Lo so, è passato qualche mese dall’ultima volta che ho aggiornato. Chiedo scusa, ma sono stata davvero molto impegnata e non sono riuscita a finire il capitolo prima. Per ricordarvi un po’ cos’è successo nei capitoli precedenti, vi faccio un mini riassunto.
Night
School
Chapter
Seven
Ashley
si
svegliò di scatto. Aprì gli occhi di colpo e
impiegò solo pochi secondi per
mettere a fuoco il soffitto della sua stanza. Si trovava a letto, stesa
a
pancia in su, con le coperte rimboccate fino alla base del collo e le
braccia
fuori. Una luce fioca filtrava dalla finestra illuminando appena la
stanza; ne dedusse
che doveva essere quasi l’alba. Si tastò la fronte
con una mano, quasi potesse
sentire i pensieri pulsare contro le tempie, e quell’unico
tocco bastò a far riaffiorare
nella sua mente i ricordi quasi assopiti. La notte precedente, il bagno
nel
lago con Allie, le voci che bisbigliavano nel bosco. Gabe. Katie. Gabe
e Katie.
Non indugiò oltre: scostò le coperte con uno
strattone e si alzò di slancio.
Indossò la tuta pesante della Cimmeria, allacciò
strette le scarpe da tennis e
afferrò l’iPod nascosto sotto il letto, uscendo
poi dalla stanza senza guardarsi
indietro. Marciò lungo il corridoio fino ad arrivare davanti
alla camera che
stava cercando, spalancò la porta senza bussare ed
entrò come una furia. Katie
si svegliò di soprassalto e si mise seduta sul letto prima
ancora di capire
cosa avesse disturbato il suo sonno.
«Cosa stavi
facendo ieri notte nel bosco?» chiese Ashley, la voce resa
gelida dalla rabbia.
«Ma sei
impazzita?!» esclamò Katie con voce stridula. Si
strofinò il viso assonnato e
poi lanciò uno sguardo rapido alla sveglia sul comodino.
«Ma lo sai che ore
sono? Cosa ci fai nella mia stanza?», si lamentò
stizzita.
«Non me ne
frega un cazzo di che ore sono. Voglio sapere cosa ci facevi ieri notte
nel
bosco», sussurrò Ashley, scandendo ogni singola
parola, mentre si avvicinava al
letto minacciosa.
Katie
assunse un’espressione sorpresa, poi spaventata quando
capì che Ashley l’aveva
vista con Gabe. Ma subito l’indignazione prese posto sul suo
viso. «Non sono
affari tuoi! E ora vattene! Esci dalla mia stanza».
L’altra
ragazza, per tutta risposta, si avvicinò ancora di
più e la afferrò con forza
per le spalle. Quando parlò, il suo tono fermo aveva un
sibilo minaccioso e
d’avvertimento al tempo stesso. «Non so cosa stessi
facendo là fuori con Gabe,
ma ti consiglio di stare attenta, Katie. E’ più
pericoloso di quanto immagini».
Detto questo, girò su se stessa e tornò sui suoi
passi, sbattendosi la porta
alle spalle e lasciandosi dietro una Katie insieme stupita e
terrorizzata.
Ashley
uscì
nell’aria fredda del mattino rabbrividendo. Sebbene fosse
febbraio e il sole
non era ancora sorto, era sicura che nei giorni precedenti non facesse così freddo.
Si tirò sulla testa il
cappuccio della felpa e infilò le cuffie dell’iPod
nelle orecchie, poi premette
il tasto “riproduzione casuale” e alzò
il volume al massimo. Si lanciò sul
vialetto d’ingresso della Cimmeria a passo di corsa e
cominciò a girare intorno
all’edificio, percorrendo il percorso ad anello che era
solita fare quando
decideva di fare jogging di primo mattino. Il cielo era una tela
sfumata, come
se il pittore avesse lasciato scivolare il pennello lungo il quadro
mescolando
tutti i colori. Le prime luci dell’alba tingevano
l’orizzonte di un rosa e
arancio così acceso che sembrava bruciare. Ashley, lo
sguardo perso in
lontananza, aveva la testa che vorticava di pensieri. Percepiva il
proprio
cuore battere forte all’interno della cassa toracica, mentre
una strana ansia e
agitazione si faceva strada dentro di lei. La corsa non aiutava. Era
sempre
stata l’unica cosa che le permetteva di sfogarsi, ma ora non
riusciva proprio a
calmarsi. Si costrinse a fermarsi e appoggiò la fronte
sudata contro il tronco
di un albero, come se cercasse di rallentare insieme al respiro,
l’incessante
martellare della sua mente che formulava idee. Non è che non
voleva credere che Katie fosse la spia,
ma proprio non poteva
crederci.
Insomma, sarà anche stata una stronza ricca e manipolatrice,
e i suoi genitori
erano sicuramente più dalla parte di Nathaniel che di
Lucinda, ma non riusciva
a pensare che Katie c’entrasse qualcosa con questa storia.
Sebbene avesse tutte
le credenziali per entrare a far parte della Night School, come Rachel,
Katie
aveva rifiutato più volte l’offerta sostenendo che
non faceva per lei. E di
certo Ashley non ce la vedeva per niente a sporcarsi le mani e
rischiare di
spezzarsi le unghie mentre faceva allenamenti assassini nel bosco.
Decisamente,
era impossibile credere che Katie avesse qualcosa a che fare con la
guerra di
potere di Nathaniel. Eppure, non era lei stessa che l’aveva
vista parlare con
Gabe la notte precedente? Che cosa voleva Gabe da Katie? E che diamine
stava
succedendo alla Cimmeria? Ashley non sapeva darsi una risposta e non
riconosceva più la scuola e le persone che aveva lasciato
qualche mese prima.
