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Autore: Lady Moonlight    15/11/2013    0 recensioni
New York, anno 2012.
In una città contesta tra Nephilim e Vampiri, una minaccia sconosciuta incombe su tutti loro.
Chimera, così è stata soprannominata la creatura che ha scosso l'intera popolazione newyorkese, spargendo ovunque la stilla del terrore.
Astaroth, il Master di New York è morto.
Sebastian è l'unico vampiro in grado di fare ordine nel caos che si è generato, ma è anche l'ultima cosa che il famoso attore internazionale desidererebbe fare.
Alle prese con una bizzarra orologiaia che afferma di conoscerlo, senza però averlo mai visto; un Angelo Decaduto privo di senno; un gruppo di Nephilim adolescenti, oltremodo invadenti; un'umana convinta di amarlo e un altezzoso principe tedesco, dovrà fare i conti con un passato che credeva essersi lasciato alle spalle.
[...] "Ombre mescolate a luci." Raziel girò i palmi delle mani e tra le sue dita, dal nulla, comparve un grosso tomo che sfogliò riluttante. C'erano parole scritte in ogni tipo di lingua e dialetti esistenti. "È questa la natura delle anime."
Prequel di Contratto di Sangue-L'Ombra del Principio
Genere: Avventura, Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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15
≈*≈*≈*≈*≈
Figli di re


Io fuggirò da te, mi nasconderò nella selva
e ti lascerò in balia delle bestie feroci.
{W.Shakespeare}
 
 


 
Non c'era nulla di entusiasmante in quella macabra festa fatata. Sebastian si chiese se trovasse quel luogo così inospitale perché si era abituato alle comodità moderne o se il motivo fosse che le creature fatate non gli erano mai andate a genio.
Nella sala gli ospiti avevano ricominciato a parlare tra loro, commentando con parole sprezzanti il comportamento irriguardoso che il ragazzo nephilim aveva tenuto nei confronti della regina.
Clelia lanciava occhiate infastidite alla folla e guardava insistentemente la ferita al braccio che le aveva procurato qualche pixie. Aveva smesso di lamentarsi del ballo nell'istante stesso in cui Morwen aveva lasciato Alex per dirigersi verso una bambina seduta compostamente su una poltrona all'estremità della sala.
Lui la studiò mentre arricciava una ciocca di capelli e si mordeva il labbro inferiore.
"Dobbiamo seguirla." mormorò lei, tirandolo per l'orlo della giacca. "Morwen." si affrettò ad aggiungere con un sospiro.
"Va bene." si limitò a dire Sebastian con una scrollata di spalle.
"Adesso." ordinò Clelia indicandogli di fare strada. "Alex." chiamò quando raggiunsero il nephilim. "Seguici." il suo tono di voce era così deciso che nemmeno lui osò opporsi alla decisione.
Morwen fece un sorriso compiaciuto nella loro direzione e indicò loro un corridoio che portava ai sotterranei del castello. La bambina si agitò e la regina si chinò al suo fianco per sussurrarle qualcosa. Senza dire una parola, la principessa si alzò e precedette tutti loro lungo il passaggio.
Clelia si irrigidì sul posto e dovette fare dei profondi respiri prima di riprendere a camminare. Non toglieva gli occhi dalla bambina, quasi si fosse trattata di un fantasma.
"Cristavia sta bene." commentò lei, rivolgendosi a Morwen.
La regina incrociò le dita tra loro, rivelando un'espressione pensierosa. Sebastian pensò che fosse l'emozione più vera che probabilmente gli avesse visto esprimere quella sera.
"Tutto per merito tuo, Soul Hunter."
L'orologiaia trattenne il fiato e Sebastian si voltò appena per guardarla. Cosa indicava quel termine?
"Non..." Clelia sospirò. "Non fare questo, Morwen." la supplicò. "Cristavia è sana e salva, proprio come volevi." si passò stancamente le mani sulla fronte. "Ascolta cosa hanno da dire e poi lasciaci andare." Le ali della regina fremettero di collera.
"Andiamo." le interruppe Sebastian. "Abbiamo degli affari da sistemare."
Alex annuì e il gruppo si avviò lungo la scalinata di pietra.
 
 
Sebastian non si stupì più di tanto quando varcarono la soglia di quelle grotte sotterranee. Morwen era in testa al loro gruppo e lui chiudeva la fila. Come sempre, da quando l'aveva conosciuta, la sua attenzione si spostò su Clelia che senza accorgersene era andata a sbattere contro la spada di Alex, dato che il nephilim si era fermato bruscamente.
Lei mormorò qualche parola di protesta, poi quando il suo sguardo si spostò sulle pareti delle grotte il suo viso si fece cinereo.
Dall'altro lato dello spazio scuro e poco illuminato, Cristavia era sdraiata su un divano, intenta a giocherellare con i bordi del suo elaborato abito celeste. La fata bambina rideva per qualcosa che un pixie al suo fianco le aveva appena detto, ma si ammutolì non appena sua madre prese posto su una poltrona al suo fianco, assaporando una pietanza che il vampiro non perse tempo a identificare.
Ciò che però identificò, esaminando le facciate rocciose, proprio come aveva fatto Clelia, lo lasciò basito.
