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Autore: meggislarry_    01/12/2013    1 recensioni
Never let the fear of streaking out keep you from playing the game...(non lasciare mai che la paura di perdere ti impedisca di partecipare) quelle parole risuonavano ancora nella mia mente, dopo 2 anni, e anche in una situazione come questa...una bottiglia di birra sbattuto contro il muro vicino a me mi riporta alla realtà e l'uomo che ho davanti a me con un bastone in mano, offusca l'immagine della donna nei miei pensieri... e a quel punto mi accorgo che sono in pericolo.. e quando quella persona prende lo slancio per avventarsi contro di me, mi metto a correre con tutta la forza che ho...
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Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Niall Horan, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Alloraaa  prima di tutto uccidetemi.. ma prima un cambiamento radicale della storiaaa.. ve lo dico ora oppure iniziate a leggere e dite ma che cazzo sta scrivendo questa rimbecillita??... bhe ho voluto fare passi da gigante e arrivare a due anni dopo … Ronnie ha 18 anni... e i suoi flashback spiegheranno il perchè del suo.... bhe lo scoprirete leggendo. Sciauuuu.

 

 

 

 

Due anni dopo...

 

 

Aspetto l'autobus alla fermata davanti a casa mia.

Dovrebbe arrivare tra meno di cinque minuti.

Cosa faccio?

Iniziai a muovere il piede ritmicamente in punta, dentro alle mie Toms, che ora mi stavano larghe.

Distolsi lo sguardo dalle mie scarpe, e guardai la gente alla fermata con me.

Ero appoggiata al palo rosso dove c'erano scritti gli orari dell'autobus.

Una donna con i capelli neri riccioli, occhi marroni con chiazze di verde scuro, aveva il naso leggermente gobbo, e aveva una quantità di fondotinta stratosferica, non aveva il mascara, ma una leggera striscia di matita nella parte di sotto dell'occhio. Era vestita elegante, forse era un'impiegata, o una segretaria, chi lo sa. Aveva sull'avambraccio una borsa marrone di pelle. Era in piedi non molto distante da me, e di tanto in tanto mi lanciava occhiate di sbieco. Mi innervosiva, così passai alla persona successiva.

Era una ragazza di circa tre anni più piccola di me, mi ricordavo di lei, penso andasse alla materna con me.

Quando eravamo piccole, aveva i capelli lunghissimi, come i miei, ma ora ce li ha tagliati da maschio, rasati dietro, ma con la banda che le sfiorava il mento sulla destra. Era carina, aveva il viso da bambina. Gli occhi erano marroni e grandi, che si ostinavano a guardare il cellulare davanti a sé e che teneva in mano la ragazza, ma sapevo, cioè avevo notato il suo sguardo quando mi aveva visto un attimo prima. Non mi aveva salutato, si era andata a sedere subito sulla panchina accanto alla fermata, a testa bassa.

E invece più il là di tutti c'era un uomo, doveva essere un carpentiere.

Indossava dei pantaloni sgualciti di un verde caco, una maglia a mezze maniche corta e sopra una casacca da militare, e aveva uno zaino in spalla.

Immaginai che tutti e tre dovevano prendere il mio stesso autobus.

 

Il mezzo arrivò in quel momento. A fatica mi raddrizzai, e avvicinandomi a quel rottame arancione che mi avrebbe portato in città, salii ottenendo spintoni da quanto era piena la corriera. Spinte che mi fecero quasi cadere. E le vedevo come punizioni.

Mi aggrappai ad un palo verso la fine della corriera, per non cadere.

Ma andai a scontrarmi contro un ragazzo.

Questo aveva una cresta su un arancione più marroncino, aveva un pircing sul labbro inferiore, e mi guardò con disappunto.

Ma non mi disse nulla, semplicemente tornò a guardare lo schermo del suo telefono.

 

Io abbassai lo sguardo, capendo il perchè della sua reazione, capendo perchè non mi aveva risposto male come farebbe di solito ogni ragazzo punk.

