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Autore: HeavenIsInYourEyes    24/11/2013    2 recensioni
Aveva sempre avuto un difetto di pronuncia, Sehun. Quella maledetta S blesa era stata la sua croce.
Non ricordava precisamente quando aveva optato per il silenzio o per i discorsi brevi e sottovoce; forse quando si era stancato delle risate soffocate, quando le imitazioni frivole dei compagni lo avevano esasperato, quando si era accorto che udirsi lo irritava.
Sehun non amava parlare, ma da un po’ di tempo non riusciva a stare in silenzio e i motivi erano due.
Uno: il suo psicologo personale -Lu Han- aveva professato che solo parlando l’imbarazzo verso quel tanto odiato difetto di pronuncia sarebbe svanito.
Due…
Due… Jongin.
Una volta gli aveva detto che il suo difetto era carino. Che lo rendeva unico.
E da allora, Oh Sehun non si era più stancato della propria voce.

{Sekai. Con accenni Hunhan. Le note all'interno}
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kai, Kai, Kris, Kris, Lay, Lay, Lu Han, Lu Han, Sehun, Sehun
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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E' bastato un abbraccio
e mi sono dimenticata perché volessi buttarci via.



Questa volta uno spiraglio di Hunhan.
Perché a volte tendo a dimenticarmi che prima di essere un “amore a senso unico”, i miei Sehun e Lu Han sono due amici.
E perché le cose finalmente!!! cominciano un po’ a muoversi.
Buona lettura

Absentia

Il vero casino della vita, pensò,
era dover fare i conti con i problemi altrui.”
                                                                      -Charles Bukowski, Confessioni di un codardo.-

 
 

Capitolo 5

Abituati alla sua assenza

(Quando Lu Han fa sentire bello Sehun)

 

23 luglio 2013. Ore 23.45
Seoul. Scatola di sardine di Sehun e Lu Han

-Secondo te è uno scherzo?-

-Non lo so.-

-Credi che sia un maniaco?-

-Non ne ho idea.-

-Credi che dovrei—

-Non lo so.-

-Ma non mi hai fatto finire di parlare!- Lu Han sobbalzò; la voce di Sehun si era fatta stridula, cozzava con la calma apparente che lo aveva spinto a sedersi al suo fianco, seppure con titubanza.

Era entrato in punta di piedi, come suo solito, gli si era acciambellato vicino e silenzioso aveva partecipato alla contemplazione del corpo nudo di Malcolm McDowell che rispondeva con entusiasti Certo, sir!, al secondino che lo sorvegliava[1]. Gli fu lampante come Sehun non fosse stato richiamato dalla musica di Beethoven né dai suoi continui smadonnamenti perché Cazzo, questo esame non lo passerò mai!; il suo costante agitarsi sul posto e guardarlo di sottecchi erano indizi sufficienti.

-Cosa vuoi, si può sapere?- sbottò sconfitto, pregustando l’amaro sapore di una conversazione da ragazzine che non avrebbe sopportato. Sarebbe arrivato al secondo squittio; al terzo lo avrebbe rispedito a calci a pulire la camera.

-Volevo solo qualche consiglio su come comportarmi, ma l’unica cosa che sai dire è: Non lo so.- rimbrottò offeso, sventolando la lettera sgualcita. Doveva averla letta un mucchio di volte, tanto era spiegazzata. Lu Han si chiese quanti gracidii fossero sfuggiti nella quiete della sua camera da letto, quante volte si fosse morsicato il labbro inferiore nel vano tentativo di frenare il crescente imbarazzo che si spandeva sulle sue guance. Da quanto, semplicemente, avesse atteso un momento come quello per sentirsi come gli altri.

Lu Han depose la penna e il block-notes, guardandolo esasperato -Sehun, io so solo che devo finire di vedere ‘sto film e spararmene un altro. Di Kubrick. Abbi pietà- sventolò gli appunti e biascicate scuse fu tutto ciò che ottenne, anticipate da uno sbuffo che lo fece desistere dal comportarsi da stronzo. Doveva approfittare dei rari momenti in cui l’amico usciva con le proprie mani dal letargo della depressione -Dov’è il problema, si può sapere?-

Sehun sbatacchiò gli occhi un paio di volte. Forse non si aspettava un suo coinvolgimento sincero in quel mucchio di cretinate. Si grattò la punta del naso -Il problema è—Tutto!-

-Tutto?-

-Insomma… Tutto, sì, tutto!- agitò le mani –Io non so nemmeno chi sia questo che mi ha scritto eppure non riesco a non sorridere ogni volta che rileggo la lettera!-

Lu Han studiò il tremore delle sue dita ossute, poi tornò a guardare il film –A tutti fa piacere ricevere lettere e dichiarazioni. Ci fanno sentire importanti.-

Sehun annuì e l’angolo destro delle labbra guizzò all’insù, quando i polpastrelli tornarono a scorrere sul foglio bianco –Dice che è rimasto colpito dal mio sorriso. Riesci a crederci?-

Fu un E come non potrei? appena pensato quello che faticosamente cacciò indietro, deglutendolo, fino a quando non lo sentì precipitare nello stomaco, pesante come tutto quei pensieri che da anni continuava a tacergli. I sorrisi di Sehun erano davvero pochi e mai sprecati, gli uscivano sempre dal cuore e quando lo facevano, dissipavano la coltre di malsane paranoie che lo avvolgevano.

Ancora ricordava i battiti accelerati del cuore e il colpo all’anima che lo avevano preso alla sprovvista, quando Sehun gli aveva rivolto il primo, vero sorriso.
Era stato fra le lacrime, gli aveva sollevato le guance bordeaux e aveva spazzato via ogni granello di polvere che imperlava il suo viso, i suoi vestiti. Era seguito un tremulo Grazie ma Lu Han neppure lo aveva ascoltato, troppo preso a chiedersi come un esserino così debole potesse sorridergli anche dopo essere stato assalito dai bulletti della scuola, rivolgendo tanta armoniosità a lui che si era limitato ad allontanarli.

Aveva appena nove anni quando conobbe Sehun e fu forse uno dei giorni più felici che Lu Han ebbe mai vissuto. Ricordava tutto nitidamente, come se il piccolo Oh della sua infanzia fosse ancora davanti a lui, ad arrovellarsi perché Ma se compro un pacchetto di figurine in più, come lo prendo poi il rullino?, con quei suoi sorrisi di vittoria quando facevano qualche sciocca scommessa e vinceva quei pochi Won che mettevano in palio. E molte volte Lu Han avrebbe voluto dirgli Ti ho lasciato vincere, perché era effettivamente così, ma si era riscoperto affascinato dal modo in cui suoi occhi si assottigliavano quando era felice e allora che vincesse, che si comprasse i suoi stupidi rullini con i soldi in premio. 
L’importante era che continuasse a sorridergli in quel modo straordinario e Sehunesco che, davvero, era diventata una delle poche ragioni di vita a cui continuava ad aggrapparsi –insieme ai videogiochi, i film e le fiere dei fumetti-.

