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Autore: Alue    27/12/2013    3 recensioni
A un tratto il ritmo si fermo per dare spazio al balletto e il battito di un cuore attraverso un elettrocardiogramma. Uno dei ragazzi, quello che come pettinatura aveva scelto una lunga frangia nera a ricoprirgli gli occhi, si collocò al centro del palco, mentre gli altri si misero attorno a lui, per dar vista al pezzo forte dello spettacolo: “Il leader…”, pensai fra me.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XV
 
I primi quattro giorni con Key passarono molto velocemente tra un capo d’abbigliamento e l’altro, e una strillata ogni tanto sia da parte mia, sia dalla sua. Ogni giorno mi portava a visitare posti nuovi: musei, lo zoo, paesini vicini, negozi; e il pomeriggio lo passammo spesso in piscina, mentre la sera passeggiavamo tranquillamente per le vie della cittadina. Non mi volle dire dove fossimo e io non continuai a chiedere. Preferii vivere quei giorni come un sogno da ricordare, perciò non feci domande, bensì sorrisi e acconsentii ad ogni proposta che tirava fuori dalle sue maniche.
Key fu molto dolce e sereno in tutti quei giorni e mi dimenticai presto delle preoccupazioni che avevo. Non pensai a Hyun Joong neanche per un momento, accantonai i problemi di mio fratello con Federica e mi godei la vacanza, che in fin dei conti era stata organizzata per me, ma certe volte gli strani comportamenti di Kibum riaffioravano e tendevano a turbarmi; poi con qualche sorriso e una battuta divertente tornava a scacciarli via.
L’ultimo giorno di vacanza non fu molto movimentato. Come al solito scendemmo a fare colazione nell’immensa cucina dell’hotel e poi uscimmo per fare due passi. Passammo l’intera mattinata a giocare a pallavolo nel centro sportivo li vicino e poi tornammo in hotel per il pranzo.
-Sta sera andiamo a cena fuori-, annunciò Key mentre addentava un pezzo di pane.
-A cena fuori? E dove?-, chiesi curiosa, ma con una punta di timore, alzando gli occhi.
-In un locale tranquillo in centro. Ci sono stato una volta: ci vanno parecchie famiglie e molti ragazzi della nostra età; ci si sente bene. Ti va?-, domandò guardandomi speranzoso.
Annuii sorridendo lieta della descrizione del posto e continuai a mangiare, poi riflettei: -Mmm, non credo di aver portato qualcosa da sera-.
-Ora che ci penso nemmeno io l’ho presa. Possiamo sempre andare a comprare qualcosa in giro-.
-Key, hai speso già troppo per me, senza contare… questo –indicai l’hotel- non spendere ancora di più. Preferisco mettermi un jeans e una maglia carina che già mi hai comprato-, dissi ringraziandolo con lo sguardo.
-Ah… sta zitta! Lo faccio perché mi diverto-, scrollò le spalle sorridendo.
-Lo so che ti diverti, ma non mi diverto io a diventare ogni volta una bomboniera!-, obbiettai.
Kibum ignorò completamente le mie lamentele e pensò a qualcosa, poi disse: -Ho notato un negozio molto carino a pochi passi da qui. Vende un sacco di abiti da sera. Andremo lì appena avremo finito-.
-Kibum…-, piagnucolai.
-E dovrò trovare una bella camicia per me. Quelle che ho le ho già messe troppe volte!-, commentò fra sé continuando a ignorarmi.
-Quante volte le hai messe? Una… due?-, brontolai sottovoce giocando con un pezzo di carne nel piatto.
-Sicuramente tre volte. Direi che sono abbastanza, no?-, rispose con aria da diva, divertito di punzecchiarmi.
Gli lanciai uno sguardo truce e finii ciò che stavo mangiando. Quand’ebbe terminato anche lui, salimmo in camera e siccome mi sentivo stanca, mi lasciò riposare per un’ora e mezzo. Lui fece lo stesso e mise la sveglia per quando ci dovevamo alzare, solo che non suonò all’orario giusto e quando si svegliò, lesse l’ora sul display scattò in piedi e mi strillò nelle orecchie che era tardi.
-Yaya! Svegliati! Sono le quattro! E’ tardissimo! Non ce la faremo mai a trovare un vestito per entrambi!-, strillò volando in bagno a lavarsi i denti.
-Mmm? –biascicai assonnata- Non ce la faremo mai? Key, sono le quattro, se andiamo li alle otto e mezza abbiamo ancora… quattro ore! Quanto ti serve!?-, chiesi preoccupata da tutto quel delirio improvviso.
Key, non rispose, così mi preparai tranquillamente e quando ebbe finito lui, mi prese per mano e come al solito cominciò a farmi volare come un aquilone da negozio a negozio.
-KEY! Non puoi comprarmi un vestito del genere!-, strillai nel panico, guardando davanti a me lo splendido vestito da sera che avevo davanti agli occhi. L’abito era bianco e morbido nelle linee, che scendevano ondeggiando nel panneggio, con pochi stras a contornare il taglio all’imperiale.
-Perché no?-, chiese sorridendo e soddisfatto per aver trovato quell’indumento meraviglioso.
-Dobbiamo andare a cena, non a una serata di gala!-, continuai a strillare stizzita, guardandolo esterrefatta.
-E’ perfetto per te però!-, ribatté allegro e pimpante, felice come una pasqua.
Era più di mezz’ora che discutevamo dentro ad un negozio dai prezzi da capogiro, mentre la commessa ci guardava infastidita dalle nostre discussioni, e Kibum non dava segni di voler cedere alle mie lamentele.
Lo guardai esausta e implorante, mentre si avvicinava a un paio di scarpe dello stesso colore del vestito, con un tacco da almeno otto centimetri, quando strabuzzai gli occhi.
-No… non dirmi che vuoi che le indossi sta sera-, dissi sorridendo istericamente e scuotendo la testa.
-E invece è proprio quello che farai!-, rispose felice e accompagnandomi nel camerino.