Tutto era cambiato. Tutti erano cambiati.
Fece un
respiro profondo che si trasformò subito in una nuvoletta di
fumo bianco e, con
fredda determinazione, si costrinse a rialzarsi e a riprendere la corsa
che
aveva interrotto. Non poteva dire a nessuno ciò che aveva
visto. Se Isabelle
avesse scoperto a cosa aveva assistito, anche Allie e Carter sarebbero
finiti
nei guai per essere usciti a quell’ora tarda. E se
l’avesse detto ad Allie,
avrebbe voluto uccidere Katie con le sue mani ed Ashley aveva invece
bisogno
che restasse viva abbastanza a lungo per cercare di capire che ruolo
avesse. Aveva
intenzione di andare a fondo alla questione. Qualsiasi cosa Gabe stesse
architettando non l’avrebbe passata liscia. Ed Ashley era
più risoluta che mai:
sarebbe riuscita a strappare fuori la verità dalla bocca di
Katie.
*
Quel giorno, con il naso gocciolante per il freddo preso dopo il bagno nel lago, Allie si ritrovò a fare colazione da sola. Nonostante fossero le otto di un sabato mattina, si era svegliata presto e il suo cervello si rifiutava categoricamente di rimettersi a dormire. Restia a rimanere ancora a letto a farsi prendere dall’ansia mentre fissava il muro della sua camera, decise che tanto valeva la pena alzarsi e andare a fare colazione. La sala da pranzo era quasi deserta, solo pochi tavoli erano occupati. Dal posto riservato agli insegnanti, Eloise le rivolse un’occhiata interrogativa, ma lei fece un gesto della mano per dire che stava bene. Ma non stava bene. Non c’era niente che andava bene. La sera prima, dopo il tuffo nel lago ghiacciato in compagnia di Ashley, Carter le aveva fatto una ramanzina lunga mezz’ora. Allie aveva capito appena l’aveva visto che era arrabbiato, ma non aveva idea che fosse così incazzato. Immerse lentamente il cucchiaio nella ciotola davanti a sé e rimase a fissare il suo porridge senza alcuna voglia di mandarlo giù. Appoggiò la testa contro il palmo della mano come se potesse impedire al mal di testa di diffondersi oltre, e intanto ripensava alla litigata avuta con Carter.
La
notte
precedente, per tutto il tragitto di ritorno a scuola, Carter non aveva
detto
una parola. Erano solo loro due e il silenzio del bosco; Ashley era
rimasta
indietro e Allie si soffermò un momento a preoccuparsi su
che fine avesse fatto,
ma poi pensò che Ashley era la più allenata di
tutti loro nella Night School e
se la sarebbe cavata egregiamente da sola. Del resto, per lei cose di
questo
genere, rientrare a scuola in segreto dopo una fuga notturna, erano la
normalità. Carter la condusse all’entrata
secondaria, dov’era meno probabile
che qualcuno li scoprisse. Di certo, non potevano entrare
nell’atrio come se
niente fosse dopo diverse ore che era scattato il coprifuoco. Zelazny
li
avrebbe uccisi volentieri con le sue stesse mani. E poi,
c’era da considerare
l'idea che le guardie di Raj potessero essere ovunque e saltare fuori
dal nulla
da un momento all’altro per il loro turno di ronda. Il
silenzio carico di
minaccia e tensione che Carter si era imposto, ad Allie
sembrò protrarsi in
eterno, eppure sapeva dal modo rigido in cui teneva le spalle, che era
fuori di
sé dalla rabbia e che stava cercando di fare del suo meglio
per controllarsi.
Infine, quando raggiunsero la porta sul retro, Carter non
riuscì più a
trattenersi.
«Dannazione,
Allie!» esclamò all’improvviso, tirando
un pugno serrato contro la pesante
porta di legno.
Allie
sussultò sorpresa. Aveva continuato a tacere così
a lungo, che ormai pensava
non avrebbe più detto niente. Invece, sembrava che a Carter
non importasse nulla
di farsi scoprire, perché la sua voce si levò
alta nella notte.
«Che cosa ti
sei messa in testa? Da quando fai tutto quello che ti dice
Ashley?»
Allie lo
guardò con tanto d’occhi. Sicuramente era la
rabbia a farlo parlare.
«Io non
faccio tutto quello che fa Ashley. Era solo un bagno innocente, non
vedo dove
sia il problema», replicò la ragazza sulla
difensiva.
«Qual è il
problema?» chiese Carter con una vena d’ironia.
«Il problema è che hai
incontrato Ashley da meno di un minuto e ti sei già fatta
condizionare da lei,
senza nemmeno conoscerla davvero».
«Ma che stai
dicendo?» domandò Allie stizzita. Ora cominciava
ad arrabbiarsi anche lei. Non
le piaceva il tono di accusa di Carter. «Io non mi faccio
influenzare da
nessuno. Non capisco perché ti arrabbi tanto!»
Fece un gesto frustrato con la
mano, ma Carter sembrò non farci nemmeno caso. I suoi occhi
mandavano
scintille.
«Mi incazzo
perché è pericoloso, Allie! Non capisci? Mi
preoccupo per te!» Carter fece un
passo verso di lei, il tono di voce freddo ed esasperato.