-Lo incontrerai, quindi?- lo domandò con pigrizia, avvertendo il cuore accelerare mentre il silenzio si faceva interminabile. Sehun ci stava pensando sul serio, lo poteva leggere nelle sue sopracciglia aggrottate e in quel lampo di curiosità che gli aveva attraversato gli occhi ora socchiusi. Non pensava che vederselo portare via un’altra volta facesse così male. Come se gli stessero strappando l’anima, lasciandola in brandelli.

Tuttavia, il volto di Sehun tornò a rilassarsi e Lu Han riassaporò i benefici del sollievo –Non lo so. Non lo conosco, potrebbe anche essere uno scherzo- le labbra si assottigliarono –Però se mai lo incontrassi, vorrei dirgli grazie. Da tempo non mi sentivo così—

-Ragazzina liceale e mestruata?-

-Apprezzato…- concluse lapidario, rifilandogli un’occhiata pregna di fastidio. Lu Han storse il naso a quella constatazione. Era come sentirsi dire che lui non si stava impegnando abbastanza nel farlo sentire il solo e unico degno di nota nell’intero cosmo, ma Sehun si aprì in un sorriso amaro e subito quei pensieri fluttuarono lontani.

E quando lo chiamò, con quel –Han…?- domandato con timore, preferendo guardare Arancia Meccanica piuttosto che il suo viso cosparso di confusione, Lu Han non poté non ritrovarsi invischiato nelle sue stesse paure, facendole proprie, pronunciando uno spaesato –Cosa?- che non sapeva a cosa avrebbe portato.

-Ti sei mai sentito… Svilito? Come se qualcuno ti avesse fatto sentire sul tetto del mondo e improvvisamente ti avesse rispedito nei bassifondi?- Sehun si carezzò la nuca, disperdendo le dita nei fili biondi ormai opachi; era un movimento così ipnotico che per un breve istante fu tentato di sostituire la sua mano con la propria.

Fu in quel preciso istante che Lu Han si chiese se Kim Jongin avesse mai compreso cosa si stava perdendo. Che persone come Sehun si incontravano una volta nella vita e andavano tenute strette, legate a sé, perché l’assenza che avrebbero lasciato non sarebbe stata colmabile.

La stessa assenza che lui, andandosene, aveva lasciato a Sehun.

-Mi sono sentito così quando Kai mi ha lasciato- il nomignolo dell’idiota stridette in mezzo a tutti quei ricordi, come se non c’entrasse nulla con il dolore del ragazzo –Lui mi faceva sentire bello senza neppure dirmelo.-

Lu Han lo guardò, speranzoso che dal suo sguardo potesse scorgere quanto lui lo trovasse assolutamente fantastico. Ma Sehun continuava a stropicciare la lettera e Alex DeLarge gridava troppo perché potesse ignorarlo.

Sehun era bello, di quella bellezza che gli faceva contorcere lo stomaco. C’erano i suoi occhi, contornati da vistose occhiaie, eppure così luminosi e lucidi da farlo fremere dalla punta dei piedi fino alla radice dei capelli rossicci e scompigliati; c’erano le sue guance rosee sull’incarnato pallido. Ma più di tutto e tra tutto, c’erano le sue labbra. Sollevate, anche se impercettibilmente, un po’ tremanti e assolutamente da vertigini, di quelle che davano uno scossone al mucchio di sentimenti sparpagliati come foglie e tornavano prepotenti, ricordandogli perché  mai fosse completamente perso per quel ragazzo dal sorriso spezzato.

Lu Han aveva infatti capito che i propri Cazzo, Sehun è da togliere il fiato, non erano dovuti alla mera facciata, ma scavavano più in profondità. Era il suo essere così malinconico a renderglielo caro, tanto da mettere da parte ogni buon proposito di lasciarlo colare nella sua disperazione, tanto da strappargli ogni briciolo di felicità se ciò significava averlo tutto per sé, ciecamente convinto che solo lui potesse donargliela. Per anni era stato certo di ciò, dispensando consigli dall’alto della propria esperienza, assuefatto dal senso di importanza che il suo costante seguirlo gli dava. Fino a che non era cresciuto, aveva scoperto il mondo intorno a sé e il mondo non si era accorto di lui, cercando la sua compagnia.

Sehun neppure si accorgeva di quanta gola facesse e da quando Jongin lo aveva lasciato, le cose erano peggiorate.

Fu allora che si inoltrò nella nube di pensieri reconditi che mai Sehun lasciava uscire allo scoperto, talmente densi da apparire invalicabili -E se fosse Kim?- lo aveva pronunciato con noia, ignaro dello scompenso emotivo che avrebbe potuto creare nell’amico, ora immobile al suo fianco. Si preoccupò quando non lo sentì respirare, specchiandosi nei suoi occhi ora larghi e pregni di angoscia. Lu Han scostò lo sguardo; quel lampo di speranza che gli aveva visto nascondere con uno sbattere frenetico di ciglia finissime, era un boccone troppo amaro da mandare giù.

-Impossibile, si sarebbe firmato.-

-Magari ha pensato che firmandosi, tu nemmeno lo avresti preso in considerazione.-

-Oh…-

Com’era possibile che nutrisse ancora speranza nel rivedere quel coglione? Non sapeva se definire patetico o sciocco questo suo morboso attaccamento a ciò che erano stati, annullando addirittura quel poco di autostima che aveva faticosamente guadagnato negli anni.

Com’era possibile che lo amasse ancora, nonostante tutto?