Era il mio aspetto. Lo avevo notato anche dal modo in cui spostò velocemente lo sguardo sul mio corpo.

No, non voglio essere debole.

Rialzai lo sguardo, e guardai fuori dal finestrino della corriera.

Stavamo attraversando un boschetto, dove dopo di esso ci saremmo ritrovati nel caos della città.

Mi piacevano quelle atmosfere, così decisi di mettermi le cuffie e ascoltare qualcosa di .. non so, rilassante? Si, di rilassante.

 

Quando stavo per mettermi una cuffia, notai lo sguardo di una signora anziana.

Erano tristi quegli occhi verdi, circondati dall'oro, che una volta dovevano essere stati bellissimi e senza essere circondati da rughe profonde.

Si accorse che la stavo guardando... D'altronde come non poteva? Mi stava guardando pure lei. A volte sono proprio scema.

Mi sorrise leggermente, e io ricambiai debolmente, non volendo realizzare quello che quel sorriso voleva significare.

Compassione. Girai subito la testa, puntando gli occhi nello schermo del telefono, andando a cercare una canzone.

Quando la scelsi, senza mai lasciare il palo, con la mano in cui avevo il telefono, mi misi la prima cuffia.

Oh, cazzo..

Stupido autista. Aveva frenato bruscamente, e come se non bastasse sono andata a sbattere contro una figura di statura oltre la media.

Penso che lui non ci fece caso, perchè non si girò.

E ne fui grata.

D'altronde l'autobus è pieno, quindi chiunque si aspetterebbe un colpo.

 

Continuai a guardare le spalle di quel ragazzo, come incantata, presa dai miei inutili pensieri, e non mi accorsi subito di una mano che picchiettava sulla mia coscia.

Mi girai, e vidi la signora anziana che prima mi stava osservando.

Mi sorrise compassionevole, accentuando le rughe attorno ai suoi bellissimi occhi:- Tesoro, vieni siediti.- mi disse.

-No, la ringrazio, signora, sto bene così.- risposi cordialmente forzando un sorriso.

-Ma tanto io tra poco scendo, quindi dovrei alzarmi allo stesso modo, e per arrivare alla porta ci vorrebbe un carro armato.- continuò sorridendo, e mostrandomi i denti ancora intatti.

Indugiai un attimo, avevo voglia di sedermi. Ma non volevo far mancare il posto ad una donna anziana.

Ma lei ha detto che scende...

Quindi, in fine decisi di dire:-Va bene, la ringrazio molto.

-Di nulla tesoro.-mi sorrise di nuovo, e si alzò lentamente.

Mi sentii leggermente in colpa, e le sussurrai un leggero :-Mi dispiace...

Ma lei continuò a sorridermi semplicemente, dicendomi una volta che mi sono seduta:-Ne hai più bisogno tu di me.

E sentii uno squarcio riaprirsi, i miei occhi si sbarrarono, la mia bocca socchiusa, e le sopracciglia inarcate verso il basso, in un'espressione di delusione, di consapevolezza... Ora mai non riuscivo a sapere cosa provavo. Sentimenti troppo intensi.

E prima ancora che io potessi replicare, la vidi dileguarsi tra la folla.

Abbassai lo sguardo.

Ero in uno stato così pietoso?

Bhe immagino di sì, se una vecchia ha avuto pietà di me.

Corrugai la fronte con disapprovazione.

 

Presi il telefono, e mi infilai l'ultima cuffia, e misi la canzone di Kelly Clarkson, Because Of You.

Appoggiai la testa al poggiolo del sedile. Chiusi gli occhi.

 

Oh,Uhuu...

 

Il posto che mi aveva ceduto la signora, era un posto singolo vicino alla finestra, quindi non avrei avuto inconvenienti con il mio vicino, visto che tutti quelli in piedi erano impegnati a parlare o guardare lo schermo del telefono, chi messaggiava, chi cercava musica, chi cercava qualcosa su internet, o chi guardava video.