“Perché a me? Non ho fatto nulla di male! Non poteva essere più normale!? Non poteva assomigliare a Jong almeno in questo? Solo questo! Key… tu mi odi!”, pensai e salì una forte voglia di piangere per la disperazione.
-Key… dove diavolo vuoi portarmi?! Con questo vestito non mi auguri nulla di buono, come invece mi avevi detto!-, frignai da dietro la tenda.
-Lo vedrai sta sera, l’importante è che tu abbia accettato!-, rispose allegramente, picchiettando distrattamente sul muro con le dita.
-Sei un Giuda!-, strillai.
-Povera piccola martire… Finirò all’inferno per questo! Mi dispiace, non posso farci niente. Terrò la mia dannazione e sconterò la pena che mi assegneranno laggiù-, disse sarcastico.
-Molto divertente…-, commentai acida.
Mi spogliai e in fretta m’infilai il vestito, stando attenta a non strapparlo con la mia innata “delicatezza”, e poi misi le scarpe. Uscii con un muso lungo e lo guardai con aria afflitta: -Contento?-, domandai.
-Mmm… ti sta a pennello! Solo, aspetta un momento…-, commentò e si avvicinò con le mani al mio viso, per raggiungere le mie labbra e curvarle in un sorriso finto con le dita.
-Sorridi e sarai perfetta!-, annunciò.
Sospirai e scossi la testa ridendo: “Che cosa devo fare con te, Key? Non cambi mai…”.
-Bene. Signorina, lo prendiamo!-, annunciò alla commessa che fu ben felice d’incassare la cifra vertiginosa del vestito.
Il resto del pomeriggio lo passammo a cercare una camicia per lui e un copri spalle per il vestito, dato che non potevo andare in giro a spalle scoperte in pieno inverno. Così quando terminammo le compere, tornammo in albergo e ci preparammo.
-Kibum… potrei sapere dove hai intenzione di portarmi?-, chiesi cauta, guardandomi allo specchio, mentre infilavo fra i capelli una molletta costellata da brillantini.
-Se te lo dicessi, che sorpresa sarebbe?-, chiese, uscendo dal bagno.
-Sorpresa? Key, è una settimana che mi fai sorprese e ancora non ti sei stancato?-, chiesi, mentre lui mi sorrideva dolcemente.
-Hai organizzato tutta questa vacanza, hai speso un patrimonio in vestiti, scarpe e quant’altro; mi hai portato a visitare musei a volontà e ora a cena fuori, senza contare questo meraviglioso vestito! Non ti sembra un po’ troppo? In fondo per te sono solo la sorella di un amico, no?-, continuai.
Key smise di sorridere a quelle parole e abbassò lo sguardo pensierosamente, facendomi preoccupare. Era un altro dei suoi comportamenti strani che aveva acquisito in quella settimana, ma non avevo dato molto peso fino ad allora a quei cambiamenti d’umore improvvisi. Di solito era peggiore di una donna nell’essere lunatico, ma in quei giorni cambiava repentinamente umore quando gli ponevo quella domanda e non rispondeva mai. In quella frazione di secondo ebbi la sensazione che mi nascondesse qualcosa da molto tempo.
Tornò a sorridere poco dopo e senza demordere, rispose con aria da diva: -Lo scoprirai quando saremo arrivati-.
Controllò il mio trucco scrupolosamente e si assicurò che non l’avessi sbavato, neanche fosse mia madre, e, prendendomi sotto braccio, mi accompagnò alla macchina.
Arrossii un poco quando attraversammo la hall. Tutti tenevano gli sguardi fissi su di noi, perché camminando in quel modo e vestiti così sembravamo una coppia d’innamorati. Sorrisi però, perché quella sera mi sentivo una principessa accanto al suo principe azzurro. Mamma aveva ragione a desiderare Key accanto a me, perché era una persona splendida e dolce, ma il mio cuore apparteneva a qualcun altro e lo sapevo bene. Fui felice però che in quel piccolo lasso di tempo, il mio angelo custode era riuscito a non farmi pensare a nulla.
Mi aprì la portiera della macchina e mi fece salire, sorridendo. Fece il giro ed entrò nell’abitacolo mettendo in moto.
-Sei pronta?-, chiese con gli occhi che brillavano di felicità. Da dove proveniva tutta quell’eccitazione?
-Lo sarei se solo sapessi quello che stai progettando alle mie spalle-, dissi ironica.
-Sì, sei pronta-, si rispose da solo e partì.
Risi e lo guardai, quando non si accorse del mio sguardo scrutatore su di lui: i capelli biondi e ordinati gli incorniciavano il viso felino e paffuto, dai lineamenti dolci e morbidi; aveva scelto una camicia di un rosa salmone, con una giacca bianca, per richiamare il colore del mio vestito, così come lo erano i pantaloni. Era bellissimo. Come sempre d’altronde e sorrisi mentre lo guardavo meravigliata dai miei pensieri.
-Perché mi guardi così?-, chiese notando il mio sguardo fisso e incantato.
-Nulla…-, arrossì e guardai fuori dal finestrino, avvampando.
-No, hai qualcosa. Ti conosco troppo bene. Forza dimmi a cosa pensi!-, ordinò con un acuto.
Mi strinsi nelle spalle e mi vergognai, ma non potevo non parlare, ormai mi aveva scoperta e resistere avrebbe solo aperto una discussione in cui avrebbe di nuovo avuto la meglio: -Pensavo solo… che sei bello-, sussurrai guardando avanti.
Non so che espressione ebbe dipinta sul volto Kibum, ma lo sentii sghignazzare divertito e poi disse: -Modestamente lo sapevo, mia cara-.
La sua mirabolante modestia alleggerì la tensione che si era creata dentro di me e sorrisi, sospirando di sollievo.
 
-Key! Che cos’è…. QUESTO!?-, esclamai sconvolta nel vedere di fronte a me un immenso ristorante chic con due  scimmioni sulla porta a fare da botta fuori.