Dopo quella che gli parve un’eternità, si ritrovò a contemplare la malinconia che smussava i suoi lineamenti dapprima contratti e che, inevitabilmente, aveva intaccato la mitezza nei suoi occhi -Non penso sia lui- aveva pronunciato con rassegnazione, come se quel pensiero lo avesse tallonato per chissà quanti giorni –Kai non mi avrebbe mai scritto cose del genere. Lui era più—

-Cretino?-

-Sottile…- lo pronunciò con calma, rifilandogli comunque un’occhiata bieca –Non si lasciava mai andare a complimenti, a malapena mi diceva che mi voleva bene. Non è mai stato portato per i discorsi- un sorriso di nostalgia fece capolino; Lu Han avrebbe voluto spaccarglielo a suon di ceffoni e ripetuti Dimenticati di quel demente, ti scongiuro. Kim non si meritava la sua devozione, non dopo essere sparito nel nulla –Lui era un tipo più… Fisico, ecco.-

Lu Han si stupì di come riuscisse ad accennare qualcosa sul suo conto con scioltezza, come se ogni frammento di ricordo ancora rimastogli non gli facesse più così male. Eppure le sue mani tremavano ancora, gli occhi divenivano lucidi e i denti continuavano a mordicchiare il labbro inferiore.

Quanta fatica stava facendo, Sehun, nel non crollare ancora una volta? Quanto era difficile, per lui, parlarne come se da un momento all’altro dovesse aprire la porta e dirgli Ehi, sono rientrato!, stringendoselo fino a che fuori non faceva buio? Quanto ancora si sarebbe fatto del male, solo per non schiodarsi da quel passato a lui ancora così caro e che lo stava lacerando lentamente?

Lu Han trattenne l’impulso di abbracciarlo, carezzargli i capelli o anche solo lasciarsi andare a chissà quale stronzata che lo avrebbe fatto chiudere a riccio. Strinse le dita intorno alla penna, si perse nella musica di Beethoven e attese che Sehun si alzasse, lasciandolo a leccarsi le ferite che il solo nome Kim aveva inferto al suo corpo. 
Tuttavia persisteva nel restare, quasi fosse intimorito al pensiero di dover affrontare tutto quello senza qualcuno cui sorreggersi.
E Lu Han lo amava troppo per poterlo lasciare in balia di sé stesso.

-E se fosse lui?- ripeté, ostinato.

Sehun vibrò –Ti ho detto che non può essere lui.-

-Ma se lo fosse?- lo guardò con serietà; si dimenticò di mettere pausa, troppo concentrato sulla piega di terrore che aveva assunto tutto il suo viso –Non hai mai pensato che potesse tornare e rivolerti con sé? Dopotutto, non sai neppure perché se ne sia andato.-

Sehun aprì le labbra ma nessun suono prese forma. Era pietrificato, come se avesse paura di dire ciò che pensava e sentirsi rispondere Lo sai che ti stai illudendo inutilmente? Sospirò, si morse l’interno delle guance e poi alzò le spalle –Ci ho pensato spesso. A lui che torna da me, intendo. Ma credo che non accadrà mai. Come potrebbe?- la sua voce era bassa, velata di rassegnazione –A volte mi dico che non c’è un perché se ne sia andato. Probabilmente si era stancato, tutto qua- aggrottò le sopracciglia –Bello com’è, avrà sicuramente trovato qualcun altro con cui stare. Qualcuno che migliore di me.-

Lu Han rabbrividì. Il discorso si stava facendo pesante, non si sentiva capace di potersi giostrare fra i propri sentimenti sempre più accecati dalla rabbia e quelli tremuli e fragili di Sehun. Avrebbe rischiato di romperlo, di metterlo di fronte ad una realtà che forse era meglio tacergli.

Che Kim se ne era andato via non per qualcuno, ma per qualcosa.

Inghiottì tutto, poggiò pigramente una guancia sul palmo aperto e mascherò la propria ansia dietro un’indifferenza che in quel momento non gli apparteneva –Se non torna indietro a prenderti, tanto peggio per lui- confessò con tedio, scribacchiando sul block-notes –Là fuori c’è di peggio.-

Sehun corrugò la fronte, replicò con un incerto –Grazie…?- e si carezzò le braccia quando, sbilanciatosi troppo, urtò contro il suo gomito; Lu Han pregò che non si fosse accorto dell’elettricità che gli aveva attraversato il corpo –Tu quindi torneresti a prendermi?-

Se Lu Han avesse avuto una bibita fra le mani, a quell’ora la starebbe ancora sputando sul pavimento del salotto. Ma che cazzo di domanda era? Voleva ucciderlo per caso?! Si irrigidì sotto il suo sguardo impaziente –Io non torno mai! Sono gli altri a tornare da me!- bofonchiò imbarazzato, spaventato al pensiero che Sehun lo stesse torchiando solo perché aveva compreso quanto ormai lui fosse stufo di essere posto sul piedistallo dell’amicizia.

Ma Sehun sbuffò, fece cadere il capo in avanti –E’ solo un esempio…- lo guardò di sottecchi –Tu torneresti a prendermi? Anche se là fuori c’è di meglio?-

Lu Han si chiese cosa sarebbe accaduto se si fosse limitato ad un deciso Sì, sarei un cretino a non farlo, anche perché tu sei il meglio che possa esserci. Ma Sehun tremava ancora, i suoi occhi sembravano trasmettere diapositive in bianco e nero dei suoi giorni felici con Jongin e allora tutto ciò che poté concedergli fu un blando –Ovvio che tornerei. Siamo amici, no?- che sembrò bastargli –Perché?-

E’ che—Ecco— si umettò le labbra -Io non mi vorrei indietro- era serio, Sehun, mentre si confessava–Non sono questo granché. Piango tutte le notti, dormo poco, sono sempre isterico—

-Sei così da quando ti ha lasciato.- puntualizzò brusco, conscio che non sarebbe mai stato capace di farlo sentire importante. Solo Kim c’era riuscito e questo lo mandava in bestia. Spesso si era chiesto cosa avesse quel demente che lui non poteva dargli e quando aveva capito che l’amore non ragionava per logiche ma era mistero puro e semplice[2], Lu Han aveva smesso di perderci il sonno.

Sehun scosse la nuca -Lo sono sempre stato. Kai è stato l’unico capace di sopportarmi- miliardi di spilli cominciarono a perforare la sua pazienza –Credo si sia stancato di me. Perché dovrebbe tornare a riprendersi un peso del genere?-

Per tutta la durata del discorso, l’unica cosa a cui era riuscito a pensare erano stati una miriade di E io? che si erano accavallati, costringendolo a reggersi la testa pur di non perderla. Lu Han, in tutto quello, che posto aveva? Anche lui lo aveva sopportato e supportato in qualsiasi sua scelta, anche lui c’era sempre stato seppur in maniera criticabile ma così sincera che, cazzo, ma davvero il cuore non gli si era mai scaldato?

L’amore che provava per Sehun non si era ancora spento. Possibile che ciò non bastasse a renderlo un po’ meno invisibile, anche se l’ombra di Jongin continuava a stagliarsi intramontabile su di lui?

