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Autore: Em Potter    22/12/2013    24 recensioni
Ho provato ad essere normale, ma mi annoiavo. Ero nata in una generazione poco interessante, in una generazione che non aveva nulla in cui credere e sperare. Ero nata in quella generazione che aveva già tutto, perchè i nostri genitori avevano già fatto tutto. Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava. Ma la realtà era che mi sentivo così fuori luogo.
“Sei fortunata!” mi rimbeccava mia madre. “Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato?”
“Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo!” ribattevo.
... E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?
Genere: Avventura, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dominique Weasley, Hugo Weasley, Lily Luna Potter, Lorcan Scamandro, Lysander Scamandro | Coppie: Lily Luna/Lysander
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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We can be Heroes.

Autore: Em Potter. 
Rating: Giallo.
Genere: Avventura, Azione, Romantico, Dark, Mistero. 
Contesto: Nuova generazione.  
Note: Questa storia narra del sesto e caotico anno di Lily Luna Potter, una sedicenne molto particolare e fuori dal comune. Leggerete qualcosa di assolutamente nuovo sulla nuova generazione, sempre se voi non abbiate già chiuso questa pagina per noia, cosa che non mi auguro. 
Se volete lasciarmi qualche recensione per farmi sapere se la storia vi incuriosisce sarò più che felice di leggere i vostri pensieri e rispondervi.  
E da questo momento, giuro solennemente di non avere buone intenzioni.



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Prologo. 
 
Ho provato ad essere normale, ma mi annoiavo. Sì, ammetto che mi piaceva particolarmente impicciarmi dei fatti altrui, progettare nuovi schemi di Quidditch e ciarlare di cose inutili, architettando piani diabolici con il mio fedele compagno di vita, Hugo Weasley. Ma... insomma, i miei genitori e zii alla mia età avevano combattuto contro il mago oscuro più potente del mondo! Mia madre da piccola già sapeva cucinare e io, a ben sedici anni, non sapevo neanche tenere un mestolo in mano senza schizzarmi tutta, oppure rifare il mio letto senza andare avanti e indietro per la stanza brandendo le lenzuola e imprecando a voce alta contro il letto. 
Ero nata in una generazione poco interessante, in una generazione che non aveva nulla in cui credere e sperare. E io avevo voglia di qualcosa di più di semplici problemi adolescenziali che ruotavano attorno agli amici, ai vestiti da indossare, ai voti a scuola o attorno al disperato bisogno di andare alla ricerca dell'amore sdolcinato di una vita. Non che io non avessi tutti questi bisogni, chiariamoci. Anzi, ero la prima che ci sguazzava, nonostante detestassi a morte quella vita. Ero nata in quella generazione che aveva già tutto, perché i nostri genitori avevano già fatto tutto. Alcuni di noi erano talmente frivoli e superficiali che se ci pensavo mi veniva da correre al bagno per vomitare. 
Ovviamente, quando dicevo che avrei voluto una vita più movimentata non intendevo vivere una vita in cui la paura di morire da un momento all'altro o di perdere le persone che ami predominava. Ma la realtà era che mi sentivo così fuori luogo.  
“Sei fortunata!” mi rimbeccava mia madre. “Vuoi davvero che qualche altra minaccia tenti di seminare il caos e distruggere ciò che abbiamo creato?”
“Nessuna strana minaccia attaccherà il nostro mondo, mamma. Questo è assurdo!” ribattevo. 
... E da quando in qua io avevo ragione su qualcosa?

 


***



Se non avete mai fatto un viaggio nel bel mezzo della natura selvaggia, insieme a Luna Lovegood per dirla tutta, ve lo consiglio vivamente. Ti senti rilassata al massimo, ti senti pronta perfino per affrontare il tuo peggiore nemico. Per non parlare del senso di avventura che ti avvolge ad ogni passo nella foresta: magnifico. 
Era quello che era successo a me quando trascorsi le mie vacanze estive in compagnia della famiglia Lovegood. Senza contare le stranezze della mia stramba madrina, il viaggio era stato veramente perfetto. Inutile dire che quando tornai a casa mi mancò tutto quello che avevo fatto durante l'estate, compresa la piccola famigliola Lovegood. Quelli che di certo non mi erano affatto mancati, però, erano i miei innumerevoli casini familiari. 
« ... non hanno dove andare, non staranno mica molto! » stava dicendo mio padre, gesticolando in modo osceno in direzione di mia madre e toccandosi gli occhiali ogni tre secondi.
E menomale che quel giorno dovevo partire per Hogwarts per iniziare il nuovo anno, altrimenti di certo non li avrei sopportati ancora per molto. E menomale che quella colazione doveva essere una colazione tranquilla, sapete, per non turbare il mio viaggio di ritorno a scuola e soprattutto per assicurarmi che a Natale avessi ancora entrambi i genitori. 
« Certo, come no! » lo contraddisse con foga mia madre, molto rossa in faccia per i nervi. 
« Non essere sciocca, tesoro, ti pare che... »
« Non le voglio quelle due vacche in casa mia! »
« Annie e Silvia non... »
Annie e Silvia? ANNIE E SILVIA? E da quando “le sorelle Delacour” erano diventate “Annie e Silvia” per mio padre? Per aprire una spiacevole parentesi, Annie e Silvia, meglio conosciute come vacche o francesine oppure quelle grandi ochette giulive che avevano mandato in fumo i neuroni di mia madre e i miei, erano cugine alla lontana di Fleur (e sì, purtroppo erano anche delle mezze Veela) e avevano deciso di sbarcare in Gran Bretagna per chissà quale remota ragione per poi andare a lavorare al Ministero della Magia insieme a mio padre. E questa era la parte peggiore di tutte. Lavorando con mio padre, facevano regolari visite a casa mia. E io le detestavo col cuore.
Come avevo potuto non udire, quelle due oche si sarebbero fermate a casa nostra fino a tempo indeterminato. E inoltre, erano anche l'argomento di litigio dei miei genitori. 
Spalmai con ferocia la nutella sopra alla mia fetta di pane cercando di ignorare quell'inutile e poco fruttuoso ennesimo litigio che, oltretutto, avveniva sempre durante i pasti. 
O non si mangia, o non si mangia in santa pace.
Di certo la mia famiglia non era da un bel pezzo la famiglia del Mulino Bianco dello spot che io e i miei cugini vedevamo in televisione (quella scatoletta con cui zia Hermione e nonno Arthur ci avevano abituato) e, quindi, la situazione non era delle più amorevoli. Ai miei genitori piaceva discutere di tutto: del mio strano comportamento, delle sorelle Delacour, di lavoro, delle sorelle Delacour, del fatto che James dovesse trovarsi un impiego decente, delle sorelle Delacour, del fatto che Al lavorasse troppo, delle sorelle Delacour. E questi erano solo pochi dei loro argomenti preferiti. 
« Credo che tra poco vomito la colazione. » sbuffai, ficcandomi con poca eleganza il pane con la nutella in bocca e finendo per macchiarmi il mento. « Poveri Al e James che vi sopportano sempre. »
« La nana ha ragione. » intervenne la voce di uno dei diretti interessati.