Girai la testa per guardare fuori dal finestrino: eravamo in un paesino immerso in quella foresta, situato tra la città e il posto dove abitavo.

E i ricordi, i tanti odiati ricordi cominciarono con la canzone.

 

I will not make,

The same mistake that you did,

I, will not let myself,

'Cause my heart is so misery.

I will not break,

The way you did, you fell so hard,

I've learned the hard way, to never let it get that far.

 

La speranza di poter essere più forte, era rinchiusa dentro una cassaforte nel mio cuore.

Una speranza che era inutile.

Io ero inutile.

Mi sono lasciata andare, e il mio cuore ne ha avuto le conseguenze.

E anche il mio corpo.

Ero sola.

No, non del tutto, avevo ancora Susy.

Harry era andato in università in America con Louis, si erano messi insieme felicemente, e a quel pensiero sorrisi, un leggerissimo stiramento di labbra sul lato destro della mia bocca.

 

Carly.. Di lei forse è meglio non parlarne.

 

Because of you, I've never stray too far from the side walk.

 

Ero sempre sulla stessa sponda, nella stessa posizione, ferma, solo che con il percorso da passato a presente, mi sono sempre avvicinata di più alla riva, rischiando più volte di cadere, e tutto questo solo per paura di perdermi, per paura che se mi fossi allontanata di qualche passo, come successe da quella sera, mi sarei persa, e sarei stata attaccata, rischiando di perdermi nell'oblio.

 

Because of you,

I've liked to play on the safe side, so I don't get hurt.

Because of you,

I've found it hard to trust, not only me, but everyone around me.

 

Vedevo, o meglio, ho sempre visto le persone guardarmi male, dall'alto al basso.

Proprio come fece lui.

Era orribile sentirsi così.

Specialmente, dopo aver creduto di poter raggiungere quella luce.

La luce che rappresentava la mia felicità.

E pensavo che la mano che pendeva, mi avrebbe aiutato, quando invece mi aveva fatto perdere le speranze, e mi aveva fatto cadere ancora più in basso nell'oblio allontanandomi sempre di più dalle altre salvezze, e in più era stata aiutata da un'altra mano del mio passato che mi riportava con sé, giù.

Mi sentivo circondata da persone senza volto, senza anima, che provavano solo odio nei miei confronti, persone che mi guardavano col mento alzato, un sorriso di superiorità ad indicarmi quanto non mi meritassi di vivere.

 

Un ricordo mi riaffiorò nella mente.

 

Carly era con me al pub, stavo servendo dei drink a qualche persona, mentre lei era rimasta abbracciata a Niall tutto il tempo.

Le lanciavo dei sorrisi a volte e lei mi faceva l'occhiolino.

Tutto scorreva tranquillo, e quella sera era stata anche divertente, perchè abbiamo scherzato e riso, e il suo fidanzato mi stava simpatico.

Ma la fine di tutto era stata quella stessa sera.

 

Lei sapeva cos'era successo, mi ero confidata con lei, con Susy e con Clair.

Quindi sapeva che quella sera non ero in vena di bere né null'altro, ma lei aveva esagerato, e Niall aveva detto che quella sera aveva ospiti a casa, e quindi aveva il coprifuoco. Non ci avevo creduto molto, ma lasciai scorrere.

Carly era ubriaca, e io con un braccio a circondarle i fianchi e un suo braccio sulle mie spalle, dopo aver finito il turno, la riportai a casa, uscendo dalla porta del retro.

Susy non c'era perchè aveva un appuntamento, speravo solo che stesse passando una bella serata.

 

Verso metà strada, Carly inciampò, e lasciandosi cadere, portò me per terra con lei.

Rideva, e parlava, diceva cose senza senso.

Sorrisi, tra il divertito e l'incertezza di cosa fare, perchè lei di alzarsi non ne aveva nemmeno la voglia.

