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Autore: Irissel    04/01/2014    1 recensioni
Sua mamma glielo ripeteva sempre: mai giudicare un libro dalla copertina ed ora Jane Kaylie Moore dovrà cercare di fare quello che le ripeteva. Dopo la morte della madre e del fratello Jane e suo padre si sono dovuti trasferire a Los Angels, lontana da Miami, in una nuova scuola e con dei compagni di classe che sembrano dei teppisti dovrà sopravvivere per un anno. Ma solo perchè una copertina è un pò sgualcita non vuol dire che il libro non sia un buon libro e lo stesso vale con quei teppisti con cui dovrà farti i conti ogni giorno.
Ogni persona ha una storia da raccontare, basta solo fermarsi un attimo per ascoltare.
Genere: Generale, Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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«Spero per te che sia uno scherzo.» non poteva prendere una decisione del genere senza prima consultarmi, eravamo rimasti solo noi due da soli e c'eravamo fatti la promessa che per ogni decisione ne avremmo parlato assieme prima di decidere ed ora mi lancia una bomba di queste dimensioni. Era inaccettabile.
«Mi spiace tanto, ma dopo aver perso il lavoro l'anno scorso trovarne uno qui in zona avendo per giunta poche credenziali mi era impossibile.» nell'ultimo anno mio padre era cambiato tantissimo perdendo quasi totalmente la sua allegria e la sua voglia di fare. Eravamo seduti l'uno davanti all'altro in cucina, cavoli era da tanto che non parlavamo cosi..cosi seriamente, dopo la morte di mia madre e di mio fratello cercavamo di stare fuori casa il più possibile; entrambi soffrivamo in silenzio e in modo solitario per la loro perdita, pochi abbracci e lacrime versate solo in assenza dell'altro. 
«Dove dobbiamo trasferirci?» guardò prima me e poi guardò attorno alla stanza come per trovare coraggio negli oggetti per rispondermi.
«Los Angeles» lo disse tutto d'un fiato e non riuscii a capire se avevo sentito bene e meno.
«Los Angeles?» con la testa bassa annui e io per poco non mi misi a piangere.
Avrei dovuto lasciare i miei amici e il mio oceano Atlantico per l'oceano Pacifico, è un tradimento bello e buono certo in compenso sarei andata a Long Beach per fare surf ma non sarebbe stata la stessa cosa. Miami e Los Angeles non erano cosi vicine, distavano esattamente 2731 miglia e serviva per l'esattezza 1 giorno e 14 ore per arrivarci e tutte quelle miglia non potevo di certo farle per andare a trovare i miei amici, non poteva farle ogni volta che mi andava perché era troppo anche per una come me che amava viaggiare e spostarsi con ogni mezzo di trasporto possibile ed immaginabile.
«Di che lavoro si tratta? Ma non puoi aspettare almeno un anno cosi finisco la scuola qui a Miami? Poi potrei trovare un college vicino a Los Angeles» alzò lentamente la testa, come se questa pesasse tanto quanto un macigno. Gli occhi azzurri e un pò incavati erano spenti e tristi e guardandolo in quelle condizioni mi venne un nodo in gola. Sapevo benissimo che anche per lui non era facile andarsene e se aveva preso una decisione del genere era certamente stato costretto da forza maggiori.
«Mi dispiace, ma non ho più soldi per pagare la casa e nemmeno per mangiare. Ho il conto totalmente in rosso, a Los Angeles ho trovato lavoro come guardiano di un dormitorio della scuola superiore,non ci sono affitti da pagare e abbiamo la possibilità di mettere da parte un pò di soldi per poi ritornare a Miami magari entro un anno. Domani abbiamo l'aereo, scusa per il poco preavviso ma non sapevo come dirtelo.» mi guardava speranzoso e credeva in quello che stava dicendo. Ritornare a Miami entro un anno, la cosa era fattibile, vivere a Los Angeles solo per un anno non mi avrebbe certamente stravolto l'esistenza, si trattava solo di vivere in un posto diverso e un pò lontano da casa, certo avrei preferito sapere qualche giorno prima del trasferimento cosi da preparare le valige tranquillamente e magari salutare i miei vecchi amici ma in un modo o nell'altro li avrei salutati, tanto si sarebbe trattata di una separazione momentanea.
