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Autore: RomanticaLuna    12/12/2013    0 recensioni
Erik Phelps, 17 anni, Distretto 1, figlio unico. Il ragazzo atletico, bello e muscoloso che tutte le ragazze vorrebbero al proprio fianco.
Rosaline Smith, 17 anni, Distretto 4, terza di quattro fratelli. Robusta, intelligente, atletica ed espansiva.
Jasmine Brave, 16 anni, Distretto 8, prima di sei fratelli. Mingherlina, paurosa e timida.
Oliver Parker, 16 anni, Distretto 10, una sorellina da mantenere, una grande forza d’animo, coraggio da vendere, amichevole ed affettuoso.
Quattro ragazzi, un solo destino: partecipare ai 60°Hunger Games. Quattro sogni, quattro caratteri, differenti ambizioni e passioni, differenti Distretti ed abitudini, ma la stessa missione: vincere e non essere uccisi. Quattro storie che si legano nell’arena, una sfida che affronteranno insieme.
Che i sessantesimi Hunger Games abbiano inizio e che la Fortuna vi assista!
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri tributi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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EPILOGO: Erik Phelps




Distretto 8, una ragazzina teneva per mano un bambino di 4 anni, la giovane madre si trovava dietro e camminava piano. La vecchia ferita alla gamba le faceva ancora male. E poi, voleva godersi ogni singolo attimo di quell’estate. Il sole caldo, gli uccellini che cantavano sereni, il vento che faceva frusciare le foglie degli alberi, il suono che facevano. Sorrise a se stessa per essere nata in quel Distretto, in fin dei conti era bello. E puro. Camminarono a lungo, fino a raggiungere una piccola casetta di legno, posta esattamente al centro di un gigantesco giardino. Scivoli colorati, altalene e giochi davano gioia e vitalità. Per non parlare delle voci dei bambini già presenti. Sembrava una festa! Colori e giochi si univano insieme per formare un girotondo di felicità e purezza. Quella purezza che era concessa solamente ai bambini, a Panem. Quella purezza che lei aveva perso lo stesso giorno in cui sua madre era morta. Non avrebbe permesso che succedesse anche a suo figlio. La donna si sedette sulla panchina lucida e guardò la ragazzina di soli 10 anni far spiccare il volo al bambino. Aprì un libro e si accucciò. Lo strano caso di Dr Jekyll e Mr Hyde, questo era il titolo. Al suo interno c’era una fotografia. Ritraeva suo figlio da piccolo. Il suo bellissimo e perfetto figlio.
“Jasmine, possiamo scendere verso il lago?” chiese la ragazzina con il fiatone.
“No, restate qui vicino. Per favore Anne” rispose lei, implorandola con gli occhi. Il lago le faceva ancora paura. Sebbene fossero passati 5 lunghi anni, non era ancora riuscita ad affrontare neppure la più piccola pozza d’acqua. Troppi ricordi le risalivano alla memoria quando ne vedeva una. La ragazzina corse verso il bambino rimasto solo. Somigliava ogni giorno di più ad Oliver. I capelli castani, gli occhi verdi, lo stesso sorriso, lo stesso carattere. C’erano dei giorni in cui non riusciva nemmeno a guardarla, le faceva troppo male. Ma altri le dava una gioia infinita la presenza di quella ragazzina. Il fatto che non si trovava nei registri del Distretto le assicurava una lunga vita felice e senza preoccupazioni. Per quanto riguardava suo figlio, beh, se aveva anche solo un briciolo del carattere del padre, se la sarebbe cavata senza problemi. Ed Erik era perfettamente identico a suo padre! Dagli occhi furbetti allo sguardo sbarazzino, dal modo di vestire a quello di comportarsi.
Jasmine aprì il libro e ricominciò a leggere. Nonostante l’avesse letto tante volte, quel libro le piaceva, le ricordava che ogni persona aveva la sua parte cattiva, ma che c’era una parte buona molto più grande. Arrivò alla pagina centrale, in cui era inserito un foglio di carta stropicciato. La donna lo stese per bene e lo aprì. L’inchiostro si era scolorito, erano passati tre anni da quando l’aveva ricevuto. La prima ed unica lettera scritta dal suo cosiddetto suocero.