Mi voltai verso la direzione della voce, ignorando il poco carino nomignolo che quella volta mi era stato riservato.
James entrò in cucina a petto nudo e con gli orribili pantaloncini corti dai motivi a fiori come se si trovasse in chissà quale isola esotica e volesse far colpo su qualche bella brasiliana in topless e prese posto a tavola accanto a me, facendomi pat pat sulla testa. 
« Dato che ci sopporti sempre... pensa a trovarti un lavoro. » disse mamma, come da copione. Si raddrizzò sulla sedia e squadrò il figlio sporgendo minacciosamente la mascella destra mentre lui ostentava un'espressione da cucciolo bastonato.  
« Forse l'ho trovato. » disse James vago, cominciando a servirsi la colazione.  
« Non puoi restare qui per il resto della tua vita... »
« Chi te lo fa fare? » mi intromisi io, facendo una smorfia che mamma trovò simpatica tanto quanto il mio intervento.
« ... a non fare nulla e pretendere di tornare alle cinque del mattino a casa! » concluse mamma. « In quelle poche volte che ci torni a casa. » dovette precisare, scoccando uno sguardo di rimprovero al figlio.
« Oggi non sono tornato alle cinque. » ci tenne ad obbiettare James, non guardando in faccia nessuno dei due coniugi Potter. « E poi ti ho detto che forse ho trovato un lavoro. »
« Forse? » chiese mio padre, scettico. 
« Che lavoro? » chiesi invece io, incuriosita.  
« Commesso di biancheria intima in un negozio Babbano. »
Rivolsi a mio fratello un ghigno. « Di biancheria intima. » ripetei, cercando di non scoppiare a ridere sguaiatamente in presenza dei miei. « Sai, Jamie, mi piacevi più come cubista. Eri perfetto per quel lavoro. »
« Lily. » mi ammonì immediatamente papà, che sicuramente stava immaginando la scena del figlio cubista mentre i cereali che aveva appena mangiato gli salivano pericolosamente su. 
« Merlino, voi due siete impossibili! E tu... » mia madre si rivolse a James, sospirando rassegnata. « Vuoi dare il buon esempio a tua sorella? »
« La mamma ha ragione. » convenne subito quel lecchino di mio padre, probabilmente d'accordo con la moglie solamente per tenerla buona. Oppure ero io che ero terribilmente arrabbiata con i miei che trovavo il doppio fine in ogni cosa che facevano. « Hai quasi venti anni, dovresti trovarti una casa e un lavoro onesto. »
Sì, certo, James non vede l'ora.
« Hai preso il massimo dei voti ai GUFO e ai MAGO... approfittane, no? Potresti lavorare al Ministero, e nella sezione che desideri. Ho molti contatti, James. Non che servano, dato i tuoi buoni voti. »
A mio padre, e anche a mia madre (e anche a zia Hermione, per dirla proprio tutta), non era mai andato giù che James, dopo gli eccellenti voti che aveva preso in tutte le materie agli esami, fosse disoccupato e senza neanche un soldo quando poi avrebbe potuto averne milioni. Non che i milioni gli mancassero... ma io parlo di milioni di donne! E l'aggettivo onesto posto proprio accanto al sostantivo lavoro faceva pensare che a mio padre era ritornato orribilmente in mente per merito mio (o causa?) il giorno in cui trovò il figlio mentre lavorava in una discoteca Babbana come cubista.
« Ministero? Odio il Ministero. » borbottò James, e bevve in un sorso il suo latte. 
Ovviamente, ritenni necessario infierire.  
« Anch'io odio il Ministero: è pieno di vacche. » sottolineai con cura l'ultima parola.

Non mi resi conto, però, di aver appena dato agio a mia madre di continuare a sbraitare contro papà sull'argomento “vacche” e mi pentii amaramente di aver aperto quella boccaccia orribile che mi ritrovavo. Così, esasperata già dalle prime ore del mattino, corsi velocemente in camera mia e diedi sfogo alla mia rabbia, sperando di non svegliare mio fratello Al che dormiva nella stanza accanto. 
Dopo due orette scarse, lo specchio mi restituì l'immagine sudaticcia di me stessa. Forse non avrei dovuto prendere a calci e pugni il sacco di pugilato prima della partenza. Se Dominique mi avesse vista in quello stato sarebbe fuggita via e se non mi fossi data in fretta una lavata per permettere a quel cattivo odore di lasciarmi definitivamente avrebbe perfino rifiutato di sedersi nel treno accanto a me. 
Mi asciugai il viso e continuai a scrutare il mio riflesso nello specchio. Avevo lunghi capelli rossi e la mia altezza lasciava a desiderare. Il mio corpo, non magro come quello di mia cugina Dominique, ma neanche grasso e rotondetto come quello di mia cugina Molly, presentava quelle piccole forme che a me piacevano. Occhi castani come mia madre, labbra carnose, lentiggini e fossette sulle guance. Sarei stata una bella ragazza per i miei parenti se avessi smesso di vestirmi come un maschiaccio nel pieno di un concerto rock tutte le volte che non indossavo vestiti da strega. E quello era tutto dire su di me e sulla mia famiglia. 
Mi preparai in pochissimo tempo e scesi in cortile, trovando i miei genitori che mi aspettavano in macchina. James e Albus avevano preferito rimanere a casa, così io e i due perenni litiganti ci avviammo in perfetto orario verso la stazione di King's Cross, dove era certo che i miei cugini mi stavano aspettando. Godric's Hollow apparve come una città lontana mentre la salutavo con una breve occhiata, allontanandomi sempre di più da casa. 
Fummo sul binario 9¾ in meno di un'ora e, come avevo previsto, qualcuno mi aspettava: Hugo, il mio fedelissimo compagno di avventure. Tralasciando il fatto che mia mamma si era quasi fatta venire un collasso quando aveva constatato che mi ero quasi fatta vedere da un vecchietto Babbano con la cataratta - e sottolineo con la cataratta - mentre oltrepassavo la barriera, mi tornò il sorriso e, mascherando la mia rabbia nei confronti dei miei genitori, cominciai a salutare allegramente tutti quelli che conoscevo.
Ero più popolare di quanto ci tenessi ad ammettere, ad Hogwarts. Inizialmente, perché ero la figlia di Harry Potter ma dopo sei anni le persone avevano cominciato a trovarmi interessante per via del mio strano carattere e per i numerosi guai che avevo combinato durante il mio percorso scolastico al castello, non perché ero la figlia del grande eroe.
« Hugo! » salutai, abbracciando il mio cugino preferito.
Lui tese il pugno e io glielo battei, facendogli una linguaccia.
Hugo era giusto qualche centimetro più alto di me e tutti ci scambiavano per fratelli. Forse perché avevamo lo stesso colore di capelli, stesse lentiggini e stessi occhi castani, ma soprattutto perché trascorrevamo tutto il tempo insieme ed eravamo anche caratterialmente simili, tranne per qualche considerevole differenza.
