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Autore: Symphonia    04/01/2014    2 recensioni
I Saint ci difendono dalle forze del male, ma ci viene insegnato che ci sono gli angeli custodi che vegliano su di noi. Sempre e dovunque. Quindi anche i Saint vengono protetti da essi? Certo che sì. Solitamente sono collegati ai loro protetti da un legame speciale...
Loro, gli angeli, racconteranno le storie dei loro piccoli protetti e di ciò che accade alle loro spalle e delle battaglie che hanno dovuto combattere per proteggere i nostri eroi.
[STORIA SOSPESA]
Genere: Angst, Malinconico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo Personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Akito



    “Voglio vedere la mia mamma!!” ringhia il piccoletto contro i due adulti vestiti di quel verde squallido, che personalmente detesto.
Degli infermieri stanno impedendo a mio figlio di entrare in sala parto, dove sua madre sta dando alla luce suo fratello. Non ho nulla in contrario, finché non alzano le mani su di lui. Peccato che la situazione si complica.
Il nanerottolo si dimena, scalcia, urla e combatte con le unghie e con i denti per non lasciare sua madre (cioè mia moglie, se non si fosse capito), da sola  a soffrire in quella ‘dannata stanza’, come la sta definendo lui nei suoi pensieri. Lo so perché, toccandolo, posso avvertire i suoi pensieri. Non è quello a sorprendermi; la cosa che mi colpisce è che ha poco più di due anni e già attaccabrighe. L’ho visto gattonare, camminare e dirgli ‘papà’, ma l’idea che diventasse così simile a me non mi aveva mai sfiorato.
“Accidenti a te, Chiharu, quando dicevi che nostro figlio sarebbe diventato un ribelle come me…” sospiro, strattonandolo via dagli infermieri.
Probabilmente non è l’approccio giusto, perché reagisce in modo solo più combattivo. Comincio ad accarezzargli la testa nel modo più amorevole che conosco. Ho scoperto che è il metodo più efficace per tranquillizzarlo. Inoltre mi piacciono molto i folti capelli mori che ha ereditato da me.
Gli racconto che quello che sta facendo sua madre dentro quella ‘dannata stanza’ è normale a questo mondo, che non deve preoccuparsi o avere paura, che andrà tutto bene.
“Sì, andrà tutto bene, vedrai… E presto avrai un fratellino con cui condividere le gioie e i dolori della vita.” gli ripeto con tono tranquillo.
Funziona… per tre minuti scarsi. Dopo un altro urlo, ricomincia a preoccuparsi, cammina avanti indietro, neanche fosse il padre del bambino. Beh, tecnicamente però adesso è l’ometto di casa. Provo di nuovo a calmarlo, prima che arrivi un’altra infermiera a provare a schiaffeggiarlo, come quella di dieci minuti fa, ma non ci riesco.
La verità è che non sono portato a fare l’angelo custode. Ho a malapena saputo essere un padre negli ultimi due anni! A chi diavolo è venuta questa balzana idea di affibbiarmi mio figlio come protetto, poi? A Dio? Credevo di essere una specie di ateo (perché alla “Divina Provvidenza” ci credo ben poco), ma a quanto pare non è così. Non si salva nessuno e se provi a strapparti queste ‘ali d’acqua’ (anche se mi ricordano più un mantello), il tuo protetto ne soffre. Bella fregatura! Smette di credere nel bene e viene insediato in lui il seme di un demone.
Brutte bestie.
Non vorrei che in questo momento torturassero mia moglie. Al solo pensiero, comincio a girare avanti e indietro assieme a Ikki, entrambi preoccupati, ma poi mi viene un’idea.
“Ikki, siediti e aspetta qui. Farò stare meglio la mamma, vedrai.”
Detto questo, attraverso la porta e accorro in aiuto di mia moglie. So che non dovrei lasciare Ikki da solo col rischio di quell’infermiera manesca, ma non ho molte altre scelte; o aiuto Chiharu a partorire o mio figlio maggiore troverà il modo di entrare e di assistere al ‘miracolo della nascita’ in un momento troppo prematuro della sua vita.
