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Autore: Dicembre    24/05/2008    3 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo Tre

- Appesa ad un filo -






L’abito che trovò sul suo letto era morbido e caldo. Nero si spogliò e si rivestì in fretta, impaziente di tornare da Forgia. Avvolto, però, da abiti asciutti e nuovi fu pervaso da un senso di calore che lo fece sorridere per un attimo. Lasciò le armi in camera e con loro Cleto che s’era appoggiato sulla tastiera del letto e sembrava non dare segno di volersi muovere. Nero lo guardò un attimo, poi decise che il tempo per interrogare il suo amico pennuto sarebbe arrivato più tardi.

La stanza dove si trovavano Lord Thurlow e Forgia era diventata torrida, l’uomo biondo s’era spogliato della tunica ed era rimasto solo con indosso una veste leggera, lo stesso Nero appena entrato si liberò della sopraveste.

Forgia invece, tremava di freddo.

“Ho dovuto ravvivare il fuoco perché il vostro amico soffre molto di freddo, nonostante sia bollente. Ha la febbre altissima e ormai è privo di coscienza da diverso tempo”

Nero annuì e si avvicinò al letto dell’amico “Ditemi come posso esservi d’aiuto”
“Prendete quelli” disse Lord Aaron indicando una pila di stracci” sostituirteli a quelli con cui ho avvolto Forgia. Suda così tanto che quelli di poco tempo fa sono già zuppi” e così dicendo si diresse verso una parete piena di barattoli e boccette.

Nero fece come gli era stato detto e prese ad avvolgere l’amico di nuova stoffa “Non mi può sentire, non è vero?”

“Purtroppo no, ma dovremo cercare di riportarlo in sé. Quello che dovrà affrontare ora richiederà tutta la sua lucidità e la sua forza” Aaron prese un barattolo pieno di una polvere grigia e l’appoggiò sul tavolo vicino al letto.

“Lucidità?”

“Dovremo riaprire la ferita, incidendogliela. Sarà un dolore insopportabile, ma dovrà rimanere sveglio, altrimenti non capirò se sto seguendo il corso della ferita oppure gliene sto facendo una nuova”

Nero annuì “e poi lo medicherete con quella?” disse indicando la polvere che Aaron aveva appena preso

“Sì, è una mistura composta per la maggior parte, di funghi e lieviti, mischiata con acqua crea una pasta di odore sgradevole, ma di sicuro è l’unica sostanza che può salvare Forgia. Poi dovrà berla, in quantità…”spiegò mentre già stava preparando la mistura.

“Mi sto fidando di voi perché non ho nessun altra alternativa…”
”Non prometto la guarigione”
”E questo mi fa confidare sul fatto che non siate un ciarlatano. Farò quello che mi chiedete e tutto ciò che è necessario, ma rispondete prima ad una mia domanda.” Aaron annuì. “Come mai Cleto è venuto qui? Doveva conoscere questo posto precedentemente, ma non vedo come questo sia possibile. Cleto è da sempre vissuto ed andato dove sono vissuto ed andato io, e queste terre mi sono sconosciute. Non mentitemi, perché sapete che facilmente potrò sapere la verità”

Lord Aaron abbassò lo sguardo e sospirò, esitando un attimo. Poi si prese i capelli fra le mani e li sollevò, girandosi leggermente in maniera tale che il suo interlocutore potesse vedere una piccola macchiolina nascosta sulla nuca. Un osservatore disattento l’avrebbe potuta scambiare per un neo, ma il significato di quella macchia non sfuggì invece a Nero, che spalancò gli occhi sbalordito. Lord Aaron lasciò liberi i propri capelli che ricaddero pesantemente sulle sue spalle, distribuendosi come fili d’oro su tutta la schiena e coprendo quel che aveva appena mostrato. Guardò il Nero, per capire che cosa pensasse in quel momento e il cavaliere lo guardò in volto.

Per la prima volta i loro occhi s’incrociarono e per un attimo fu come se tutto, intorno a loro, si fermasse. Persi in uno sguardo, si ritrovarono avvolti in un mondo senza tempo. Rimasero fermi ad osservare ciò che mai avevano visto prima, incapaci di muoversi o parlare. Un gemito di Forgia interruppe questo dialogo muto, e con un sussulto, entrambi ripresero a respirare non sapendo dire da quanto stessero trattenendo il respiro.

