Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: AiraD    06/01/2014    2 recensioni
Rose Weasley ha sedici anni ed è una Serpeverde. L’unica Weasley Serpeverde. Il suo più grosso problema? Quel deficiente e presuntuoso Grifondoro, che risponde al nome di Scorpius Malfoy. Anche Daria De Lupo ha sedici anni e anche lei è una Serpeverde. Diversamente dall’amica, lei è italiana e discende da una famiglia potente e antica quanto il tempo. Amici pazzi, una serie di scommesse assurde e un preside dalle idee malsane, le obbligheranno a fare i conti con un piccolo, insignificante organo, chiamato cuore.
--- Posò la mano sulla maniglia e l’abbassò, ma prima che potesse aprirla un soffio caldo all’altezza del suo orecchio la bloccò.
“Sogni d’oro Weasley”
La voce di Malfoy era appena più bassa e suadente del solito, un sussurro caldo che le bloccò il fiato per un istante. Lui non la stava nemmeno toccando, ma sentiva il calore del suo corpo per quanto era vicino. Un piccolissimo brivido le percorse la schiena, poi lui fece un passo indietro e Rose aprì la porta e uscì senza voltarsi. Conosceva il suo corpo e le sue reazioni e sapeva cosa significavano il respiro che resta in gola e il brivido lungo la schiena: attrazione. ---
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Icecream & Cookies'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

13) Confusing As Hell

 

Dobbiamo parlare”.

Daria alzò gli occhi dal proprio piatto per fissarli sulla ragazzina dai capelli ricci che la scrutava a braccia conserte. La Serpeverde si lasciò sfuggire un sorriso di fronte alla posa “minacciosa” della sorella minore. Non fece domande, annuì semplicemente, poi, in inglese, specificò. “Dopo cena. Ora vatti a rimpinzare per bene. Sei dimagrita troppo e sai che non ti fa bene, mostriciattolo”.

La Grifondoro scrollò le spalle, indifferente.  Il cibo qui fa schifo. Non riesco a mangiare questa roba”.

La maggiore sorrise un po’ esasperata. Avevano avuto quella conversazione un centinaio di volte. “Sono solo sapori diversi, cucciolo. Devi farci l’abitudine”.

Non accadrà mai. Come si ci può abituare a quella roba?” Chiese, indicando con una smorfia disgustata il cibo nel piatto della sorella.

“Non puoi continuare a non mangiare. Se vai avanti così la nonna finirà col cruciarmi”. Daria sospirò: in un modo o nell’altro quella ragazzina riusciva sempre ad averla vinta. In ogni caso dovrei essere fiera di me. Ho resistito fino ad ora. Mi sa che ho stabilito un nuovo record. Pensò mentre si preparava a darle ciò che l’altra voleva e cercava di ottenere da due mesi. “Domani ti preparerò io qualcosa da mangiare”.

Al sorriso esultante, vittorioso dell’altra, la Serpeverde si lasciò scappare un ghignetto: aveva già previsto quella svolta negli eventi. Solo perché te l’ho data vinta, non vuol dire che lascerò che le cose vadano come vuoi tu, sorellina. “Ti preparerò un pasto al giorno, tutti i giorni… A patto che tu faccia una colazione abbondante e un pranzo o una  cena da almeno due portate, tutti i giorni”.

Lo farò”. Promise la più piccola con un sorriso angelico e falso quanto l’oro dei Lepricani.

“Oh ne sono certa. Ho chiesto a Jam e Fred di assicurarsene”. La informò con un sorriso luminoso che urlava “fregata!” in tutte le lingue a lei note. “Adesso fila, impiastro. Ci vediamo dopo cena”.

Daria represse una risata all’espressione sorpresa e affranta della sorellina, che si allontanò lanciandole un’ultima occhiataccia.

“Ahi ahi, italiana, quella sì che è un’occhiata che promette ritorsioni!”

“Prepara un Aguamenti, quella era un’occhiata di fuoco.”

 “Forse dovrei. Marta sa essere pericolosa.”

Moira le lanciò uno sguardo pensieroso, poi disse “Comunque c’è una cosa che non capisco: siete entrambe italiane ed entrambe conoscete bene l’inglese, allora perché quando comunicate lo fate usando due lingue diverse?”

“È una sorta di guerra interna.” All’occhiata confusa dell’amica spiegò: “Lei è convinta che non abbia senso parlare inglese tra noi, visto che la nostra lingua madre è l’italiano. Io invece penso che sia scortese parlare la nostra lingua quando è presente anche solo una persona che non la capisce.”

“Sì” Cominciò Rose con tono serio “Il fulcro del problema su cui Voldemort e Silente litigarono. Era una storia del Cavillo… Proprio una questione della massima importanza insomma!” Concluse scoppiando a ridere.

 “Io invece credo che sia interessante”.

Moira gli tirò una pacca giocosa sulla spalla “Ma tu non conti Dave!”

“E perché mai?” Chiese l’altro con aria offesa.

“Tu trovi interessante tutto ciò che riguarda le dinamiche tra fratelli, anche le liti per decidere chi deve cacciare gli gnomi da giardino!” Disse Moira liquidandolo con un gesto della mano e strappando una breve risata alle altre due ragazze.

“Non è colpa mia se sono figlio unico e ho sempre voluto un fratello.”

“E io che credevo che tu e Scorpius foste come fratelli… Avrò frainteso la natura del vostro rapporto.”

“No che non hai frainteso Mo’!” Protestò Dave con un sorriso.

Daria smise di prestare attenzione allo scambio di battute tra i due, per spostarlo sulla ragazza che le sedeva accanto. Rose era diventata stranamente pensierosa e piluccava distrattamente le carote che aveva nel piatto.