«C’è un pazzo
psicopatico, là fuori, che non aspetta altro che mettere le
mani su di te e tu,
al posto di stare al sicuro nella tua stanza, cosa fai? Te ne vai in
giro a
farti un bel bagno in un cazzo di lago gelato nel cuore della
notte!» Le sue
parole erano così dure e vere che la fecero sembrare
un’idiota senza cervello. «Che
cosa sarebbe successo se io non vi avessi tirato fuori di lì
e fosse arrivato
Gabe?»
Carter la
fissò dritto negli occhi in attesa di una risposta, ma Allie
non aveva una
risposta. Avrebbe voluto dirgli che non era al sicuro nemmeno nella sua
camera
per colpa di quella dannata spia. E che non sapeva cosa avrebbe fatto
se Gabe
si fosse presentato lì, ma non era successo. Un moto di
orgoglio dentro di lei,
le disse che era andato tutto bene e che ce l’avevano fatta
anche senza il suo
aiuto. Eppure quando glielo disse, il ragazzo sbuffò
spazientito. «Davvero, è
andato tutto bene. Non c’è bisogno di sclerare
così», insisté Allie.
«Questa
volta è andato tutto bene!», ribatté
lui, alzando il tono carico di rabbia. «Ma
la prossima volta, chi lo sa?» Carter appoggiò la
schiena contro la porta e si
passò una mano sulla fronte come per schiarirsi le idee. Poi
fece un respiro
profondo per calmarsi e continuò con voce più
bassa e normale di prima: «Ascolta,
Al, non voglio litigare con te, ma sono seriamente preoccupato. Ashley
è una
piantagrane di prima categoria. E’ abituata a fare quello che
vuole e se ne
frega degli altri. Si mette sempre nei guai e l’ultima cosa
di cui tu hai
bisogno è seguire il suo cattivo esempio». Carter
le sbatté in faccia quelle parole
con prepotenza, come se stesse parlando con una bambina piccola che non
capiva
la situazione. E questo fu la goccia che fece traboccare il vaso. Di
nuovo. Allie
era davvero troppo stanca che tutti le dicessero cosa fare o non fare,
di chi
fidarsi, di chi dubitare. Era stufa che criticassero lei e Ashley per
il loro
comportamento, quando anche altri violavano le stesse regole come se
niente
fosse. Non voleva sentirsi dire anche chi poteva frequentare o meno.
Era in
grado di scegliersi da sola le sue amicizie, e di certo non aveva
bisogno della
paternale di Carter. «E tu, invece? Anche tu sei un casinista
e finisci sempre
nei guai. Ma, ehi, se lo fa Carter West va tutto bene! Se, invece, per
una
volta, Allie infrange una regola è una tragedia
colossale!» Sapeva che stava
esagerando, e che stava mettendo in piedi una scenata inutile, ma non
poteva
fermarsi proprio ora. Era scoppiata senza più freni
inibitori. «Forse non hai
considerato che io con Ashley mi trovo bene e che, finalmente, ho
incontrato
qualcuno che mi capisce davvero. Anche se la conosco da poco,
è mia amica.
Quindi, grazie per il consiglio, ma non penso che questi siano affari
tuoi»,
sbottò Allie alla fine. Ma quando alzò lo sguardo
e incontrò gli occhi di
Carter, si accorse di essersi spinta troppo oltre e di aver fatto un
errore
madornale a prendersela con lui. Subito si pentì di essere
stata così dura, ma
ormai era troppo tardi. Un lampo d’incredulità
passò all’inizio sul viso di
Carter, ma presto scomparve sostituito da ciò che Allie si
era aspettata di
meno. L’espressione ferita con cui Carter la
guardò ebbe su di lei l’effetto di
un pugno nello stomaco. Le spezzò il respiro e in quel
momento capì che per
niente al mondo avrebbe voluto perdere Carter, o che lui la guardasse
ancora in
quel modo.
«Be’, scusa
tanto se mi prendo il disturbo di cercare di tenere in vita la mia ragazza».
Carter si voltò e aprì
la porta come una furia. «Solo, stai attenta a quello che
fai. Ashley non è la
persona che credi». Varcò la soglia con passo
spedito e sparì nel buio del
corridoio, lasciandola impalata davanti alla porta. Allie
chiamò più volte il
suo nome, ma il ragazzo non si guardò mai indietro.
Si sentì una stupida. Aveva rovinato tutto. Aveva mandato all’aria ogni cosa. Sapeva che avrebbe dovuto cercare Carter per sistemare le cose, eppure aveva paura che niente potesse tornare come prima. Aveva detto delle cose orribili e temeva che Carter non l’avrebbe mai perdonata. Ma doveva trovare il coraggio di affrontare la questione, perché non riusciva a immaginarsi una vita in cui Carter non facesse parte del suo mondo.
*
Ashley
rimase appostata fuori dalla biblioteca per
un’eternità, tanto che le sembrò
fossero passate delle ore. In realtà, era lì solo
da mezzora. Appoggiata contro
la parte di legno di quercia in corridoio, con le braccia incrociate
sul petto,
canticchiava nella sua mente e aspettava. Poco prima aveva visto Katie
entrare
in biblioteca e, visto che non poteva entrare lì e fare una
scenata di fronte a
tutti, aveva deciso di seguirla e sorprenderla quando era da sola.
Passarono
altri interminabili minuti, durante i quali Ashley osservò
il lento viavai di
studenti che si spostavano pigramente dalla biblioteca alla sala
comune.