Alex deglutì nervoso. "Sembrano uova di Pasqua giganti." borbottò il nephilim studiando i numerosi bozzoli verdi stipati ai lati della grotta. All'interno, sotto la loro superficie trasparente, si muovevano corpi violacei e neri. Sembrava di assistere alla riproduzione gigante dell'evoluzione di un bruco in procinto di trasformarsi in farfalla. "Non credo siano commestibili, però." si azzardò a commentare Alex, sfoderando la spada dal fodero.
Sebastian avanzò di qualche passo e Clelia si spostò indietreggiando di lato, verso la parete rocciosa. Prima che potesse avvertirla di cosa c'era alle sue spalle, l'orologiaia lanciò un urlo disgustato. La sua mano destra aveva toccato la superficie di un bozzolo e una sostanza chiara, simile a bava, le si era attaccata alla pelle.
Clelia sbarrò gli occhi per l'orrore, mentre tentava di ripulirsi utilizzando il tessuto della sua maglia. "Che..." tremava visibilmente e anche Sebastian si sentiva scosso per quanto stava vedendo.
"Schifo." completò Alex per lei. "È disgustoso." Ora la spada celeste era ben salda davanti a lui. "Cos'è questo posto?"
Cristavia si lasciò sfuggire un gridolino divertito, mentre afferrava il pixie che le volava accanto, stringendolo quasi fosse stato un pupazzo di pezza.
Superando il ribrezzo iniziale, Sebastian si avvicinò ad uno dei gusci. Era l'unico che poteva affermare di aver incontrato creature più disgustose, così si mise ad esaminare il bozzolo.
"Sono soldati." spiegò Morwen dando vita ai suoi stessi pensieri. "In fase di gestazione. Innocui, quindi." tagliò corto lei.
Sebastian alzò gli occhi. Lì attorno dovevano esserci centinaia di soldati. "C'è una guerra in arrivo?" domandò prudente. Non era mai accaduto che i fatati si immischiassero nelle faccende umane, ma era risaputo che la Corte Seelie e Unseelie erano in continuo contrasto tra loro. Dopo aver saputo dei piani di Naamah e della creazione di un suo personale gruppo di non morti la prudenza non era mai troppa.
"Potrebbe esserci." replicò la regina, guardinga. "Le Corti sono sempre..." lei ci rifletté, scuotendo i capelli. "Non siamo mai state in amicizia." tagliò corto. "Accomodatevi, prego, miei ospiti." allargò le braccia invitandoli sulle poltrone disponibili. "So che avete delle domande per me."
"Infatti è così." rispose Alex in modo brusco.
"Questi soldati avranno bisogno di nutrirsi." bisbigliò al nephilim l'orologiaia. "Morwen avrà bisogno di carne. Molta carne. Ci sta nascondendo qualcosa." aggiunse Clelia, staccandosi da lui con indifferenza, mostrando una sicurezza che non aveva.
Sebastian incrociò le mani sul petto e seguì il nephilim fino al piccolo salotto improvvisato, lasciandosi scivolare pigramente su uno dei divanetti. Clelia, invece, rimase in piedi, a qualche metro di distanza.
Morwen fece schioccare le dita e davanti a loro si materializzarono dei tavolini ricoperti di pietanze d'ogni genere. Alex fece una smorfia vedendo la carne cruda e per tranquillizzarsi sfiorò la spada che aveva appoggiato al fianco della poltrona.
Carne umana.
Era stato il profumo del sangue a tradire quella provenienza e Sebastian si chiese se il poveretto, prima di essere ucciso, si fosse reso conto di quanto gli era accaduto.
"C'è un prezzo da pagare per ogni domanda." proseguì la regina, ignorando il nephilim.
Sebastian allungò le gambe in avanti, domandandosi cosa avrebbe dovuto fare per ottenere le risposte che gli occorrevano. Morwen non sarebbe stata clemente con il prezzo, non quanto la regina della Corte Seelie.
"Clelia..." chiamò la fata con voce melliflua. Sebastian voltò immediatamente il capo verso l'orologiaia e la guardò deglutire nervosamente, prima che avanzasse di qualche passo.
"Cosa vuoi in cambio delle risposte?" intervenne Alex, con il volto arrossato per la rabbia. Evidentemente, Sebastian aveva sottovalutato il suo disprezzo per il popolo fatato, perché da quando erano scesi in quelle grotte Alex si comportava in maniera strana.
"Da voi due nulla." annunciò Morwen, leccandosi le labbra. Cristavia annuì distrattamente in direzione della madre, prima di tornare al suo pixie. "Sarà lei a estinguere il vostro debit-" disse, indicando l'umana.
"No." la interruppe Sebastian, stupendosi della sua decisione.
"Sebastian." lo chiamò Clelia, raggiungendolo alle spalle. Aveva un tono preoccupato, ma non per le parole della regina.
"Ho detto di no." obiettò il vampiro. Morwen sorrise, rivelando la sua dentatura aguzza.
"Non sarà nulla di doloroso. Non ho intenzione di farle del male." dichiarò la regina.
"Dimmi il prezzo." intervenne Clelia, stringendo i pugni sullo schienale del divano.