Kibum rise divertito senza rispondere e parcheggiò la macchina poco lontano dall’ingresso; mi fece scendere e subito dopo mi offrì il braccio: -Prego, my lady-, disse con un sorriso sulle labbra.
 Arrossii e lo presi sotto braccio. Possibile che non mi rispondeva?! I suoi silenzi erano snervanti e inquietanti, specialmente quando doveva fare sorprese e soprattutto se la sorpresa era indirizzata alla sottoscritta.
-Key… dove mi hai portato?-, chiesi spaventata mentre ci avvicinavamo lentamente.
-Non ti piace? E’ tranquillo come posto…-, mi sussurrò divertendosi a stuzzicare i miei nervi prima che arrivassimo. Quale mera e atroce figuraccia mi aspettava?
Kibum diede il suo nome e la prenotazione, così i due armadi piantonati alla porta ci fecero entrare senza problemi, augurandoci una buona serata.
L’interno del ristorante era quanto di più meraviglioso i miei occhi avevano visto fino ad allora: nella sala immensa e immersa in una fioca luce piacevole, tavoli rotondi con delle tovaglie di stoffa bianche, che arrivavano quasi a terra, erano apparecchiati con un bellissimo servizio; nei bicchieri vi era arrotolato a ventaglio un tovagliolo anch’esso di stoffa, mentre al centro di ogni tavolo c’era un vaso stretto e lungo, contenente due rose rosse e una bianca; sparsi per la tovaglia dei petali degli stessi colori.
Al centro della sala, decorazioni di colonne in stile greco ioniche davano un tocco originale e unico alla sala, che in un angolo aveva un amplificatore, il quale mandava in sottofondo una rilassante musica in violini e pianoforte.
Era vero ciò che Key mi aveva detto, molte famiglie erano lì a cena, vestite di tutto punto ma alla mano, e c’erano anche molti bambini che giocavano liberamente in giro per il ristorante. Era strano essere ammaliata da quel posto, ma sentirsi contemporaneamente a casa. Sembrava una favola.
Restai a bocca aperta, mentre Kibum chiedeva quale fosse il nostro tavolo e quando gli fu riferito, mi portò fino al nostro. Mi aiutò a sedermi e subito arrivarono i menù.
-Kibum… -cominciai, guardandolo stupita e incredula dietro il foglio- come? Quanto hai speso per tutto questo!?-, domandai. Kibum non aveva badato a spese un solo secondo in tutta la settimana, ma quello era troppo! Si era totalmente superato!
Sorrise e abbassò leggermente il suo menù, per poi tornare a guardarlo con interesse mentre mi rispondeva: -Una sciocchezza, baby-.
“Più voglio che non spende e più lui si da alla pazza gioia nel sperperare denaro per me! A quale pro?! Avrà speso un miliardo di soldi solo tra questo ristorante e l’hotel! Kibum mi preoccupi! Che cosa devo pensare!? Il tuo comportamento è stato normale nello shopping, ma questo è sforare i limiti! Abbi un po’ di contegno!”, pensai esasperata, mentre lo studiavo di sottecchi. Non che non mi facesse piacere avere tutte quelle sorprese una dopo l’altra, chiunque l’avrebbe apprezzato come e più di me, ma non volevo assolutamente che continuasse a preoccuparsi in quel modo. Quando avevo acconsentito a farlo rimanere accanto a me per distrarmi non pensavo sarebbe arrivato a tanto in così poco tempo!
Ordinammo qualcosa da mangiare e i piatti, in men che non si dica, arrivarono. I camerieri versarono del vino in uno dei due bicchieri sia a me, sia a Key e cominciammo a mangiare. In un primo momento calò un silenzio abbastanza imbarazzante per quella strana situazione, ma non mi pesava restarmene senza parlare, davo molto più spazio ai miei pensieri in quel modo e quella settimana non avevo avuto un secondo di tempo per fermarmi.
Forse è per questo che Key non mi ha dato tregua. Non voleva che pensassi a quello che avevo a casa e dedicassi tutto il mio tempo a lui e alle sue manie senza fine…”, pensai, ascoltando la musica sinfonica e dolce di violini che s’innalzava nel locale.
Kibum alzò gli occhi su di me, dopo aver bevuto un sorso di vino, e ruppe il silenzio: -Ti sei divertita in questi giorni?-, mi chiese con la premura di una madre.
-Sì, molto… e devo ringraziarti Key-, risposi sorridendo dolcemente.
-Sono contento. Volevo che ti svagassi un po’-, sorrise e giocherellò con un pezzo di carne che non gli andava più.
-Mmh... sì. Me l'avevi già detto, solo che hai esagerato come al solito. Mi sarebbe bastato poco, anche solo divertirmi a Seoul in compagnia di un amico-.
-A Seoul ci sono persone che conosci, invece qui ci siamo solo tu ed io. E poi non ho esagerato!  Questo è anche poco! Volevo che tu stessi bene in questi giorni>, ribatté con aria da diva e scherzosa.
-Persone che conosco? Key, io non conosco quasi nessuno a Seoul! E la mia migliore amica ormai è andata a farsi benedire… Gli unici con cui parlo siete tu, gli Shinee e Feffe!-, commentai guardandolo seriamente.
-Ok, molte persone le conosco io a Seoul –borbottò fra sé dandola per un attimo vinta a me- ma ti ho visto molto in sintonia anche con Hyun Jun, o sbaglio?-, continuò imperterrito.
-E allora? Jun ha i suoi amici e dopo ciò che è successo con lui all'inizio dell'anno siamo solo buoni amici che si parlano una volta ogni tanto. Giusto quando s'incontrano... E’ vero, con lui mi trovo bene. Quando uscimmo insieme fu molto simpatico e di compagnia, ma sospetto che il suo interesse nei miei confronti non sia del tutto svanito, perciò me ne tengo lontana. Forse l'unica con cui sto veramente bene è Federica, ma quell'idiota di Jong ha combinato tutto quel casino! Se l’avessi fra le mani, lo strangolerei adesso-, imprecai irritata.