Chissà perché ogni volta che qualcuno nomina Scorpius, lei cambia umore.

Le stava nascondendo qualcosa di grosso. Tutto ciò che Daria sapeva era semplicemente frutto delle sue deduzioni. L’amica non le aveva mai raccontato niente, né del bacio ad Halloween, né delle altre cose che erano successe tra lei e il biondo. Perché era assolutamente certa che ne fossero accadute di cose tra quei due, solo che non aveva idea di quali.

E non è che possa obbligarla a parlarne. Sarebbe troppo ipocrita da parte mia, visto che anche io le sto nascondendo parecchio.

Detestava quella situazione. La detestava con tutte le sue forze, ma non poteva parlarle di quel che le stava succedendo. Non poteva. Non ci sarebbe mai riuscita anche se avesse voluto. E non lo voleva.

Un serpente che si morde la coda.

“D. se devi parlare con tua sorella non dovresti sbrigarti a finire di mangiare?” Lei sollevò gli occhi blu ad incontrare quelli azzurri di Rose. Annuì sovrappensiero e cominciò ad ingozzarsi. La mente tutta concentrata a trovare un modo per risolvere quella maledetta, incasinata situazione.

 

***

 

“Sicura di aver mangiato?” chiese Daria alla sorella minore entrando in un’aula vuota.

Perché non lo chiedi a quei due scimmioni dei tuoi amici?”. Marta la seguì nella stanza, chiudendosi la porta alle spalle.

“Qualcuno qui ha passato del tempo con Lily ultimamente”. Le rivolse un sorrisetto divertito mentre andava a sedersi sulla cattedra impolverata. Poi estrasse la bacchetta e mormorò un incantesimo di insonorizzazione. “Se, come penso, hai intenzione di discutere di affari di famiglia, la prudenza non è mai troppa”. Spiegò all’occhiata sorpresa della sorella minore. “Allora, scricciolo? Qual è il problema?”

“Non stai dicendo la verità”.

“Eh?”

“Sappiamo tutte e due che non può essere stato il tuo sesto senso a permetterti di salvare Albus Potter l’altro giorno. E sono sicura che tu non abbia fatto ricorso all’eredità sensoriale per identificare gli aggressori”.

Daria sospirò, pesantemente. Sapeva che sua sorella non se le sarebbe bevuta, ma aveva sinceramente sperato che lasciasse stare. Evidentemente si era illusa.

Marta, se non ne ho parlato con nessuno, mi sembra chiaro che si tratti di un argomento che non voglio trattare”.

“Ma io sono tua sorella!” ribattè l’altra con foga. “E sono l’unica in questo umido paese a conoscerti davvero, a sapere cosa voglia dire essere come noi, cosa voglia dire davvero essere te. So che c’è qualcosa che non quadra e non posso fare finta di niente!”

“Dovresti, invece. Senti scricciolo, ti voglio bene con tutta la mia anima, lo sai. Non ti può bastare? Non puoi fare come ti chiedo e lasciar stare? Va tutto bene, davvero.”

“Ho una teoria.” Fece, invece, lei, ignorandola e proseguendo imperterrita. “Non può essere stato il nostro sesto senso, né la tua eredità sensoriale, né quella generica… mi viene in mente solo un’altra possibilità…”

Daria gelò sul posto. Non era possibile che sua sorella fosse giunta subito proprio a quella conclusione.

Non è che hai sviluppato la terza?”

Daria si calò in viso una maschera calma e serena. “Sai che non è possibile, mostriciattolo. Ci vogliono decenni e decenni di studi per riuscirci e solo pochi di noi alla fine la sviluppano. Certo io ho ottime possibilità di farcela, un giorno, ma di certo non ora”.

“Magari hai trovato il tuo kleis…”

L’altra le sorrise. Era sorprendente il fatto che il ragionamento della sorella stesse seguendo esattamente le stesse tappe che avevano seguito i suoi pensieri, quasi un mese prima. Solo che non è possibile. Ci deve essere un’altra spiegazione. “Sai benissimo che non ho quel tipo di rapporto con nessun Erede”.

“Un altro mago allora? Uno normale?” tentò la più piccola, sempre meno convinta.

Daria si obbligò ad emettere una risata. E poi si maledisse per la propria idiozia. Non era forzata, ma nemmeno divertita e naturale. “Questa sì che è una bella teoria, sorellina”. Vide l’espressione di Marta farsi improvvisamente sospettosa. “Essere Kleides è una condizione reciproca di due Eredi, l’uno nei confronti dell’altro, lo sai bene quanto me. Un’erede non può avere per Kleis un mago normale”.

Marta però assottigliò gli occhi. “Mmmm… chi è stato l’ultimo ragazzo che hai baciato?”

Daria emise un gemito esasperato. Non avrebbe tradito ancora le sue vere emozioni: prima di quella maledetta risata sua sorella era sembrata sul punto di mollare la presa. “Sei proprio una vera Grifondoro tu, eh? Testarda fino alla morte. Se proprio lo vuoi sapere, anche se non sono fatti tuoi, sorellina, l’ultimo ragazzo che ho baciato è stato Paolo Gennari, più di un anno fa. E ti assicuro che non siamo l’una il Kleis dell’altro.”  

La Grifondoro la guardò con un certo sospetto e Daria alzò gli occhi al soffitto esasperata, allunò un bracciò per afferrarla e abbracciarla. Quando le cominciò a scompigliarle i boccoli castani, Marta si divincolò dalla sua presa indispettita, strappandole una risata.