Finalmente, intravide mescolata tra la folla una massa di capelli ricci
rosso
fuoco che poteva appartenere a una sola persona. Scivolò
velocemente in una
nicchia nella parete, proprio mentre Katie le passava davanti
incurante. Lasciò
che qualche studente e diversi metri si frappose tra di loro, poi
sgusciò fuori
dal suo nascondiglio come se niente fosse. Una studentessa del primo
anno le
lanciò un’occhiata incredula, come se per magia
fosse comparsa in mezzo al
corridoio all’improvviso. Ashley le rivolse un sorriso
amabile, prima di
tornare a concentrarsi sul suo obiettivo. Katie aveva imboccato le
scale per il
dormitorio femminile.
Meglio così.
A quest’ora ci sarà meno gente,
pensò Ashley, salendo a sua volta ai piani superiori.
Imboccò lo
stretto passaggio del dormitorio femminile. Su ogni lato c'era una fila
di
identiche porte bianche. Se Ashley allargava le braccia, poteva toccare
le due
pareti con entrambe le mani. C’era un solo problema. Il
corridoio era
completamente vuoto.
Merda.
Si era
distanziata troppo da Katie per non farsi scoprire e l’aveva
persa di vista.
Per lei che era un’esperta della Night School, era proprio un
errore da
dilettante.
Con tutto quello sta
accadendo in questi
giorni, non so proprio dove ho la testa, pensò
amaramente la ragazza.
All’improvviso,
una porta si spalancò e Katie ne uscì in tutta
fretta. Ashley s’immobilizzò in
mezzo al corridoio, senza alcun posto in cui nascondersi. Decise di
rimanere
semplicemente ferma, ogni movimento poteva attirare
l’attenzione. Ma Katie non
la degnò nemmeno di uno sguardo, occupata com’era
a sibilare furiosamente
qualcosa nel cellulare che teneva incastrato tra la spalla e
l’orecchio. Aveva
le braccia cariche di vestiti. Con una certa fatica, aprì
un’altra porta e poi
la richiuse dietro di sé con un piede. Ashley sapeva
benissimo che stanza era
quella. Raggiunse l’entrata del bagno con poche falcate.
Bingo.
Socchiuse
piano la porta, ma quella non fece alcun rumore. Trovò Katie
davanti a uno
degli specchi, con le mani appoggiate sul bordo del lavandino e la
testa china
in avanti. I capelli le ricadevano sul viso coprendone il riflesso.
Aveva
chiuso la comunicazione e il cellulare giaceva ora abbandonato accanto
al
sapone.
«Con chi
stavi parlando?» chiese Ashley, con tono fintamente
interessato. Aveva una
spalla appoggiata allo stipite della porta ancora aperta e le gambe
incrociate
di lato, in una posa insieme comoda e noncurante. I suoi occhi
però scrutavano
Katie senza perdersi neanche un dettaglio.
La rossa si
girò di scatto spaventata. «Dio, Ashley! Cosa sei
una bambina?!», chiese
stizzita per nascondere l’ansia che le era presa, e
sicuramente anche
l’espressione preoccupata che aveva in viso.
«Paura, eh?»
commentò Ashley, socchiudendo gli occhi e scostandosi dalla
parete. «Volevo
proprio fare due chiacchiere con te». Si chiuse la porta alle
spalle.
Katie fece
un sospiro impaziente. «Ho di meglio da fare ora, che parlare
con te», disse
sprezzante. Raccolse il telefono e fece per dirigersi verso la porta ma
Ashley
le si parò davanti. «Oh, io invece credo che tu
abbia del tempo a disposizione.
A meno che tu non voglia che Isabelle venga a sapere che ti ho vista
nel bosco
con Gabe».
«Se avessi
voluto, gliel’avresti già detto»,
ribatté Katie spavalda. Ashley poté comunque
notare la scia di paura e incertezza nei suoi occhi e nel modo in cui
le
tremavano le mani appoggiate ai fianchi, in una posa da dura.
«Già, il
punto è che io non voglio che Isabelle lo sappia».
Katie le
lanciò un’occhiata incuriosita. «E
perché no? Fare la lecchina non è il tuo
hobby preferito?» chiese la ragazza sospettosa.
«Non stavolta.
Se lei lo scoprisse, s’incazzerebbe, metterebbe tutti in
punizione e non
sarebbe di nessun aiuto». Ashley alzò gli occhi al
cielo. «Io, invece, voglio
scoprire una cosa».
«E’ tutto
molto interessante, ma non vedo come io ti possa aiutare».
Katie inarcò un
sopracciglio che incorniciava perfettamente il suo visino impertinente.
«Questa è la
parte meno divertente. Tu sei l’unica che può
rispondere alla mia domanda»,
Ashley scosse la testa esasperata. «Ti pare che sarei qui a
perdere tempo a
parlare con te, se non mi servissi?»
«Ok, dimmi
cosa vuoi sapere e poi finiamola qui. Ne ho abbastanza di questa
farsa»,
esclamò l’altra.
«Voglio
sapere di cosa stavi parlando con Gabe e come ha fatto a mettersi in
contatto
con te», annunciò Ashley, incrociando le braccia.
Stavolta, l’avrebbe fatta
confessare con ogni mezzo.
Katie fece
una smorfia incredula, ma i brividi che la percorsero da capo a piedi
non
sfuggirono all’altra ragazza. «Col cavolo che te lo
dico. Ora, se vuoi
scusarmi…» Fece per sorpassare Ashley, ma quella
si mosse con agilità di lato,
bloccandole di nuovo la via d’uscita. In quel momento, la
porta del bagno si
spalancò e la stessa ragazzina di prima
s’inchiodò sull’entrata, spostando lo
sguardo dall’una all’altra.