Mi guardai attorno, non c'era nessuno, a parte un signore che stava camminando dall'altra parte della strada.

Mi rilassai un pochino, almeno non saremmo state né in pericolo, né prese per pazze.

Riportai lo sguardo sulla ragazza che era a quattro zampe davanti a me, che ero seduca con la schiena contro il muro dell'edificio su cui eravamo cadute.

Mi stava guardando assorta, puntando i suoi occhi su ogni punto del mio viso. Aveva smesso di ridere, e non aveva molto gli occhi lucidi.

La guardai in silenzio, aspettando una sua mossa, che non arrivò.

Posò i suoi occhi sulle mie labbra quando le dissi:-Calry...- ma venni immediatamente bloccata dalla sua bocca.

Sbarrai gli occhi per lo stupore.

Carly, appoggiata per terra con le mani e le braccia accanto al mio al mio bacino, e gli occhi chiusi, mi stava baciando.

Una volta tornata in me, mi resi conto di tutto.

Alzai un braccio per allontanarla, posando una mano sulla sua spalla.

Ma lei non si voleva muovere. Strizzai gli occhi, per aumentare lo sforzo. E nello stesso momento in cui lo feci, vidi una luce. Riaprii velocemente gli occhi, e volgendo gli occhi alla mia sinistra, fui colpita da un altro flash, che mi fece chiudere gli occhi, e di conseguenza non sentire più né le labbra, né il peso di Carly...

 

Una persona mi si poggiò quasi completamente addosso, riportandomi alla realtà.

Mi colpì il gomito, e la mia mano poggiata sulla mia coscia destra, sbatté contro il ferro dell'autobus.

-Scusa...- disse la ragazza che dopo mi sorrise.

Nessun sentimento nascosto, senza nessuna compassione, un sorriso vero.

Ricambiai, meno apertamente, ma più di quanto facessi di solito. Le sorrisi con calma.

Si rigirò, e tornò a parlare con la sua amica.

 

Tornai a guardare fuori, ma ricordandomi con scene veloci a cosa stavo pensando prima, mi ridestai, e rispostai l'attenzione su qualsiasi altra cosa.

Mi accorsi della musica nelle mie orecchie, e guardai il mio telefono.

La canzone che ora era in corso è Don't you worry child.

 

Up on the hill across the blue lake,
That's where I had my first heartbreak
I still remember how it all changed
My father said
Don't you worry, don't you worry child
See heaven's got a plan for you
Don't you worry, don't you worry now
Yeah!

 

Sorrisi.

Un padre.

Una prospettiva.

I ricordi tutti distrutti.

E io con loro.

Le persone vanno e vengono, non si accorgono del dolore, perchè, come disse Socrate: tutti cerchiamo qualcosa, ma quando la troviamo, la ignoriamo e la distruggiamo.. tutto allo stesso tempo.
Un sorriso storto disegnò le mie labbra.

Ora facevo pure la filosofa.

Alzai la testa, un ragazzo mi stava guardando.

Girai immediatamente la testa, non volevo un contatto visivo con nessuno in quel momento. Nel momento in cui i ricordi cercavano di riaffiorare, sembrava che tutti potessero distruggere le barriere, far scorrere i ricordi, e insieme a me, guardarli.

 

Guardai fuori dal finestrino, eravamo in città vicino alla videoteca.

Tra dieci minuti sarei dovuta scendere, cioè altre tre fermate.

Mi guardai attorno velocemente. La corriera si era fermata, e si stava svuotando per più di metà.

Si vedeva che era uscito un nuovo film e la gente stava andando a vederlo al cinema, oppure, visto che quella fermata oltre ad essere a meno di un chilometro dalla sala cinematografica, era anche vicino al centro, molti ragazzi erano andati per incontrarsi lì.

Molte ipotesi girarono nella mia mente.

 

Mancano due fermate.