-Perché con me non stai bene?! –gridò sconvolto, per poi tornare serio- e comunque vedrai che le cose si aggiusteranno tra quei due, e se così non fosse, andrò a fare una chiacchierata con Feffe-.
-Per favore... Feffe si è rinchiusa come e peggio di Jong, l'unica speranza che abbiamo è quella canzone, che dovremmo scrivere quando torneremo-.
-Si sono rinchiusi come dei carcerati perché sono due stupidi: Jong ha perso la voglia perchè continua a dire che ormai è finita, e quell'altra è troppo orgogliosa perché lo perdoni o per accettare le sue scuse. Speriamo solo che la smetta con questa sceneggiata quando ascolterà la canzone-, commentò serio, guardando un punto fisso sulla tovaglia, poi alzò gli occhi e chiese: -Hongki invece che dice di tutta questa storia?-.
-Hongki? Hongki è felice di darmi una mano. Sa che lui è l'artefice del guaio insieme a me e vuole riparare. E so che per Federica nutre un profondo interesse, me lo disse un giorno in macchina mentre mi accompagnava a scuola, ma nulla più. Vuole troppo bene a Jong... Ciononostante lui e Federica rimangono legati da un'amicizia fatta di sintonia e complicità, perciò cerca di spingere su questo per far si che lei torni a sorridere e ad avere meno il muso, così da farla calmare per la grande serata-, risposi scrollando le spalle.
-Capisco. E’ davvero una fortuna che Hongki non abbia approfittato di questo periodo. Fortunatamente è un bravo ragazzo-, commentò distrattamente. Gli occhi Kibum si erano incuriositi di qualcosa alle mie spalle già da un po’, ma non ci avevo fatto molto caso.
Mi girai e vidi dei bambini che stavano convincendo una ragazza mora e molto carina a cantare, ma questa per un motivo o per l’altro non voleva, così si spostarono a un’altra ragazza che acconsentì volentieri: -Cosa volete che canti?-, chiese.
-Quello che vuoi!-, risposero in coro i piccoli.
-Unnie… -cominciò una bambina dai lunghi capelli neri- …potresti cantare la mia canzone preferita?-, chiese. Era diventata molto rossa, probabilmente si vergognava a chiedere.
La ragazza, che aveva raccolto i bellissimi capelli biondi, in una lunga treccia si abbassò e le chiese: -Qual è? Dimmi il titolo ed io te la canterò-.
La bambina si avvicinò all’orecchio della ragazza e le sussurrò qualcosa. Subito dopo la bionda la guardò sorridendo e le scompigliò i capelli: -Ma ci servirà un maschietto per quella musica!-, esclamò.
-Dobbiamo cercare qualcuno che canti Barbie Girl insieme a noi! Forza bambini, cercate un Ken che canti per la vostra amichetta!-, propose la ragazza.
Key sorrise e si alzò, come sentitosi chiamato in causa e si avvicinò al gruppetto: “Che cosa vuoi fare? Perché ti stai alzando? QUALI TERRIFICANTI INTENZIONI HAI!?”, pensai nel panico.
-Perché cercare, quando ce l’avete già?-, disse con aria da diva e spavalderia.
La ragazza lo sguardò da capo a piedi e poi sorrise con la bavetta alla bocca, nemmeno avesse visto un dio: -Canterai con noi?-.
-Certamente, ditemi solo dov’è il microfono-, rispose Key sorridendo divertito dalla reazione della ragazza e non stando più nella pelle di cantare.
Nel frattempo mi stavo mangiando le mani e cercavo in tutti i modi di nascondermi: “Perché a me!?”.
I due fecero contenti i bambini e salirono sul piccolo palcoscenico, che immaginavo servisse da intrattenimento bimbi, per cominciare a cantare. La mamma della bambina diede il cd della canzone già pronta, segno che non era la prima volta che gli capitava una cosa del genere, e la musica iniziò. Key si nascose dietro una tenda del palco, mentre la ragazza, presa una sedia, si sedette al centro.
La bionda cominciò a cantare con una voce acuta e sinfonica, con Key che le andava dietro senza problemi. Sorprendentemente Kibum, che generalmente aveva anche lui una voce acuta e frizzante, tirò fuori una voce profonda e abbastanza vicina a quella di un vero Ken.
Non contento della sola musica, diede il via alle danze, così da volermi far arrivare sotto terra e forse anche più giù. Silenziosamente scivolai sulla sedia, in modo che nessuno potesse vedermi, mentre tutti erano estasiati ed entusiasti di quel piccolo spettacolino.
Key cantava e ballava come sempre aveva fatto, divertito e allegro, senza l’ombra di un’esitazione o di vergogna. Vederlo isolato dagli altri Shinee faceva un effetto strano: ero solita vederli esibirsi sempre insieme così da non accorgermi delle potenzialità di ognuno di loro, ma Key era un concentrato d’energia. Era bello, solare e pieno di vitalità.
Fece fare una giravolta alla bionda, continuando a ballare insieme a lei con tutti i bambini ammaliati e divertiti della situazione che ballavano anche loro. La piccolina che aveva chiesto la canzone sembrava piuttosto realizzata e guardava Kibum come se avesse davanti ai suoi occhi un angelo. In un certo qual senso Key lo era un angelo. Il mio angelo custode che mi aveva salvato appena in tempo da una lunga e profonda depressione a causa di un perfetto e inutile, presuntuoso ragazzo.
Si avvicinò al tavolo ballando e mi offrì una mano, senza smettere di cantare. Lo guardai inorridita e lo ignorai, facendo finta di nulla.
“Non puoi costringermi a fare anche questo, Key! Il vestito va bene! Le scarpe anche, ma BALLARE!”, pensai sperando che volasse via.
Kibum non si diede per vinto e data la mia risposta, mi prese di forza per un braccio e mi trascinò a ballare con lui.  “Voglio morire!”, pensai.