« Buondì. » rispose, baciandomi una guancia. « Com'è andato il viaggio? »
« Come sempre. » risposi. « Una schifezza, quindi. »
Lanciai uno sguardo ai miei genitori che si erano messi a chiacchierare con zia Ron e zia Hermione e sbuffai, pensando a cosa avessi fatto tanto di male per meritarmi due genitori che non facevano altro che scannarsi a vicenda.
« James e Al non sono venuti? »
« No. » risposi, promettendomi di serbare rancore nei confronti dei miei due fratelloni che mi avevano lasciata da sola nella fossa dei leoni. « Hanno preferito abbandonarmi con... beh, fortuna che adesso me li tolgo dalle pall– mamma! » 
« Lily. » disse lei, che era sgusciata improvvisamente tra me e mio cugino manco si fosse Smaterializzata.
Mi fissò in modo strano, e soprattutto con sguardo di rimprovero, e cominciò a sfogare la sua rabbia con il colletto del mio cravattino Grifondoro, che era perfettamente in disordine. E a me piaceva.
« Ciao, Hugo. » aggiunse affettuosa, scompigliando i capelli rossi di un sorridente Hugo. Poi si rivolse di nuovo a me, sporgendo la mascella come solo lei sapeva fare: « Dove sono i tuoi occhiali? »
Mi toccai dappertutto. « In tasca. » risposi. « E molla il cravattino, mamma, per l'amor del cielo! »
« La tasca non ci vede? Mettiti subito gli occhiali! » decise, e si allontanò tutta impettita per salutare un paio di colleghi di lavoro. 
Ma cosa cavolo...
« La tasca non ci vede? » la scimmiottai, facendole il versetto. « Sembra una ragazzina in fase pre-mestruo. Ma che le prende? » 
Hugo scoppiò vivamente a ridere mentre mi infilavo gli occhiali rotondi in stile Potter, proprio identici a quelli di mio padre, anche se decisamente più moderni. Ero miope solamente di pochi gradi ma per mia madre ero completamente cieca, quindi avrei fatto bene a mettermi gli occhiali se non volevo dire addio definitivamente alla mia vista. Questo sempre secondo mia mamma. 
« Ma adesso basta! » esclamai, passando da “sono incazzata nera e voglio uccidere i miei genitori” a “come sono felice di essere qui” in un baleno. Il mio secondo nome era Luna, per la cronaca. « Non ho voglia di rovinarmi il viaggio di ritorno a scuola, non ne vale la pena. Dove sono gli altri? » 
Hugo mi prese per il gomito e mi trascinò lontano da genitori che potevano intromettersi tra di noi come ladruncoli, invitandomi a camminare per la banchina affollata. La stazione era ghermita di studenti dagli undici ai diciassette anni, tra cui spiccavano i primini, agitati ed emozionati per quella nuova avventura. Guardandoli, mi ritornò in mente quando varcai per la prima volta la barriera per accompagnare mio fratello James a prendere l'Espresso per Hogwarts e la cosa mi fece sorridere. Ricordavo ancora quanto piansi, consapevole del fatto che avrei dovuto aspettare anni prima di ricevere la mia lettera.
« Prima ho visto Fred che spettegolava insieme al caro Frank Paciock. » mi stava informando mio cugino. « Poi zio George mi ha fermato e mi ha chiesto a che punto stiamo con le nuove Merendine Marinare. » alzò gli occhi al cielo. « Di questo passo finiremo per sperimentare sugli studenti dei prodotti ancora non messi in commercio. »
Controllai che mia madre non fosse a portata di orecchie e infilai la mano in tasca, mostrando ad Hugo un sacchetto pieno zeppo di galeoni.
« Questi. » dissi, indicando il sacchetto tintinnante. « li ho rubati dal conto di mio padre alla Gringott con un piccolo aiutino di James. Ci serviranno per pagare gli studenti che ingeriranno le Merendine ancora difettose. »
Hugo fece un cenno di approvazione verso il sacchetto e mi sorrise soddisfatto, incitandomi a nascondere di nuovo il denaro rubato.
« E con la pozione che cambia colore di capelli a che punto sei? » mi chiese, con uno sguardo che non ammetteva scuse ma che era altresì rassegnato e pronto a tutto.
Ops.
« Oh. » balbettai. « La pozione che cambia... sì. Ehm... sono a buon punto. » e annuii, per rendere vera la cosa.
« Certo. » sbuffò Hugo. « Dillo che è stato un fiasco totale. »
« Non è... » intercettai lo sguardo “mi vuoi prendere per il culo?” di mio cugino. « D'accordo, è stato un fiasco totale. Ma ci posso lavorare! »
Hugo sbuffò ancora più rumorosamente, avanzando così tanto il passo che feci fatica a stargli dietro. Erano mesi che lavoravo su quella pozione ed ero stata capace solo di fare un buco nell'acqua, nonostante Albus, che era un genio indiscusso delle pozioni, mi avesse aiutato moltissimo. E di far incazzare Hugo, specialmente. Aumentai ancora di più il passo per raggiungere mio cugino e andai a sbattere contro un ragazzino minuscolo, un primino, che protestò a gran voce.
Li fanno sempre più maleducati. – pensai, toccandomi gli occhiali rotondi e alzando un sopracciglio con eloquenza.
Il ragazzino assunse una strana espressione. Fissò prima i miei occhiali rotondi con insistenza e un secondo dopo i capelli rossi. Con un ghigno, Hugo si avvicinò al bambino e gli sussurrò qualcosa nell'orecchio di cui riuscii a distinguere solo “Harry Potter”. Il primino spalancò gli occhi come fari e corse dalla madre, avvisandola probabilmente di aver appena incontrato la figlia di Harry Potter e di averle urlato contro per sbaglio.
Io e mio cugino scoppiammo a ridere di cuore, tenendoci le pance e indicando il ragazzino spaventato mentre tornavamo indietro dalla nostra famiglia.
« Avete finito di spaventare i primini, voi due? »
Una voce familiare ci fece voltare entrambi di scatto. Louis e Dominique si trascinavano davanti a dei furibondi Bill e Fleur con facce che dichiaravano apertamente il suicidio, completando il quadretto dell'armonia. Io e Hugo ci fissammo e quando mia madre chiese a Fleur che cosa fossero quelle facce da funerale, Bill intervenne dicendo di aver messo le mani su una lettera abbastanza compromettente che Dominque aveva scritto ad un ragazzo e che Louis c'entrava nella faccenda e ci teneva a coprire la sorella. 
Se non altro, da quella mattinata avevo capito di non essere l'unica ad avere problemi familiari.
« Mio padre sta impazzendo, e non scherzo. » sospirò Louis, tenendosi a debita distanza dagli adulti. « Ciao, ragazzi. » aggiunse, baciandomi e abbracciandomi con affetto per poi dare una pacca sulla spalla ad Hugo.
Non c'era nessun ragazzo al mondo più gentile e dolce del bellissimo Louis, e tutte le ragazze di Hogwarts (perfino i fantasmi) impazzivano per lui. E come non farlo? Era il prototipo del principe azzurro che tutte desideravano. Avrei detto che era bello anche con quella faccia da funerale che si ritrovava in quel momento.