"Lo sai." ridacchiò la fata. "Quando tornerete a New York, desidero che tu spieghi a Sebastian la natura del vostro legame e qual è il compito che svolge un Soul Hunter."
"N-Non... Non è..." balbettò la ragazza. "È contro le regole."
"Tuttavia, sei qui." considerò la regina. "Non deve importati poi molto delle regole se ti sei spinta fino alla mia Corte."
A Clelia si bloccò il respiro in gola, ma non tentò di replicare. "A quale scopo?" bisbigliò più a se stessa che agli altri presenti.
Alex tamburellò nervoso le dita sulla poltrona. La spada celeste cadde sul pavimento e Sebastian spostò con cautela l'attenzione sul nephilim. Era stato così preso dall'orologiaia che si era dimenticato della sua presenza.
"E il mio prezzo?" domandò quello, alzando la voce.
La regina scosse il capo sconsolata, quasi avesse a che fare con dei bambini. "Clelia." tornò a rivolgersi alla ragazza. La invitò a raggiungerla al suo fianco e lei fece dei passi esitanti verso Morwen.
Fu a quel punto che Sebastian scattò in piedi e afferrò la ragazza per un braccio, costringendola a sedersi sul divano.
"Non avvicinarti a lei mai più." scandì bene le ultime parole, per assicurarsi che Clelia afferrasse appieno il messaggio. Lei sbiancò, ma fece come lui le aveva ordinato.
"Come sei suscettibile." La voce di Morwen tradì una punta di ostilità mal trattenuta. "La tua informazione sarà gratuita, allora, Alexander."
La regina sistemò la lunga gonna dell'abito grigio, e allungò una mano per afferrare alcune foglie violacee e mangiarle. Cristavia continuava a ridacchiare, ignorando le occhiate infastidite dei presenti e Sebastian notò che Clelia cercava in ogni modo di non incrociare gli occhi della principessa. Il suo disagio strisciò fino alla sua mente, costringendolo a prestare maggior interesse alla madre.
"Bene." riprese Morwen. "La tua domanda, nephilim. Ma ricorda: una ed una sola." aggiunse sovrappensiero.
 
 
Un'unica domanda. Alex sapeva che la regina si stava facendo beffe di lui. Non le avrebbe dato alcuna altra occasione per sapere come spezzare la maledizione dei suoi genitori. Questo significava che avrebbe dovuto cercare altre soluzioni per aiutarli, ma non sapeva da dove cominciare. Chiedere aiuto a Simon o Violet sarebbe stato inutile, visto che ne sapevano tanto quanto lui o ancora meno. Vanhel, invece, parlava solo per dare ordini e difficilmente si vedeva in giro. Azalya era talmente ignara di ciò che realmente accadeva nel mondo che era impensabile domandarle un qualche tipo di sostegno.
Sarebbe toccato a lui, con la sua mente e la sua spada, trovare la soluzione a quei problemi.
Al momento, però, doveva concentrarsi sul killer sovrannaturale che aveva massacrato umani e vampiri.
"Cosa puoi dirmi sulla creatura soprannominata Chimera?" Era quello il motivo della sua presenza lì. Vanhel era stato chiaro: qualunque cosa fosse quel mostro doveva essere fermato prima che potesse compiere ulteriori stragi.
Il vampiro si lasciò sfuggire un fischio compiaciuto ed Alex intuì che quell'informazione faceva comodo anche a lui.
"Chimera è un ibrido. I segni sono chiari." cominciò a spiegare la regina. "Solo altre due volte, nel corso della storia è stato generato un essere simile e in entrambi i casi l'ibrido è stato ucciso prima che potesse giungere all'età adulta."
Clelia tirò indietro la testa, poggiandola sul divano. Alex notò che aveva un'aria sfinita, come se non dormisse da giorni. Non che a lui importasse della sua salute, dopotutto qualunque cosa fosse un Soul Hunter non era umano e quindi un potenziale nemico.
"Un ibrido di che genere?" intervenne Sebastian, con un'espressione assorta.
Morwen sfiorò la superficie delle sue ali disneyane, talmente simili a quelle dei cartoni animati che all'inizio lui aveva dubitato potessero essere vere.
"Metà angelo e metà vampiro." sorrise la fata.
Sebastian si lasciò sfuggire un sibilo incredulo e Alex spalancò la bocca per lo stupore.
"Impossibile!" tuonò il nephilim, saltando in piedi. Scosse la testa, rifiutandosi di dar credito ad una simile sciocchezza. Ciò che quella rivelazione implicava era a dir poco stomachevole. Un angelo e un demone che procreavano un figlio? No, era qualcosa di così distante da quanto aveva imparato dai suoi genitori che la cosa lo lasciava totalmente spiazzato.
"Impossibile!" gli fece eco Sebastian, mostrando i canini.
"Siete liberi di credere a ciò che volete." disse Morwen per nulla impressionata dal loro scetticismo. "Io vi sto solo esponendo i fatti per quanto ne so. Tuttavia..." aggiunse, rivolgendosi al vampiro. "A livello teorico la nascita di questa creatura è possibile."
"È terribile. Se fosse così..." mormorò Clelia.
"Chimera avrebbe l'immortalità delle due stirpi, i loro poteri e-" continuò Alex, rimuginando sulle complicazioni di quella doppia natura.