“Avanti, impiastro, smetti i panni dell’investigatore e ritorna a indossare quelli della sorellina spacca-boccini che ti riesce molto meglio”. La sorella le fece una linguaccia, mentre  lei levava l’incantesimo insonorizzante dalla stanza e si rimetteva in piedi, spolverandosi la gonna. “Dai, cosa vuoi per pranzo domani?”

“Lasagne!”

Sorrise ed aprì la porta dell’aula. “E lasagne siano”.

“Daria?”

“Sì?

“Me lo dirai cosa succede, vero?”

“Quando l’avrò capito, cucciolo”.

 

 

***

 

Guardò sua sorella allontanarsi su per le scale che l’avrebbero portata alla sua sala comune, poi ruotò su se stessa e si diede una rapida occhiata intorno: cercava Al. Non lo trovò, ma individuò Scorpius, che stava camminando verso le scale, con Christine Baston attaccata al braccio.

L’indifferenza che aveva sempre provato nei confronti della bionda, era stata sostituita, nell’ultimo periodo, da una strana compassione. Non sapeva bene per cosa, ma il suo sesto senso sembrava dirle che era giusto essere dispiaciuta per lei.

 E qualcos’altro mi dice che la cosa ha molto a che fare con Scorpius.

Gli rivolse un sorriso smagliante e sventolò una mano per attirare la sua attenzione. Lui, notandola, le sorrise a sua volta.

Quel ragazzo la confondeva. Sentiva che i suoi comportamenti contraddittori degli ultimi tempi – come baciare Rose e poi mettersi con la Baston, o guardare Rose ogni volta che lei non se ne poteva accorgere e continuare a stare con la Baston – non erano poi così immotivati e irragionevoli. Era abbastanza sicura che la soluzione fosse quasi scontata, a portata di mano. Le sarebbe bastato pochissimo per capire, ne era certa. Le mancavano solo alcuni tasselli fondamentali, le tessere che le avrebbero permesso di completare il puzzle ed avere finalmente una chiara visione sulla situazione.

C’erano solo due persone ad avere tutti i pezzi che le servivano: Scorpius e Rose. Sospirò mentalmente. Uno non glieli avrebbe forniti nemmeno sotto tortura, mentre l’altra avrebbe richiesto una lunghissima e contorta opera di persuasione.

“Hei! Sai dov’è Mini-Potter?”

Il ragazzo biondo annuì. “È ancora in sala grande. A battibeccare con James”. Aggiunse con un ghigno.

“Lasciami indovinare: sul suo inesistente amore per me?”

“Magari non è più così inesistente… essere salvato da morte certa mi sembra più che sufficiente per far sbocciare l’amore”. Obbiettò lui, prendendola in giro.

Daria rabbrividì. “Ti prego non scherzare”.

Lui scoppiò a ridere. “Non mi sembra una prospettiva così terribile!”

“Ah no? Guarda, mi è venuta la pelle d’oca!” Fece lei sollevando la manica del maglioncino e quella della camicia. Il ragazzo continuò a ridacchiare e lei gli scoccò un sorriso luminoso. “Beh, ci si vede in giro, Hippie”.  Salutò, iniziando ad allontanarsi in direzione della Sala Grande.

“Come mai chiamato scusa?” Chiese lui con espressione vagamente inorridita.

Il sorriso della ragazza assunse una nota leggermente derisoria. “Hippie da Hyperion. È il tuo nuovo soprannome, ti piace?”

Il Grifondoro rabbrividì poi scosse il capo un po’ contrariato e un po’ sconsolato, mentre la ragazza accanto a lui iniziava a ridacchiare. “Tu sei tutta matta, De Lupo”.

Lei gli rivolse un ultimo sorriso luminoso, angelico e allo stesso tempo un po’ canzonatorio, prima di incamminarsi verso la Sala Grande. Incrociò Albus proprio mentre usciva, mani in tasca ed espressione esasperata.

“Tu!” Esordì lei a voce ben alta, attirando la sua attenzione, insieme a quella di tutti gli studenti nelle vicinanze. In due falcate azzerò la distanza tra loro e disse, con tono appena più basso: “Dobbiamo parlare”.  Poi lo afferrò per un polso e lo trascinò via senza dargli il tempo di ribattere.

Quando furono in un corridoio poco frequentato e Daria fu certa dell’assenza di occhi e orecchie indiscreti, la ragazza interruppe la sua marcia. Trasse un profondo sospiro e, fissando con molta attenzione un vecchio arazzo stinto e mangiucchiato dalle tarme per non guardare l’amico, disse, tutto d’un fiato. “Quel bacio. Non significava nulla per te, vero? Perché ne sono sicura al 99% ma prima di trarre un sospiro di sollievo volevo essere sicura di quell’un percento che mi manca. E non pensare di mentire perché me ne accorgerei subito. Ah, in ogni caso, qualunque sia la tua risposta, sappi che è un comportamento veramente discutibile baciare una ragazza quando questa è incosciente e non ti può rifiutare e…”

Al le posò le mani sulle spalle, interrompendo il suo concitato, febbrile monologo. “Respira”.  Un sorrisetto divertito gli spuntò sulle labbra, senza però riuscire né a cancellare o a né a nascondere del tutto il suo leggero imbarazzo. I suoi occhi chiari erano, come al solito, uno specchio fin troppo fedele delle sue emozioni.

Daria incrociò le braccia al petto, contrariata. “Non mi hai ancora risposto”.

“Non me ne hai dato il tempo!” Obbiettò lui, con uno sbuffo esasperato. Le levò le mani dalle spalle poi continuò. “Comunque hai ragione . Conclusione azzeccata, come al solito”.