« Meglio se filo nel treno o papà mi ammazza sul serio. » Louis si voltò verso sua sorella, afferrando anche il suo baule. « Sono ancora offeso per la strigliata ricevuta per colpa tua, Domi. » aggiunse, scappando letteralmente via. 
Hugo diede un veloce bacio a Dominique e raggiunse Louis, estraendo la bacchetta per aiutarlo coi bauli.
Dominique sorrise, sbottonandosi i bottoncini della sua camicetta. Era 1/8 Veela come suo fratello Louis e sua sorella Victoire, era la più piccola dei due (anche se lei e Louis avevano sette mesi di differenza e frequentavano entrambi il settimo anno) ed inutile dire che era splendida come gli altri due, se non di più. Aveva setosi capelli ondulati di un colore identico a quello del fratello, rosso scuro che andava quasi nel biondo dorato, occhi di un celeste cristallino come il mare e un fisico che faceva invidia a madre natura in persona. 
Mi schioccò due sonori baci sulle guance e chiese: « Come sono i miei capelli? » posizionandosi una ciocca di un ricciolo dietro all'orecchio. Era truccata da dio e sotto agli abiti da strega portava due vertiginose zeppe che probabilmente Bill non aveva notato.
« Bellissimi. » risposi senza neanche guardarli, pulendomi il segno del rossetto che probabilmente Domi mi aveva lasciato sulla guancia.
« Sicura? »
« Sicurissima. Ehm... tutto bene con...? »
L'espressione minacciosa di mia cugina era la risposta alla mia domanda su quanto non doveva andare tutto bene con i genitori. Decisi che forse era meglio salire sul treno e lasciare perdere quell'argomento. Anche perché mia madre e zio Bill si erano appena coalizzati contro le rispettive figlie blaterando assurdità per quanto riguarda l'indisciplina, e il fatto che ci trovassimo nell'adolescenza e ancora “questi giovani di oggi” e solite cazzate che i genitori dicono.
Io e Dominique salimmo sul treno e ci chiudemmo la portiera alle spalle.
« Adesso mi sento meglio! » disse Dominique, facendo un gran respiro. « Ok, prima di partire andiamo immediatamente in bagno. Mi accompagni, Lis? »  
Lungi da me negarle la mia compagnia quando in quella faccenda c'entrava il bagno.
« Andiamo. » risposi.
La seguii per tutto il tragitto verso il bagno, mentre lei sgambettava con le zeppe ai piedi e non degnava nessuno di un solo sguardo. Vidi che alcuni ragazzi cercavano di attirare la sua attenzione ma Domi diede loro attenzioni tanto quanto avrebbe dato attenzioni ad uno Schiopodo Sparacoda.
« Ma si può sapere che hai scritto a questo ragazzo misterioso? » le chiesi, evitando per un pelo di finire addosso ad un altro primino spaventato.
« Era una lettera innocente al nuovo Caposcuola di Corvonero. » rispose mia cugina, con enfasi. « Sta in classe mia. Era un vero sfigato ma adesso pare che la vacanza in Brasile gli abbia fatto bene. »
Ridacchiai e mi infilai nel minuscolo bagno del treno, seguita a ruota da Dominique. Mia cugina non pensò neanche di chiudersi la porta alle spalle che si era già parata di fronte allo specchio, scrutando il suo riflesso con un sorriso.
« Sai com'è fatto mio padre... si agita per un nonnulla. » continuò, ritoccandosi il trucco partendo dal fondotinta come se sul viso non ne avesse abbastanza. « Non avevo scritto niente di particolarmente sconvolgente in quella lettera, l'ha detto anche mamma. »
« Certo. » annuii, facendo pat pat sulla testa di Dominique mentre chiudevo a chiave la porta, pensando che probabilmente Fleur avrebbe ritenuto innocente anche se Domi si fosse portata a letto il cagnolino dei vicini.
Le mani di mia cugina trovarono in un secondo l'unico capello che le avevo messo fuori posto e lo lisciò delicatamente, mettendolo al suo posto.
« Sì, certo, fai pure quella faccia. Piuttosto, non mi hai fatto nemmeno una telefonata mentre eri in vacanza con i Lovegood. » disse Dominique, severamente. 
« Non ho chiamato nessuno. » mi giustificai. « Non avevo mica campo in mezzo alla foresta, e sono tornata solo pochi giorni fa. »
« In mezzo alla foresta, eh? Dove tu eri con Lysander Scamander. »
« E con Lorcan. » precisai, imbarazzata. « E anche con Luna e Ro... » 
« Ma Lorcan non è il tuo tipo. » mi interruppe mia cugina, non facendomi neanche completare la frase. Si fece una seconda passata di rossetto rosso sulle labbra e mi lanciò uno sguardo malizioso dallo specchio. 
« Ma nemmeno Lysander. » la contraddissi, cominciando ad agitarmi.
« Io vi ci ho sempre visti insieme. » rise Dominique, sporgendo le labbra e decidendo che magari una terza passata di rossetto non le avrebbe fatto male. « Certo, i due Lovegood sono gemelli, e li conosciamo da una vita, ma adesso non si somigliano molto. Ognuno ha assunto il proprio stile, no? Lorcan è il classico tipo tutto libri e niente fatti, come il padre. Lysander è sbarazzino come la madre, macho. Sempre detto che eravate carinissimi insieme, e inoltre... » 
Preferii non interrompere la conferenza di mia cugina sui gemelli Scamander, anche perché era davvero inutile interromperla: avrebbe continuato imperterrita a zittirmi per finire tutta la sua conferenza in bellezza. Mentre Dominique cianciava di cose che non avevano né capo e né coda, cominciai seriamente a sentirmi in imbarazzo e un pochino triste. Le vacanze passate insieme ai gemelli Scamander avevano migliorato molto il nostro rapporto (forse non tanto quello con Lorcan, che era sempre stato la cavia di molti dei miei scherzi). Io e i gemelli avevamo un bel rapporto da piccoli, soprattutto io e Lysander, ma quando i due finirono a Corvonero e io a Grifondoro perdemmo ogni contatto, pur trovandoci nella stessa scuola, e di conseguenza mandammo la nostra amicizia nella pattumiera. Parlare di loro mi provocò un nodo in gola dolorosissimo che non aveva intenzione di scendere giù e non vedevo l'ora di allontanarmi da Dominique per non dover più sentire nulla al riguardo. 
Nonostante quella vacanza mi avesse avvicinata molto ai gemelli, ero sicura che una volta ad Hogwarts avrei smesso di pensare a loro, come accadeva ogni anno.
A salvarmi fu una bussata di porta. 
« Occupato! » urlammo io e Dominique, che stava rimettendo a posto i suoi trucchi nel borsellino.  
« Lo sappiamo, idiote. » ribatté la voce divertita di Hugo, dall'altro lato della porta. « Sono quasi le undici... uscite dal bagno? Louis si chiedeva se qualche maniaco avesse tragicamente violentato sua sorella e gli adulti hanno intenzione di salutarvi. » 
Io e Domi scoppiammo a ridere e aprimmo la porta, sempre ridendo come matte, notando solo in quel momento che ad accoglierci c'era una gran folla di studenti che aspettava che uscissimo per andare al bagno a soddisfare i loro bisogni. 