"Nessuna debolezza." completò Sebastian, stringendo i pugni fino a far sbiancare le nocche. "Non avrebbe problemi con la luce del sole ad esempio, ma nemmeno possederebbe la linea di condotta morale di un angelo. Chimera è una macchina da guerra." decretò con una smorfia. "Chi sono i genitori?" sbottò infuriato. "Per colpa di chi è nata questa... creatura?"
"Ha importanza?" li interrogò la regina, lisciandosi i capelli. "Nulla potrà cambiare il fatto che la Chimera esiste. Accettalo, vampiro."
Dalla gola di Sebastian proruppe un suono che ricordò vagamente il ringhio di un cane ferito.
"Da quanto hanno compreso i miei servi, Chimera per sopravvivere si nutre di cuori. Che siano umani o di altra natura non ha alcuna importanza. È una ragazza, e Naamah sembra molto interessata a lei. Ha mandato i suoi vampiri a cercarla." Morwen socchiuse gli occhi e annuì tra sé. "Chimera ha attaccato in città." spiegò, senza rivolgersi a nessuno in particolare. "Attualmente ci sono sei morti e tredici feriti, esclusivamente umani."
Alex strinse la spada, sperando di riuscire a sfogare in quel modo la rabbia che covava nel suo cuore. Aveva la sensazione che se fosse rimasto a New York sarebbe riuscito ad evitare tutto quello spargimento di sangue.
"Naamah la sta cercando?" rifletté Sebastian. "Si può, quindi, presumere che l'ibrido non stia lavorando per lei."
"Forse." lo assecondò la fata, ma non sembrava convinta. "Non c'è modo di saperlo. Questo però ci riporta alla tua domanda, figlio di Lucifero."
 
 
Jennifer non ricordava più da quanto tempo le sue mani tremavano. Dieci minuti? Un'ora? Sembrava trascorsa un'infinita da quando lei e Adrian erano fuggiti dalla conferenza stampa. L'aveva portata al Trinity, il locale notturno di Astaroth che ora apparteneva a Sebastian.
L'aveva lasciata nella stanza del vecchio Master di New York, in compagnia di un canarino giallo che, rinchiuso nella sua gabbia dorata, non smetteva più di pigolare, mentre lui era andato a nutrirsi di qualche ignara vittima umana.
In quel lasso di tempo si era fatta una doccia, ed ora i capelli le gocciolavano inarrestabili sul pavimento.
Con curiosità si era messa a frugare nei cassetti del comodino ed aveva trovato centinaia di foto che rappresentavano tutte il medesimo soggetto nel corso di una decina d'anni. Una bambina che rincorreva un pallone, la stessa seduta nel banco di scuola a colorare un disegno, mentre passeggiava per le vie di New York... Poi gli scatti si erano fatti meno fitti, man mano che la ragazza cresceva. L'ultima rappresentava un'adolescente che percorreva di corsa Central Park. Ne afferrò qualcuna decisa a mostrarle a Sebastian.
Qualcuno bussò alla porta e incredibilmente il fastidioso canarino si zittì.
"Jennifer?" il tono di Adrian tradiva il suo nervosismo. Era la prima volta che lei percepiva in modo tanto netto l'accento tedesco della sua patria.
Aprì la bocca, ma le parole rimasero in sospeso tra loro. L'asciugamano che aveva usato per tamponare i capelli era umido e i suoi vestiti non erano da meno. Rabbrividì, questa volta per il freddo anziché per la paura.
"Jennifer, stai bene?" l'urgenza nascosta nella voce di Adrian la sorprese. Con una smorfia si disse che era perché Sebastian avrebbe voluto la sua testa su un piatto d'argento se le fosse accaduto qualcosa, o almeno sperava che fosse così.
Jennifer si alzò dal comodo letto matrimoniale per andargli incontro, spalancando la porta e lasciandolo passare. Adrian aveva ancora l'aspetto di Sebastian, ma lo sguardo era più umano, meno freddo.
La musica proveniente del locale le giungeva attutita, ma le provocò ugualmente un senso di disagio che cercò di mascherare mordendosi il labbro.
"Sarai sollevata nel sapere che la creatura non ci ha inseguito." le comunicò Adrian, lasciandosi sprofondare in una poltrona. "I telegiornali non fanno che parlare di quanto accaduto." continuò con un sospiro. "Credo che ci considerino tra le vittime. Te e Sebastian, intendo."
Jennifer rivolse una veloce occhiata alla televisione nell'angolo: non aveva avuto il coraggio di accenderla. Alcune gocce d'acqua le scivolarono sul collo e lei le tamponò prima che bagnassero ulteriormente il suo abito da sera.
"Devo fare una telefonata." annunciò, muovendosi per quella stanza estranea alla ricerca di un telefono.
"Sebastian non ha risposto alle mie chiamate. Alla Corte Unseelie la tecnologia non funziona." la interruppe Adrian.
"Lo so. Non è lui che devo chiamare." replicò Jennifer, stringendosi al petto le braccia. "Devo dire al mio agente che stiamo bene, prima che il mondo ci creda morti."