Era frustrante, era snervante. Ed era oltre il suo controllo.

Lo guardò di sottecchi, alzò il volume della televisione quasi volesse mutamente dirgli che il loro tempo era scaduto –Tu non sei un peso. E’ solo Kim ad essere un coglione. Prima lo capirai, meglio starai.- sentenziò ferreo, tornando a concentrarsi sul film.

Sehun inclinò il capo, tamburellò le dita sul ginocchio –Credi che dovrei andare, allora?- domandò nuovamente, come se la sua decisione dipendesse dalla sua risposta. Se da un lato Lu Han avrebbe voluto dirgli di stare a casa, rischiando di fargli perdere un’occasione d’oro ma al contempo consapevole di averlo ancora tutto per sé, dall’altra parte c’erano le parole sincere di Kris e quel suo fargli comprendere come non potesse più permettersi di trattare Sehun come un burattino…

-Fai come ti senti.-

Doveva staccare i fili e sperare che l’altro non si perdesse un’altra volta.

Sehun non fiatò più sino alla fine del film, imbronciandosi per quella risposta che non lo aveva tratto in salvo. Lu Han non seppe spiegarsi perché non si defilò, dopotutto lui trovava Kubrik indigesto. Eppure era rimasto, con il suo braccio che sfiorava il proprio, con il suo silenzio spesso ma in cui si poteva convivere e con il suo torturarsi mentre quella lettera si faceva sempre più stropicciata.

Lu Han, in un impeto di delirio, si immaginò vecchio decrepito con Sehun al proprio fianco, con le sue sopracciglia un po’ più folte ma sempre aggrottate, con le sue labbra sottili perennemente tese ma che, una volta apertesi, avrebbero mostrato un sorriso un po’ sdentato capace però di fargli palpitare il cuore nella stessa, intensa maniera di adesso.

Averlo nella propria quotidianità in quel Per sempre a cui lui non credeva, gli parve uno di quei sogni irrealizzabili seppur a portata di mano…


-Mi spiace tu non abbia finito di studiare per colpa mia.- mormorò Sehun dietro la sua schiena, seguendolo in corridoio.

-Se non dovessi passare l’esame, mi offrirai un Bubble the.- fu la sua pacata risposta, beandosi della sua leggera risata che gli riempì il cuore, i polmoni e il cervello. E quando la sua buonanotte giunse con un sorriso e lo scricchiolio della porta che si apriva, Lu Han si disse che non poteva lasciarlo scappare così. Che Sehun non meritava di andarsene a letto con il peso del passato sulle spalle, con quel suo sentirsi inferiore all’universo intero solo perché il centro della sua gravità si era spostato chissà dove.

-Sehun…?- allora lo chiamò piano, facendo ben attenzione ad essere già nel proprio santuario, così da potergli sfuggire nel caso avesse posto domande scomode.

-Mh?-

E fu come se avesse raggiunto il suo cuore, anche se solo per un istante…

-Non hai bisogno di Kim per essere bello.-

*******

26 luglio. Ore 22.18
New York City

 

Jongin si ricordava di avere un passato, solo quando un minuscolo “1” arancione svettava nell’angolo del pc, in quelle rare volte in cui si rammentava di aver installato Skype per un motivo ben preciso: non permettersi di scomparire. Jongin era fatto così: lasciava cose indietro e sperava che gli altri si adeguassero a questo suo atteggiamento, senza ovviamente rivendicargli nulla.

Ma anche se avesse voluto, qualcuno pronto a salvarlo da sé stesso c’era sempre…


-Certo che se non ti chiamassi io…- la frase si interruppe a mezz’aria, carica di irritazione e un misto di apprensione.

-Dai Tae, lo sai che sono molto impegnato.- le guance del coetaneo si gonfiarono mentre bofonchianti imprecazioni lo raggiungessero sconnessamente.


Che aveva corti capelli castani, gli zigomi alti e le labbra alla Usher, come bonariamente amava definirle, beandosi dei suoi pigolii affinché smettesse di prenderlo in giro.  Ricordava ancora la prima volta che glielo aveva detto, prima di un’esibizione importante al Teatro Nazionale. Lo aveva pronunciato con ingenuità e solo per alleviare un po’ del suo palpabile nervosismo. Era cominciato tutto da lì, ora che ci pensava… Quando lui gli aveva parlato senza costrizioni e l’altro si era lasciato andare ad una risata divertita, mormorandogli un Grazie fra le lacrime incontenibili.

-Anche io sono sempre preso, però cinque minuti per te li trovo sempre…- la sua frase cadde ancora in picchiata, spezzata e pregna di un fastidio comprensibile. Da quando era volato a New York si era fatto sentire poco, complici gli orari disumani di allenamento cui la compagnia lo sottoponeva e le uscite con gli amici conosciuti in quei mesi. Fece per scusarsi, ma lo sguardo affilato di Taemin si liquefò di dolcezza –Ehi, sto scherzando. So bene quanto tu sia impegnato, non potrei chiederti di più.-

E poi aveva quel sorriso enorme e abbagliante che metteva in ordine ogni cosa fuori posto nel suo incasinato e minuscolo mondo e Jongin si ricordava perché si ostinasse a tenerselo stretto.

Lee Taemin era una delle poche cose belle che Jongin avesse preservato in tutta la sua vita.

Conosciutisi ormai ventenni, Kim aveva trovato nel coetaneo un modello da seguire, un ottimo confidente e l’unico con cui poter condividere pienamente la propria passione: la danza. Lo aveva conosciuto alla scuola di ballo che aveva frequentato una volta tornato a Seoul e da lì, i due erano stati inseparabili.
Lee Taemin era la sua ancora di salvezza.

-Come vanno lì le cose?-

-Solito… Casa-danza, danza-casa, Na-eun[3]- gli occhi si illuminarono quando quel nome si spandé nell’aria, le dita si strinsero intorno al cuscino con cui stava giocherellando –Settimana prossima andiamo a Jejudo per il nostro anniversario.- aggiunse caramelloso, rischiando di investirlo con una marea di cuoricini che oltrepassarono lo schermo del portatile.

-Tutto questo amore è nauseante, smettila.- mormorò con una smorfia, sorridendo quando la risata dell’altro lo raggiunse.