«Ok, preparo le valige» cercai di sorridergli per fargli capire che sarebbe andato tutto bene, che noi due ce la saremmo cavata come da un anno a questa parte, Miami o Los Angeles non faceva differenza l'importante era stare assieme. Mi alzai e mi avvicinai a lui abbracciandolo da dietro schioccandogli un bacio sulla guancia. Ne ero certa se ero con mio padre tutto era possibile.
Andai in camera cercando di fare il più possibile lunghi respiri per calmarmi. Los Angeles Los Angeles Los Angeles. La mia testa non faceva altro che pensare a quello, avevo cercato di fare coraggio a mio padre ma ero io quella un pò spaventata in realtà. Nuova vita, nuova scuola e soprattutto nuovi compagni.


Welcome To Los Angeles. Il grande cartellone blu capeggiava accanto alla carreggiata  mentre sui vecchi muri che l'affiancavano spiccavano i murales, per giunta uno più bello dell'altro ma tra tutti il mio preferito era certamente quello che raffigurava il viso di Marylin Monroe in bianco e nero su uno sfondo rosa, sembrava quasi una fotografia talmente era bello e realistico.
Guardai l'ora. Erano gia le 6 del mattino, mi attendeva una nuova vita e, contrariamente a quanto pensavo all'inizio, ero terrorizzata. Non ero certamente la persona più socievole del mondo, ridevo e scherzavo con tutti senza particolari problemi ma faticavo non poco a conoscere persone nuove. Nemmeno durante le gare di surf o le partite a basket riuscivo a fare quattro chiacchiere con gli altri giocatori e partecipanti. Non ero timida ero semplicemente un lupo solitario esattamente come mio padre.
Ero cosi immersa nei miei pensieri che nemmeno mi resi conto che l'autobus si era fermato davanti ad una scuola.
«Questa è la West Adams High School. Dovete scendere qui giusto?»
«Si grazie» presi anche io la valigia e il mio zaino e seguii mio padre fuori dal mezzo ringraziando il conducente.
«Tesoro siamo arrivati. Andiamo, dobbiamo parlare col direttore.»
Essendo cosi presto nel cortile davanti alla scuola non c'era anima viva, meglio cosi, sarebbe stato ridicolo vedere una ragazza arrivare a inizio anno con borsoni e valigie.
Il Direttore mi fece una buona impressione, sembrava tenere molto alla scuola e ai suoi alunni. Dietro la grande scrivania di legno massello sembra ancora più piccolo di quanto non fosse realmente. Portava un paio di occhiali dalla montatura leggera che doveva mettere e togliere in continuazione e dovetti cercare di non ridere perchè era alquanto comico.
«Bene, vi accompagno al vostro alloggio e poi Jane ti mostro la tua classe.»
«Ok, la ringrazio.»
Lo seguimmo fuori dal suo studio e poi fuori dalla scuola. La casa era poco distanza dall'edificio, non era grande ma per due persone era più che sufficiente, entrammo e con enorme piacere vidi che gli scatoloni, inviati da mio padre qualche giorni prima, erano li e cosa più importante erano intatti. C'erano molte cose importanti sia per me che per mio padre e sarebbe stato un peccato se si fosse rotto qualcosa.
La sala era piccola con un divano in ecopelle nera un pò rovinato, sarebbe bastato un copridivano per metterlo a nuovo, nel mobile difronte c'era un televisore non grandissimo ma era abbastanza dato che io non la guardavo mai nemmeno a casa, il bagno aveva i sanitari puliti e in ordine, mancava solo una tenda per la doccia altrimenti avremmo rischiato di bagnare ovunque ogni volta. Il problema più grande si presentò aprendo le camere da letto.