“Forgia” disse Lord Aaron all’orecchio del malato “Mi puoi sentire? Devi svegliarti!” e così dicendo gli diede una piccola sberla in viso. L’uomo aprì gli occhi, ma non era cosciente “Forgia, mi devi ascoltare. Devi cercare di svegliarti, ho bisogno che ti svegli per curarti”

Non osava scuoterlo per le spalle, sapendo che questo gli avrebbe causato dolore. Visto che quindi, i metodi più semplici parevano essere completamente inefficaci, Lord Aaron prese una boccetta con del liquido bluastro al suo interno. Ne versò un po’ su uno straccio che poi mise sotto il naso di Forgia. Immediatamente, quasi fosse posseduto, il cavaliere spalancò gli occhi e cercò di mettersi a sedere. “Basta” disse sbiascicando.

“Di sicuro non è stato piacevole, e probabilmente un po’ drastico, ma non avevamo altra soluzione” si giustificò col Nero, poi si rivolse nuovamente a Forgia “Mi senti?”
Questi annuì debolmente, guardando l’uomo davanti ai suoi occhi confuso. Con la mente offuscata dalla febbre, Forgia cercò di muoversi, in preda all’agitazione, non capendo dove fosse o cosa quell’uomo volesse fargli. Sentiva un dolore acutissimo alle narici e alla spalla, ma non si ricordava come mai fosse lì, né tanto meno il perché del dolore.

“Forgia, devi calmarti” gli disse Nero, prendendogli il volto fra le mani e assicurandosi che Forgia lo vedesse “Siamo qui per curarti, devi fidarti”

Rassicurato dalla vista del suo capo, Forgia fece cenno di sì con la testa.

“Avete una ferita infetta che dobbiamo curare, e una gangrena che dobbiamo eliminare. Devo riaprire la ferita e medicarla. E dovremo anche curarci del vostro corpo, la malattia è già nel sangue” Gli spiegò Lord Aaron scandendo bene ogni parola. Forgia annuì, spaventato e di scatto si rigirò verso Nero quasi volesse chiedere conferma.

Aaron osservò il cavaliere annuire e dare coraggio al proprio compagno. C’era così tanta fiducia da parte di quest’ultimo nell’uomo di fronte a sé che Aaron ne fu quasi commosso. Un piccolo cenno e Forgia era disposto ad fidarsi completamente.

Preso un coltello con la lama molto affilata, e passatolo sul fuoco di una candela, il Lord cominciò ad incidere. Appena toccata la ferita, Forgia contrasse tutto il corpo e non riuscì a trattenere l’urlo che gli uscì dalle labbra.

Anche se mosso a pena, Aaron sapeva che non poteva fermarsi, per cui continuò a riaprire quella ferita putrida: il liquido giallo-verdastro misto a sangue che ne usciva era la riprova che non c’era tempo da perdere. La pelle intorno alla ferita era diventata nera e maleodorante, doveva fare presto.

Forgia aveva ripreso il controllo di sé, gemeva, ma cercava in tutti i modi di non fare uscire nessun urlo dalla sua bocca, s’era aggrappato al braccio di Nero e lo stringeva affannosamente

“E’ brutta, vero?” riuscì a dire preoccupato.

Pulendo la ferita con acqua, Aaron mentì “E’ molto meglio di quello che pensavo ad una prima occhiata, ora devo continuare a riaprire e devo togliere tutta la pelle annerita intorno, ma grazie al Cielo, non è molta”
”Aspetta!” disse in un filo di voce Forgia. Lord Aaron stava per obiettare quando vide, negli occhi del malato, non più solo dolore o febbre, ma anche una sottile disperazione che non riuscì a decifrare subito.

“Perderò l’uso del braccio?” Non erano necessarie ulteriori parole perché Nero capisse cosa in realtà avesse voluto dire Forgia. Era importante la vita, il dolore per ferita e tutto ciò che questi comportavano, ma nulla più avrebbe avuto senso se Forgia avesse perso l’unico mezzo che lui conosceva per vivere: il suo braccio destro, col quale impugnava la sua arma e col quale forgiava le sue spade. Il dubbio sotteso da quella domanda era se davvero aveva un senso vivere mutilato ed incapace di fare nulla, o se magari sarebbe stato meglio essere accolto nel Regno dei Cieli, come la volontà di Dio voleva. Nero si chiese, però, se un Lord, zoppo per di più, avrebbe capito e aspettò anche lui la risposta.