-Animale…- sentenziò scuotendo la nuca, battendo poi le mani –Ma tu tra quanto torni? Ci manchi un sacco.-

Jongin avvertì gli occhi pizzicare di fronte a tutta quella disarmante sincerità -Tra tre mesi finisco. Ma mi hanno proposto di fare un altro anno, sai?-

Taemin gridò –Ah, ma è fantastico! Non è quello che hai sempre sognato?!-

-Già…- mormorò piano, grattandosi la nuca corvina. Le cose stavano andando esattamente come aveva sempre voluto, ma proprio non gli venne voglia di festeggiare insieme all’amico. Per arrivare a quello aveva dovuto fare un mucchio di sacrifici e tra questi ce n’era uno che continuava a tormentarlo.

-Ma…?- Taemin si crucciò -Non mi sembri molto contento.-

-No, lo sono. Però…-

Era in momenti come questi che si accorgeva di cosa si era lasciato indietro.

Il passato di Jongin era come una torta divisa in piccole fette: una di queste era Taemin, poi c’erano i suoi amici, la scuola di ballo, sua madre, le sue sorelle… E poi ce n’era una gigante, talmente enorme che doveva starsene in un vassoio a parte…

-E’ per Sehun, non è così?-

La sua faccenda in sospeso.

Jongin perse un battito. E poi un altro, e poi altri cento, fino a che non ne perse il conto. Il suo nome risuonava armonioso nel buio della stanza, riportando a galla quel mazzo di emozioni che aveva legato e posto in un angolo, da riprendere a tempo debito. Solitamente accadeva quando le cose gli andavano male, allora rivedere i sorrisi di Sehun, le loro nottate trascorse a parlare, i loro progetti ormai crollati, gli dava conforto.

-Lo hai sentito, alla fine?-

Jongin morse l’interno delle guance –Ho provato a chiamarlo ma ha chiuso. Non credo voglia sentirmi.-

-Neppure io vorrei sentirti, dopo esserti comportato così.-

-Taemin, tu sì che sei un ottimo consolatore.-

Il ragazzo rise di cuore –Se può farti stare meglio, Chanyeol l’ha incontrato un po’ di tempo fa. Dice che sta bene e che gli sembra il solito Sehun.-

Jongin sorrise tirato. Il solito Sehun era quello con le labbra piegate, la fronte corrugata, le sopracciglia aggrottate… Era quello che, quando sorrideva, nemmeno si accorgeva di illuminare tutto ciò che lo circondava. Per un istante gli tornarono in mente i suoi occhi, il suono della sua voce, quella “s” blesa che tanto adorava, le sue mani e il suo corpo snello… Fu un colpo all’anima improvviso, di quelle potenti e che gli facevano perdere i sensi.

-Sono felice per lui.- avvertì una sensazione di vuoto a livello dello stomaco e il cuore contorcersi. Sehun stava bene anche senza di lui. Avrebbe dovuto esserne felice, se lo meritava, eppure si ritrovò a fare i conti con lacrime che premevano per uscire e labbra secche.

-Dovresti richiamarlo e scusarti. Non ti sei comportato esattamente da fidanzato esemplare, lo sai?-

-Lo so… Ma ormai è tutto inutile- Taemin fece per interromperlo ma Jongin fu più veloce –E se decidessi di restare? Sarebbe inutile illuderlo, tanto vale che ci dimentichiamo.-

-Ma tu non l’hai fatto, vero?- Jongin lo guardò ad occhi larghi, perdendosi nella dolcezza delle sue labbra incurvate. Incredibile come lo capisse al volo –Io non so cosa tu debba fare, spetta a te decidere. Però…- Taemin si fermò, l’indecisione dipinta sul volto –Però eri molto più felice quando eri qui, lo sai? Quando uscivi dagli spogliatoi e mi dicevi che avresti cenato con Sehun avevi un sorriso che faceva il giro del mondo tanto era grande.-

Jongin guardò fuori. Guardò le luci di New York e si disse che quello spettacolo, per quanto mozzafiato, valeva poco senza qualcuno con cui condividerlo -Cosa devo fare, Taeminnie?-

Il segnale di internet era ormai sparito, quando tornò a concentrarsi sul migliore amico. Forse il Karma voleva punirlo per essersi comportato da insensibile bastardo. Non gli era rimasto nulla se non un nuvolo di ricordi impolverati e parole così sincere da fargli salire il magone.

Guardò il calendario.

Tre mesi per prendere una decisione era un tempo ragionevolmente lungo, no?

******

30 luglio 2013. Ore 12.32
Seoul. Caffetteria dell’università.

 

Sehun era seriamente convinto che dopo Jongin, nessuno se lo sarebbe filato. Sarebbe perito nella solitudine, conscio che là fuori nessuno si sarebbe preso la briga di rammendare un giocattolo bello che distrutto.

Tuttavia, Lay sollevò lo sguardo dalla lettera e le certezze di Sehun si incrinarono ancora, rischiando di precipitare nell’oblio delle sue domande senza risposta –Quindi?-

-Quindi cosa?-

La sventolò –Che intenzioni hai?-

-Nessuna…- Lay non fiatò di fronte alla sua ferrea risposta ma aveva l’espressione di chi vuole sentirsi dare una spiegazione. Possibile che anche con i suoi problemi dovesse indossare i panni dello psicologo modello? Sehun si grattò la chioma bionda -Non mi sento pronto. E’—E’ troppo presto.- aveva il terrore a pronunciare tale constatazione. L’ultima volta gli era sfuggita in presenza di Lu Han e quello se ne era saltato fuori con un esasperato Sono passati già tre mesi! Basta piangerti addosso!, prima di smadonnare contro Lara Croft che non voleva saperne di saltare su di una rupe –Sì, so cosa stai per dire: dieci mesi sono un sacco di tempo, ma io davvero non ci riesco.- strinse le bacchette, frenandosi solo quando il legno cominciò ad incurvarsi.

Sehun era sempre stato lento nel leccarsi le ferite. Quando prendeva un brutto voto, ci rimuginava su per mesi fino a che la macchia non veniva debellata da un’eccellente interrogazione; quando le cotte estive degli amici si eclissavano nella salsedine dell’ultimo giorno di mare, lui continuava a pensarci fino a che la nostalgia non lasciava spazio all’imbarazzo di essersi comportato da cretinetta.

E visto il modo ignobile in cui Kim lo aveva piantato, si sentiva in pieno diritto di poterlo piangere fino a che non si fosse stancato. O fino a che qualcuno non lo avesse ucciso, era lo stesso.