« Ops... » mormorai, volgendo uno sguardo intorno.  
« Allora è stata Lunatica a violentarti! » esclamò Fred, indicandomi e fingendosi profondamente scioccato dallo scoop.
Aveva sul capo un capellino fighissimo (che in giornata sarebbe diventato mio) e la sua carnagione scura, in aggiunta dei capelli e degli occhi scuri, faceva a pugni con la carnagione chiarissima e i capelli rossi marchio famiglia dei miei cugini e miei. Fred era sempre stato diverso dalla famiglia per quanto riguardava l'aspetto e le persone che magari si erano aspettate un ragazzo dai capelli rossi identico al padre ne erano sempre rimaste deluse. Anche perché il nome Fred era una leggenda.
« Incesto lesbo in famiglia! Vi prego, voglio vedere come fanno le lesbiche a... » 
« FRED! » protestarono Dominique e Louis, mentre io mi contorcevo dalle risate nonostante fossi accusata di omosessualità dai miei stessi cugini.
Gli studenti ridacchiarono; alcuni cominciarono a superarci per infilarsi nel bagno del treno, dato che potevano di nuovo utilizzarlo per fare quel che dovevano fare. 
« Ma Fred ha assolutamente ragione. Che facevate tutte e due in quello spazietto stretto? » insinuò Hugo, muovendo il dito indice nella nostra direzione. 
« Merlino, ma che avete da guardare in quel modo? Non siamo lesbiche! » sbottai, verso la folla. 
« Se lo dici tu. » disse una voce maschile di uno studente sconosciuto in corridoio.
Feci roteare gli occhi.
« Dominique è donna al cento per cento. Su di te avrei qualche dubbio... » rise Hugo, facendomi una linguaccia. « Il mio Occhio Interiore forse percepisce che sotto a quel bel faccino in realtà si nasconde un uomo ben sviluppato? »
« Il tuo Occhio Interiore ha preso una bella svist– ehi! Brutto di figlio di... torna indietro! »
Ma Hugo stava già correndo verso il corridoio del treno e canticchiava qualcosa come “Lunatica è un uomo, Lunatica è un uomo!” e insinuazioni varie che di certo ero abituata a ricevere ma che mi provocavano sempre un grande imbarazzo. Specialmente se urlate davanti all'intera stazione. 
« Vai a farti fottere, Hugo! » urlai, sfoderando la bacchetta.
E correndogli (e imprecandogli, soprattutto) dietro, proprio come facevano gli attori nei vecchi film polizieschi Babbani di zia Hermione, con l'intenzione di sperimentare su di lui una violenta mossa di arti marziali, andai perfino a sbattere contro Lysander Scamander e nemmeno me ne resi conto. 

 


***



Dopo aver salutato l’intera famiglia Potter-Waesley e dopo che io non potetti scampare alle minacce di morte di mia madre sul fatto che se quell'anno mi sarei comportata male come tutti gli altri anni a Natale avrei fatto i conti con lei (sempre se lei e papà non si ammazzavano a vicenda), io e Hugo trovammo uno scompartimento tutto nostro. Hugo, che aveva un occhio viola, un livido sulla gamba e un bernoccolo in fronte, stava seduto di fronte a me, che pure avevo qualche livido verdastro e un dolore alla chiappa destra infernale. Dominique era sgattaiolata via nella carrozza del famoso Caposcuola della sua Casa di appartenenza, ovvero Corvonero, e non avevo proprio intenzione di sapere cosa facessero quei due quando nessuno guardava, anche perché presumo che mi avrebbero bloccato la crescita in meno di tre secondi scarsi. Fred e Louis, invece, erano andati a trovare il buon Frank Paciock, amico e compagno di dormitorio che frequentava il settimo anno insieme a loro, nello scompartimento che divideva con la sorella Alice, che frequentava il quinto anno. 
Ero convinta che tutti gli studenti avrebbero dato di matto se avessero visto me e mio cugino all'opera sulla pozione dei capelli inventata da noi due, temendo seriamente che potessimo far saltare in aria il treno intero e messo fine alle loro lunghe e preziose vite, ma io e Hugo avevamo giustamente deciso di operare sulla pozione in quel momento per non creare caos a scuola tra gli insegnanti e non ricevere richiami e lettere a casa proprio il primo giorno. O almeno per salvaguardare l'integrità dell'intero castello, che sarebbe sicuramente esploso a causa nostra. E non avrei di certo sopportato l'ennesima Strillettera inviatomi da casa e urlata in tutta la Sala Grande a colazione. Sempre se della Sala Grande ne sarebbe rimasto qualcosa dopo il grande botto.
« Avevo aggiunto le radici ma... »
« ... la pozione ha deciso di scoppiare. Ma brava, adesso ci tocca dare dieci Galeoni a Fred per la scommessa! » sbuffò Hugo, incazzato di nuovo a morte con me. I suoi capelli stavano man mano diventando crespi per via dei vapori che emanava quella pozioncina e io stavo cominciando perfino a sudare, imprecando contro ogni cosa che mi veniva in mente.
Perché le persone mi fanno sentire sempre in colpa?
« Idiota, la scommessa non è ancora finita! Manca ancora qualche settimana. » dissi, togliendomi la cravatta e sistemandomela attorno alla fronte nella strana parodia di un pirata parecchio sboccato. 
« Forse è meglio se lasciamo stare la pozione e andiamo a farci un giro in treno. » tagliò corto Hugo, alzandosi e stiracchiandosi.
Operare sulla pozione ci aveva stremati entrambi, e ci aveva anche fatto venire un certo languorino, che andava sicuramente e immediatamente placato. 
« Hai ragione. » convenni, alzandomi a mia volta. « Andiamo dal vecchio Frankie? » 
Uscimmo dallo scompartimento lasciando fumare la nostra pozione lì dentro e ci avviammo verso la coda del treno, dove di sicuro avremmo trovato Frank Paciock e il resto della banda. Ricevemmo un paio di inviti ad accomodarci in tutti gli scompartimenti in cui ci affacciammo, senza contare il fatto che ricevemmo perfino minacce di morte da Prefetti e Capiscuola vittime dei nostri scherzi, e infine facemmo capolino nel penultimo scompartimento sani e salvi. 
« Salve a tutti! » salutai, con un sorriso.
Notai che Dominique era tornata dalla gita nello scompartimento del bel Caposcuola di Corvonero e notai anche che in quella carrozza non solo vi erano seduti Frank, Alice, Fred e Louis, ma anche un certo Lysander Scamander di mia conoscenza.
« Ciao! » salutarono i ragazzi.
« Ehi. » rispose Lysander, facendomi un sorriso smagliante.