«No. Fuori»,
esclamò Ashley, puntando un dito verso il corridoio. La
bambina,
riconoscendola, le rivolse un’occhiata terrorizzata e poi
scappò via lasciando
sbattere la porta.
Bene, ora
potrà andare a dire a tutte le sue
amichette che c’è un alieno nella scuola.
La ragazza
tornò a concentrarsi su Katie, che aspettava con le braccia
incrociate e l’aria
di chi vorrebbe essere ovunque tranne che lì.
«Stavamo dicendo?»
«Non stavamo
dicendo un bel niente. Spostati».
Ashley la
fissò dritta negli occhi e fece un passo verso di lei.
«No». Senza volerlo,
Katie indietreggiò. Quando si rese conto di quello che stava
facendo, assunse
un’espressione da dura che non le si addiceva affatto. La sua
smorfia di timore
era come un libro aperto sulla sua faccia. Fece un respiro tremante e
provò di
nuovo a oltrepassarla, ma quando vide che Ashley continuava a fissarla
senza
dar segno di muoversi, esplose. «Non posso dirti niente, non
lo capisci?! Se lui
venisse a sapere che ne abbiamo parlato, mi ucciderebbe!»
Lasciò cadere le
difese tutte in una volta tanto che Ashley, all’inizio, si
sorprese e pensò che
stesse recitando. Invece, si rese conto che Katie era davvero sconvolta.
«Di chi stai
parlando? Chi ti ucciderebbe?»
«Gabe! E chi
se no?!» Ora Katie sembrava isterica. Ci mancava solo che
cominciasse a
strapparsi ciocche di capelli con le mani ed era pronta per
l’ospedale
psichiatrico. Tremava visibilmente e il suo viso era un misto di
terrore e
disperazione.
«No, Katie.
Ti posso assicurare che Gabe non ti farà niente. Non
lascerò che ti accada
qualcosa, ma devi dirmi che sta succedendo». Ashley fece un
passo verso di lei,
parlò con quanta più calma avesse in corpo per
non spaventarla oltre. «Non
posso aiutarti se non so come stanno le cose».
Katie fece
un bel respiro per calmarsi e si nascose il viso tra le mani. Dopo un
attimo di
pausa, disse: «Ok, dimmi cosa vuoi sapere».
Sembrava così sconfitta che perfino
ad Ashley faceva pena. Non era certo la sua migliore amica, ma non
aveva mai
visto Katie Gilmore ridotta in quelle condizioni. E se c’era
qualcuno che non
si faceva mai abbattere e sconvolgere da niente, quella era proprio
Katie.
«Parti
dall’inizio». La ragazza le rivolse
un’occhiata comprensiva.
Katie le
raccontò che qualche settimana prima Gabe si era messo in
contatto con lei. Non
che lei ci avesse parlato molte volte. Semplicemente, aveva trovato una
lettera
finemente scritta su carta da invito, in cui Gabe richiedeva la sua
collaborazione. I genitori di Katie, infatti, oltre ad essere membri
del
Consiglio della Cimmeria, erano anche dalla parte di Nathaniel e
speravano che
la figlia facesse altrettanto. Ciò che Gabe voleva da lei
era che cercasse di
coinvolgere altri studenti, figli di membri del Consiglio, per cercare
di
convincere anche i loro genitori ad allearsi con Nathaniel. Quello che
però
nessuno aveva considerato, era che Katie non stava dalla parte di
Nathaniel e
non aveva alcuna intenzione di aver qualcosa a che fare con quella
storia.
«E’ quello
che ho detto a Gabe ieri sera. Che non ho intenzione di
aiutarlo», concluse
Katie.
«E lui come
ha reagito?»
«Non ne era
per niente contento. Mi ha minacciato», ammise infine.
«Immagino che tu abbia
notato che non stavamo esattamente prendendo il tè come
buoni amici. A
proposito dov’eri nascosta?»
«Dietro al
cespuglio», confessò Ashley. «Dimmi
ancora una cosa. Chi ti consegnava le
lettere e come facevi a rispondere?»
«Non
rispondevo. Gabe mi ha detto di non farlo. Trovavo le lettere sempre
sulla mia
scrivania», Katie alzò le spalle come se non
potesse farci niente. «Credo che
fosse la spia nella Night School che me le consegnava, anche se non ho
idea di
chi possa essere. Non l’ho mai visto e credimi ci ho anche
provato a coglierlo
in flagrante».
«Non ne
dubito», commentò Ashley, guardandola in modo
strano. «Toglimi un’altra curiosità.
Quante volte hai incontrato Gabe?»
«Solo due»,
rispose lei. «Ieri sera e qualche settimana fa. La notte in
cui ci fu la cena
della Vigilia di Natale e Sylvain era appena stato aggredito, ricordi?
Non so
perché Gabe abbia voluto vedermi quella notte e non mi
avesse inviato un’altra
lettera e basta. Forse la spia in quel momento non poteva».
«Forse
perché era alla cena di Natale e non poteva
mancare». Le due ragazze si
scambiarono un’occhiata complice.
«Forse sì».
«Comunque
sia, non ti devi preoccupare. Farò il possibile per
risolvere questa storia».
Le diede una pacca sul braccio, dimentica del fatto che loro due non
erano mai
state in buoni rapporti. «Se Gabe dovesse mettersi ancora in
contatto con te,
fammelo sapere. Ci penso io a mandarlo a cagare».
Katie si
concesse addirittura un sorriso. Sembrava molto più
sollevata ora. E
l’espressione grata che rivolse per ringraziarla, convinse
Ashley che non c’era
bisogno di preoccuparsi. Katie stava bene.