Lay però, in barba ad ogni pronostico, si era addolcito di fronte a tutta quella sincerità –Ognuno ci mette il tempo di cui ha bisogno- gli aveva detto con saggezza, continuando a leggere gli ideogrammi. I loro sguardi si incrociarono per una frazione di secondo e quello spento di Sehun naufragò in quello pregno di delicatezza di Yixing. Gli si strinse il cuore al pensiero che quello sguardo, Lay glielo aveva sempre riversato da quando Jongin se ne era andato. Costantemente –Qualcosa non va?-

Si riscosse -Tutto bene…- lo vide ritornare a leggere, non senza un pizzico di preoccupazione, e lo lasciò a crogiolarsi nel silenzio.

Tutto bene, come no…

Avrebbe voluto dirgli che stava bene, ma bene davvero, anche solo per vederlo rilassarsi e sorridergli beato, perché nulla più lo turbava. Non tanto per mentirgli, quanto per vederlo sereno e ripagarlo dell’appoggio che gli dava senza rimesse, solo perché amici. Yixing era buono, di una bontà così spassionata da farlo sentire sempre un egoista approfittatore che rubava il suo tempo solo per impiegare il proprio e distrarsi, evitando che i pensieri molesti lo incupissero più del dovuto. Sarebbe stata forse una delle rare volte in cui gli avrebbe dimostrato la propria gratitudine con i gesti, non a parole.

Ma Sehun non stava bene, non stava bene per niente.

Il suo essere reagiva all’assenza che Jongin gli aveva lasciato e più i mesi passavano, più si sentiva avvolgere dall’opprimente senso di solitudine che neppure i ricordi sembravano sopraffare. Aveva pensato che vedere il suo spettro gironzolare per casa, cullarlo la notte e vegliarlo di giorno sarebbe servito a qualcosa. Ma averlo lì, a porta a di mano e non poterlo toccare, consapevole che si sarebbe dissolto come il bel sogno che era, non faceva altro che alimentare quel senso di vuoto che niente e nessuno riusciva a colmare.

-Lu Han dice che il tempo aggiusterà ogni cosa, ma non va affatto così.- mormorò assorto, distraendolo dalla lettura.

Yixing guardò il soffitto, pensoso -Allora ammazzalo.-

-Lu Han?-

La testa di Yixing cadde in avanti; alle sue orecchie giunse uno sbuffo misto a risata, quasi il ragazzo si stesse trattenendo dal trovare divertente la sua sparata –No, il tempo. Se ci riesci, potresti anche cominciare a dimenticarlo.-

-Io ci sto provando a dimenticarlo, ma forse non mi sto impegnando abbastanza.-

Lay rise divertito, in quel modo cristallino che lo faceva sentire un po’ più leggero -Non è questione di impegno. E’ questione di abitudine- lo guardò con serietà, come se ci fosse passato anche lui -Abituati alla sua assenza.-


-Ma perché
 x5 x + 1 = 0”?!-

-E’ la regola.-

-Sì, ma perché?!-

-Ma non lo so! Manda una lettera a “Ruffini” se può farti piacere!-

-Sì, ecco, credo proprio che gliela manderò!-

-E’ morto secoli fa, Kim.-

-Ah…-

Com’era finito a dargli ripetizioni?

Davanti ad una tazza fumante di the, nonostante fuori il sole picchiasse alto, seduto in un anonimo bar vicino alla metropolitana, Sehun continuava a porsi questa domanda che ancora non aveva trovato risposta. Il fulcro dei suoi pensieri se ne stava beatamente seduto dall’altra parte del tavolo, le dita sperse a giocherellare con delle ciocche di fini capelli neri e le labbra arricciate per la concentrazione; quel problema di algebra doveva affaticarlo parecchio, suppose mentre il non numerabile sbuffo cadeva in picchiata a squarciare la loro quiete.

Kim Jongin era infantile, un bambinone nascosto in un corpo da adolescente che vedeva nell’algebra e nei numeri un nemico troppo difficile da sopprimere. Sehun represse un mugugno di scazzo al suo ennesimo gesto impulsivo, trattenendosi dal chiudere il libro e andarsene via senza degnarlo di aiuto alcuno. Sehun aveva bisogno di uscire con una media eccellente se voleva prendere una borsa di studio per iscriversi ad una buona università e quel babbeo di Jongin non lo avrebbe di certo ostacolato.

-Basta!- decretò esausto –Mi sta friggendo il cervello!- la fronte sbatté sul tavolo con un tonfo sordo.

Sehun sospirò mentre sollevava lo sguardo dal libro –Dal rumore direi che lì dentro non c’è nulla- girò la pagina con fin troppa energia –E’ impossibile che ti stia friggendo qualcosa che non esiste.-

Jongin sollevò il capo con velocità, fissandolo a guance gonfie –Sehun-ni, sei pessimo!-

-E tu sei rumoroso. Questa è la quinta pausa che facciamo.- chiuse il libro con secchezza, a volergli incutere timore e magari stimolare il suo latente senso di colpa.

Ma Jongin non sapeva nemmeno cosa fosse il senso di colpa, non quando si trattava dello studio –Sei proprio noioso.- si scompigliò i capelli prima di scivolare sul tavolo e provare a commuoverlo con sguardo da cucciolo bastonato; Sehun ammise a sé stesso che quel giochetto gli usciva piuttosto bene, quando metteva il broncio avrebbe voluto ucciderlo a suon di baci.

Sì. A suon di baci. E pure a suono di qualcos’altro, ma poi lo avrebbero arrestato per violenza. Non si scompose quando quei torbidi pensieri gli attraversarono la mente, giacché la notte questi continuavano a riempire le sue fantasie. E non si scompose nemmeno quando si rese conto che il protagonista era proprio quel bel ragazzo davanti a lui.

Kim Jongin era passato dall’essere un semplice buon amico, al protagonista indiscusso dei suoi sogni erotici.

-Ho perso già quattro lezioni.- lo sentì asserire fra gli sbuffi e le occhiate melense andate a vuoto.

Sehun corresse un appunto sul quaderno –Non hai fatto assenze in questi mesi.- corrugò la fronte; ma era ubriaco quando aveva scritto tutte quelle cazzate? Ah… Ma quella era la calligrafia di Lu Han. Maledetto! Ma perché andava sempre a rovistare fra i suoi appunti e glieli modificava?!

-Parlavo della danza- spiegò con tono cupo, giocherellando con un tovagliolino mentre lo sguardo si sperdeva all’esterno. Si adombrava sempre quando qualcosa non andava –A fine maggio ho il saggio. Rischio di venir tagliato fuori se ne perdo altre. Mamma ci teneva a vedermi.- i suoi occhi si incupirono, Sehun riuscì a reggerne lo sguardo per un paio secondi appena, poi tornò a fissare il libro. Jongin infelice era uno sgradevole spettacolo che non riusciva a sopportare. Era come ritrovarsi ad osservare uno splendido dipinto e adocchiare, nell’angolo più insulso della tela, una macchia fuori posto e che stonava con tutti gli altri colori finemente mescolati tra loro, rovinandolo.