Lysander era il Corvonero più diverso di tutti. Non adorava mettersi nei pasticci ma parecchie volte si era unito a noi per creare caos. Se non fosse stato per il fatto che era particolarmente secchione (mai come Lorcan) e un tipo alquanto calmo mi sarebbe stato molto più simpatico, proprio come da bambina. E, facendo un elogio alle sue caratteristiche fisiche, dovevo ammettere che Dominique aveva ragione: il biondino era davvero macho e sbarazzino.
Accanto a lui, sedevano Alice e Frank Paciock, che mi regalarono uno dei loro radiosi sorrisi. Frank era un tipo leggermente robusto e impacciato, ma davvero molto carino e un fedele amico. Somigliava molto al padre, Neville Paciock, che insegnava Erbologia ad Hogwarts ed era il mio professore preferito, ma a differenza del padre aveva capelli scuri, occhi scuri e un viso meno paffuto di lui. Alice era mingherlina, con due grandi occhioni verde scurissimo, a volte coperti dalla frangia di capelli castano scuro, e un visino dolce e paffuto. Era la persona più timida che avessi mai incontrato e aveva un carattere davvero riservato, di cui ti accorgevi subito se ti soffermavi ad osservare la sua andatura cascante e veloce. Di fronte ai due fratelli Paciock, Fred e Louis giocavano a scacchi, non facendo caso allo scambio di saluti avvenuto nello scompartimento. 
Mi schiarii la gola.
« Ragazzi, ci siamo quasi per la pozione. » mentii. « Freddie, sto parlando specialmente con te... sento odore di soldi! » 
« Certo, perché dovrai sganciare tu. » ribatté Fred, esultando un secondo dopo per aver mandato in pasto alla sua regina un alfiere di Louis. 
« Uccideteli. » intervenne Dominique, che stava cercando di mettersi lo smalto rosso e borbottava cose incomprensibili riguardo al fatto che il treno andava troppo veloce e stava macchiandosi tutta per smaltarsi le unghie. 
« Non possiamo ucciderli! » disse Fred, scioccato alla sola idea. « Devono sganciare il malloppo! » 
« Sarai tu che sgancerai. » replicai, combattiva. Hugo annuì al mio fianco e prese posto accanto ad Alice, sbadigliando e passandosi la mano sulla pancia. 
« Io ho già sganciato quando due anni fa ho dato ad entrambi quella ricerca sui Vampiri. » continuò a controbattere Fred, gli occhi fissi sulla scacchiera, mentre io, in piedi sulla soglia della porta dello scompartimento, gli lanciavo delle occhiatacce velenose per la poca fiducia che aveva in me e nella mia fantastica creazione. 
« Certo, che hai rubato a tua sorella Roxanne. » lo smerdai. « Piccola carogna che non sei altro, rimangerai le tue accuse infondate sulla mia stupefacente pozione! Mi stai sentendo? Vedremo alla fine. Sarà una pozione perfetta e la prima mia vittima sarai tu! » e mi accasciai pesantemente sul sediolino, prendendo posto tra un divertito Lysander e una scioccata Alice.  
« Si può sapere cosa succede? » chiese Frank, intimorito dal mio improvviso sfogo. 
Alice ridacchiò. « Credo ci sia in atto una scommessa. » disse, perspicace. 
« Una scommessa di fuoco. » la contraddisse Hugo, ridendo. 
« Ragazzi, avete qualcosa da mangiare? » chiesi, cambiando discorso con un tono tranquillissimo, come se lo sfogo di prima contro Fred non fosse mai avvenuto.
Mi guardai intorno, ignorando gli sguardi divertiti dei presenti, e arrivai alla conclusione che probabilmente la vecchietta del carrello ancora doveva passare e che io e Hugo non l'avevamo spaventata a tal punto da non farle mettere neanche il naso nel nostro scompartimento. 
« Tieni. » disse Lysander gentilmente, porgendomi una barretta di cioccolato. « Porto sempre qualcosa da mangiare in caso di emergenza. » 
Accettai la barretta di cioccolato senza troppe cerimonie.
« Gentilissimo, Scamander. » risposi, cominciando a scartare il cioccolato e ficcandomene con poca grazia un pezzettino in bocca, sotto gli occhi di una disgustata Dominique. « Comunque... che cosa ci fai tu qui dentro? Credevo ti fossi stancato di frequentare gentaglia del genere. »
« Non mi stancherò mai di frequentare gentaglia del genere. » rispose prontamente il ragazzo, alzando lo sguardo su di me con una sorta di accusa. 
Mi sentii in un baleno a disagio. Avevo ignorato Lysander per sei anni della mia vita da quando avevo messo piede ad Hogwarts, non l'avevo minimamente calcolato quando lui entrava nel mio scompartimento per chiacchierare con i miei cugini e non avevo di certo cercato la sua compagnia in tutti quegli anni. Non volevo scaricare tutta la colpa su di me perché anche il biondino ci aveva messo del suo, ma mi sentivo davvero in colpa per quello che era successo tra di noi.
Immaginavo che anche lui stesse pensando la stessa cosa, in quel momento. La verità era che da quando avevo trascorso quelle bellissime vacanze insieme a lui qualcosa era cambiato: riuscivo a percepirlo ed ero sicura che anche lui lo percepisse. Di preciso, però, non sapevo cosa fosse cambiato tra di noi. 
« A proposito di gentaglia... » disse Lysander, cambiando in fretta discorso. « Le mie orecchie mi ingannano oppure ho davvero sentito qualcuno cantare “Lunatica è un uomo!” per tutto il treno, questa mattina? » 
« Sì! » esclamai, sbuffando. « Hugo: ti odio sempre. Lo sai, vero? » 
« Ecco perché l'hai menato. » rise Alice, osservando i lividi che sfoggiava Hugo e scrutandolo con una certa timidezza.
« Certo che neanche tu sei rimasta immune dai lividi. » osservò Frank, toccandomi un punto imprecisato del viso dove era certo che ci fosse un livido. 
« Siete villani. » intervenne Dominique, mettendolo in chiaro. 
« Confermo. Tua cugina mi ha travolto e buttato per terra, stamattina. » rise Lysander. 
« Io cosa? » chiesi, sicura di non aver capito bene. 
« Mi hai praticamente buttato per terra mentre rincorrevi Hugo. » 
« Davvero? »
« Sì, e hai travolto anche il povero Lorcan ad un certo punto. » Lysander fece un grosso sorriso. « E sì, il Prefettuccio ti ha lanciato dietro un'imprecazione delle sue, tra cui alcuni piccoli coinvolgimenti a Merlino, Morgana e tutta la banda di Maghi Famosi. » 
Scoppiai a ridere. 
« Ah, per la cronaca. » aggiunse Lysander con una smorfia, quasi come se avesse voluto scusarsi con me. « Vuole fare rapporto non appena arrivati a scuola: credo tu sia già in grossi guai. » 
« Carino da parte sua. » borbottai, pensando che Lorcan dovesse avere una bella lezione una volta per tutte. 
« Lorcan farà rapporto anche su di te, Hugo. » gli disse Lysander, cancellandogli il sorriso soddisfatto dalle labbra e la voglia di cantare vittoria. 
