspettarmi o sarà troppo tardi».
Arrivammo dieci minuti dopo alla chiesa in cui Elle avrebbe fatto lo sbaglio più grosso della sua vita. Peccato che lì sembrava non esserci anima viva…
Guardai Sarah e scendemmo dalla macchina, correndo a perdifiato verso la porta.
«Siamo arrivati tardi», sussurrò lei con il fiato corto,vedendo la chiesa vuota e dei petali di fiori sparsi per terra.
Smisi di respirare, sentendo le lacrime scivolare via dai miei occhi.
Allora era la fine. Allora era questo il finale della nostra favola… il principe azzurro che smarrisce il sentiero e non conquista la sua bella. Non poteva essere… non poteva essere finita davvero!
«No! cazzo no!!», ringhiai, sbattendo il pugno contro la porta, facendo un grosso rombo, mentre Sarah si voltò verso di me con gli occhi arrossati.
«Joh no…»
«Santo Dio, che sta accadendo qui?!». Ci voltammo simultaneamente verso un uomo bassino e dai capelli brizzolati, con un lungo abito nero. Quello doveva essere il parroco di questa chiesetta
«Padre! Padre mi dica … è già stato celebrato il matrimonio…?»
«Oh, è lei che abbiamo aspettato per tutto questo tempo», fece ironico, guardando l’orologio.§
«Allora?», lo incalzai spazientito.
«Beh, non c’è stata una celebrazione ufficiale… abbiamo interrotto perché la sposa è dovuta correre in ospedale… le si sono rotte le acque!», esclamò con un sorriso a trentadue denti.
Rimasi senza parole, sconvolto in viso mentre Sarah si voltò verso di me con il terrore e il panico negli occhi,.
No… ti prego no…
«Sai cosa significa?», mormorò. «Oddio dobbiamo andare subito in ospedale!», aggiunse urlando, afferrandomi per la manica della giacca e trascinandomi verso la macchina, mentre io non avevo nemmeno più la forza di muovere un muscolo. Troppe emozioni in un solo giorno, quell’infarto mi sarebbe venuto davvero.
«La vostra bambina è tempestiva in tutto eh?», proferì Sarah con un sorriso che le andava da un lato all’altro della faccia. Sorrisi come un ebete al “vostra bambina”. Già mi piaceva l’idea. Già mi piaceva l’idea di stringere tra le braccia il frutto del nostro amore e di riavere di nuovo vicino la persona a cui ero legato già prima di incontrare.
«Sai già il nome che avevano deciso?».  Sarah storse la faccia, pensandoci su e sorrise, guardandomi mentre i suoi occhi si illuminavano di gioia.
«No, Elle avrebbe deciso nel momento in cui avrebbe visto i suoi occhioni»
«Allora lo decideremo insieme».
La strada sembrava non aver fine e quell’orizzonte sembrava non avere infinito. La mia mente era un oceano di emozioni ma l’unica cosa che volevo era stringere tra le mani la mia bambina e la mia piccola Elle. Elle…
Come avrei mai potuto lontanamente immaginare che la piccola bambina con cui giocavo da piccolo era diventata la persona più importante della mia vita? Era cresciuta così velocemente ed era per questo che mi sembrava di conoscerla al solo sguardo. Eravamo legati da qualcosa più grande di noi stessi  e il destino ci aveva dato una seconda opportunità. Solo che stavolta non l’avrei fatta scappare.
«Diamine, non possiamo passare! Ci sono troppe macchine! Joh, scendi e va da lei!», mi incitò. 
«Vado», sussurrai, scendendo dalla macchina e correndo a perdifiato verso l’ospedale.
Ero la follia fatta persona.
Quando arrivai in ospedale, fu facile farsi indicare la sala parto.
Dinanzi ad essa, riconobbi una testolina bionda che avevo tanto desiderato prendere a calci.
«Tu!», gridò lui, puntandomi un dito contro.
«Matt, se non vuoi ritrovarti un pugno in faccia e venire male nelle foto, fammi entrare».
Lui sorrise, ponendosi davanti alla porta così da non lasciarmi entrare, con le mani conserte e una faccia che prometteva scintille. Dio Santo, me le tirava dallle mani quelle botte! 
«Devi avere il consenso del padre del bambino e… vediamo… No! Lui dice di no!», fece caparbio. Sbuffai a ridere e mi avvicinai a lui, sussurrando flebilmente al suo orecchio, sentendo già l’orgoglio salirmi nelle vene.