Cara signorina Brave,
mi chiamo George Phelps e sono il padre di Erik, il Tributo del Distretto 1. Credo lei si ricordi perfettamente del mio ragazzo, constatando che fonti vicine mi hanno comunicato che lei porta in grembo suo figlio, ovvero mio nipote. Non sapendo se queste voci corrispondano a verità, le ho scritto questa lettera. Vorrei avere una rapida risposta. Le giuro solennemente che farò tutto ciò che è in mio potere per essere un buon nonno, se questo sarà effettivamente confermato. Nel frattempo, le auguro la più grande felicità, a lei ed al suo bambino.
Con affetto,
George Phelps, sindaco del Distretto 1 di Panem.
Questo era scritto con una grafia sottile e poco aggraziata sul foglio di carta. Si capiva che l’aveva gettato nel cestino e poi, per un ripensamento, l’aveva imbustato. Jasmine si ricordava perfettamente della sua risposta: gentile signor Phelps, non deve preoccuparsi. Nonostante io sia incinta, il padre del mio bambino non era effettivamente suo figlio. Non si preoccupi quindi di dover portare il pesante fardello di essere nonno, perché non le spetta. Distinti saluti, Jasmine Brave.
Una risposta che aveva considerato corta, concisa e sufficiente. Non aveva mentito totalmente. Quando erano soli Erik le aveva raccontato che non si considerava figlio di suo padre. Tra i due era nata una disputa, un vuoto incolmabile e non doveva essere lei a ripianare i rapporti, non ancora per lo meno. E poi, non aveva voglia di rivedere subito quell’uomo che l’aveva accolta nel suo Distretto con occhi di sfida e parole pesanti. Quell’uomo non poteva essere il nonno di suo figlio.
“Mamma, quando torniamo a casa?” chiese Erik. I suoi occhi blu erano profondi e riflettevano l’immagine di una Jasmine pensierosa. Aveva già vissuto quella scena, qualche anno prima, quando era ancora un Tributo.
“Ancora qualche minuto, tesoro. Qui sto bene, sento di essere vicina a tutto. Vai a giocare con gli altri bambini” sorrise lei. Guardò per qualche secondo il figlio allontanarsi con un’espressione di disappunto dipinta in viso.
Jasmine guardò verso il cielo, le nuvole assumevano le forme più strane. Un corsaro, un cagnolino, un uccello, una farfalla. Quella stessa farfalla appuntata sulla felpa di Rosaline. O zia Lin, come la chiamava Erik. Quante volte aveva raccontato la storia di quegli Hunger Games ai due bambini, rivivendo le avventure, le serate a riscaldarsi davanti al fuoco, le battaglie. Una folata di vento le scompigliò i biondi capelli rinchiusi in una treccia. Qualche petalo di un fiore profumato e lilla volarono sulla sua gonna.
La donna appoggiò appena la testa sullo schienale della panchina e chiuse gli occhi, assaporando l’odore del vento, godendo del suo tocco sul viso. Si addormentò. D’un tratto era di nuovo giovane e si trovava sulle rive del mare. Rosaline stava sdraiata su una barca, la rete da pesca  calata nelle profondità delle acque. Stava leggendo un libro. La solita Rosaline!
“Lin” urlò a gran voce, ma lei non riusciva a sentire. Era assorta tra le pagine di quel volume ingiallito.
“La raggiungiamo?” chiese Oliver, arrivandole alle spalle. Era lui, non poteva sbagliarsi. I capelli castani, gli occhi smeraldini, il sorriso splendente.
“Ma io non so nuotare” disse lei, ma l’amico era già lontano, in acqua.
“Ci potresti riuscire, se solo lo volessi” esclamò un’altra voce. Jasmine si girò, di scatto, ed incontrò le labbra di Erik. Non poteva crederci, lui era veramente lì insieme a lei.
“Ho paura. L’acqua ti ha portato via” disse piano.
“E’ stata Capitol City a portarmi via, non l’acqua” le rispose “so che hai conosciuto mio padre. Come ti è sembrato?”