« Come sarebbe a dire? » sbraitò Hugo, infiammandosi e fingendo di essere profondamente offeso. Assunse la tipica espressione di uno che ha avuto un grosso torto e si rivolse di nuovo all'amico: « Io vengo rincorso, io vengo picchiato... e io vengo anche messo dentro a faccende che non mi riguardano? Il rapporto alla Preside... quel coglioncello di Lorcan lo ammazzo, poi vedete se non lo ammazzo facendolo passare per un'incidente! »
E poi ci sono quei momenti in cui AMI tuo cugino.
« La McGranitt si incazzerà. » disse Frank, annuendo come per confermare le sue parole, come se ce ne fosse bisogno: la Preside ci avrebbe sul serio ammazzati tutti. « La McGranitt si incazzerà tantissimo. » 
« La McGranitt è sempre incazzata tantissimo. » intervenne Louis. « Per fortuna mi adora. » 
« E chi non ti adora? » fece Fred, scoccando un grosso bacio sulla guancia del cugino. « Mi devi offrire il pranzo quando andremo ad Hogsmeade: ho vinto io. Ho già detto che ti adoro? »
« Che rompi palle... » 
« Gente, stiamo divagando! » misi in fretta fine alla conversazione tra miei due cugini, che avevano appena finito di giocare. « Se Lorcan va davvero dalla McGranitt a fare rapporto, la stronzona scriverà una bella letterina a mia madre e mia madre scriverà una bella letterina a me... » 
« Letterina chiamata orribilmente: Strillettera. » concluse Alice, la mano sulle labbra per soffocare il riso. « Come a fine dell'anno scorso. Ricordate? » 
Scoppiarono tutti a ridere sguaiatamente e anche Dominique non potette fare a meno di lasciarsi andare. Per farla davvero breve, l'anno precedente, come tutti i santissimi anni, ricevetti una minacciosa Strillettera urlata in tutta la Sala Grande durante l'ora di silenzio per i caduti in battaglia. Eravamo soliti fare quell'ora di silenzio alla fine dell'anno per ricordare e pregare gli eroi caduti nella battaglia contro Voldemort e i suoi Mangiamorte ma, puntualmente, io alla fine dell'anno combinavo sempre qualche pasticcio. E quando mia madre doveva mandarmi la Strillettera? Quando tutti erano in silenzio, naturalmente! Fu la figura di merda più imbarazzante che ebbi mai fatto. E io non avevo fatte tantissime. 
« Come hai osato incendiare la tazza del water con la gatta del custode dentro? » Lysander fece una perfetta imitazione di quello che mia madre aveva urlato con un tono di voce dieci volte più alto del normale nella lettera, cosa che mi fece ancora più ridere. « Merlino, quanto ho riso. » concluse, facendomi un sorriso. 
Gli feci l'occhiolino e dissi: « In realtà fu colpa di Hugo. Io volevo solamente fare un esperimento sul gattino Pond ma Hugo mi distrasse e io appiccai fuoco al water. »
« Andaste in presidenza, giusto? » chiese Domi, scuotendo il capo come rassegnata. 
« Sì. » rispose Louis. « Li vidi mentre il vecchio custode Armando li trascinava per la collottola ad entrambi. »
« Dove sono quando accadono le cose più belle? » chiese Fred, intristito. Era sempre stato un tipo molto curioso e pettegolo, e non sapere di qualche strabiliante scoop ad Hogwarts era considerato un sacrilegio per lui. 
« Più belle? » ripeté Dominique, voltandosi per fissarlo. « La McGranitt voleva ammazzarli! » 
Frank rabbrividì. 
« Sì, voleva ammazzarci... ma ammetto che è stato divertente. » dissi, e tutti i presenti mi guardarono come se mi fossi bevuta il cervello. O forse mi ero sul serio bevuta il cervello per fare un affermazione del genere.
Per le persone normali non era divertente rischiare la pelle e l'espulsione per uno sciocco esperimento che comprendeva i prodotti dei Tiri Vispi, ma io non ero una ragazza molto normale e, anche se la Strillettera mi aveva sconvolta non poco, mi ero divertita. « E poi... Hugo se la cava sempre! » aggiunsi.
« Se per cavartela intendi che non ho avuto una Strillettera allora voglio sempre cavarmela. » ribatté mio cugino. « Mamma non è la tipa che fa le Strillettere, lei passa direttamente ai fatti. Non potete immaginare cosa successe a casa e non voglio neanche ricordarlo. » 
« Ma anche tu te la cavi: non ti hanno mai espulsa, no? E ne hai combinate tante. Comunque, non ti preoccupare per il rapporto. » intervenne Lysander, con tono dolcemente rassicurante. « Convincerò a tutti i costi Lorcan a lasciarti in pace, almeno per questa volta. Andrei da lui adesso ma sta pattugliando i corridoi e quando pattuglia non vuole essere disturbato. Ti salverò la vita, prometto. »
« Davvero? » sorrisi. 
Lysander annuì con vigore. « Prometto. » disse, arrossendo mentre mi fissava. 
Anch'io, come una cretina in iperventilazione, arrossii un botto e non sapevo neanche spiegarmi il motivo. Cavolo, non ero la tipa che arrossiva per sciocchezze! Ero proprio come un ragazzo: assai virile. Sì, assolutamente e indiscutibilmente virile. Ma in quel momento volevo solo sotterrarmi per quel rossore, volevo solo che Lysander andasse via e che mi lasciasse sfogare come si deve, perché era assurdo il fatto che il arrossivo per lui. Avevamo vissuto momenti bellissimi insieme in vacanza e recuperato il nostro rapporto che era andato a donne scarlatte ma quello non significava niente. Doveva esserci un errore al mio rossore. Solamente uno schifosissimo e incomprensibile... 
La porta del nostro scompartimento si aprì. 
La ragazza più frivola, stupida e odiosa di tutta la scuola era sulla soglia della porta e ci fissava con la puzza sotto al naso, soffermandosi a guardare con un certo disgusto Dominique, la sua compagna di stanza ed acerrima nemica. Era Cassandra Smith, la Corvonero che odiavo tanto quanto odiavo le Strillettere. Cassandra era abbastanza carina, con i capelli biondissimi che le arrivavano fin sotto al sedere, gli occhi di un azzurro ghiaccio e labbra sottili come sottilette, ma rosee e sempre piene di rossetto rosso per farle sembrare più pompose. Sarebbe stata davvero graziosa se non fosse per il fatto che era una gran rompi palle, dalla perenne puzza sotto al naso e l'aria da aristocratica del cavolo.
« Dominique! » disse con tono nauseato, abbracciando Domi come se avesse paura di sporcarsi le mani. 
Dominique ricambiò senza riserve.
« Tesoro! » disse, facendo una smorfia dietro di lei, mentre la sfiorava appena con le mani smaltate e perfette. 
« Ti trovo molto bene. » disse Cassandra, sfoggiando uno dei suoi falsi sorrisi. 
« Oh, immagino. Le mezze Veela sono sempre in forma. » ribatté Dominique, facendo una risatina tintinnante che a Cassandra avrebbe di sicuro dato fastidio. 