Sembravo un palo semi movente all’inizio, un tirannosaruro con i tacchi, eppure riuscì a farmi ridere e ballare senza che ci pensassi troppo. Stavo quasi per ammazzarmi con i tacchi troppo alti durante il ballo, ma mi tenne stretta a lui non appena sentì che stavo perdendo l’equilibrio e mi sorrise dolcemente. In qualche modo, durante quel contatto così stretto, ebbi la sensazione che Kibum volesse dirmi qualcosa con gli occhi. Qualcosa di profondo e sincero, ma non riuscivo a capire cosa! Distolse lo sguardo dopo poco e senza che nessuno si accorgesse della caduta evita, mi rimise in piedi, finendo di cantare.
Le ultime parole della canzone le pronunciò con entusiasmo, abbracciando la ragazza come se fossero una vera coppia e tutti esultarono impazziti. Tutti i bambini saltellavano attorno ai due, così mi feci da parte e aspettai che Key riemergesse.
Si avvicinarono entrambi lui e la ragazza, e Key mi diede un bacio sulla nuca. La biondina sorrise a entrambi e chiese curiosa: -Vi ho visti ballare insieme piuttosto affiatati. E’ la tua ragazza?-.
A quelle parole avvampai e abbassai lo sguardo, imbarazzata. Era vero, quella sera sembravamo una vera coppia d’innamorati, ma in realtà eravamo solo buoni amici.
“Chissà cosa avrebbe pensato mamma vedendoci insieme… e chissà quale predica mi farà Jong quando torneremo!”, pensai ascoltando la risposta di Key.
-No, è la sorella minore di un amico, ma le voglio molto bene. Forse è per questo che ci hai visto così!-.
-A bene! Allora non ti arrabbierai se qualche volta me lo presti in stile Ken!-, si rivolse a me in tono da oca che non avevo notato prima. La sua affermazione m’irritò non poco. Cos’era Key? Un oggetto per poter dire che “potevo prestarlo”? Non era il mio ragazzo, perciò poteva vederlo quando voleva se questo che intendeva!
-Certo che no…-, risposi apatica senza guardarla.
Key notò il mio malumore improvviso e salutò la biondina, riportandomi al tavolo.
La serata trascorse piuttosto tranquillamente e parlammo del più e del meno, finendo i nostri pasti fra una risata e l’altra, quando alzai gli occhi dal mio piatto e sorrisi raggiante: -Ti voglio bene, Key. Avere la tua esuberanza intorno è stata una salvezza! Mi ha fatto piacere essere in tua compagnia questa settimana e ti ringrazio di tutto cuore!-.
-E di cosa? A me ha fatto piacere vederti borbottare ogni volta che cambiavamo negozio! Questa settimana non ti sei lamentata quasi mai ed è stato uno spasso averti come manichino umano!-, rispose ridendo.
In altre circostanze me la sarei presa, ma risi anch’io perché in fondo mi ero divertita a seguirlo passo dopo passo, ma poi mi feci seria: -Vorrei sapermi sdebitare in qualche modo… Hai fatto tanto per me che mi sembra giusto ricambiarti almeno un po’…-.
-Sorridi ancora una volta e per me andrà bene così-, disse dolcemente.
 
Tornati in albergo, non eravamo per niente stanchi, così non sapendo cosa fare e approfittando della serata serena anche se ghiacciata, decidemmo di fare una passeggiata in riva al mare. Ci imbacuccammo da capo a piedi e uscimmo dapprima sulla veranda, assaporando l’aria marina, e poi in spiaggia sulla sabbia soffice e fresca.
L’acqua bagnava la riva dolcemente e subito dopo si ritirava indietro, mentre noi camminavamo lentamente e in silenzio, scrutando fra i sassolini e i chicchi di sabbia, se ci fossero belle conchiglie da raccogliere.
Ero felice e sorridevo contenta saltellando e correndo a intermittenza, per fermarmi ad aspettare Key, che nello stesso tempo mi osservava da lontano come fa una mamma con il proprio bambino quando è eccitato per qualcosa. Mi sentivo libera e serena, come da un po’ non ero stata. Il rumore del mare, la salsedine e Kibum a farmi da guida erano stati di grande aiuto per i mie nervi che avevo subito abbastanza in quei lunghi mesi di isterismo e nervoso continuo.
Mi fermai e guardai indietro Kibum ridere. Mi raggiunse: -Sei più bella quando ridi. E’ come se emanassi raggi di sole al mondo…-, disse puntando i suoi occhi nei miei.
Arrossii e fissai la luce della luna infrangersi sul mare, mentre Key continuò compiaciuto di se stesso: -Beh, a questo punto il mio lavoro è finito! Tu sei tornata un po’ più sorridente ed io sono rimasto lo stesso di quando siamo partiti. Direi che la missione è perfettamente compiuta-.
Alzai gli occhi in direzione del viso di Key, illuminato dai raggi lunari che lo facevano sembrare ancora più bello e dissi: -Ancora una volta grazie, Key… Sento il cuore più leggero adesso. Solo che… ho vissuto talmente tanto come una favola questa meravigliosa settimana, che ho quasi paura di tornare a casa. Ho paura di arrabbiarmi di nuovo e innervosirmi per poco; paura di ributtarmi nel quotidiano e soprattutto ho paura di rivedere persone che mi ferirebbero ancora… a quel punto tutti i tuoi sforzi sarebbero stati vani-.
Parlavo con un filo di voce, spostando lo sguardo da lui al mare, all’hotel illuminato alle sue spalle, per poi tornare nuovamente al suo viso o chinare il mio. Ero improvvisamente tesa e quelle parole che avevo appena pronunciato erano terribilmente vere.
-Allora resta con me qui, no? Non è male come idea-, disse in tono scherzoso, ma le sue parole avevano un non so che di serio.
Sorrisi distrattamente e spostai lo sguardo sugli scogli. Sospirai profondamente sentendomi sempre più tesa. La tristezza sopraggiunse non appena tornai a pensare che prima o poi l’avrei dovuto affrontare; avrei dovuto di nuovo incrociare gli occhi grandi di Hyun Joong e infliggere al mio cuore una nuova pugnalata. Perché sentivo che doveva accadere qualcosa da un momento all’altro?