La vedo lì, distesa sul lettino, che soffre come la prima volta quando diede alla luce Ikki; e io sono nervoso e determinato di vedere mio figlio vivere proprio come quella volta. Giro intorno e decido di rimanere dalla parte sinistra della mia bella Chiharu, esattamente come successe per Ikki. Tuttavia, vedo c’è qualcun altro che vuole rovinare la festa.
I demoni detestano la vita e farebbero qualsiasi cosa per sedarla.
“Sparite! Andatevi a cercare qualcuno che non sia mio figlio!” ringhio a quelle due entità fluttuanti e senza forma, se non quella di due nuvole di fumo alte come un uomo; una è grigio argentata, mentre l’altra ha una sfumatura più dorata.
Dato che sembrano non capire, formo nel pugno il pensiero di una sfera infuocata e questa si plasma nel mio palmo, ora aperto. Mi auguro che basti per spaventarle; non mi va di far scoppiare una guerra in una sala parto. Queste si allontanano, ma percepisco degli occhi e un ghigno che non mi tranquillizza molto.
Un altro urlo di spasmo mi riporta alla realtà.
Sfrutto i miei ‘poteri’ - se così si possono chiamare - per vedere il feto. Meglio di un’ecografia, devo ammetterlo.
“La posizione c’è, il problema è che non vuole uscire.” dice l’aiutante, che noto solo ora.
Almeno una che si spiega con termini comprensibili! Però Chiharu soffre molto e questa propone seriamente all’ostetrica un cesareo. Mia moglie supplica con tutte le sue forze di non farglielo. Sono d’accordo; non ha mai avuto una buona resistenza fisica. Nella peggiore delle ipotesi - ovvero se fosse morta - avrebbe lasciato i suoi bambini soli al mondo. Fortunatamente per noi, l’ostetrica ne è a conoscenza e si rifiuta a una soluzione così drastica. Incita Chiharu a respirare con più calma e di spingere ancora.
Se soltanto Chiharu spingesse di più…
Ricordo che da quando sono morto, ha mangiato molto meno. Forse è per questo che ha meno forza per spingere il feto fuori; o forse è vero che l’amore tra due persone rende il parto meno doloroso… Non lo so. Però mi dà fastidio che il suo angelo custode non sia lì ad aiutarla. Ora che ci penso, non l’ho mai visto prima d’ora. Che non ce l’avesse? Non era il momento di pensarci.
Avvolgo la sua mano tra le mie trasparenti e comincio a sussurrare il suo nome.
“Chiharu… Fatti forza, Chiharu. Ti basta poco, per farlo uscire. Ricordi come hai fatto la prima volta? Non è molto diverso da allora. Ce la puoi fare.” mormoro, anche se so che probabilmente non sentirà una parola.
“Akito!”
Aveva urlato il mio nome ed aveva lo sguardo rivolto verso di me. Mi tendeva la mano, come quando stava per nascere Ikki. Voleva aiuto.
“Puoi sentirmi? Puoi vedermi? Chiharu.” la chiamo ancora, provando ad accarezzarle il viso. Detesto essere incorporeo.
“Aiutami, Akito, ti prego.” piagnucola lei in preda agli spasmi.
Sta decisamente peggio della volta scorsa. Raccolgo un po’ di forza e con un semplice gesto del dito, muovo un refolo di vento che le dà un po’ di sollievo e le sposta un paio delle lunghe ciocche verdi.
“Sono qui, Chiharu. Respira regolarmente e pensa a spingere. Come hai fatto per Ikki. Non è difficile.”
Un altro spasmo, un’altra spinta e il bimbo prende ad agitarsi, il che non aiuta la situazione. Infatti, Chiharu lancia un altro urlo acuto.
“Ma fa male!!” si lamenta.