Nel corridoio della corriera non c'era nessuno a bloccare il passaggio, ma i posti erano tutti pieni.

Read all about it.

Suonava nelle mie orecchie.

Una fermata passata, e nessuno era sceso.

Mi alzai allora, e suonai il campanello rosso attaccato al palo poco lontano dal mio sedile.

Scivolai giù, cercando di non inciampare nello scalino, ed atterrare sana e salva sul pavimento del mezzo.

Non so cosa, ma qualsiasi cosa fosse mi spinse a voltarmi verso sinistra, mentre mi avviavo verso il centro dell'autobus per uscire.

La ragazza che prima mi era venuta contro involontariamente, si stava baciando con la sua “amica”, che doveva essere la sua ragazza.

Un bacio veloce fugace, che raccolsi, e immagazzinai nei miei ricordi.

Il suo sguardo si posò su di me subito dopo quel gesto, e arrossì vistosamente abbassando lo sguardo.

Io distolsi lo sguardo per non cadere, e raggiunsi l'uscita, mentre il mezzo stava ancora andando, e la riguardai.

Le sorrisi dolcemente, e sembrò rassicurata, e ricambiò l'espressione con un sorriso ampio.

Prese per mano la sua fidanzata intrecciandone le dita, e mi fece un saluto con la mano libra.

L'autobus si era fermato, e aveva aperto le porte, mentre io ricambiai il saluto con la mano che non mi sorreggeva al palo.

 

Scesi a testa bassa.

L'edificio non era molto lontano. Avrei dovuto fare due vie a piedi, ma andava bene.

Incominciai a camminare, evitando lo sguardo di tutti.

 

Perchè la gente giudicava le persone?

Perchè dovevano farle sentire male? Farle odiare sé stesse?

Perchè si volevano far credere di essere i migliori?

Gelosia? No, impossibile.

Odio? Può essere.

E dopo provavano rimorso? No.

Vergogna? Impossibile.

 

Camminavo e cercavo di evitare le persone sul marciapiede, guardando i loro piedi.

 

Perchè se sei diverso ti prendono in giro?

Perchè quando dici una cosa vera non ti credono? Perchè pensano che l'hai voluto, quando invece cercavi di evitarlo?

Perchè credono a quello che vogliono?

Non trovo mai una risposta a queste domande.

 

Teenage Dream, Firework.

 

Queste due canzoni si susseguirono nel mio percorso che stavo facendo, domandandomi, e guardando quanto fosse ingiusta la vita, le persone, ma non accorgendomi che anche io ero ingiusta, anche io avevo colpa.

Io, che avevo fiducia negli altri.

Io, che ho deluso tutti.

Io, che sono crollata come un castello di carte da gioco.

 

Basta!

Una parte della mia mente grida.

La parte più debole, e sensibile, che non ce la fa più con questi discorsi.

Così mi concentro sulla canzone che ora stava suonando. Roar.

Si vede che il mio telefono aveva voglia di Katy Perry, oppure voleva mostrarmi qualcosa.

The One That Got Away.

 

Povera illusa.

Di nuovo quella voce odiosa, mi sarei fatta spaccare la testa se potessi toglierla.

Era lei che aveva contribuito a buttarmi giù.

Era lei che aveva creato l'acufene nella mia mente. Una malattia inguaribile.

Un suono acuto che mi distrugge. Quando avviene di solito riesco a recuperare il silenzio grazie alla musica, oppure disegnando. Ma ora mai ho smesso di disegnare da tempo. L'unica cosa che mi resta è la musica.

L'ultimo disegno che feci lo dedicai a mio padre, prima della sua morte per un tumore al rene.

Morì così l'uomo che mi fece soffrire sei mesi fa.

Mi ha lasciato la casa.

E io ho pianto. Proprio come feci con mia madre.

Lui era mio padre. Ha cercato di riallacciare un rapporto con me, non so perchè, ma l'ha voluto.