Aaron tamponò la ferita e gli sorrise dolcemente.

“Cercherò per quanto m’è possibile, di preservare la pelle e i muscoli. Non posso, purtroppo, fare promesse che non so se manterrò.”
A questa risposta Forgia sembrò rilassarsi un po’. L’uomo che aveva di fronte e a cui stava affidando la propria vita capiva, e tanto gli bastava.

Nero continuò ad osservare Aaron mentre puliva e tamponava la ferita, desideroso di capire meglio quell’uomo.

“Ora dovrò riaprire l’altra parte di ferita e iniziare a togliere tutta la gangrena. Non vi nascondo che sarà doloroso, ma dovrete cercare di rimanere sveglio, ho bisogno della vostra collaborazione”

Forgia annuì

Le mani di Aaron ripresero a compiere il loro dovere sotto la guida attenta dei suoi occhi turchesi, non si fece fermare dai gemiti del suo paziente, e taglio dopo taglio, iniziò a eliminare tutto quanto ci fosse in eccesso; aveva albeggiato da diverso tempo, per cui la luce all’interno della stanza era più intensa e migliore rispetto a quella notturna delle candele.

Per quanto coraggioso e quasi muto, Forgia aveva il volto inondato di lacrime e sudore. Guardava Nero con occhi terrei, ma lasciava che Aaron tagliasse lembo dopo lembo, cautamente.





Qualcuno bussò alla porta e dopo poco comparve nella stanza una serva con una brocca d’acqua fresca e un piatto con un po’ di frutta tagliata a pezzettini.

“Ti ringrazio, Josephine, appoggia pure tutto sul tavolo lì in fondo” disse Lord Thurlow per la prima volta staccando le mani dalla spalla del suo paziente. “Ci sono nuove su mio padre?”
”No, signore, è ancora chiuso nella sua stanza, ma so che ha lasciato entrare Natalie questa mattina che gli ha portato del cibo e ha arieggiato la stanza, che sa, non veniva aperta da molto. Poi però l’ha cacciata, ma s’è tenuto il vassoio… “
Gli occhi di Lord Aaron si riempirono di malinconia “Ha parlato?”
”No signore” rispose Josephine, enfatizzando le sue parole con la testa... Il lord sospirò e per un attimo non aggiunse niente, perso nei suoi pensieri.

“E i miei uomini?” Chiese quindi Nero

“Oh loro stanno bene signore” aggiunse in fretta la serva “Si sono svegliati tutti di buon ora ed è stato servita loro la colazione, come ha ordinato il padrone. Hanno sicuramente tutti un gran appetito, signore, specialmente il più giovane…”
”Cencio…” le disse Forgia con un filo di voce, sorridendo appena. Nero e Aaron si voltarono entrambi verso il malato stupiti e compiaciuti che, nonostante tutto, la mente di Forgia fosse ancora lucida

“Cencio sicuramente” diede conferma il Nero con un sorriso.

“Ora sono quasi tutti fuori, chi nelle stalle, chi invece è andato a vedere i lavori dell’ala Est. Se mi permette di aggiungere, Signore, ho sentito che qualcuno di loro s’è offerto d’aiutare nelle riparazioni …”
”Vogliono rendersi utili in qualche modo” le spiegò il Nero “A nessuno di loro piace essere ospiti di peso”
”Capisco Signore, ma siete qui da appena un giorno…ecco…” continuò confusa “è molto…bello” concluse, non trovando parola migliore. Aaron la scrutò per un attimo, consapevole del crescente imbarazzo che si stava impadronendo di Josephine e desideroso di sapere che cosa lo stesse causando. Le sue guance erano arrossate, il suo sguardo più chino del solito, ma di tanto in tanto, lo sollevava lanciando occhiate furtive a Nero. Il Lord alzò le sopracciglia sorpreso. Capito che cosa, o meglio chi, stesse mettendo in profondo imbarazzo la donna, cercò di nascondere il sorriso con le dita. Spostando lo sguardo da Josephine alla causa del suo imbarazzo, indugiò un attimo più del dovuto sul viso di quell’uomo, ma accantonò i suoi pensieri da una parte. Più tardi, da solo, li avrebbe ripresi in mano, c’erano cose più urgenti di cui occuparsi.