Daria sorrise raggiante a quella risposta, confermata dal suo battito cardiaco inalterato. “Meraviglioso”. Lui le rivolse un’occhiata perplessa, forse un po’ contrariato dalla sua reazione. “Beh.. sarebbe stato un casino e l’avresti data vinta a James”.

Lui sgranò gli occhi verdi, realizzando la cosa. “Hai ragione di nuovo. È proprio meraviglioso”.

Era veramente, profondamente sollevata. Non poteva, né voleva innamorarsi. Soprattutto non di lui,pensò mentre lo osservava ciarlare senza rendersi conto che lei non lo stava più ascoltando. Renderebbe solamente tutto più complicato e la mia vita è già abbastanza incasinata così com’è.

E poi era una promessa che si era fatta da bambina: uscire dai sette anni di Hogwarts col cuore intatto e inviolato. Ormai gliene mancavano meno di due.

Sarà come bere un bicchier d’acqua.

 

 

***

***

 

Rose era terribilmente confusa. Anzi no. “Confusa” era un eufemismo.

Rose Weasley aveva capito di non capire una pluffa di quello che stava succedendo. Ormai non riusciva nemmeno più a far finta di niente: il comportamento di Malfoy era assolutamente incomprensibile e, se c’era una cosa che Rose odiava più di tutte, quella era non capire.

Il giorno prima, Malfoy aveva continuato a tenerla stretta a sé fino a che il tremore non era cessato e la sua mente era ritornata lucida… beh tanto lucida, quanto poteva esserlo la testa di una ragazza tra le braccia del ragazzo per cui provava una profonda, irresistibile attrazione fisica.

Lui era rimasto lì, a stringerla saldamente: una mano, abbandonata alla base della sua schiena, disegnava intricati arabeschi sul suo maglioncino, mentre l’altra, poggiata sulla sua nuca, le accarezzava rassicurante i capelli rossi.

Era una sensazione meravigliosa. Qualcosa a cui, decisamente, non era abituata.

L’unico uomo ad averla mai confortata era suo padre e l’ultima volta che era successo Rose era ancora una bambina. In quegli ultimi cinque anni aveva permesso solo a due persone di aiutarla e confortarla: sua madre e Daria. Ed ora, dopo tutto quel tempo, aveva lasciato che fosse proprio lui a tenerla assieme, impedendole di andare in pezzi.

Lui! Scorpius Malfoy!

Il ragazzo che aveva odiato e demonizzato per anni. Quello che era capace di farla incazzare meglio e più velocemente di chiunque altro. Lo stesso ragazzo da cui, negli ultimi tempi, aveva realizzato essere attratta, come un Dissennatore dalla disperazione umana.

Rose sbuffò esasperata e rotolò sul materasso fino a fissare gli occhi azzurri sul baldacchino del letto su cui era  accasciata – no, non sdraiata, no stare sdraiata implicava un livello di vitalità minima che lei, quella sera, proprio non aveva.

Non lo capiva. Perché un ragazzo che la odiava, quanto era certa lui odiasse lei, e che aveva fatto così evidentemente scopo della propria esistenza quello di tormentarla e rendere impossibile la sua, avrebbe dovuto offrirle aiuto e conforto proprio nel momento in cui ridurla in frantumi sarebbe stato più facile?

Ok, era vero che Malfoy non aveva mai dato segno di volerla ferire col suo atteggiamento, solo farla incazzare come una belva, ma da lì all’aiutarla ci passava un oceano intero in mezzo.

Perché sarebbe arrivato a calpestare il proprio orgoglio, supplicandola e dandole persino il permesso di obliviarlo, pur di poterla aiutare?

Aveva detto di non poterla vedere in quello stato… perché? Voleva forse essere lui a ridurla così? Per qualche strana ragione non pensava fosse quello il caso.. anche quando ancora  si lanciavano maledizioni in giro per i corridoi non c’era mai stata tra loro quella cattiveria che porta a gioire del dolore e delle sofferenze altrui. E poi le era sembrato veramente a pezzi… come se vederla così fosse qualcosa di insopportabile per lui… perché?

Il rumore della porta del dormitorio che si apriva e richiudeva la distolse temporaneamente dai suoi pensieri. Pochi secondi dopo Daria la raggiunse  e si accasciò sul letto al suo fianco. Nemmeno lei sembrava avere il minimo di forza di volontà e di vitalità che un termine come “sdraiarsi” richiedeva, no “accasciarsi”era sicuramente più adatto. L’amica non sembrava intenzionata a parlare e Rose tornò passivamente alle proprie riflessioni.

Non l’aveva obliviato. Quando si era ripresa e aveva recuperato il controllo su se stessa aveva scelto di non farlo. Un po’ perché lei non era una tale smidollata da non essere in grado di prendersi le responsabilità delle sue azioni: fossero queste state compiute nel pieno delle suo facoltà mentali oppure no, lei ne avrebbe affrontato le conseguenze, non sarebbe scappata. E poi… non le era sembrato giusto. In quel momento pensare di obliviarlo le era sembrato sbagliato, ingiusto nei suoi confronti.

Sbuffò ancora, a pieni polmoni e, sta volta, Daria si unì a lei. Dopo qualche secondo l’italiana bofonchiò: “Rosie.. se mia sorella viene a farti delle domande tu non risponderle, ok?”

Rose, confusa, si tirò a sedere per guardare l’amica. “Marta? E cosa mai dovrebbe chiedere a me?”

L’altra scrollò le spalle. “Non so. Cose su di me… tu menti ed evita le domande d’accordo?” Le rifilò un’occhiata perplessa e Daria spiegò: “Penso che potrebbe provare ad impicciarsi in situazioni che non la riguardano. Lo fa perché pensa di aiutarmi, ma…”

“Ma a te dà fastidio”. Completò Rose per lei. Era una cosa che poteva capire, il non volere aiuto. Tornò a sdraiarsi sul letto. “Svicolerò e ti farò sapere cosa chiede”.