Adrian le allungò il suo cellulare senza protestare e lei si affrettò a spiegare al suo interlocutore l'accaduto. Chiuse la chiamata e si rannicchiò sul letto in posizione fetale, fingendo di essere sola. Era troppo scioccata per piangere, ma non abbastanza per dimenticare che aveva avuto una reazione simile dopo la morte dei suoi genitori. Aveva passato giorni in completo silenzio, osservando una parete bianca. Adrian le aveva detto qualcosa, ma non aveva capito molto.
"Tu, stai bene?" indagò, girandosi su un fianco per osservarlo. Adrian si era cambiato e non c'era più alcuna traccia di sangue sugli abiti. Si era tolto le lenti a contatto e gli occhi erano tornati alla loro naturale tinta blu-notte.
Lui sembrò colpito dalla domanda, perché inclinò la testa di lato con un'espressione buffa. "Cortese da parte tua chiedermelo. Sono un vampiro con molti anni alle spalle, quindi sto bene. Non c'è alcuna necessità che tu ti preoccupi per la mia salute, ma apprezzo il gesto." Si alzò e si affiancò al letto.
Prima che Jennifer potesse fermarlo o capire cosa stava facendo, lo guardò mentre le sistemava l'asciugamano sui capelli, aiutandola ad asciugarli. Fu avvolta da una ventata d'aria calda e rimase così sorpresa che l'unica cosa che fece fu di spalancare la bocca in un gesto assai poco femminile.
"Non è il periodo adatto per prendersi un'influenza." commentò Adrian, quasi sovrappensiero. "Ci sono troppi vampiri in città e non è il caso che tu manifesti questa debolezza così... umana." mormorò.
"Ho bisogno di bere." decretò, mettendosi seduta. I capelli erano asciutti, anche se in compenso erano un groviglio di nodi.
Lui annuì. "Del thè, della cioccolata calda, oppure un caffè?" chiese, più rilassato.
Jennifer si avvicinò alla gabbia del canarino, scuotendo divertita la testa. "Qualcosa di forte. Molto più forte." sottolineò con noncuranza. "Ho intenzione di ubriacarmi." specificò, voltandosi per osservare la reazione dell'altro.
Adrian sorrise, rimanendo comunque composto. "Astaroth teneva una riserva di vini speciali per i suoi soci d'affari umani. Credo che potremo cominciare con quelli, se non riuscirò a farti desistere da tal proposito."
"Non ci riuscirai." lo rassicurò l'attrice.
 
 
Figlio di Lucifero.
Erano pochi a chiamarlo a quel modo e per un breve istante si domandò cosa stese facendo suo padre di tanto urgente per non avere ancora fatto la sua comparsa a New York. Sebastian serrò la mascella, deciso a scoprirlo.
Voleva risolvere la faccenda con Morwen al più presto, farsi spiegare da Clelia cosa intendeva dire la regina con il termine Soul Hunter e trovare il modo più rapido per annientare Naamah. Per non parlare della questione spinosa che riguardava Chimera e che l'aveva sorpreso più di tutto il resto messo assieme.
"Come o dove posso trovare la Caduta, Naamah?" domandò a Morwen, ansioso di poter mettere fine a quel problema.
Al suo fianco, Clelia torceva nervosamente le dita della mano e Sebastian la costrinse a smettere lanciandole un'occhiata spaventosa.
Morwen si alzò i piedi, imitata subito dalla figlia Cristavia, e girò attorno alla poltrona di Alex un paio di volte.
"Non ho idea di dove si trovi. Naamah è molto abile nel nascondere le tracce." confessò la fata, facendo ondeggiare pericolosamente in avanti il vestito.
"Questa non è una risposta accettabile." replicò freddamente Sebastian.
"Infatti." convenne Morwen, stringendo tra due dita la strana collana d'occhi. "Nessuno ha mai detto che le risposte ti sarebbero state gradite."
Sebastian contrasse impercettibilmente la mascella, mentre sul palmo della sua mano prendeva forma l'essenza di una fiamma nera. Era poco più grande di una pallina da tennis ma, se l'avesse lanciata, i suoi effetti molto più disastrosi.
"Morwen." chiamò Clelia, raggiungendo velocemente la regina. L'orologiaia si chinò in avanti, bisbigliandole qualcosa all'orecchio e l'espressione seccata della fata si trasformò in una entusiasta.
La cosa non fece che irritarlo maggiormente ed il fuoco sul suo palmo crebbe esponenzialmente di volume.
"Ti avevo detto di non avvicinarti a lei!" tuonò lui, infastidito. Era snervante constatare che qualcuno sfidava i suoi ordini. Certo, Jennifer raramente faceva quello che le diceva ma il rapporto tra loro era differente. Cristavia gridò qualcosa di incomprensibile e l'umore di Morwen cambiò nuovamente.
Il colore degli occhi della fata si era fatto più chiaro: un grigio sbiadito. "Stai venendo meno alla mia ospitalità, vampiro." lo accusò.
"Non esiste ospitalità che regga all'interno delle due Corti." obiettò Sebastian con una smorfia.
"Come osi!" esclamò la regina. I capelli di Morwen rilucevano di macabri riflessi violetti. Le ali si dispiegarono in tutta l'ampiezza che era loro consentita e Cristavia applaudì in segno di apprezzamento.