C'erano 5 ragazzi e una ragazza distesi nei nostri letti, tre nella mia stanza e tre in quella di mio padre. 
«FUORIIIII» il Direttore era piccolo e sembrava senza engergia tanto era magro ma quando si mise ad urlare mi spaventai anche io.
Vidi i ragazzi svegliarsi lentamente stiracchiandosi. Prima guardarono il Direttore, poi mio padre e per finire la sottoscritta.
Si alzarono e si avvicinarono e me.
«Volevamo scaldarti il letto. Dovresti ringraziarci sai?» era il colmo. Entro in casa, trovo dei perfetti sconosciuti nel mio letto e per di più devo anche ringraziarli.
«Spero tu stia scherzando.» si mise esattamente davanti a me mentre i suoi amici erano dietro, non li vedevo ma li sentivo ridere. Il ragazzo era almeno 15 cm più alto di me, se non di più e anche portando le braccia al petto non l'avrei certamente intimorito anche perchè non era tanto la sua altezza a mettermi soggezzione quanto più gli occhi. Vi assicuro che occhi  cosi non posso esistere in natura, cosi azzurri da sembrare bianchi e freddi non possono essere un dono di madre natura. Tutta la sua figura mi inquietava e agitava. A Miami quei pochi amici che avevo erano perlopiù ragazzi e tenevo testa a tutti loro, ma lui mi intimoriva e se ne rendeva conto perchè non smetteva un secondo di osservarmi come se cercasse di leggermi dentro.
«Voi 6 andate nel mio ufficio immediatamente.» il piccolo Direttore li spinse fuori dalla nostra casa e io potei notare come erano disfatti e sporchi i nostri letti. 
Tolsi le lenzuola dai letti per poterle gettare in lavatrice e fortunamente trovai un ricambio pulito nell'armadio in camera di mio padre, dopodiche disfai le valigie cercando di sistemare tutto accuratamente nel cassetti, odiavo il disordine ed in particolare nella mia camera. A Miami mio fratello aveva il vizio di ribaltare la mia stanza per infastidirmi e farmi arrabbiare riuscendoci ogni volta, perfino questa cosa stupida mia mancava di lui. Pensando a mio fratello e prendendo per caso la sua maglia che usava durante le partite a basket mi venne voglia di piangere ma cercai di controllarmi alzando lo sguardo a dandomi leggeri schiaffetti sul viso. 
Fu totalmente inutile.
«Mi manchi stupido idiota.» sdraita sul letto con ancora le scarpe ai piedi e la sua maglia al petto iniziai a piangere.
Quando mio padre venne a chiamarmi avvisandomi che il Direttore mi aspettava, mi trovò con gli occhi rossi e le guancie bagnate dalle lacrime.
«Jane» sapeva che la cosa migliore era lasciarmi stare senza provare a consolarmi e lo ringrazia quando, benchè preoccupato, non si mosse per entrare in camera rimandendo  vicino allo stipite.
Gli sorrisi e annuii col capo, stavo bene ma il trasferimento sembrava avermi allontanato ancora di più dalla mamma e da Kevin. Sistemai la maglia sotto il mio cuscino, uscii dalla porta e andai verso l'ufficio del Direttore.
L'inizio delle lezioni si stava avvicinando e iniziavano ad arrivare i primi ragazzi che fortunatamente non mi degnarono di uno sguardo troppo concentrati a ripassare sui loro libri.  Avendo un pessimo orientamente feci molta fatica ad arrivare nell'ufficio, trovarlo fu però un sollievo.
Feci per bussare ma la porta si aprì in quel momento facendomi trovare faccia a faccia di nuovo col ragazzo dagli occhi di ghiaccio e la sua compagnia.