 

Quella sera, dove ero tornata a casa felice, avevo trovato il bastone con cui passavo lo straccio per casa aggiustato. Era stato lui.

La mattina dopo lo avevo trovato a tavola ad aspettarmi.

Io incerta mi ero avvicinata e appena finita la colazioni riposi il bicchiere nel lavandino e me ne uscii velocemente senza salutarlo.

Non sapevo cosa stesse succedendo.

Sembrava davvero cambiato.

Ma una cosa restava, la sera. O non ritornava, o si chiudeva in camera.

Negli ultimi due anni sono qualche rara volta ha alzato le mani su di me, sempre perchè era ubriaco.

Ma di giorno sembrava volesse chiedermi scusa. Non parlavamo, ma ci bastavano i sorrisi che ci mandavamo.

Mio fratello ritornava, e ogni volta mi sgridava per il mio aspetto, ma mi voleva bene.

Mi curava, mi coccolava e mi sosteneva.

Nessuno dei due sapeva cosa mi succedesse fuori dalla scuola.

Ero confusa a casa, e fuori ero maltrattata.

Forse era questa la causa di tutto.

Ma comunque pensandoci più a fondo, il problema ero sempre io.

Io causavo male agli altri, e li allontanavo da me.

Era successo con tutti.

Mi era rimasta solo Susy, e dovevo lasciarla andare, anche se l'avrei voluta con me.

Non volevo si ferisse anche lei. Ma la volevo vicina.

Ero egoista. Sono egoista.

Ma lei non mi ha lasciato.

Ha capito che la debole sono io. Con lei c'è stata Clair, che non si è risparmiata per farmi dimenticare tutto, e funzionava, finchè non dovevamo separarci, e lì l'oblio tornava più di prima.

 

Di nuovo una spallata mi ridestò dai pensieri, alzai il viso per chiedere scusa, ma prima di riabbassarlo, vidi la struttura davanti a me.

Ero arrivata.

Sembrava un'ospedale, d'altronde cosa mi aspettavo per un centro riabilitazione? Tutto bianco, un giardino gigantesco, che a vista d'occhio sembrerebbe estendersi anche dietro nello stesso modo.

L'edifico era in stile classico, mi piaceva.

Ma sapevo che non avrei pensato la stessa cosa una volta entrata.

Presi il telefono e spensi la musica.

Arrotolai le cuffie e le misi in tasca, mentre nell'altra misi il telefono.

Mi incamminai. Il cancello era già aperto, come ad invitarmi ad entrare, ma una vocina piccola piccola, mi diceva di fuggire, che ero ancora in tempo.

Ma non le diedi retta questa volta.

Sono fuggita e mi sono nascosta troppe volte.

Questa volta lo avevo promesso a mio fratello, a Susy, a Clair e a mio padre prima che se ne andasse.

Questa volta avrei affrontato le conseguenze di quello che ho fatto.

Mi sentivo come se un muro si stesse ereggendo sotto i miei piedi e mi stesse portando il alto. Questa era la mia autostima.

 

Passai attraverso le porte di vetro, un forte contrasto per la bellezza antica della struttura, e non mi piaceva.

Arrivai alla reception dell'edificio, dove dietro era appostata una ragazza sui vent'anni.

-Salve..- dissi per attirare la sua attenzione.

-Oh, Salve.-rispose con un sorriso, forse l'aveva imparato per confortare le persone che sarebbero entrate in quella prigione, per far credere loro che invece è un bel luogo.-Scusi, lei è...-continuò sempre sorridendo.

-Statis, Ronnie Statis..-risposi abbassando lo sguardo. Sfogliò una lista e poi parlò

-Ah! Si, ecco. Abbiamo ricevuto una chiamata dall'estero da parte di suo fratello, voleva vedere se fosse arrivata... Ed eccola!- alzai lo sguardo, guardandola scettica, e lei tossicchiò per re-stabilizzarsi, capendo che non ero il tipo per quelle allegrie.-Ehm.. beh Le chiamo subito il dottore che si prenderà cura di lei per il tempo che resterà con noi.