Il sole
aveva già iniziato a calare fuori dalla finestra quando
finalmente Allie trovò
Carter. Era seduto da solo a un tavolo in mogano della biblioteca,
immerso nel
silenzio mentre studiava. Allie avrebbe voluto rimanere lì a
fissarlo per ore,
godersi la visione delle sue lunghe ciglia che sbattevano a intervalli
regolari
e la sua mano che si muoveva sinuosa mentre scriveva. Invece, fece un
respiro
profondo e si costrinse a fare qualche passo avanti verso di lui. Era
così
concentrato sui suoi compiti che non alzò lo sguardo
finché lei non gli si parò
davanti.
«Pensavo che
potessimo parlare», annunciò Allie, un
po’ incerta e speranzosa insieme.
Se Carter
credeva che avesse fatto male a pensarla così, non lo disse.
Appoggiò la schiena
contro lo schienale della sedia con un sospiro, la penna dimenticata
tra le
lunghe dita e gli occhi fissò sul suo saggio. Almeno si
costrinse a fermarsi e
ascoltare.
Che ti aspettavi, Allie?
Che saltasse dalla
gioia appena ti avesse visto?, si
chiese in modo sarcastico.
La ragazza
scostò titubante la sedia di fronte a lui e si sedette
appoggiando i palmi
delle mani sudate sul piano lucido.
«Credo
proprio di doverti delle scuse», cominciò
sbirciandolo appena da sotto le
ciglia. «Mi sono comportata da completa idiota, ieri
sera». Carter fece una
smorfia come per dire che sì, era un’idiota.
«E mi dispiace, Carter. Mi
dispiace così tanto. Ti ho detto delle cose orribili che non
meritavi e che non
pensavo realmente, devi credermi…»
Il ragazzo
non sollevò nemmeno lo sguardo. «Lo pensavi
davvero, invece», replicò. La sua
voce triste aveva una nota di accusa.
«No, io…»
«Lascia
perdere, Allie. Non cercare di giustificarti con me». Carter
aveva smesso di
giocherellare con la penna, ora la guardava dritta negli occhi grigi.
«Lo
capisco, ok? Hai passato un periodo orribile. Mi rendo conto di quanto
tuo
fratello ti abbia ferita quando se n’è andato. So
cosa provi. Ci sono passato
anch’io, ricordi? So quanto ci si può sentire
tristi nel perdere qualcuno che
si ama. Provo le stesse cose, ok? Mi sento solo; è da quando
i miei genitori
sono morti che mi sento solo e..» Sembrò fare uno
sforzo immenso nel
pronunciare quelle parole. Allie sapeva quanto fosse difficile per lui
parlare
dei suoi e ammettere quanto gli mancavano. Ma lui si costrinse a
continuare. «So
che ne ho combinate di cotte e crude in passato e forse dovrei essere
l’ultima
persona che può permettersi di parlare. Anche Isabelle mi
darebbe ragione su
questo», Carter si lasciò sfuggire un breve
sorrisetto triste ma subito lo
represse. «Ma conosco Ashley meglio di te, so come fa. Ha
quel modo intrigante
e affascinante che fa sembrare tutto una buona idea; credimi quanto ti
dico che
lo so, perché ci sono passato anch’io. Ma non
è sempre così, è pericoloso e
Ashley…» Diede una scrollata di spalle come se non
sapesse nemmeno lui come
definirla. «Lei.. è fuori controllo. Nessuno
riesce a gestirla. Non sa cosa
vuol dire la parola “rischioso”, lei fa la prima
cosa che le passa per la testa
senza pensare alle conseguenze. E Isabelle gliel’ha sempre
lasciato fare».
Dopo un
attimo di pausa continuò: «Ma per te è
diverso. Nathaniel è una costante
minaccia per te e io ho paura». Ora Carter sembrava
esasperato e addolorato
insieme, i suoi occhi brillavano di una qualche luce bellissima. Con le
guance
arrossate per la concentrazione, la fissava con una tale
intensità che il suo
sguardo bruciante poteva quasi scottarle la pelle. Allie lo osservava
assorta,
senza aprir bocca o perdersi anche una sola parola. La sua gola si era
seccata
così tanto che forse, anche se ci avesse provato, non poteva
comunque parlare. «Ho
una dannata paura che ti possa succedere qualcosa, che a volte mi
sembra di
impazzire. E uscire da sole con il buio è stata
un’idea davvero stupida e mi
hai spaventato a morte. Quando mi sono accorto che non eri nella tua
stanza e
che potevi essere ovunque, che potevi essere sparita senza che qualcuno
se ne
accorgesse, magari rapita, io…» Carter
appoggiò i gomiti sulla scrivania e si
coprì il volto con le mani. Fece scorrere i ciuffi di
capelli tra le dita e poi
tornò a guardarla con un’espressione dolce e
triste insieme. «Al, mi dispiace
per la scenata che ti ho fatto ieri sera e di aver litigato con te, ci
ho
pensato tutta la notte. Ma di fronte anche alla più piccola
eventualità di
poterti perdere, io esco di testa».
Ora Allie
aveva anche le lacrime agli occhi. Possibile che fosse stata
così egoista da
non rendersi conto dei sentimenti che Carter provava? Era stata
così stupida da
pensare solo a sé in una situazione come questa? Anche
Carter aveva perso delle
persone importanti nella sua vita, eppure non andava in giro ad
accusare la
gente di non riuscire a capirlo. Lui era solo al mondo e non una volta
l’aveva
sentito lamentarsi di questo. Lei, in confronto, sembrava una bambina
viziata
che si cacciava nei
guai apposta per far
arrabbiare i grandi, e si odiò per questo. Aveva ferito i
sentimenti di Carter
e si sentiva più stupida che mai.