«Sto ancora aspettando un tuo grazie.» mi stava innervosendo quel tizio.

«Jane vieni pure, voi fuori immediatamente.» prima della fine dell'anno avrei fatto una statua interamente d'oro al Direttore.
Mi spiegò a grandi linee i corsi che si teneva in quella scuola, gli orari sia delle lezioni che i turni per le pulizie che variavano in base alla classe, mi spiegò inoltre il sistema delle classi: nella sezione A vi erano quelli che avevano una media tra 9 e 10, nella B coloro che avevano una media tra 8 e 9 e via dicendo fino ad arrivare alla F dove c'erano i peggiori dell'istituto. Come suddivisione non era male in questo modo, avendo una media del 9, avrei potuto frequentare tranquillamente le lezioni senza avere qualche compagno idiota che si divertiva a disturbare in classe, che per giunta era un'altra cosa che detestavo.
Accenò anche al fatto che ogni studente era obbligato a scegliere un corso extrascolastico che prevedeva vari sport o materie artistiche come arte, recitazione, canto o danza, oltre all'obbligo di partecipare alla vastità di gite che venivano fatte durante l'anno per ogni singola classe in modo da rafforzare i rapporti tra gli studendi.
«Spero di esserti stato chiaro, in caso vieni pure quando vuoi nel mio ufficio.»

«Si è stato chiaro, una domanda, ma quindi in che sezione sono?»
«Oh che sbadato, vieni ti mostro la tua classe.»
Lo seguii fuori dal suo ufficio, attraversammo un grande corridoio che data l'ora si stava riempiendo di studenti che non persero un attimo prima di farsi domande tra di loro incuriositi dalla sottoscritta, salimmo due rampe di scale e poi un altro corridoio con la differenza che in questo non c'erano molti studenti ma solo muri disegnati e armadietti rotti finchè finalmente non arrivammo davanti alla classe: 5F.
«F? Perchè? Ho sempre avuto una buona media fin dalle elementari.» avevo voglia di piangere, di scappare e di prendere a pugni il Direttore.
«Mi spiace, ma le classi ormai erano fatto e la tua domanda di iscrizione è arrivata tardi. Comunque non preoccuparti tra tre mesi ci sono gli esami di metà trimestre e hai la possibilità di cambiare classe.» in realtà avrei preso a pugni mio padre una volta arrivata a casa, il suo essere sbadato e fare le cose all'ultimo minuto mi stava penalizzando e non poco.
«In questi tre mesi devo stare qui però. Non ci sono altri modi?»
«Mi spiace, scusa ma devo andare» non riuscii a finire la frase che lo vidi andare via di corsa. 
Guardai la porta. Verde, piena di buchi e tagli, sotto la scritta 5F, fatta certamente a mano con un pennarello indelebile, c'era una scritta poco rassicurante: Lasciate ogni speranza voi che entrate. Qualcuno deve aver studiato Dante il che era quasi rassicurante oltreche minacciosa.
Presi fiato e con quel poco coraggio che mi rimaneva bussai ed entrai in classe. Erano le 8.30, teoricamente la lezione doveva essere già iniziata ma vidi solo un professore terrorizzato, nascosto dal registro e un branco di imbecilli che si divertivano a tirarsi addosso oggentti, urlare e fumare etc..insomma fare tutte cose per nulla inerenti al concetto di scuola a cui ero abituata.
«Salve, sono Jane Moore.» il professore mi salutò con un cenno della testa e con la mano fece segno di accomodarmi dove volevo.
«E sono maleducata.»
Mi voltai e per poco non svenni. Occhi di ghiaccio e la sua banda erano anche loro nella mia stessa classe, mi guardarono e iniziarono a sghignazzare attirando l'attenzione del resto dei compagni. Non risposti alla sua frase idiota e andai a sedermi nel primo banco libero, esattamente davanti alla cattedra.
I miei tre mesi d'inferno erano ufficialmente iniziati.



  
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