“Grazie”. Rispose l’italiana e Rose la sentì trarre un profondo respiro, poi, senza voltarsi a guardarla e senza spostarsi, disse piano: “So che c’è qualcosa che non va, che riguarda Scorpius e che non me ne vuoi parlare”.

La Weasley si irrigidì e tenne gli occhi ben fissi sul baldacchino verde del letto, senza vederlo davvero. “E quindi?”

“Quindi niente. Solo... lo so. E non andrò in giro a fare domande ad altri per impicciarmi negli affari tuoi. Quando vorrai sarò qui. Ci sono sempre stata e sempre ci sarò”.

Per qualche minuto restarono lì sdraiate l’una accanto all’altra, immobili a fissare la stoffa verde. Rose annuì rigida, pur sapendo che l’amica non la poteva vedere, poi allungò la mano ad afferrare la sua e le strinse piano le dita in un muto ringraziamento.

 

 

***

***

 

 

Era seduta su uno degli immensi davanzali interni delle finestre del castello, la schiena appoggiata al vetro freddo, in grembo le teste di James e Fred. I due idioti avevano ingaggiato un’estenuante battaglia all’ultimo bernoccolo per decidere chi avesse il diritto di usarla come cuscino.

La Serpeverde diede uno schiaffetto sulla fronte a ciascuno. “O la fate finita o vi affatturo! Etchù!” concluse la minaccia con quello che doveva essere il milionesimo starnuto della giornata.

“Non finirà fino a che Fred non ammetterà di non avere diritto a stare qui e non si leverà dai piedi!” Fece James incrociando le braccia al petto, cocciuto come un bambino.

“Semmai dovresti essere tu a levarti dai bolidi!” Al che la lotta a suon di testate riprese come prima, scatenando l’ilarità degli altri ragazzi.

La Serpeverde sbuffò esasperata e sollevò la bacchetta. “Pietrificus Totalus”. I due cugini si immobilizzarono e Daria abbassò la mano. “Ah. Finalmente un po’ di quiete”.

“Non guardarci così James, tanto non vi aiutiamo”.

“Ve la siete cercata. Mago avvisato…” Cominciò Lorcan Scamandro.

“Mezzo salvato”. Concluse per lui il gemello, Lysander.

I due Corvonero erano amici d’infanzia dei fratelli Potter e di tutti gli Weasley, di conseguenza erano diventati anche suoi amici. Da qualche tempo a quella parte, da quando lei ed Al avevano smesso di ignorarsi ed erano diventati amici, i ragazzi l’avevano inserita nel loro bizzarro gruppo di soli maschi.

“Esattamente”. Convenne l’italiana stiracchiandosi. “Cosa stavate dicendo ragazzi?” Nonostante la sua domanda, la Serpeverde prestò solo parziale attenzione alla discussione degli altri. D’altronde, fintanto che il discorso verteva su quanto fosse figa la ragazza con cui Lorcan aveva un appuntamento, l’unico commento che poteva fare era: “Scorpius, ma tu non sei impegnato? Voglio dire.. non dovresti astenerti dal commentare le doti fisiche di questa Tassorosso?”  

Lui le rivolse il solito ghignetto da playboy che faceva sciogliere metà della popolazione femminile di Hogwarts, ma che non aveva il benché minimo effetto su di lei.

Il mio migliore amico è James Sirius Potter, l’ex-playboy numero uno della scuola. Ho sviluppato una certa immunità.

“Beh il fatto che io sia impegnato non vuol dire che non possa usare gli occhi”.

“Allora sei davvero fortunato. A non essere impegnato con me o una delle mie amiche, ciascuna di noi sarebbe perfettamente in grado di cavarteli, gli occhi”. Rispose lei con voce calma, quasi dolce, fatta eccezione per la nota velenosa con cui pronunciò le ultime tre sillabe.

“Ma Chris non lo sa. E quello che lei non sa…” Cominciò Lysander.

“Non può fare del male né a lei, né, soprattutto a lui”. Concluse Lorcan, mentre Scorpius batteva il cinque a lui e al gemello.

La ragazza sbuffò sollevando gli occhi al soffitto, mentre Dave scuoteva il capo esasperato e Al le sorrideva comprensivo. Decise di lasciar cadere la conversazione: non era il caso di arrabbiarsi per qualcosa che Scorpius non era ancora in grado di comprendere. Aspetta di stare con una ragazza di cui sei davvero innamorato, poi ne riparliamo, caro il mio dongiovanni.

Era contenta di passare un po’ di tempo con i suoi amici maschi e di fare parte della loro combricola eterogenea. La metteva sempre di buon umore, anche quando facevano i loro stupidi commenti maschilisti perché poteva farsi del gran ridere a loro spese. E poi era meno impegnativo che stare con delle ragazze: Daria dubitava che sarebbe mai riuscita a reggere per lunghi periodi di tempo un gruppo di sei o sette ragazze, solo ragazze, mentre non aveva mai avuto problema con quella compagnia di scimmioni.

Certo dopo un po’ sento la necessità di tornare tra i miei simili, gli esseri dotati di cervello. Meglio noti come ragazzE.

La cosa più divertente in assoluto poi era sapere di essere a conoscenza dei loro segreti o di cose che nemmeno loro sapevano su loro stessi. Tutto questo, nonostante fosse l’ultima arrivata.