“Grazie Josephine, puoi andare” congedò così la donna e riprese in mano la sua lama.

“Questa piccola pausa m’ha ridato forza, ora posso affrontare un’altra notte così” cercò di scherzare Forgia che aveva l’aspetto tutt’altro che sereno.

“Volete un po’ di vino? Nelle nostre cantine conserviamo vino del Sud, Josephine me ne ha appena portato un po’”.

“Sarebbe meraviglioso” Il viso del malato si distese notevolmente dopo l’offerta.

“Bevete prima questo, che ha un sapore pessimo, ma vi aiuterà nella malattia. Poi potrete pulirvi la bocca col vino” e così dicendo, Lord Aaron prese fra le sue braccia Forgia e lo aiutò ad alzare il busto leggermente. Bevevo molto lentamente, Forgia, faticava a rimanere sveglio.

“Vorrei dormire…”
”Non è possibile ora, dovete cercare di rimanere sveglio, finchè non ho finito…”

E così Aaron riprese a tagliare, minuziosamente, lembo per lembo.

Dopo un tempo indefinito, rialzò gli occhi su Nero e sorrise.

“Ho finito” Prese l’impasto fatto con la polvere grigia, e lo spalmò abbondantemente sulla ferita che perdeva sangue e che era gonfia dove i punti erano stati applicati, ma che aveva perso quell’aspetto putrido e nero di prima.

“Ora dormite pure, farò cambiare le lenzuola e chiederò a Natalie di vegliare su di voi questa notte. Mi chiamerà lei per avvisarmi se ci saranno dei cambiamenti… “ disse con tono leggero a Forgia, mentre preparava dell’altra pasta per la notte.





Il sole era già praticamente calato, senza che né Nero né Aaron se ne fossero accorti.

Uscirono dalla stanza di Forgia e si diressero verso il salone, dove sapevano avrebbero trovato gli altri. La stanza era enorme, il camino principale copriva un’intera parete, mentre altri quattro erano ai lati, più modesti. Aaron e Nero trovarono i cavalieri seduti, alcuni con un boccale di birra in mano, altri che parlavano fra di loro ma la stanza era gravida d’agitazione. Difatti, appena i due uomini entrarono nella stanza, tutti si voltarono di scatto verso di loro in attesa di notizie.

“Purtroppo, signori, non ho nessun tipo di notizia da darvi, né buona né cattiva” spiegò subito loro Aaron. “Come presumo già sappiate, la ferita e la gangrena erano piuttosto estese. L’ho medicata e spero di essere arrivato in tempo…Tuttavia è troppo presto per dirlo”
”Ma il fatto che sia ancora vivo è un buon segno, no?”

“Lo è, certo” Aaron sorrise all’impeto di Cencio

“Ora, se volete scusarmi, sono molto stanco e non cenerò con voi. Egli “ disse indicando il Nero “è stato vicino a Forgia tutto il tempo, quindi di sicuro potrete chiedere a lui, se volete sapere qualcosa di più approfondito”.

Tutti quanti si alzarono e s’inchinarono verso il Lord.

“Vi ringrazio per il vostro tempo e le vostra pazienza, per quello che avete fatto per Forgia e la vostra ospitalità” disse Luppolo “e parlo a nome di tutti.” Aaron sorrise in risposta e s’inchinò a sua volta.



Nei pressi della porta, Aaron guardò Nero, appoggiato allo stipite con braccia conserte, ancora in silenzio. Sì, avrebbe spiegato lui quello che c’era da spiegare. Vi fu profonda intesa nello sguardo che si scambiarono, il cavaliere poi sorrise. Non ci fu bisogno di parole o gesti, Aaron percepì l’enorme gratitudine provenire da quell'uomo e dai suoi occhi color notte. Ancora e per un attimo, i due indugiarono l’uno sull’altro, avvolti in un istante d’intensa dolcezza che non capirono subito e questo li spaventò. Spezzata l’atmosfera, Aaron si sentì chiamare.

“Scusatemi se vi trattengo oltre, Lord Aaron, ma non riesco a placare la curiosità fino a domani.”. L’uomo percepì, nelle parole di Chiaro, un leggero tono di sospetto “E’ Cleto ad avervi avvisato del nostro arrivo, ma com’è possibile che Cleto vi conoscesse? E inoltre, vi fidate di un falco così tanto da permettere a sei uomini armati di entrare nel vostro castello senza nient’altro che i loro soprannomi?”