-Tuo padre verrà?-

-Figurati…- la sua voce si abbassò –Sarebbe capace di insultarmi anziché applaudire. Continua a dirmi che dovrei concentrarmi sugli studi, sul basket e lasciar perdere queste “cose da ragazzine”.- poggiò la guancia sul palmo aperto, lo sguardo rivolto all’enorme finestra che gettava sul parco del locale. Sehun si era spesso chiesto se il padre di Jongin fosse a conoscenza di quanto il figlio fosse portato per la danza.

Quando Jongin ballava era di una bellezza stratosferica, di quelle che ti entrano dentro e non si scollano più. Lo aveva visto un paio di volte e aveva potuto sentire la terra aprirsi in una voragine, quella stessa voragine che aveva risucchiato il suo cuore senza ridarglielo. Era come se riuscisse ad inglobare tutto ciò che lo circondava in una bolla, lasciando il male al di fuori di essa. E poco importava se il male era armato di spilli e spuntoni, tanto non riusciva a scoppiarla.

Jongin, quando ballava, lo trascinava su di un altro pianeta.  

Fu di fronte alla sua tristezza malcelata che Sehun volle salvarlo. Un essere talmente puro non meritava di vedersi privare della felicità e lui sarebbe voluto diventare il solo ed unico capace di donargliela. Avrebbe capito a proprie spese quanto Jongin non avesse bisogno solo di lui per sentirsi bene, ma fino ad allora avrebbe continuato a proteggerlo.

-Gli esami sono vicini, non dovresti distrarti.-

-Ma la danza non è una distrazione!-

-Intendo ora…- spinse il libro verso di lui –Se finiamo altri tre problemi, possiamo saltare il ripasso di giovedì- tornò a guardare il voluminoso tomo, evitando di affrontare gli occhi brillanti dell’amico –Così non perdi un’altra lezione.-

Di sottecchi vide Jongin accennare ad uno scatto, quasi avesse voluto sporgersi per abbracciarlo con la sua solita impulsività. Rimase però seduto dov’era, forse intimorito dal campanellino che annunciava l’arrivo di nuovi clienti, limitandosi a giungere le mani e sorridergli raggiante. Da che ci pensava, Jongin e lui non avevano mai avuto alcun tipo di contattato che andasse oltre le semplici pacche sulle spalle e sgomitate quando qualche bel ragazzo sfilava loro davanti; gomitate che finivano puntualmente sul costato del povero Oh. Perché Jongin non aveva mai accennato nulla riguardo al proprio orientamento sessuale, era così preso dalla danza che sembrava non accorgersi di quanto gli altri se lo mangiassero con gli occhi. Non aveva mai fatto apprezzamenti su nessuno, mai gli aveva raccontato di sue precedenti relazioni e quando aveva scoperto il suo essere gay, si era limitato ad alzare le spalle dicendogli –L’importante è che tu sia felice.-, il tutto corredato da un sorriso talmente puro da farlo sentire in pace con sé stesso.

Kim Jongin era un’incognita, di quelle che mai sarebbe riuscito a risolvere.

-L’ho sempre detto che sei un grande!-

-Hai detto che sono pessimo- lo udì grugnire –Questo dieci minuti fa.-

-Non sei mai contento…- mugugnò mogio, giocherellando con la matita mentre si lasciava scivolare sul libro -Se dovessi passare gli esami, ti porterò al mare.- proruppe ad un tratto, con serietà.

-Cosa?!- il capo si sollevò con scatto fulmineo, gli occhi dilatati e colmi di sorpresa si immersero in  quelli scuri e vispi di Jongin, ora intento a guardarlo con un sorriso di velato divertimento. Teneva le braccia incrociate sul tavolo e il mento poggiato su di esse, sul viso non v’era nulla che potesse fargli indurre che stesse mentendo. Quel sorriso a trentadue denti era talmente ripieno di sincerità che Sehun si ritrovò a fare i conti con un cuore che batteva troppo forte e troppo veloce, rischiando di far spuntare sulle sue guance un dubbio colorito purpureo.

Jongin alzò le spalle, inclinò il capo e lo fissò -Hai detto di non averlo mai visto, no?- Sehun annuì piano, timoroso di spezzare l’armonia tra loro -Ti ci porto io. Andiamo a farci una vacanza.-

Sehun deglutì il fiato fermo in gola, prese a giocherellare con una ciocca castana -Non ho abbastanza soldi.- glielo confessò con riluttanza.

Kim sventolò le mani –Non sono un problema! I miei zii hanno lì una casa e per il biglietto non preoccuparti, posso offrirtelo al posto di pagarti l’ultima lezione!- lo disse ridendo, ma Sehun sapeva bene come non stesse scherzando. Quello aveva le mani bucate, era talmente spendaccione che sarebbe arrivato a vendersi la nonna pur di soddisfare ogni più stupido capriccio.

Sehun abbassò il capo, un sorriso appena accennato a velargli le labbra –Si può fare.-

Jongin si agitò sulla sedia -Davvero?!- Sehun alzò lo sguardo, giusto in tempo per vedere i suoi occhi allargarsi e abbagliarlo -Oh, perfetto! Allora ce ne andiamo al mare, ti porto lì e poi—

-Ma l’ultima lezione me la paghi lo stesso.- lo interruppe serafico, completando l’esercizio di matematica sotto i suoi piagnistei.

-Sei pessimo, Sehun-ni. Pes-si-mo.-

E lui avrebbe voluto dirgli che non vedeva l’ora di osservarlo in costume, mezzo nudo. Che non vedeva l’ora di buttarsi in acqua con la speranza che il mare fosse mosso, cosicché avesse una scusa per potersi aggrappare al suo corpo.

-Dovresti sorridermi di più così…- la sua voce pacata lo riscosse, facendolo sobbalzare. Sehun nemmeno si era accorto di star sorridendo e Jongin lo guardava con fin troppa dolcezza perché il suo cuore potesse non esplodere –Mi fai sentire bravo, come se fossi un supereroe.-

Sehun si sentì trasportato su di un pianeta, una stella, dove c’erano solo loro.

Avrebbe voluto dirgli che per lui lo era davvero, un supereroe.