-Tu non hai paura di tornare a casa e vivere di nuovo la tua vita. Hai paura di rivedere lui…-, commentò, mentre i suoi occhi si facevano via via più seri. Key aveva intuito perfettamente il mio stato d’animo e come un mago aveva tradotto i miei pensieri, leggendo il mio viso.
Abbassai lo sguardo e mi sentii rimproverata, perché nonostante le parole di Kibum fossero calme e tranquille, alle mie orecchie suonarono dure.
-Non riesci a dimenticarlo, non è vero?-, chiese dolcemente.
Scossi la testa e sentii qualcosa pungermi gli occhi: “Non devi piangere. Non per lui! Non qui! Non davanti a Kibum che si è fatto in quattro per te!”, pensai ricacciando indietro le lacrime.
Scossi la testa, senza far vedere i miei occhi e lo sentii sospirare: -Pensavo che lo volessi combattere e dimenticare…-.
-Ed è ciò che voglio, Kibum! –esclamai, facendo scattare la testa nella sua direzione- Ma non posso farlo nel giro di una settimana… Quando sei innamorato è difficile riuscire a non pensare alla persona che ami, tanto meno riuscire a dimenticarla. E’ come infliggersi mille coltellate da soli! E più cerchi di andare avanti, pensando di odiarlo e di non volerla più vedere e più questa si presenta davanti ai tuoi occhi bellissima; imparagonabile a nessun’altra!-.
Key sorrise amaramente e piego le labbra in una smorfia di tristezza che non gli avevo mai visto: -So come ci si sente…-, disse in un sussurro che riuscii a sentire chiaramente.
-Come?-, chiesi stupita.
-Sai… forse non è il momento per dire una cosa del genere, dato il tuo umore, ma se non lo faccio adesso, non credo che ne avrò più l’occasione-, cominciò guardandomi deciso negli occhi.
Alzai un sopracciglio non capendo e lo lasciai continuare. In cuor mio però avevo timore di ciò che poteva dirmi e trattenni il respiro: -Di solito non aspetto a dire le cose. Mi conosci bene, sono il genere di persona che quando ha qualcosa da dire lo fa e basta, anche se il diretto interessato può rimanerci male. Con te ho fatto un’eccezione, perché volevo trovare la situazione più consona a farlo… Ho pensato di farlo sta sera in un momento di calma e tranquillità, ma a quanto pare non ho colto al volo il tempo-.
-Perché? Cosa mi devi dire?-, chiesi con una punta di nervosismo nella voce. Lo stomaco mi si era chiuso e non volevo che continuasse. Avevo intuito ciò che aveva da dirmi, perché il mio cervello stava assemblando insieme tutti i pezzi delle sue stranezze e delle sue gentilezze fuori dal normale, ma le parole mi uscirono senza che io ci pensassi. L’adrenalina stava cominciando a entrare nelle vene e il cuore batteva all’impazzata per la paura.
Per un attimo vidi i suoi bagnarsi, ma Kibum mi attrasse a sé e mi abbracciò forte per nascondere il suo viso, come la sera di capodanno. L'unica differenza in quel momento era che in quel preciso istante era lui ad aver bisogno di me e non io di lui.
Lo strinsi forte a mia volta per cercare di calmarlo, perché sentivo il suo cuore battere più del mio, e subito dopo sciolse l’abbraccio lentamente. Mi guardo negli occhi, curvando le labbra in una smorfia di tristezza: -Ti amo…-, sussurrò dolcemente.
Sgranai gli occhi di fronte a quella dichiarazione improvvisa, se pur sospettata, e miei pensieri si fecero sempre più ansiosi e rimbombanti: “Key! Che stai dicendo!? Non puoi! Non tu che sei considerato come un secondo fratello!”.
-Key, io…-, cercai di dire, incapace di parlare, ma zittì scuotendo la testa, mentre un suo dito si posò sulle mie labbra. Ebbi la sensazione che stesse per scoppiare, ma si trattenne e allargò forzatamente il viso in un sorriso solare. Uno di quei sorrisi che sempre lo caratterizzavano.
-No… per favore non dire niente. So quello che provi e lo capisco, accettandolo. Avrei dovuto dirtelo prima… ho aspettato troppo a lungo e il tempo mi è venuto contro. C’è stato qualcun altro più veloce di me-.
-Key…-, sussurrai attonita.
-E’ come essersi tolti un peso. In questi mesi ho lottato prima contro me stesso, perché non riuscivo a capire quello che mi stava succedendo quando ti vedevo. Eri la mia piccola sorellina… ma poi ho capito che avevo cominciato a vederti come qualcosa di più. Mi veniva da ridere quando bisticciavi con tua madre nei discorsi su di me e certe volte avevo la tentazione di dirlo, urlarlo, però preferivo restare in silenzio per non far scoppiare il delirio con tuo fratello. Poi è arrivato lo “scandalo” –mimò due virgolette alla sua maniera da diva- con Hyung Jun e ho aspettato ancora, fin quando non si risolse tutto. Pensai così di dichiararmi al ballo in maschera di Halloween, ma…-.
-…Ti dissi che ero interessata a qualcun altro, quando tu mi hai chiesto se avevo qualcosa da dirti-, finii per lui abbassando lo sguardo. Mi sentivo in colpa. Chissà per quanto tempo Key mi aveva guardato da lontano aspettando un sorriso, mentre io pensavo a tutt’altro.
-Mi spiace averti dato un altro pensiero per quando ritorneremo. Volevo solo che tu lo sapessi…-, sussurrò tristemente accarezzandomi una guancia.
Avrei voluto abbracciarlo per consolarlo, ma restai immobile, pensando che se l’avessi fatto gli avrei potuto dare qualche segreta speranza. In quella settimana Kibum aveva dato tutto se stesso per me, accantonando tutti i suoi problemi e il suo amore, per rimettere insieme i cocci del mio cuore che qualcun altro aveva rotto e vedermi di nuovo sorridere.