Quando
finalmente aprì bocca per parlare, non riuscì
più a sostenere il suo sguardo. «Non
sei tu a doverti scusare. Sono io quella che ha sbagliato. Sono io
l’idiota che
era troppo concentrata su se stessa per pensare alle conseguenze e agli
altri.
Mi dispiace così tanto, Carter». Avrebbe voluto
smettere di tormentarsi le mani
ma proprio non ci riusciva. Alzò lo sguardo verso di lui. Se
doveva trovare un
modo per farsi perdonare, almeno l’avrebbe fatto guardandolo
negli occhi. Si
sarebbe impegnata per dimostrargli quanto era davvero dispiaciuta, per
indurlo
a credere di nuovo in lei. «Non ti ferirei mai
intenzionalmente, lo sai. E’
solo che… non stavo pensando. Ho agito d’istinto
come una stupida e non avrei
mai dovuto assecondare Ashley. Non avrei mai dovuto dirti quelle cose,
sono
stata orribile. E ora sembro una lagna che si strugge per le sue
colpe».
«No continua
pure, mi diverte vederti così. Fa parte della tua
punizione», le disse Carter
con un sorriso.
Allie
sorrise a sua volta e allungò timidamente il braccio verso
di lui. Il ragazzo
le prese la mano e la strinse nella sua. Quando le loro dita si
toccarono,
entrambi sentirono dei piacevoli brividi risalire lungo il braccio,
come se si
toccassero per la prima volta. Quella sensazione ricordò a
entrambi i motivi
per cui stavano insieme.
«Quando
Lucinda è venuta qui, ieri pomeriggio, per dirmi che avrebbe
accettato di
aiutarci, mi ha dato un avvertimento. Mi ha detto di stare alla larga
da Ashley
e io, non so cosa volevo dimostrare, ma è ciò che
mi ha convinto a fare quella
cosa con lei. E anche quando mi hai detto di stare lontana da Ashley,
ieri
sera, io mi sono arrabbiata. Non voglio sentirmi dire con chi posso
uscire o di
chi posso essere amica, vorrei scegliere da sola le persone di cui
fidarmi. Ma
a quanto pare non so fare neanche questo, perché finisco
sempre nei casini».
«Penso che
siamo tutti un po’ esauriti da questa storia della spia e che
ci renda nervosi
e sospettosi. Ma hai ragione, dovresti imparare a decidere di chi
fidarti da
sola. E non avrei dovuto gridarti addosso in quel modo e importi di non
vedere
Ashley. Voglio solo che tu sia al sicuro e che stai attenta a
ciò che potrebbe
metterti in pericolo», disse Carter. Le sue dita intrecciate
a quelle di Allie
erano fredde al tatto.
«No, hai
ragione. Forse avevo solo bisogno di un indirizzamento. Vorrei che il
dottor
West mi consigliasse più spesso su ciò che
è giusto o no», suggerì timidamente.
«Il dottor
West è sua disposizione quando vuole, Miss
Sheridan», replicò lui con un
sorriso. «E parte del trattamento prevede anche che sia
necessario uno
sbaciucchiamento rappacificatore», le lasciò
un’occhiata maliziosa. Allie
sorrise ma non si mosse. «Potrai mai perdonarmi?»
«Comincia a
portare qui le chiappe, e poi vedremo». Carter la tenne per
mano mentre faceva
il giro del tavolo e si sedeva sulle sue gambe. La vicinanza dei loro
corpi era
la medicina più efficace di cui ora entrambi avevano
bisogno. Quando Carter la
baciò, Allie giurò a se stessa che non
l’avrebbe più lasciato andare. Che non
avrebbe più combinato o fatto niente che potesse mettere a
rischio il loro
rapporto. Desiderava davvero riuscire a mantenere quella promessa.
«Sai,
comincio ad odiare sul serio Raj; mi rifila sempre il turno di notte
quando fa
un freddo cane», esclamò Ashley stringendosi nel
cappotto nero, che non la
stava riscaldando affatto.
«Ci vogliono
continuamente attenti e vigili, però non ho ancora capito
perché non se le
fanno loro queste stupide ronde», concordò Allie
tremando nell’aria gelida
della sera.
«Ma ce li
vedi, Isabelle e Zelazny che passeggiano al chiaro di luna tenendosi
per mano,
rivelandosi chissà quali segreti e cercando spie nascoste
dietro gli abeti?»
«Bleah, ti
prego. Ho appena mangiato!» commentò scandalizzata
Allie. Scosse la mano
davanti a sé come per scacciare quella disgustosa immagine.
Era,
probabilmente, già passata la mezzanotte e loro stavano
gironzolando da almeno
un’ora, pattugliando il campus per la Night School. Entrambe
stufe di girare in
tondo come due sceme, decisero di deviare di poco il percorso,
addentrandosi
ancora di più tra gli alberi. Qui, a parte le loro voci,
regnava il silenzio;
solo ogni tanto si sentiva il lieve spostamento di foglie causato da
qualche
animale, messo in agitazione dal loro passaggio. Oltre a questo, niente
di
interessante da riportare. Nessuna spia in circolazione, nessuna
effrazione nel
giardino della scuola. Niente Gabe o Nathaniel. Niente Christopher.
Ashley
preferiva non pensarci e si concentrò quindi su Allie.