-Abituarmi?- domandò confuso, senza neppure sapere da dove bisognasse cominciare. Era come se Jongin avesse sempre dato un senso alla sua vita e ora che non c’era, questa diventava scialba, addirittura inutile.
Spesso Sehun si svegliava nel cuore della notte chiedendosi perché l’indomani avrebbe dovuto alzarsi, se tanto avrebbe finito con il cadere preda della disperazione. E quando si voltava e si accorgeva di come la parte sinistra del letto fosse vuota, allora i ricordi tornavano prepotenti e lui nascondeva la testa sotto il cuscino per soffocare i singhiozzi, pregando che Lu Han non lo scoprisse -E come?- sorrise senza potersi contenere, rifilandogli tutta l’amarezza che quelle labbra piegate portavano con loro –Ho provato di tutto, ma a quanto pare esaurirmi non funziona granché.-

L’amico scosse la nuca -Sfiancarti non è la soluzione migliore. I pensieri non se ne vanno, restano lì e quando hai un momento di pausa tornano ad opprimerti. Tutti insieme. Dovresti riprendere in mano la tua vita- lo guardò cauto –Ti accorgeresti che non è così male, anche se non c’è Kim a condividerla con te.-

Sehun rimase in silenzio e quando quello si fece troppo opprimente, si lasciò andare ad una di quelle confessioni che mai si era lasciato sfuggire, neppure con Lu Han -Da quando se n’è andato, non mi piace neppure più fotografare- fu appena sussurrata, di quelle che facevano paura perfino a lui. Fotografare era sempre stata la sua ragione di vita… Come aveva fatto Jongin a surclassarla? 
Era come se Sehun avesse cominciato a fotografare solo ed unicamente per arrivare a quel giorno in metropolitana, immortalandolo in tutta la sua freschezza –Io amavo fotografare, mi piaceva sul serio.- la sua voce tremò mentre le mani andavano a scompigliargli i capelli.

Yixing lo guardò con dispiacere, quel tipo di dispiacere che lo mandava in bestia perché lui non era così, era solo il frutto della disperazione e l’angoscia -Prova a disegnare- la sua voce pensosa interruppe il filo dei suoi pensieri -Quando mamma e papà si sono separati, io continuavo a disegnare. Ha funzionato, sai?-

-E come potrebbe funzionare?-

-Riversavo tutto il mio odio per i miei sulla carta- spiegò con placidità -Papà era diventato il postino e mamma il cane rabbioso che lo inseguiva.-

-Hai avuto un’infanzia difficile, eh?-

Yixing ridacchiò. Sehun lo guardò con un sopracciglio arcuato ma la vibrazione del cellulare gli fece accantonare il disagio mentale in cui versava l’amico…


Esame passato. Ti porto a prendere del Bubble the.
Poi mi compri Batman: Arkham Origins[4].

Idiota…

Premette i tasti con velocità, dandogli dell’incommensurabile cretino per pretendere un regalo che nemmeno voleva fargli. Ma sapeva almeno quanto costava quel maledetto videogioco?! Avevano un affitto da pagare e—Ah, ci rinunciava. Lu Han era un demente fatto e finito.

-Sai che mi mancavano?- la voce di Yixing era velata di divertimento, tanto che Sehun si ritrovò costretto ad affrontare le sue fossette stritola stomaco e la sua morbidezza.

-Che cosa?-

-Quei sorrisi che fai quando non vedi l’ora di vedere qualcuno- Sehun sentì il cuore esplodergli in petto -Quando Jongin ti diceva che tutto andava bene e tutto andava bene sul serio.- aggiunse, guardandolo con dolcezza.

Sehun li ricordava bene quei sorrisi. Solitamente gli uscivano quando lo baciava piano, lento, nel buio della camera da letto o nel silenzio del salotto fiocamente illuminato. Quando rincasava e se lo trovava a ballare in cucina, mentre dimenticava i fornelli accesi e serviva per cena uova bruciate con riso incollato. Quando gli diceva di farsi trovare pronto alle 8.00 e poi si presentava alle 9.00, riempiendolo di scuse. Quando lo abbracciava, gli sussurrava di amarlo e gli diceva che non c’era alcun problema e allora era così, tutti i problemi si volatilizzavano…

-Non hai bisogno di Kim per essere bello.-

O quelli che faceva quando Lu Han gli diceva che era bello.

Però prima lo ero di più…

Anche se Jongin non c’era.

 


[1] Scena tratta da Arancia Meccanica di Stanley Kubrick, quando Alex DeLarge (interpretato da Malcolm McDowell) ormai in carcere, deposita i propri averi. Un capolavoro (il film, non il corpo di McDowell ma diciamo pure quello).

[2] “L’amore è mistero puro e semplice”, citazione presa da I ponti di Madison County.

[3] Son Na-eun, cantante delle A Pink. Perché con Taemin? Ho preso ispirazione da We Got Married quel programma fintissimo come Cher. Non per altro, solo che il mondo non è tutto gay, per dirla banalmente. Cosa che dimentico ogni volta che scrivo qualcosa sugli Exo.

[4] Videogioco della Warner Bros. La trama in breve: viene messa una taglia su Batman da tutti i malvagi di Gotham City e lui deve fargli il culo (cit. ragazzo di F.). Insomma, quei videogiochi fatti bene in cui capisci perché hai sempre avuto una cotta per il Joker e l’Enigmista e hai sempre schifato Batman.



Inutili note conclusive:
Capitolo nato dopo aver visto la puntata di Batman sul Cappellaio Matto, quando Alice la segretaria gli dice tutta raggiante Tu sì che sei un amico speciale!, con F. che urla –E’ stato FRIENDZONATO!!!- e io che muoio sul tavolo.
Lasciatemi poi spargere amore su quel trottolo di Taemim ** Perché se Absentia non fosse una Sekai, i protagonisti sarebbero Taemin e Jongin (prima o poi dovrò scriverla una Taekai. Troppi feels che non riesco a contenere).
E spargo amore anche su Jongin che per quanto scemo e stronzo qui sia, a me fa una tenerezza indicibile.
 
Ringrazio infinitamente _MoonAyame_, heretic overdose e CassidyKeynes per aver commentato il precedente capitolo. Siete state carinissime e il sostegno che mi avete dato non solo per Absentia ma anche per ciò che succede qua fuori mi ha scaldato il cuore, sul serio.
Vorrei regalare ad ognuna di voi un Exo.
Ringrazio anche chi ha aggiunto la storia fra le seguite/ricordate/preferite e chi legge in silenzio.
 
Alla prossima!
HeavenIsInYourEyes.
   
 
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