Alle spalle della fata si materializzarono una decina di rami spinati, che con un gesto imperioso del braccio furono scagliati in avanti.
Alex si gettò a terra, trascinando con sé la spada e imprecando ad alta voce qualcosa riguardante il pessimo carattere dei fatati. Clelia si nascose rapidamente dietro ad una poltrona, ma non abbastanza velocemente. Un dardo spinato le aveva lacerato la carne poco sotto il ginocchio destro, strappandole un grido di dolore e l'orologiaia era scivolata a terra, frenando la caduta con le mani.
Fremendo di rabbia, Sebastian aveva liberato le sue fiamme che avevano avvolto i rami della regina riducendoli in cenere.
Il vampiro si piegò su un ginocchio e quando il suo sguardo individuò la medesima ferita che in realtà era stata inflitta a Clelia, richiamò a sé il fuoco demoniaco e lo indirizzò verso un paio di bozzoli, bruciandoli completamente.
Morwen lanciò un urlo così agghiacciante che tutti i presenti si coprirono le orecchie con le mani. La regina, invece, si portò le dita ai capelli simulando il gesto di strapparli. Gli occhi stavano assumendo una colorazione sempre più chiara, finché divennero totalmente bianchi.
"Merda!" si concesse di inveire Alex, prima di correre al fianco di Clelia per aiutarla a rimettersi in piedi.
Attirati dalle grida della loro regina un branco di pixie era appena comparso nella grotta, fermo ai margini del corridoio che loro avevano percorso in precedenza.
"Uccideteli!" ordinò Morwen indicandoli. Cristavia si aggrappò all'orlo dell'abito della madre, apparentemente impaurita, ma Sebastian notò perfettamente il lampo di divertimento che attraversò i suoi lineamenti, deformandoli per qualche istante.
"Siamo morti!" gridò Alex per sovrastare il ronzio fastidioso prodotto dalle ali dei pixie. Stavano correndo verso il corridoio, l'unica via di fuga che conoscevano, ma i fatati erano tra loro e l'uscita.
Sebastian non lo degnò di una risposta, mentre passava un braccio sulle spalle di Clelia per permetterle di appoggiarsi a lui. Guardò il nephilim mietere le prime vittime con la spada celeste, mentre lui guidò le sue fiamme contro una piccola avanzata fatata.
Sulla sua gamba, la ferita causata dal legame era già guarita, ma lo stesso non si poteva dire per Clelia.
"Stai bene?" domandò Sebastian, afferrando un pixie e lanciandolo contro la parete di pietra.
"No che non sto bene, idiota!" lo apostrofò lei ansimante.
Schivando un ghiacciolo di ghiaccio, opera di Morwen, Sebastian pensò che la ragazza non doveva stare poi così male se aveva la forza per criticarlo.
"Andiamocene!" ordinò lui, indicando l'uscita. Alex li precedette, mulinando la spada in aria quasi si trattasse di un giocattolo. La luce azzurra della lama era come un faro che segnalava ai nemici la loro posizione.
"Che disastro, Semiael!" borbottò Clelia, inciampando.
Sebastian la aiutò a rimanere in piedi, sebbene non riuscì affatto ad apprezzare la pronuncia del suo vero nome. "Non ci aiuterà più! Né io, né te e nemmeno Alex!" disse lei, stringendo i denti e prendendo un bel respiro.
"Bene!" esclamò esasperato. "Staremo benissimo anche senza il suo aiuto!"
"Tu, forse!" replicò Clelia, incespicando nei suoi stessi passi.
Davanti a loro, la spada celeste di Alex, calò su tre pixie gettandoli a terra. "Smettetela!" li riprese il nephilim, facendo strada nel corridoio. "Ho intenzione di tornare a New York tutto intero!"
"Per fare a pezzi i vampiri." osservò Sebastian dando una rapida occhiata alle sue spalle. Il numero di pixie era diminuito, ma i pochi rimasti non avevano intenzione di lasciarli in pace.
"Vero." asserì Alex per nulla turbato.
Sebastian appoggiò Clelia ad una parete e dopo aver osservato pensieroso il palmo della sua mano, fece apparire nuove fiamme striate d'argento che scagliò contro i fatati. I pochi sopravvissuti al suo attacco furono fermati da Alex.
"Non avrei mai creduto che un giorno avrei dovuto ringraziare un vampiro per avermi salvato la vita." intervenne Alex, accostandosi anche lui alla roccia sporgente.
"Sì, bhe." lo interruppe l'orologiaia con un cenno della mano. "Tutto ciò è davvero commovente, ma vi sarei grata se ce ne andassimo. Non sono troppo esaltata all'idea di finire al banchetto di Morwen come portata principale." mugolò, portandosi una mano sulla ferita.
"Il dardo ha colpito il muscolo, nessun danno ad arterie importanti." le comunicò Sebastian, dopo l'ennesima occhiata alla ferita.
"Questo non mi conforta."
Fu zittita da un gesto di Alex che con la spada alzata aveva indicato un punto impreciso dalla direzione da cui erano venuti. C'erano degli strani rumori, come se una folla avesse deciso all'improvviso di applaudire le mani di fronte ad uno spettacolo particolarmente riuscito.