E infatti, la ragazza si fece tutta rossa e abbozzò un sorrisino invidioso e falsissimo. Non degnò di un solo sguardo me e i miei cugini, ma i suoi occhi avevano individuato Lysander, diventando scintillanti come non lo erano mai stati: di sicuro era venuta lì per lui. Non sarebbe mai strisciata ai piedi della sua peggiore nemica per un saluto. Il pensiero mi fece capovolgere lo stomaco, e non sapevo neanche io cosa mi prendeva ma provavo un odio infinito nei confronti di quella ragazza che, sì, mi era sempre stata antipatica, ma mai come in quel momento. 
« Lysander. » disse Cassandra, civettuola. Calò su di lui e gli diede un grosso bacio sulla guancia, ammiccando al suo indirizzo. 
Adesso vomito, adesso vomito. Ma che diavolo ci fa questa qui dentro? – pensai. 
« Cassandra, ciao. Tutto bene? » chiese il ragazzo, anche lui molto felice di vederla. 
Mi correggo: ADESSO sì che vomito! 
« Una meraviglia. Senti, puoi uscire un attimo? » chiese Cassandra, con decisione. « Ti devo parlare. » aggiunse, con tono che parve stranamente malizioso. 
« Va bene. » acconsentì Lysander. « Ragazzi, vado con Cassandra. Ci becchiamo in giro! » e salutandoci tutti, uscì dallo scompartimento mano nella mano con lei. 
Ok, non so bene cosa sentii nello stomaco ma di sicuro era una cattiva cosa. Vomito, sicuramente vomito, in primis. Seconda cosa, ebbi l'istinto di inseguire i due fidanzatini e gettarmi su Cassandra in stile “io detective, tu assassino... tu morire” e darci dentro con le botte, strapparle tutti i capelli da Barbie ossigenata che aveva in testa e toglierle i quintali di trucco che aveva in faccia per farla sembrare un mostro. Terza cosa... mi resi conto che stavo esagerando. A me non importava nulla di Lysander e delle ragazze con cui si frequentava. Quello era solo un probabile sentimento di ingiustizia, perché era ingiusto che un ragazzo tanto intelligente e in gamba come Lysander finisse a frequentare una tizia del genere. Ecco tutto. 
Dovevo aver fatto una faccia orribile, perché Hugo continuava a fissarmi con un'espressione strana e indecifrabile. Poi, per mia grande fortuna o botta di culo, come preferite chiamarla, dalla radietta che Dominique aveva acceso per ascoltare della musica partì una canzone rock e io mi alzai dal sediolino, iniziando a scatenarmi come una pazza.
Se esiste un modo per sfogarsi decentemente quello è ballare.
« Muovi il corpo come un peloso troll, che impara il rock and roll! » cantaii, atterrendo a morte il povero Frank con il mio improvviso cambio di umore e pestando un piede a Dominique, che mi urlò dietro che quelle che avevo appena schiacciato con tutta la mia forza erano le sue zeppe firmate della Guess. « « Qualcuno hai idea di cosa le è preso? » chiese Fred, grattandosi la nuca mentre io continuavo a cantare e ballare.
Mi fissò ancora un pochino con occhi spalancati, poi comprese che forse era meglio non disturbarmi e mi ignorò semplicemente, dichiarando che quella era la crisi del pre-mestruo. 
« No. Dovremmo? » fece un intimorito Frank, che sembrava ancora parecchio sconvolto dal mio comportamento.
Dominique aveva scosso il capo e alzava il volume della radiolina a lievi colpi di bacchetta, chiudendo gli occhi per godersi la musica; Louis era troppo sconcertato per parlare. 
« No, non dovremmo. » rispose Hugo, senza staccare gli occhi dalla mia espressione immensamente imbarazzata e colpevole. « Ma forse la diretta interessata potrebbe sicuramente dirci che cosa ha fatto azionare i suoi ormoni già impazziti, vero? » 
Tossicchiai.
« Non del tutto vero. Vedi, cugino... io mi starei divertendo. » dissi. « Possiamo parlarne in privato. » 
Hugo colse la palla al balzo e aprì la porta dello scompartimento, facendomi un gesto elegante con la mano che diceva chiaramente “dopo di te” e io lo fissai in malo modo.
Dannato Hugo!
Mica avevo previsto che la mia proposta veniva presa così alla lettera. In ogni caso: non avevo scelta. O uscivo di mia spontanea volontà oppure venivo trascinata con la forza da Hugo, e una nuova figura di merda non sarei riuscita a sopportarla in quel momento. 
Uscii con riluttanza dallo scompartimento, finendo di canticchiare le ultime note della canzone, e mi lasciai guidare da Hugo in un posticino particolarmente appartato del treno. 
« Dunque? » chiese, alzando un sopracciglio. 
« Dunque? » ripetei, dato che non avevo proprio idea di cosa avrei potuto dire a mio cugino. « Senti, Hugo... la canzone mi piaceva davvero tantissimo. E tu sei un rosso di merda. Potremmo ritornare dentro e parlare in un momento meno... »
« Dunque hai qualcosa da dirmi. » trasse le conclusioni Hugo, con sguardo inquisitorio. 
« Se mi avessi lasciata finire! » sbottai. « Stavo appunto cercando una scusa per entrare dentro perché non ho nulla da dire. »
« Come no: avevi una faccia spaventosa. »
Hugo non era un tipo abbastanza perspicace, aveva preso da zio Ron la perspicacia di un cucchiaino, e per capire che qualcosa mi aveva disturbato dovevo aver proprio fatto una faccia strana.
Deglutii. Poi mi feci una grossa risata, una di quelle risatine psicopatiche che mi venivano benissimo.
Finii di ridere come una squinternata e dissi: « Una faccia spaventosa? Ma io? » ridacchiai, mettendo in dubbio la mia sanità mentale. « Ma andiaaamo! Ti pare? » e feci un gesto noncurante con la mano.
« Va bene, non fa niente, stavo scherzando. » borbottò Hugo, rassegnato. « Meglio se torniamo nello scompartimento altrimenti... altrimenti... » la sua voce si ridusse in un sussurro mentre i suoi occhi erano puntati su qualcosa in lontananza. 
Assunsi un'espressione interrogativa e mi voltai di scatto. Da uno scompartimento lì vicino usciva del fumo, del fumo densissimo. Fui attraversata da una sensazione di rabbia e irritazione che non avevano nulla a che fare con quello che era successo nello scompartimento.
Dove sono quei dannati Prefetti e Capiscuola quando qualcun altro faceva qualche disastro?
Erano sempre pronti ad accusare me e Hugo, ovviamente. E adesso il treno rischiava di saltare in aria a causa di qualche sconsiderato che aveva appiccato fuoco allo scompartimento e avremmo rischiato tutti di tirare le cuoia. Il mondo era proprio pieno di... pieno di... 
E poi mi resi conto che gli sconsiderati eravamo per l'ennesima volta io e Hugo. 
« Cazzo! » esclamai, sgranando gli occhi. 
« La nostra pozione! » fece eco Hugo. 
Ed entrambi corremmo nello scompartimento, sperando seriamente di non far saltare in aria il treno.
  
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