-Non voglio che tu ti allontani solo perché ora ho rivelato i miei sentimenti. Accetto i tuoi e nonostante tutto, se tu vorrai, ti sarò ancora vicino. Per me basta questo… Voglio solo la tua amicizia come lo è sempre stata-, disse rompendo il mio silenzio.
Annuii lentamente e silenziosamente, per poi avanzare e superarlo. I sensi di colpa mi stavano attanagliando, perché pensavo che Kibum aveva avuto molti sentori d’allarme, ma io non mi ero mai accorta di nulla, troppo impegnata a fantasticare su una persona inutile e menefreghista.
“Se solo ti avessi osservato più attentamente, a quest’ora forse avrei perso la testa per te, Kibum… e la tua dichiarazione avrebbe trovato una risposta per la quale saresti stato felice”.
-Sono stanca, torniamo dentro?-, chiesi fermandomi dopo pochi passi.
-Certo…-, rispose sorridendo.
Key mi scrutò a lungo mentre tornavamo all’hotel, ma il mio sguardo si fece impassibile e nascosi il mio stato d’animo dietro ad un sorriso. Non volevo più preoccuparlo. Non dovevo più preoccuparlo. Key meritava un po’ di tranquillità fin quando il suo cuore non avesse cessato di pensare a me.
 
***
Il giorno dopo preparammo le valigie con tranquillità, ma nessuno dei due aveva il coraggio di parlare o aprire una conversazione come due persone normali, ma anche se avesse iniziato lui avrei risposto a monosillabi. Non avevo voglia di parlare. Mi ero svegliata con un gran mal di testa e ancora i pensieri della sera prima che mi ronzavano in testa.
Kibum sistemò la sua valigia ordinatamente, mentre io raccoglievo e gettavo dentro la mia, alla rinfusa, ogni capo che trovavo in giro per la stanza. Quand’ebbi finito, chiusi la valigia e mi sedetti sul mio letto, massaggiandomi la testa silenziosamente, lasciandogli finire la sua.
Non lo sentii avvicinarsi, ma sentii le sue mani posarsi sulle mie tempie e chiedere alle mie spalle: -Posso?-.
La sua pelle tiepida, confrontata con la mia bollente, sembrava fredda e al contatto aprii subito gli occhi. Mi girai lentamente per guardarlo e mi volsi nuovamente: -Si…-, risposi sospirando.
Il contatto dei suoi polpastrelli freschi con la mia fronte era piacevole e Key aveva un tocco molto delicato. Sentii le palpebre pesanti, così chiusi nuovamente gli occhi, aspettando che i cerchi alla testa si placassero.
-Abbiamo l’aereo a mezzogiorno. Vuoi mangiare prima di partire?-, chiese con premura.
-Come vuoi, Key. Per me va bene tutto-, risposi tranquillamente.
Dopo pochi minuti sentii che uno dei cerchi cominciava ad allentarsi e mi alzai: -Grazie, Key. Va meglio adesso. Vado in bagno, tu finisci pure di prepararti con calma-, dissi sorridendo appena, mentre mi dirigevo nel bagno.
Aprii i rubinetti dell’acqua e mi sciacquai il viso più di una volta. In presenza di Key sentivo l’aria pesante e tesa e quella sensazione andava a urtare i miei nervi che fino ad allora con lui si erano sempre calmati.
Sapere che mi amava mi rendeva schiva nei suoi confronti e nervosa. Non riuscivo a non evitare i suoi sguardi o a sostenere i suoi occhi per molto tempo. Mi sembrava di fargli ancora più male e nello stesso tempo se lui stava male, anch’io non ero da meno, ora che sapevo cosa provava.
“Key… che cosa devo fare? Come devo comportarmi? Le premure che prima mi facevano piacere, adesso quasi m’infastidiscono, perché non so come comportarmi…”.
Richiusi i rubinetti e uscii. Quando aprii la porta non lo vidi in camera e distrattamente avanzai verso la porta d’uscita, quando mi sentii afferrare per un polso delicatamente. Sobbalzai e mi girai di scatto: -YHA! Hai intenzione di farmi morire d’infarto!?-, urlai.
-Non pensavo di essere così brutto!-, rispose divertito e per nulla toccato dalla mia reazione.
Sospirai profondamente e alzai gli occhi al cielo: -Che cos’hai?-, chiese avvicinandosi a me.
-Nulla-, mentii guardando a terra.
 Kibum mi alzò il viso e puntò i suoi occhi neri nei miei, spostandomi una ciocca di capelli da viso: -Bugiarda. Ti si legge in faccia che hai qualcosa che non va!-, disse sorridendo.
“Quanta pazienza hai con me, Key? Chi te lo fa fare a starmi dietro così?”, pensai guardandolo.
-Sono solo stanca-, continuai a mentire, cercando di fuggire hai suoi occhi.
-Di cosa? Di me?-, chiese trovando nuovamente i miei.
-Key… -cominciai, posando le mie mani sulle sue e togliendole dal mio viso- so che non dovrei sentirmi così, ma non ce la faccio. Forse sarebbe stato meglio che non mi avessi detto nulla ieri sera-.
-Non devi sentirti obbligata a provare qualcosa che non puoi. Te l’ho detto, a me basta la tua amicizia. Come prima… non pretendo nulla-, disse.
-Ma non può essere amicizia se dalla tua parte c’è amore, Key! Io non voglio farti del male, più di quanto non ne abbia già fatto inconsapevolmente!-, esclamai guardandolo.
Kibum abbassò gli occhi a terra, ferito dalle mie parole e quasi volli piangere, ma mi trattenni e cercai di allontanarmi. All’improvviso, però, Kibum mi afferrò nuovamente per un braccio e mi trasse a sé, avvicinandosi pericolosamente al mio viso con il suo. Spalancai gli occhi colta alla sprovvista e lo fissai per minuti che mi sembrarono interminabili, avendo un déjà-vù. Non era la prima volta che mi ritrovavo in una situazione del genere, ma nelle situazioni precedenti, nonostante odiassi la persona che avevo davanti, un angolo di me sperava sempre che continuasse il suo gioco crudele e affascinante.