«Allora,
dimmi. Come va con Carter?» chiese infrangendo il silenzio
della notte. La sua
voce fu come lo sparo di un colpo di cannone in mare aperto.
«So che si è
arrabbiato, ieri sera».
«Arrabbiato
è un eufemismo. Direi piuttosto che era infuriato. Ma
è colpa mia, ho detto
cose che non avrei dovuto e…», Allie
sospirò, «…ho solo peggiorato le
cose».
«Mi dispiace
che Carter se la sia presa con te. In fondo, è stata una mia
idea quella del
lago e so che lui non è esattamente un mio fan quando si
tratta di te», Ashley
le scoccò un’occhiata indecifrabile.
«Oh, lascia
perdere. Abbiamo parlato a lungo anche di quello e alla fine ci siamo
chiariti».
«Mi fa
piacere. Ti prometto che per un po’ eviterò di
farmi venire altre idee folli.
Dovremo stare più attente d’ora in
poi..» La frase di Ashley era quasi un
sussurro ed Allie fece fatica a sentirla. Avrebbe voluto chiederle a
cosa era
dovuto quel cambiamento, ma non ne ebbe il tempo. Accadde tutto in un
istante.
Il rumore di passi che si allontanavano frettolosamente, le voci che si
levarono alte nella notte, il cielo che si capovolse sopra di lei. Un
secondo
prima stava camminando al fianco di Ashley e quello dopo si
ritrovò stesa per
terra. Si girò con fatica a vedere in che cosa era
inciampata e notò Ashley,
immobile sul posto, che confusa cercava ancora di capire cosa fosse
successo. Videro
il corpo nello stesso momento. Una figura era accasciata per terra,
priva di
sensi.
«Oh mio Dio»,
Ashley si riprese dallo shock, si abbassò e
rigirò delicatamente la ragazza per
vederla in faccia. Allie si avvicinò abbastanza per
riconoscere il viso di
Katie Gilmore pallido come un lenzuolo, gli occhi chiusi. Sembrava non
esserci
più alcuna vita in lei, eppure intorno a lei non
c’erano tracce di sangue.
Ashley incontrò il suo sguardo, e Allie poté
vedere lo stesso orrore che
provava riflesso negli occhi terrorizzati della ragazza.
Pochi
istanti dopo, Allie stava già correndo a scuola a chiamare
aiuto. Ashley
appoggiò due dita sulla gola di Katie per sentirne il
battito. La ragazza era
ancora viva e dall’assenza di evidenti ferite esterne, ne
dedusse che fosse
solo svenuta. Qualcuno l’aveva colpita. Il bernoccolo che si
stava formando
sulla sua testa ne era una prova lampante.
Porca puttana. Ed io che
le avevo detto di
stare tranquilla.
Ashley
desiderò sapere chi fosse stato, anche se aveva
già una mezza idea. Decise su
due piedi. Si alzò di scatto, scavalcò Katie con
un passo e corse nella
direzione da cui, poco prima, aveva sentito provenire le voci. Non
dovevano
essere lontani, questa volta li avrebbe presi.
Ma quando
raggiunse la radura da cui arrivavano quegli strani rumori,
capì che non importava
quanto lei fosse forte e menefreghista. Quanto si sentisse superiore
agli
altri. Comprese che la fiducia e la lealtà erano sentimenti
così importanti di
cui neanche lei poteva fare a meno, e che se infranti potevano avere
delle
conseguenze disastrose sullo stato d’animo delle persone.
Comprese solo in quel
momento come doveva sentirsi Isabelle ogni volta che lei infrangeva una
promessa fatta. Ashley aveva voluto credere in lui così
tanto, si era fidata di
lui più di chiunque altro e, proprio per questo, era
l’unico che poteva ferirla
nel profondo. Che poteva distruggere tutte le sue speranze. Niente
poteva
prepararla alla scena che le si parò davanti.
«Cosa pensi
che succederà quando tutti scopriranno che sono io la
spia?!» La voce
familiare. Il marcato accento francese. Li riconobbe
all’istante, ma niente le
spezzò il respiro quanto la vista della persona che aveva
parlato. Sotto la
luce della luna, le due figure brillavano come sabbia al sole. Quando i
due
ragazzi si girarono a guardarla, le sembrò di ricevere un
calcio nello stomaco.
Gabe. E Sylvain.
Ma che diavolo..?
«Ma cosa… Sylvain?»
Sylvain
è la spia della Night School?!
To be continued...
Ok, calma calma. Ci tengo a precisare, prima che qualcuno si faccia prendere dall'ansia (fan di Sylvain dico a voi), che Sylvain NON è la spia di Nathaniel. O almeno, per quanto ne sappiamo ora (siamo arrivati alla pubblicazione del secondo romanzo in Italia), potrebbe anche esserlo. Detto questo, io non credo che sia lui la spia, anzi sospetto di qualcun altro, ma dato che non posso dire chi è per via dello spoiler, ho pensato di fare di Sylvain la mia spia. Era un'idea che mi elettrizzava. Lo ammetto all'inizio ho pensato che fosse davvero lui ahahah. Per il resto godetevi la storia senza prenderla troppo seriamente, è pur sempre una fanfiction di mia invenzione. :)
Passiamo a fare un po' di pubblicità. Per chi volesse leggere l'altra storia che ho appena pubblicato su Jo, questo è il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2357648&i=1 . Ma occhio allo spoiler!
Per chi invece è un fan della saga ed è in cerca di qualche curiosità, passate a dare un'occhiata al blog apposta da me creato http://nightschoolitalia.blogfree.net/ ;) .
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piaciuto.