Ci aveva fatto troppo male per meritare un minimo di considerazione. Stava per rovinare le nostre vite tenendoci lontani.
«No? Io invece dico di si». Lo vidi sbiancare e si irrigidì di botto, guardandomi con l’aria stralunata e di chi la sapeva lunga. Aveva sicuramente capito a cosa volessi alludere.
Delle urla lancinanti ci fecero sobbalzare di botto. Era lei… era Elle! Dovevo entrare dovevo vederla. Mi voltai nuovamente, cercando di entrare ma come un attimo fa, Matt mi si piazzò davanti, con le braccia allargate ,non permettendomi di entrare.
«Matt! Sappiamo entrambi chi sia il padre di quella bambina, quindi fammi largo e lasciami passare. Se la ami… lasciala libera di scegliere».
I suoi occhi divennero ancora più limpidi. Si allontanò di botto, abbassando le braccia e calando la testa in segno di sconfitta. Matt non era una persona cattiva. Amava troppo ma non sapeva come fare, lo si leggeva dai suoi occhi… forse un giorno sarei riuscito a perdonarlo.
Aprii la porta di scatto, ritrovandomi davanti una sfilza di medici attorno a lei.
«Scusi chi è lei? Deve andarsene non può stare qui!», sbottò infastidito il dottore mentre l’infermiera mi spingeva verso l’uscita.
«Elle», gridai, sperando che mi sentisse e cercai di divincolarmi dalla presa della dottoressa. Elle si voltò di scatto verso di me con gli occhi sbarrati dalla meraviglia, il viso sudato e i capelli bagnati che le coprivano il viso contratto dal dolore.
«Joh…», sussurrò con la voce rotta dall’emozione mentre la sua mano, cercava la mia.
La donna si voltò verso di me e mi lasciò andare permettendomi di correrle incontro. Mi avvicinai a lei, toccando il suo bellissimo viso e baciandola sulla fronte.
L’emozione che provavo in quel momento era indescrivibile. Tra le mie braccia stringevo lei, la mia piccola, la mia Elle.
«Sono qui, tesoro, sono qui… perché ti amo. Mi spiace così tanto di non averlo capito prima», mormorai, cullandola. I suoi occhi si riempirono di lacrime e mi accarezzò il viso con la sua mano.
«Mi hai chiamata Elle…», sorrise lei flebilmente.
La guardai negli occhi e sorrisi.
«Infondo l’ho sempre saputo… ma tu devi sapere che quella che sta per nascere è mia figlia», sussurrai con la voce rotta dall’emozione.
Lei sorrise e strabuzzò gli occhi dal dolore, ulteriore causa delle sue lacrime, increspando le labbra.
«Infondo l’ho sempre saputo», sussurrò sorridendo, prendendomi la mano e stringendola prima di cacciare un urlo.
«Signorina, spinga!!!», urlò il dottore, mentre vidi il suo viso diventare paonazzo come se gli mancasse l’aria. Cominciò a respirare sempre più in modo convulso, agitandosi e dimenandosi in modo straziante.
Stavo per sentirmi male anch’io, nostro figlio stava per nascere, io diventavo padre per la prima volta, Elle stava soffrendo come un cane… quella situazione mi sembrava talmente irreale che quasi mi venne da ridere, se non ci fosse la stretta di Elle che mi avrebbe lasciato di sicuro il livido.
«Non ce la faccio!», urlò inarcando indietro la schiena e stringendo la mia mano con violenza. Mi abbassai, avvicinandomi al suo viso e accarezzandola dolcemente.
«Un ultimo sforzo. Ce la fai. Ci sono io», sussurrai al suo orecchio.
Due secondi dopo il silenzio venne squarciato da una voce strillante che piangeva e, quando alzai lo sguardo, vidi il dottore stringere tra le braccia qualcosa delle dimensioni di un bambolotto.
«Ce l’hai fatta!», esclamai ridendo per la tensione, prima di stringerla a me e baciarla.
«Ti amo», sussurrò lei, abbandonandosi al calore e la protezione che il mio corpo poteva offrirle.
«Scusate…? C’è qualcuno che vi vuole salutare».