Sapeva della cotta mastodontica di Lily per Lorcan e di quanto Lys, l’unico ragazzo a conoscenza della cosa, fosse terrorizzato all’idea che Jam e Fred lo scoprissero. Sapeva che Lysander era bisessuale, che l’ultima volta che si era ubriacato aveva baciato Fred e che l’altro non se lo ricordava.

Era a conoscenza del bacio tra Scorpius e Rose e dell’amore di Dave per la ragazza. Sapeva degli sforzi di Jam per farsi conoscere da Meg e delle insicurezze che lei e solo lei gli creava. E, infine, di Al sapeva tante cose, che era abbastanza certa il ragazzo non avesse raccontato a nessun altro, tranne forse Scorpius. Come il bacio-incidente, o quello che le aveva rubato mentre dormiva, o, ancora, le vere ragioni che lo avevano spinto a lasciare Viperanda ad Halloween.

Alcuni di quei segreti erano innocui, ma la gran parte, se scoperti, avrebbero causato un bel po’ di casini.

A ben pensarci non è molto divertente. E la mia è una situazione abbastanza scomoda. Quando verranno fuori, perché prima o poi vengono sempre fuori, dovrò difendermi da un bel po’ di accuse e dare parecchie spiegazioni.

Sospirò e tornò nel mondo reale, accorgendosi solo in quel momento che qualcuno aveva liberato Fred e James dal suo incantesimo. Poi sentendosi osservata notò un gruppo poco omogeneo di ragazze che la fissavano, cariche d’odio. Non poté fare a meno di ascoltare la loro conversazione e incominciare a ridacchiare.

“Sembra che la mia posizione di indegna arrampicatrice sociale che cerca di fregare James sia peggiorata ulteriormente”. Cominciò a spiegare a beneficio degli altri. “Questa subdola mangia uomini è riuscita ad arrivare vicino a tutti gli scapoli d’oro di Hogwarts, ma non temete le vostre disinteressate ammiratrici stanno già cercando un modo per salvarvi dalle mie grinfie”.

“Stai scherzando”.

“Ah no. Secondo una corrente d’opinione, a mio parere molto interessante e che ultimamente sta avendo parecchio successo, io sarei anche il motivo per cui Al ha lasciato Viperanda, mentre tu, Scorpius, avresti cominciato ad uscire con la Baston solo per non far sapere ad Albus e James che abbiamo una storia segreta… vero, pasticcino?” Concluse facendo l’occhiolino al Malfoy e lanciandogli un bacio.

I ragazzi scoppiarono a ridere per l’assurdità di quei pettegolezzi. “Beh non si può dire che le ragazze di questa scuola manchino di fantasia”.

“Vero? È un talento considerevole”.

“Di sicuro non corriamo il rischio di annoiarci”.

“A proposito.. mi è venuta un’idea per farci due risate. Oggi ti devi allontanare a braccetto con Lor e Lys e fare un bel giro per il castello, domani io ti verrò a prendere a lezione e a cena improvviserò una litigata con James, mentre tu esci dalla Sala Grande accompagnata da Dave”.

“Fred! Questa si chiama crudeltà!” Obbiettò lei, ridendo.

“No”. La corresse Lorcan. “Si chiama cogliere un’opportunità. Noi ci stiamo”.

James annuì a sua volta, con un ghigno. “A patto che sia ben chiaro a tutti che Daria è di mio fratello”.

“Ancora con sta storia, Jam?! Siamo amici, solo amici!”

“Esatto! Non siamo innamorati, né abbiamo intenzione di esserlo!”

“Io ci sto!” Fece Dave con un sorrisetto molto Serpeverde e ignorando come tutti gli altri le accorate proteste di Albus e Daria.

“E io voglio partecipare”.

“Qualcosa mi dice che non ci ascolta nessuno, De Lupo”.

“è colpa di tuo fratello. Ha fatto il lavaggio del cervello a tutti. Etchù!” All’ennesimo starnuto, la ragazza diede un altro scappellotto alle teste dei due ragazzi che l’avevano presa per un cuscino. “Alzatevi forza. Devo andare da Meg”.

“Eh?”

“E come mai?”

La ragazza si soffiò rumorosamente il naso. “Mi pare evidente che mi sto ammalando. Di nuovo. Però prima di allarmare la Lones, voglio farmi dare un’occhiata da Meg”.

James annuì. “Mi ha detto di voler lavorare al San Mungo in futuro. Ha già iniziato a studiare medimagia, vero?”

“Sì già da più di un anno ed è molto brava. In più è una Nata-babbana e, che ci crediate o no, il 75% delle malattie che mi prendo sono babbane”. Si alzò in piedi e cominciò ad allontanarsi, poi si voltò e rifilò a ciascuno di loro un sorrisetto canzonatorio. “Potete pure smetterla di fare piani per far impazzire le nostre amate pettegole. Non parteciperò in nessun caso”. Detto questo si diresse con calma verso il dormitorio dei caposcuola, sorda alle lamentele degli amici.

 

 

 

***

***

 

 

“Ehi Al!” Rose alzò un braccio per farsi vedere dal cugino, che stava uscendo in quel momento dagli spogliatoi . “Com’è andato l’allenamento?” Chiese, quando il ragazzo l’ebbe raggiunta insieme a James e Fred. Con la coda dell’occhio scorse suo fratello Hugo farle solo un cenno di saluto e affrettarsi a dileguarsi. La Serpeverde storse il naso, scrutando il fratellino con sospetto: qualcosa le diceva che stava per combinarne una delle sue.

“Che ci fai qui, Rose?” Le domandò James, prima che Albus potesse risponderle.

“Tranquillo cugino. Non sono qui per spiare i vostri allenamenti: ti ricordo che abbiamo già giocato contro di voi”.

“E ricordami chi ha vinto, cuginetta?”

