Due gennaio: come una bambina.
“Da quanto tempo non ci vediamo?”
“Tre mesi. Più di tre mesi, anzi”
“Mi sei mancata terribilmente. Ma dimmi: come stai?”
“Bene, bene, tu? Ma andiamo, dai, abbiamo tutte le ore prima del tramonto per parlare.”
“Tre mesi. Più di tre mesi, anzi”
“Mi sei mancata terribilmente. Ma dimmi: come stai?”
“Bene, bene, tu? Ma andiamo, dai, abbiamo tutte le ore prima del tramonto per parlare.”
Come una bambina dimenticata
piango e rido, canto e sussurro,
per non covare timore, per non tremare;
il vento stride tra le ciocche di capelli ramate
e il mondo cigola.
Ma ecco riemergere dall’impasto
di maschere distorte una faccia amica:
occhi d’autunno e capelli di principessa;
stringo la mia mano alla sua e annuisco con gioia,
voltandomi verso la linea sottile
alla fine del cielo.
Come una bambina sorpresa
rimango ad osservare il dolce tramonto;
uno sguardo languido e un brillio impetuoso ed irruento:
il mondo si riflette in me.
Come una bambina timorosa
- piccola, certo, ma con grandi sogni.
Troppo grandi, forse? –
aspetto e respiro quieta;
aspetto la morte del giorno.
Inspiro; espiro;
manca ancora poco.
Il sorriso si spegne, incatenato al sole stanco e abbattuto,
e precipito nei miei grandi sogni:
sono solo una bambina, dopotutto.
*