La dottoressa ci mise tra le mani una piccola creatura avvolta nelle fasce dalla pelle ancora arrossata e un ciuffo di capelli scuri. Venni pervaso da una scossa e un brivido intenso mentre il cuor minacciava di esplodermi nel petto: non avevo mai visto niente di più bello in vita mia.
Mi sentii fiero di me stesso, come se quella piccola pagnotta fosse anche un mio frutto: di sicuro era la cosa più giusta e vera e bella che avessi potuto fare.
«Sei bellissima», sussurrò Elle con la voce rotta dall’emozione, baciandola e stringendola fieramente come premio per i suoi grossi sacrifici. Mi chinai su di lei, le sfiorai quella sua piccola manina e baciai il capo delicato. La bambina fece un piccolo verso come una risatina.
«E’ nostra figlia», sussurrò Elle sorridente, guardando prima lei poi me.
«Come la chiamiamo?»
«Avevo pensato Sophie», fece lei speranzosa, guardandomi in attesa di un cenno di assenso.
«Ci starebbe anche Alice»
«Sophie Alice?», mi chiese con gli occhi luccicanti dalla felicità.
«Avrà il mio cognome, vero, amore?»
«Ovviamente», sussurrò Elle, stringendosi la piccola al seno. «Sai, è bello sentirti di nuovo dire che mi chiami amore…», aggiunse abbassando il capo.
«Avrei dovuto farlo tanto tempo fa. E non smettere mai», mormorai accarezzando il visino di Sophie che sembrava essersi addormentata. «Quando eri più piccola mi chiedevi se un giorno saremmo mai potuti stare insieme… eri molto testarda ma non pensavo che tu potessi arrivare veramente a realizzare tutti i tuoi obiettivi», aggiunsi ridendo al ricordo.
Lei rise con me, nascondendo il viso nei suoi capelli.
«Ci sono così tante cose che devo dirti…»
«Abbiamo tutto il tempo». Le accarezzai il dorso della mano, risalendo lungo il braccio fino alla spalla e alla guancia. «Elle?»
«Mmh?»
«Scusa, ma ti voglio sposare»


Eccoci arrivati alla fine... Siamo commosse :') Non credevamo di poter arrivare ad un risultato come questo, siamo felicissime di aver provato quest'esperienza ed aver creato una storia che per noi è molto importante...
Il finale potrebbe sembrare un po' "improvvisato" ma l'abbiamo voluto lasciare di proposito un po' in "sospeso" perché ci sarà una seconda storia... sì, avete capito bene, un continuo ahahah e crediamo abbiate capito anche che si chiamerà "scusa ma ti voglio sposare".
Speriamo davvero di avervi appassionate alla nostra scrittura e alla storia.
Speriamo di ricontrarvi la prossima volta!
Bacioni, A&P <3






Cara Aishia, lo so, abbiamo fatto il "patto" di restare anonime nella pubblicazione così come nelle risposte, abbiamo parlato sempre al plurale ma... DOVEVO fare questa cosa. Nulla di particolare, volevo solo ribadirti quello che ogni giorno ti dico: sei importante per me.
E' nato tutto per caso, da una tua recensione e da subito ci siamo trovate in sintonia: beh, sto parlando di quasi due anni fa e adesso arriviamo a parlare contemporaneamente su facebook, whatsapp ed efp, parlando anche di argomenti diversi ahahah >.<
Ora conosci cose di me che nessun'altro sa così come tu mi hai rivelato cose di te che soltanto io so e sono onorata di questo: ti voglio ringraziare per avermi aperto una finestra della tua vita, per avermi aiutata, supportata, sostenuta, diventando un'amica straordinaria.
Questa di una storia a 4 mani è stata la mia prima esperienza e posso dire che confrontarmie  condividere un racconto con te è stata la cosa più bella che avessi mai fatto! E' stato un mix di stress (quando ti ci metti sai essere davvero petulante ù.ù) e confusione, ma anche fonte di soddisfazioni e gioie, miste a risate e tanto divertimento... noi che avremmo potuto progettare la terza guerra mondiale ma che non riuscivamo a trovare un benedetto nome a sta bambina ahaha xD E come dimenticare quando immaginammo la storia in stile The vampire diaries in cui Sarah era una strega, Johnny un vampiro, Elle un lupo mannaro? :')
Sono felice di averti conosciuta e volevo soltanto far sapere a tutti quanto sei meravigliosa! <3
Un abbraccio, Princess <3
  
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