“Voi”, tagliò corto Rose, alzando gli occhi al cielo. “Comunque, come stavo dicendo, non sono qui per gli allenamenti e nemmeno per voi”. Spostò gli occhi sul cugino moro. “Anche se già che ci sono ne approfitto per comunicarti che Daria vorrebbe che andassi a trovarla in infermeria, Al”. Poi, prima che James potesse indignarsi per non aver ricevuto lui l’invito o esaltarsi perché Daria voleva vedere suo fratello, spiegò: “Vitious ha comunicato la natura della prossima prova”.

“Come mai è in infermeria?”

“Cosa le è successo?”

“Ce l’ha spedita Meg. Pare abbia un po’ di influenza, o qualcosa del genere”.

Fred sospirò con finta esasperazione e posò le braccia sulle spalle dei due fratelli Potter. “Su ragazzi. Non dovete andare nel panico. Ce l’ha detto lei stessa prima, non vi ricordate?”

“Vero. Vado subito da lei, grazie Rosie”.

“Veniamo con te fratellino. Voglio controllare come sta, ma non temere, diamo giusto un’occhiata e poi vi lasciamo soli”.

Rose sentì Al sbuffare rumorosamente, mentre Fred iniziava a spingerli via, e le scappò un risatina. Poi lui voltò il capo nella sua direzione e le chiese: “Tu non vieni?”

La Serpeverde scosse il capo, facendo ondeggiare i lunghi capelli rosso fuoco. “Aspetto Malfoy. Anche noi dobbiamo discutere una strategia”.

“Beh, allora cerca di essere paziente. Scorpius… non è molto di buon umore al momento”.

Rose alzò le spalle con indifferenza. Almeno si spiegava come mai suo cugino fosse arrivato senza di lui.

Quando uscì dallo spogliatoio, Malfoy non la notò subito, il che le diede il tempo di rivolgergli una lunga occhiata valutativa. Le ci volle un instante per capire che Al aveva ragione. Il ragazzo biondo aveva il solito aspetto ingiustamente magnifico che portava tutti i suoi ormoni a tentare l’ammutinamento, ma la linea della mascella, normalmente rilassata nel suo tipico sorrisetto strafottente, era dura e tesa e la postura della schiena era più rigida del solito. Le faceva prudere le mani nell’inaspettato ed incomprensibile desiderio di massaggiargli le spalle fino a scioglierne la tensione.

Piantala Rose!

“I tuoi cugini sono già andati via”. La sua voce le suonò fredda, quasi scontrosa ed accusatrice.

“Lo so.  Stavo aspettando te.” Fece lei con tono tranquillo, quasi dolce. “Vitous mi ha comunicato la natura della sfida e mi piacerebbe discuterne assieme”.

Da quando in qua era lei quella diplomatica e conciliante e lui quello scostante e freddo? Non che Malfoy fosse mai stato pacato e accomodante, ma in genere era lei quella fredda e di cattivo umore e il Grifondoro quello che riusciva, in un modo o nell’altro, a farli uscire dalla situazione senza che uno finisse ad Azkaban e l’altro all’obitorio. Sta volta Rose aveva l’impressione che quel ruolo sarebbe toccato a lei.

Malfoy sbuffò. “Come vuoi tu, Weasley. Tanto si fa sempre e solo quello che vuoi tu”.

Si impose di non lasciare che la malignità nella sua voce la ferisse. Non distolse lo sguardo da quello freddo del ragazzo, ma chiuse a pugno la mano destra, stringendo e stropicciando un lembo della gonna tra le dita. Con la sinistra si scostò dal viso una ciocca di capelli mossa dal vento ghiacciato. “Allora forse è meglio se ci spostiamo al coperto. Questo freddo mi sta uccidendo”.  Tentò con un piccolo sorriso.

“Dovevo tornare al castello con la mia ragazza, Weasley. Mi concedi per lo meno di informarla di questo cambio di programma?”

Lei annuì piano, sforzandosi di lasciare il sorriso tranquillo al suo posto. Era faticoso. Impedire che la cattiveria con cui pronunciava quelle frasi le facesse del male, si stava rivelando sempre più difficile.

Approfittò di quella manciata di minuti per chiamare a sé quel po’ di calma e serenità che sperava sarebbe bastato a farla uscire da quella conversazione tutta intera, fuori e, soprattutto, dentro. Non era abituata ad un Malfoy così evidentemente prono a farle del male e non riusciva a capacitarsi di come gli fosse possibile ferirla.

 

Mentre camminavano in silenzio fianco a fianco diretti al castello, Rose si rese conto di volere il solito Malfoy, quello che parlava in continuazione, tentava in tutti i modi di farle saltare i nervi e non smetteva mai di prenderla in giro. Era un bisogno intenso, quasi un dolore fisico. Una malinconia straziante che le contorceva lo stomaco e le faceva bruciare gli occhi di frustrazione, rabbia e desiderio.

Come sei melodrammatica, Rossa. È solo di cattivo umore, non l’hanno mica sostituito con un clone. E poi che diritto hai di sentirti così? Non è che voi due aveste mai avuto chissà che tipo di rapporto. Piantala di lamentarti. La voce della sua coscienza, quel giorno, suonava stranamente simile a quella di Moira.

Sospirò e gli lanciò un’altra occhiata, mentre varcavano il grosso portone di legno. Fu allora che notò che il ragazzo aveva tenuto le mani in tasca per tutto il tempo e in quell’atteggiamento c’era qualcosa che proprio non le tornava.

“Malfoy. Fammi vedere le mani”. Fece perentoria, rinunciando alla diplomazia. Era inutile visto che non c’era per niente portata.