Lord Aaron guardò il suo interlocutore dritto in faccia con un’altezzosità che prima non aveva dimostrato.

“Avete ragione ad essere sospettoso, di certo tutto questo è insolito. E’ Cleto ad avermi avvisato, sì. Probabilmente sentendo le parole di Linda ha visto il castello, lontano ma non a sufficienza per non essere visto da un falco. Per quanto invece riguarda la mia fiducia, i falchi non mentono mai. Non ragionano come gli umani, e non raggirano i loro interlocutori. Rispondendo alla vostra seconda domanda, se davvero aveste voluto mettere in atto una tale farsa con un compagno malato, per saccheggiare il castello e se foste stati così ben organizzati da trovare una persona con una ferita come quella di Forgia, di sicuro avreste anche saputo che non ci sono tesori conservati nel castello.”.
”Ma voi non avete visto la ferita di Forgia l’altra notte”.
”No, ma ne ho sentito l’odore” tagliò corto Aaron “Per ultimo, non penso che un gruppo di briganti avrebbe riunito un italiano” disse guardando Cencio “uno spagnolo” disse guardando Guardia “un asiatico” si rivolse verso Levante “ e persino uno scozzese” aggiunse guardando Luppolo “intorno ad un capo inglese”
Chiaro fece ancora per prendere parola quando Lord Aaron lo zittì con un gesto della mano “avete parlato a sufficienza perché il vostro accento tradisca le vostre origini” e così dicendo impedì con gli occhi la replica a Chiaro. Sorrise agli altri, con gentilezza e si congedò

“Bella roba, Chiaro, neanch’io sarei riuscito ad essere più cafone” Cencio si lasciò cadere sulla poltrona scuotendo la testa.

Chiaro si schernì con un gesto della mano “Ero solo curioso”

“L’hai irritato senz’alcun motivo. Ha avuto la cortesia di non chiederti di andartene…” si spazientì leggermente Nero “Il tono che hai usato, lo sai, lasciava intendere ben altro rispetto a quello che hai detto. Ti conosco troppo bene per pensare che tu non l’abbia fatto apposta, e Lord Aaron è troppo intelligente per non averlo capito. Perché hai implicato che fosse sciocco, che fosse falso ed un bugiardo” Chiaro roteò gli occhi, ma poi li abbassò, sotto quelli di Nero, sentendosi colpevole.

Quando si comportava così, Chiaro sembrava molto più giovane di Nero, quando in realtà aveva solo pochi mesi meno. L’argomento cadde lì, i soldati volevano sapere cosa fosse successo in quella stanza e Nero raccontò loro tutto ciò che aveva visto. Non fece nessuna menzione, però, del piccolo neo sulla nuca di Aaron, conservò il segreto che tuttavia non abbandonò la sua mente per tutta la sera.
 

 

***

 

Mello: eh Cencio, il ragazzo ha carattere *_* Sono proprio contenta che anche il secondo capitolo ti sia piaciuto, ecco qui il terzo. L'iniziodi LdM, probabilmente, è abbastanza introduttivo, ma dà un'idea  dell'ambiente. Fammi sapere se Nero continuerà a piacerti (è un personaggio per il quale aver riguardo *_*): Un Bacio

BiGi: Ciao anche qui! Felice di rivederti. La costruzione circolare è un'arma a doppio taglio, ma abbi fede, non tutto è così "facile" come sempre XD

Michan_Valentine: Ciao, felicissima di risentirti *_* Aaron è molto angelico, del resto ci sono basi importanti per questo suo aspetto lievemente ultraterreno. Qualcosa si intuisce in questo capitolo, il resto verrà. Ma è proprio per questo che non posso addentrarmi molto nelle descrizioni fisiche, quel che Aaron ha sulla nuca è difficile da rendere con una semplice descrizione. Sono però contentissima che, nonostante la divergenza di stile, abbia voglia di continuare a leggere *_* *hug*. Nero è un personaggio molto complesso, che avrà uno svolgimento caratteriale ed un'evoluzione lungo tutto il racconto. Diciamo che appare (all'inizio) ben poco di quel che è in realtà. Spero che il risultato piaccia ^_^ E poi Cencio *_* Ah, il ragazzo m'è rimasto nel cuore dal momento in cui l'ho creato. E' tenero e cialtrone XD Baci


 

  
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