“Anche l’altra volta faceva male, ma non ti sei arresa! Forza Chiharu! Pensa a come sarà dopo per… per… per…” Per chi, Akito? “Per… Per Shun! Non lo vuoi vedere, il nostro bambino?”
Ora mia chiedo questo da dove mi è saltato fuori. Giuro di aver sparato il primo nome che mi era venuto in mente. Io coi nomi facevo pena e per Ikki avevo lasciato scegliere a Chiharu. Credevo che sarebbe stato così anche per l’altro bambino. Lei però lo prese per buono e sussurrandolo, cominciava a respirare sempre più tranquillamente.
“Sentito, Shun? Addirittura papà incita la tua nascita.”
“E piantala di distorcere la realtà come ti pare e piace!”
La sento e la vedo ridere. Dev’essere dura per lei riuscire anche solo a sfoderare un mezzo sorriso in quella situazione, figuriamoci una risata intera.
“Delira…” mormora l’aiutante, infermiera, quel che è nel frattempo. Devo ricordarmi di fare qualcosa per quella donna così grossolana ed inutile.
“Akito, aiutami per favore…” dice con tono più calmo e indica la pancia.
Annuisco e le ricordo di nuovo di spingere più forte che può. Metto le mie mani sulla pancia della mia adorata Chiharu e mi volto verso di lei. Sorride fiduciosa e gliela massaggio in modo da aiutarla a spingere Shun fuori da lì. Gli spasmi diminuiscono, ma Chiharu urla ancora.
La mia opinione che sia una fortuna non essere nato donna si rafforza proprio in momenti come questi.
“Avanti, non mi deludere adesso, Shun…” mormoro.
Prendo un bel respiro e vado a vedere la situazione assieme alla dottoressa. Ora ricordo perché mi rifiutai di studiare medicina. Quella situazione mi faceva un senso pazzesco, era peggio di un film horror. Torno accanto a Chiharu e lei mi guarda con uno sguardo preoccupato. Mi volto verso uno specchio e noto nel mio riflesso che sono più bianco di un cadavere… Sì, posso vedere il mio riflesso. Sono un angelo, non un vampiro. Ed è una fortuna che gli angeli non vomitino.
“Va tutto bene, Chiharu. Hai quasi finito, stai facendo un ottimo lavoro!”
“Davvero?”
“Cosa succede?” s’intromette la dottoressa, senza staccare gli occhi dalla testa del feto. Mi chiedo come faccia a resistere.
“Akito mi dice che sto facendo un buon lavoro.” spiega la mia Chiharu, mentre le sposto un’altra ciocca.
“Ha ragione, ci sei quasi Chiharu. Forza!”
Un ultimo urlo. Poi un pianto. Giusto in tempo per l’alba.
E’ arrivato proprio quando Ikki, stanco di combattere a destra e a manca con gli infermieri, stava per addormentarsi sulla seggiola fuori dalla sala parto. Ma si è rialzato subito e ora si guarda intorno confuso. Quando oltrepasso di nuovo la porta, lo trovo che mi fissa come se avesse visto un fantasma. Effettivamente, io sono un fantasma…
“Chi piange?” mi chiede.
“Com’è che tutti mi vedono, adesso?” gli chiedo io a mia volta, ma non ottengo risposta.
Ikki continua a fissarmi con quei grandi occhioni che hanno tutti i bambini nell’età dell’innocenza. Scuoto la testa e mi inginocchio vicino a lui; in risposta, lui mi segue con lo sguardo.
“E’ Shun.” gli dico con un sospiro di sollievo. I parti erano troppo stancanti anche per me.
“Shun?” domanda di nuovo lui, sgranando gli occhi blu.
Non ha capito di chi sto parlando e la cosa mi fa sorridere. Non è stupido, solamente è ingenuo. E’ ancora troppo piccolo per capire come gira il mondo.
“Il tuo fratellino.” chiarisco.