“Distaccato. Non sembrava un uomo addolorato per la perdita di un figlio” rispose.
“Sa fingere. Solo ora capisco quanti sbagli ho commesso anche io nei suoi confronti. Vorrei avere la possibilità di chiedergli scusa” sussurrò con una nota di malinconia nella voce “come sta nostro figlio? Deve essere un ometto ormai” aggiunse poi.
“Già, ha 4 anni, ed è bello come te” bisbigliò la ragazza con un sorriso di felicità.
“Vorrei tanto parlargli o toccarlo o giocare con lui. Mi dispiace lasciare tutto il peso su di te”
“Non è un  peso. Tu sei morto per salvare noi due, se non fosse stato per te, né io né Erik esisteremmo”
“Gli hai dato il mio nome!” esclamò sorpreso
“E che altro nome avrei dovuto dargli? Ti somiglia così tanto che ho pensato giusto farti rivivere in lui”
“Scommetto che è coraggioso. Gli racconti mai di me…di noi?” chiese guardando i due amici sulla barca in mezzo al mare
“Si, molto spesso. E so che anche lui vorrebbe tanto conoscerti” rispose Jasmine.
“Ti sei sposata?”
“No. Siamo io, Erik, ed Anne, la sorellina di Oliver”
“Avresti dovuto trovare un uomo che ti rendesse felice, sposarti ed avere una famiglia!” esclamò il ragazzo.
“Ma ho avuto tutto…beh, magari non il matrimonio. Ho trovato l’uomo della mia vita, sono felice ed ho una splendida famiglia” rise lei. Si guardarono negli occhi e si baciarono. Un bacio freddo, che sapeva di morte e di distacco.
“Vai da lui, torna dal nostro piccolo e digli che il suo papà gli vuole tanto bene. Che gli dispiace non poterlo conoscere, ma quel Destino di Rosaline non voleva che le nostre strade fossero unite. Digli che lo proteggerò sempre dall’alto e che gli do un compito: di proteggere la sua mamma e di renderla sempre felice”. Le porse un fiore azzurro.
Una lacrima scese dalla guancia di Jasmine. Prese la mano del ragazzo amato, la strinse. Era fredda come il ghiaccio.
“Torna da lui. E non dimenticare” disse, toccando il suo naso con il suo “ti amo, piccola coraggiosa. E ti amerò per sempre, nonostante la morte ci separi, ti aspetterò!”
“Ti amo anche io e non ti dimenticherò mai! Ti raggiungerò, prima o poi” sussurrò.
Un altro bacio, più corto, a fior di labbra.
Jasmine si svegliò di soprassalto. Aveva i brividi che le percorrevano la spina dorsale e teneva stretto tra le dita un fiore azzurro. La donna sorrise.
“Mamma, sono stanco, andiamo a casa?” chiese ancora il piccolo Erik.
“Si, andiamo” convenne lei. Gli avrebbe parlato ancora di suo padre, delle sue parole. L’avrebbe fatto presto, ma non quel giorno. Quel giorno aveva un altro compito: doveva andare fino al Distretto 1. Era ora che suo figlio incontrasse il nonno. Doveva mettere da parte il suo orgoglio ferito o le menzogne che si era creata contro di lui, era suo diritto conoscere suo nipote e lei non poteva impedirglielo. E poi, avrebbe potuto conoscere qualcosa di più su Erik, il suo Erik. Sentì un brivido sulla fronte, sembrava uno dei baci del sogno, glaciale. Sorrise. Sapeva di fare la cosa giusta.
******
 
L'angolo di *L*

Olaaa!!!!!!!! =) Siamo già arrivati alla fine anche di quest'avventura! Anche se, effettivamente, è finita con lo scorso capitolo! =)
RIngrazio tutti quelli che hanno perso tempo a leggerla, "Hope 13", "Clato_Peetiss" e "Radioactive" per avermi dato le loro opinioni positive e tutti gli altri che, anche senza farsi sentire pubblicamente, mi hanno spronata! =)
Un bacione gigantesco a tutti!!! Spero (poveri lettori ignari) di tornare presto con un'altro scritto *buuu di sottofondo* =P
Ciaoooooooo
  
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