-Grazie-risposi, riabbassando lo sguardo.

-Intanto si può accomodare- disse sorridendomi adesso più dolcemente, e indicandomi col palmo aperto i posti d'attesa lì davanti, prendendo la cornetta del telefono in mano.

Annuii, e mi diressi alle sedie, dove mi sedetti sulla prima.

La ragazza stava annuendo al telefono, dove il diretto interessato doveva aver risposto.

Parlava a bassa voce, sorridendo dolcemente, come se lui le stesse dicendo qualcosa di sentimentale.

Non potevo sentire, quindi decisi di guardarmi attorno.

Il soffitto agli angoli era decorato con delle forme, dei bassorilievo ondulati di colore blu.

C'era una macchinetta per le merendine e per i caffè, ce ne dovevano essere molte in questo posto.

Quella stanza era adatta alle attese.

Le file di posti erano tre, di cui due facciate di sedili si davano le spalle, formandone una.

 

-Oh, eccoti, è lei la ragazza.-disse la ragazza dietro al bancone.

-Grazie Serena.- rispose una voce risoluta.

Somigliava a quella di qualcuno … no, non è possibile.

Ogni voce che sento somiglia a quella di qualcuno.

Vidi e sentii dei piedi avvicinarsi.

Paura.

Avevo paura di guardare.

Ma dovevo farlo, dovevo conoscere colui con cui avrei passato quei giorni.

Gli arti mi tremarono, strizzai gli occhi, e lentamente alzai il capo.

 

Lo guardai. Sbarrai gli occhi e socchiusi involontariamente anche la bocca.

Era un sogno.

Un incubo.

-Ronnie..- disse.

Lui sapeva che sarei venuta?

Ha organizzato tutto?

Perchè?

Ma so che non troverò mai una risposta a questa domanda.

Sia nel passato, sia nel presente.

 

   bhe fingete che sia a Londra lol hahaha
 il momento in cui sta per entrare nell'edificio :3 
spero mi perdoniate per il ritardo stratosferico lol
 

 

Uccidetemi.. ma sono stata in ospedale per fare una resonanza al ginocchio che mi ha causato una miriade di problemi.
ho scritto un po' alla volta..
Poi vi volevo avvisare che forse scomparirò per poco per fare un qualcosa sta volta all'orecchio.. ho l'acufene.. proprio come Ronnie lol..
la prossima volta vi dovrò confessare qualcosa.. ma sarà la prossima volta lol
e quindi andiamo alla storia.
Cosa pensate abbai Ronnie?
Chi è il dottore?
Tutta una miscela di idee che a Meggis è venuta durante un sogno lol..
Ci saranno colpi di scena, ho voluto evitarvi la vita deprimente che passa in quei due anni.. ma ci saranno i flashback come ho detto all'inizio.
LA vecchietta è dolce :3
Poi la ragazza che era sulla corriera le infonde un leggero senso di consapevolezza e coraggio.. poi non so cos'altro dirvi.. se non avete chira qualcosa, sono a vostra completa disposizione lol...
ringrazio tutte/i coloro che hanno recensito, cioè:
Amicizia
poi Milward  che anche per lei non ho parole per ringraziarla
inesyeah... sei fantasticaaa
Follow_your_Dream anche tu e tutte voi:
Life_Mixers
Harrjscurly
Javaddscute
Sirenettaxmalik
Gagadirectioner
Nina Malik
mysummerlove
Mavi_1D
aphrodjte

Vi adoro tuttiiii siete fantastici lol.. e.e nulla ora vado a finire di fare tedesco, spero di riuscire ad aggiornare presto :)
un bacione grande grande :9
spero lasciate una recenzione, mi farebbe piacere.. e mi dispiace ancora per il ritardo :)
ciaoo :)
 

 

  
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