In quel momento però ero spaventata. Non volevo che Kibum si avvicinasse ancora di più, perché sapevo già come sarebbe andata finire. Nei suoi occhi leggevo un tentativo estremo e cercai di allontanarlo, ma era inutile. Sembrava ipnotizzato dalle mie labbra.
-Key…-, sussurrai spingendo le mani contro il suo petto, ma non accennava a spostarsi.
Lo vidi rinsavire a poco a poco e allentare la presa. Mi guardò negli occhi e si allontanò di pochi passi, chinando il capo: -Scusa… non avrei dovuto…-.
-Kibum…-, sussurrai.
-Hai ragione tu, avrei dovuto restarmene in silenzio. In questo modo ho rovinato tutto…-, disse senza guardarmi.
Mi avvicinai, ancora un po’ frastornata, e gli alzai il viso: -Key… a me non dispiace la tua presenza nella mia vita. Non mi ha mai dato fastidio. Solo che non so come comportarmi con te, adesso. Anche ora vorrei darti un abbraccio, ma penso che se lo facessi, probabilmente tu potresti…-.
-Interpretarlo male?-, chiese sorridendo amaramente.
-Si…-, confermai.
-Per favore, fallo. Se potessi, tornerei a ieri sera e me ne rimarrei in silenzio, ma ti prego… fallo. Non voglio che tu ti allontani da me. Volevo che tu fossi felice, anche sapendo questa cosa… Non pensare a me. Se ti allontani farebbe solo più male, mentre se resti posso sempre avere con me la mia piccola sorellina-, disse sorridendo appena, mentre gli occhi gli si velavano di lacrime.
Sorrisi, sicura di quello che stava dicendo e mi rifugiai fra le sue braccia, tenendolo stretto. Assaporai il suo profumo e gli accarezzai la schiena, mentre sentivo stringermi a sua volta.
-Grazie-, sussurrò fra i miei capelli.
-Ti voglio bene Kibum-.
-Te ne voglio anch’io-.
 
Il viaggio di ritorno fu abbastanza stancante. Mi addormentai quasi subito e quando mi svegliai per chiedere dell’acqua all’hostess, trovai Key che dormiva placidamente sulla mia spalla, sorridendo nel sonno. Sembrava tranquillo e rilassato. Come se le mie rassicurazioni prima di partire avessero fatto subito effetto. L’osservai attentamente, spostandogli la lunga frangia che gli copriva la fronte: Kibum aveva il viso minuto e i lineamenti molto morbidi; gli occhi, piccoli e felini, erano molto diversi da quelli grandi ed espressivi di Hyun Joong; subito dopo seguiva una bocca a cuore da far invidia a chiunque e che chiunque avrebbe voluto baciare.
Chiesi all’hostess da bere e quando mi fui dissetata, diedi un altro rapido sguardo all’angelo che avevo accanto. Sorrisi dolcemente gli accarezzai la nuca senza svegliarlo, sicura che se l’avessi fatto quando fosse stato sveglio, mi avrebbe trucidato, troppo geloso dei suoi amatissimi capelli.
Posai la mia fronte sulla sua e continuai a dormire per il resto del viaggio.
Quando atterrammo, i controlli furono rapidi e subito uscimmo dall’aeroporto. Kibum mi riaccompagnò e mi aiutò a portare le valigie in casa gentilmente.
Non c’era nessuno, così ebbe il tempo di salutarlo con calma, senza mia madre a urlare come una pazza per averlo rivisto neanche fosse una teenager a un concerto k-pop e senza Jong a farmi il terzo grado.
Posammo le valigie nel salone e i nostri sguardi s’incontrarono.
-Casa dolce casa-, annunciai.
-Beh, adesso che sei sana e salva a casa posso anche andare-, sentenziò con un sorriso da diva.
Scrollai le spalle: -Se resti a mamma farà piacere vederti-.
-No, preferisco andare. La mia sarà in ansia e mi toccherà subirla per il ritardo che porto. Sai, ad essere pignolo non sono solo io in casa mia!-, rise di gusto e lo accompagnai.
-Grazie ancora, Key-, sorrisi avvicinandomi.
-Grazie a te per avermi donato un po’ del tuo tempo-, rispose.
Scoppiai a ridere e scossi la testa: -Donato? Con l’aiuto di quella spostata di mia madre sei riuscito a rapirmi per una settimana intera! Dovrei denunciarti!-.
-Pff… Per così poco? Ammettilo che ti sei divertita più di me a fare shopping frenato!-, esclamò.
-Non lo farò mai-, dissi scherzando e riducendo a fessure i miei occhi.
-Certo, certo. Ora vado, è tardi. Ci vediamo presto-, sorrise e mi scompigliò i capelli.
Lo accompagnai alla porta di casa e quando fu sull’uscio della porta, si chinò e mi schioccò un bacio su una guancia. Arrossii e chiesi ironica: -Non eri in ritardo?-.
-Kim Kibum non è mai in ritardo. Sono gli altri in anticipo, ricordalo bene-, disse con finta aria altezzosa e uscì dal cancello. Richiusi lentamente la porta di casa e lo guardai andare via dalla finestra.
“Non preoccuparti, Key. Il tuo segreto è al sicuro con me. Jong non saprà nulla…”, pensai sorridendo e salii in camera mia.



{Spazio Alue! :D}
Ciao tutti, ragazzi! Come avete trascorso il Natale? Spero bene! Mi sono presa una pausa per pubblicare questo nuovo capitolo, ma visto che oggi avevo un po' di tempo, vi ho fatto contenti! ^^ Scusate se ho fatto soffrire Kibum, ma tanto immaginavate tutti che sarebbe andata a finire cosìl, dato che la protagonista è già cotta di HYUn Joong da un bel pezzo :3 Non vogliatemi male T___T Lasciatemi un commentino e sostenete sia me, sia Feilin nella sezione SHINee! ^^ Grazie per essere passati e un bacio a tutti!
BUON FINE ANNO A TUTTI! 

 
  
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