"Cosa altro succede?" chiese Alex, infastidito dall'ennesimo imprevisto. I boati si susseguirono con cadenza sempre più ravvicinata, fino a cessare dopo una decina di minuti.
"Io avrei una mezza idea e non voglio essere qui per scoprire se ho torto o ragione." avvertì Clelia, avviandosi per prima verso l'uscita. Le sfuggì un gemito di dolore e fu costretta ad aggrapparsi al muro per riuscire a sostenersi.
Sebastian la raggiunse in una frazione di secondo. Appoggiandole un braccio sotto le ginocchia e l'altro attorno al collo la sollevò da terra, strappandole un grido di sorpresa.
"Muoviamoci!" esclamò balzando in avanti, seguito subito da Alex. Abbassò il viso su quello di Clelia che continuava ad agitarsi come un serpente. "Smettila." le ordinò con voce piatta. "Non vorrei essere costretto a lasciarti qui."
"Non lo faresti!"
Sebastian scosse la testa. "Non esserne così sicura."
"A cosa credevi fossero dovuti i suoni di prima?" Alex si voltò verso l'orologiaia per attendere la risposta e la vide mordersi le unghie per l'ansia.
"Ho il forte sospetto che Morwen abbia fatto schiudere le sue covate di guerrieri. Per ucciderci." sottolineò Clelia, come se il concetto dovesse essere rinforzato.
Alex scocchiò la lingua sul palato, bisbigliando delle imprecazioni. "Abbiamo sprecato il nostro tempo." ansimò, saltando un gradino di pietra.
Avevano raggiunto il piano del ballo, ma non c'era più musica nell'aria e tutti gli ospiti erano scomparsi. Le uniche presenze erano date dalle tre vecchie filatrici di paglia che Sebastian e Alex avevano incontrato in precedenza.
Lavoravano incessantemente senza staccare gli occhi dai gomitoli di stoffa dorata che si trovavano ai loro piedi.
"Un regalo per la principessa." gracchiò una delle fatate.
Un'altra alzò il viso inespressivo in direzione di Clelia. "Ha aiutato la principessa."
La terza si alzò dal suo filatoio. Era la più anziana e la più gobba delle sorelle. Si avvicinò al loro gruppo e Sebastian acconsentì a rimettere a terra l'orologiaia che avanzò traballante verso la fata.
Lei accennò ad un inchino e la vecchia sorrise, sfiorandole una guancia con la punta delle dita.
"Onorevoli dame." salutò Clelia. "Cristavia sta bene, ma io non possiedo nulla che potrebbe alleviare la vostra condizione."
"La principessa sta bene." ripeté la prima fata, sospirando di sollievo.
Sebastian incrociò le braccia sul petto, chiedendosi ripetutamente perché stavano sprecando tempo a quel modo. Anche Alex doveva essersi posto il problema visto che gettava continue occhiate verso l'uscita.
"L'erede è salva, Cristavia è salva." continuò la seconda.
Clelia annuì. "Sì, non dovete più temere per la sua vita." spiegò.
Il Master di New York sbuffò, scambiando un rapido sguardo con Alex.
"Siamo in debito con te, Soul Hunter." intervenne la più anziana. Allargò le braccia e comparve della splendida stoffa dorata che mise goffamente tra le mani dell'orologiaia. "Un dono come ringraziamento."
La ragazza strinse il tessuto al petto, osservando il mucchio di paglia ai piedi dei filatoi venire trasformati in fili d'oro. "Cristavia attenderà ancora un po' per il suo nuovo abito." commentò la fata, seguendo la direzione dei suoi occhi.
Alex diede dei leggeri colpetti di tosse.
"Non posso aiutarvi." mormorò Clelia, ignorando il nephilim. "Però posso darvi un piccolo aiuto. Per porre rimedio alla vostra condizione dovete recarvi alla Corte Seelie, portando con voi tre galli e tre dei vostri gomitoli. Quando sarete in presenza del guardiano del castello lui vi impedirà di entrare a palazzo. Dovrete cedergli i tre galletti prima dell'arrivo dell'aurora e procedere dritte verso il salone da ballo." si interruppe, assicurandosi che le tre vecchie avessero capito.
Sebastian la guardò stupito, osservando come le fate si erano avvicinate per stringersi tra loro emozionate. Le rughe si erano allontanate dai loro occhi, regalandole un'espressione meno stanca.
"Cosa sta facendo?" bisbigliò Alex, affiancandolo. Lui si limitò a stringersi nelle spalle, perché come il nephilim non aveva la minima idea di ciò che stava accadendo. Possedeva solo la vaga certezza che Clelia sapeva esattamente cosa stava facendo, come se lei conoscesse più cose del dovuto.
Si accigliò. Non era la prima volta che rifletteva su quella questione. Clelia sapeva davvero più del dovuto, ma il motivo non gli era chiaro.
"Lì troverete un grosso leone alato. Gettategli uno dei vostri gomitoli e proseguite. Più avanti troverete la regina della Corte Seelie. Datele come pagamento il secondo gomitolo e chiedetele come spezzare la maledizione. Dovrete essere rapide e concludere prima del sorgere del sole o non riuscirete a fuggire!" le avvertì, abbassando il tono di voce. "Al leone di guardia lanciate l'ultimo gomitolo e tornate svelte dal guardiano. Quando all'alba i galletti canteranno il loro canto lui non sopporterà quel suono e voi potrete fuggire dalla Corte."