Lui mi guarda esterrefatto, come se non avesse capito quando la ‘cicogna’ gliel’abbia portato e perché, ma glielo si legge in faccia che è contento.
“Ho un fratellino!!” strilla, saltando giù dalla seggiola.
Ride e corre in cerchio felice, e nessun infermiere lo riesce a fermare quando lo beffa passandogli sotto le gambe ed entra in sala parto veloce come una lepre. In un primo momento sono divertito dalla scena e dalla faccia di quell’imbecille che si è fatto giocare da un bambino di due anni, ma poi mi ravvedo; la sala parto dopo un parto non è un bello spettacolo. Corro dietro Ikki per cercare di fermarlo e sono felice di vedere che l’aiutante ha già pulito tutto quanto. Forse non è così inutile dopotutto.
E poi la vedo. Sotto i raggi del sole che sorge, la mia famiglia felice: Chiharu mostra a Ikki il nuovo arrivato, Shun e il fratello che lo accoglie con un raggiante sorriso.
    Finalmente riesco a vedere l’angelo custode di Chiharu. E’ un uomo sulla cinquantina che la guarda malinconico. Ci metto un po’ a riconoscerlo: è il padre morto anni fa. E’ quello delle foto e che veniva continuamente citato dalla vecchia signora Sanae, quando chiesi formalmente in sposa Chiharu. La cosa che mi allarma è il suo sguardo stanco e dispiaciuto che si posa su di me.
“E’ un bel bambino.” dice, lasciando in sospeso qualcosa.
Si avvicina a me, camminando dritto con le mani dietro la schiena. Li osserviamo ridere e scherzare e cullare Shun per una buona decina di minuti, finché Chiharu non è costretta a lasciare la sala parto. Mi rivolge un sorriso amorevole e se ne va con il solito stuolo di infermieri e i suoi bambini.
Però il suo angelo custode non la segue. Rimane lì fermo a fissare l’orizzonte schiarirsi sempre più oltre la finestra.
“Peccato che non si ricorderà mai di sua madre.” conclude in tono grave.
Mi sento appesantire di colpo.
Sollevo quel vecchio uomo senza problemi e mi viene voglia di sbatterlo per terra, ma evito almeno questo. Anche se non possiamo toccare la ‘realtà’, noi angeli possiamo tranquillamente toccarci tra noi nella nostra dimensione spirituale.
“Che vuoi dire? Parla!”
“Ho fatto del mio meglio con quei dèmoni, ma Chiharu era troppo debole e…”
Non c’era bisogno che finisse la frase. Quel poco che disse rese fondate le mie paure peggiori. Ero stato troppo lento e Chiharu ne ha pagato le conseguenze un’altra volta.
Lo lasciai cadere e lui non si prese la briga di rimanere in piedi sulle sue gambe. Si accasciò sul pavimento, avvilito e sconfortato. Poco ci mancava che mi unissi a lui, ma i pensieri corsero a Ikki… e a Shun.
I miei bambini sarebbero rimasti orfani. Era una delle cose più orribili restare orfani. Il mondo sarebbe stato privato di quell’angelo di Chiharu e i miei figli probabilmente non si sarebbero nemmeno ricordati di lei.
Non c’era epilogo più triste di quello.
Corsi fuori dalla sala parto e raggiunsi la camera assegnata a Chiharu. Se proprio doveva morire, volevo che lo facesse con la certezza che avrei vegliato sui nostri figli con tutte le mie forze.




***



Ed eccoci con un nuovo capitolo, dove affrontiamo il simpatico(?) parto della mamma di Ikki e Shun, e il papà che la deve sostenere... Ok, mi prenderete sicuramente per pazza con questo capitolo. Uhm... Se vi chiedete perché i dialoghi sono scritti in corsivo è per fare una distinzione tra mondo spirituale e reale...

Mi auguro che questo capitolo sia stato di vostro gradimento^^ Al prossimo!^^








   
 
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