Le sorelle si abbracciarono, piangendo e singhiozzando tra loro. "Grazie." gracchiarono in coro, prima di scomparire insieme ai loro filatoi.
"Muoviamoci." concluse Sebastian, spalancando le porte del salone da ricevimento.
 
 
Avevano appena superato il ponte quando Alex si fermò per poter riprendere fiato.
Appoggiato ad un albero, con le mano sulle ginocchia e il capo chino in avanti, il nephilim diede un'ultima occhiata al maniero della Corte Unseelie che si scorgeva in lontananza.
"Quelle vecchie erano davvero inquietanti." commentò, boccheggiando alla ricerca di aria.
"Sono state maledette." disse Clelia, cercando i suoi occhi. "Secoli fa." riprese, passando distrattamente una mano sulla stoffa che le tre fate le avevano donato. Dal modo in cui lo stava fissando in quel momento, Alex provò la spiacevole sensazione che lei conoscesse la storia dei suoi genitori. L'idea era così inverosimile che decise di ignorare il tono di voce che Clelia aveva utilizzato quando aveva cominciato a parlare di maledizioni.
Tra i tre l'unico apparentemente disinteressato alla cosa e per nulla stanco era Sebastian, che giocherellava con quelle strane fiamme nere e bianche che aveva creato.
"In realtà." riprese Clelia. "Loro sono figlie di Morwen, tre gemelle nate prima di Cristavia."
"Davvero?" chiese Sebastian perplesso.
"Sono così vecchie perché una maledizione pende sulle loro teste. Non ho idea di cosa abbiano fatto per meritarselo, ad ogni modo Morwen le ha allontanate dalla Corte Unseelie non appena ha scoperto cos'era accaduto loro. Ha fatto credere ai suoi sudditi che fossero morte, l'insulto arrecato dalla loro bruttezza era troppo da poter sopportare."
"Sì, ha senso." concordò il vampiro. "I fatati amano le cose belle." dichiarò con convinzione.
"E tu le hai aiutate a liberarsi dalla maledizione?" chiese Alex, assicurandosi che la spada fosse al sicuro nel fodero alle sue spalle.
"Ho suggerito loro un modo. Se avranno successo dipenderà solo da loro."
"Perché lo hai fatto?"
Clelia si strappò una fascia di stoffa dalla maglietta e la utilizzò come benda per la ferita. Le sue mani sfiorarono il punto in cui la pelle era lacerata, strappando con violenza quanto restava del dardo che l'aveva trafitta. Soffocando un lamento annodò la stoffa in una medicazione provvisoria.
"Una domanda alquanto stupida." obiettò lei con una smorfia. "Come se io ti chiedessi il motivo per cui aiuti gli esseri umani dalla minaccia dei demoni." Si voltò verso Sebastian come se avesse temuto di averlo offeso. "Le ho aiutate perché potevo farlo. E, lo ammetto, perché in questo modo si riterranno in debito con me e cercheranno di rendermi il favore." aggiunse.
Alex serrò i pugni, infastidito da quel comportamento. "I demoni non aiutano nessuno se non per ottenere qualcosa in cambio."
L'orologiaia zoppicò in avanti, fino a raggiungerlo. "Mi credi un demone, Alexander?" Non aveva avuto esitazioni a chiederglielo e perfino il vampiro sembrava davvero interessato alla risposta.
"Lo sei?" la aggredì Alex.
Clelia sorrise tristemente, come se quella domanda fosse qualcosa con cui lei facesse i conti tutti i giorni. Le occhiaie sotto gli occhi era più che evidenti in quel momento; i capelli erano disordinati e in balia del forte vento che li aveva accompagnati da quando erano usciti dalla Corte.
"Credo che mi appellerò al diritto di non rispondere." replicò lei, suscitando un'ondata di divertimento in Sebastian.
Prima che Alex potesse trovare qualcosa di altrettanto pungente con cui rispondere all'affermazione, il vampiro fece loro segno di rimanere in silenzio e di seguirli.
Ogni tanto, lungo il percorso di ritorno incontrarono qualche creatura fatata, ma la maggior parte di quelle li ignorò. Solo qualche pixie tentò di attaccarli, ma Sebastian si sbarazzò di loro così velocemente che Alex era certo non avessero avuto nemmeno il tempo di rendersi conto di quanto li stava accadendo.
In breve il portale fu davanti a loro, all'apparenza un vecchio arco di pietra avvolto dall'edera. Manteneva lo stesso aspetto anche a Central Park, ma lì era annerito dallo smog e la pietra era ruvida, rovinata dalle intemperie.
"Torniamo a New York prima di incappare in altri contrattempi." fece Sebastian, aiutando Clelia ha spostarsi.
Alex annuì, chiudendo la fila e godendosi per l'ultima volta il panorama che solo una terra popolata da creature millenarie poteva offrire. Confuso si domandò che aspetto potesse avere l'Eden, la patria degli angeli.
 





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