“È un ordine Weasley?”

“Esatto”.

Lui fece un ghigno cattivo e strafottente. “Non prendo ordini da nessuno, Weasley. Specie non da te”.

“Come vuoi”. Fece Rose, scrollando le spalle e riprendendo a camminare, indifferente. Ogni sentimentalismo  momentaneamente accantonato. Poi, dopo una decina di passi, gli afferrò un polso con un movimento rapido che l’altro non poté né prevedere, né, tantomeno, schivare. Tirò la mano destra del ragazzo fuori dalla tasca dei pantaloni e si soffiò una ciocca di capelli via dal viso, per potere avere una visuale migliore.

Il dorso della mano all’altezza delle nocche era coperto da una garza macchiata di sangue rosso scuro e in un paio di punti da qualcosa di giallognolo, che Rose sperava ardentemente non essere pus.

“Non sei mai andato a farti medicare”. La sua era un’affermazione, non una domanda e Malfoy non le rispose. “Razza di incosciente masochista”.

Era evidente che le sue mani fossero peggiorate notevolmente dalla partita, avvenuta quattro giorni prima. Se non ricordava male quello era il secondo allenamento dei Grifondoro da allora, il che voleva dire che Malfoy si era allenato per due volte da quando si era ferito e Rose sapeva bene quanto qull’incosciente doveva aver sforzato le sue povere mani.

Avrebbe voluto trascinarlo in infermeria, ma era certa che il Grifondoro non sarebbe stato per niente d’accordo e in un confronto basato sulla sola forza fisica sapeva di non avere alcuna speranza. Non sarebbe riuscita a trascinarlo proprio da nessuna parte contro la sua volontà. Visto che l’infermeria, il piano A, era da escludere si sarebbe dovuta accontentare del piano B.

Strinse con più forza il polso del ragazzo tra le proprie dita, impedendogli di ritrarsi, e tirò la mano più vicina a sé. Estrasse la bacchetta e rimosse le bende con un solo, fluido movimento, ignorando bellamente le proteste del biondo. Quando le bende si sciolsero, cadendo a terra, Malfoy diede uno strattone più forte dei precedenti, cercando inutilmente di liberarsi dalla presa d’acciaio della ragazza.

Lei sbuffò scocciata e gli pestò un piede con forza, strappandogli un’imprecazione. “Sta’ fermo, Malfoy. Sto cercando di medicarti”.

“Non lo voglio il tuo aiuto, Weasley”.

“Non mi pare che tu mi abbia lasciato molta scelta l’altra volta. Sai come dicono i babbani? Chi la fa l’aspetti”.

“Se lo stai facendo per ringraziarti, risparmiatelo. Non ti ho aiutata per avere la tua gratitudine”.

Rose sbuffò seccata ed esasperata e spostò la sua attenzione al dorso della mano. Sentì un piccolo brivido scenderle lungo la schiena, mentre ne constatava le condizioni. Ci aveva visto giusto: sotto la crosta aveva cominciato a formarsi del pus. “Non lo faccio per quello, Malfoy”.

“Giusto. Cosa stavo pensando? Rose Weasley non si abbasserebbe mai a ringraziare me”. Se l’era immaginata o nel tono del ragazzo, nascosta dietro tutta quella malignità, c’era una punta di dolore? Per un attimo le era sembrato un animale ferito che graffia e ringhia spinto da rabbia, rancore e dolore. “Cos’è allora? L’idea di essere in debito con me ti disgusta tanto da costringermi ad accettare un aiuto che non voglio?”

Se l’era immaginato. Rabbia e rancore c’erano eccome, ma dolore? No di quello non c’era traccia, almeno non del genere che pensava e sperava lei.

“Ti ricordo che nemmeno io volevo il tuo, Malfoy”. Fece, continuando a studiare il dorso della sua mano. “E sì. In parte è questione di sdebitarsi. In genere non mi piace essere in debito con gli altri. Non importa che sia tu. Ma non è solo per quello.. anzi direi che lo sdebitarsi c’entra solo in minima parte.” Alzò gli occhi azzurri su quelli grigi, incatenando il suo sguardo a quello del ragazzo, perché certe cose andavano dette guardando l’altra persona dritta negli occhi. Sentiva il cuore rimbombarle nel petto con un rumore assordante e faceva fatica a deglutire, ma tenne gli occhi ben fissi su quelli del Grifondoro e pregò che la sua voce non facesse trapelare il nervosismo, che la vicinanza dell’altro le causava. “Io non volevo il tuo aiuto. Ero sicura che non mi servisse e, soprattutto, non lo volevo. Tu, però, non mi hai dato retta. Mi hai tenuta insieme quando minacciavo di spezzarmi e mi hai dato qualcosa a cui aggrapparmi quando le mie forze non bastavano più a tenermi in piedi. Mi hai tirata fuori da una situazione difficile, ci sei stato quando più ne avevo bisogno… è tanto sbagliato voler fare lo stesso per te?”

Non distolse lo sguardo da quello del ragazzo nemmeno per un secondo, quindi poté vedere tutte le reazioni di Malfoy alle sue parole. I suoi profondi occhi grigi, così freddi e duri all’inizio, si erano lentamente riempiti di stupore e, adesso che stava assimilando il significato del suo discorso, Rose vide affiorare qualcos’altro. Qualcosa che non riusciva bene ad identificare o capire, ma l’intensità di quello sguardo era inconfondibile e sapeva di desiderio. Metteva a durissima prova il suo autocontrollo. Riuscire a non abbassare gli occhi, sostenere il peso di quello sguardo senza dare retta all’istinto, agli ormoni e ai più svariati muscoli del suo corpo che la imploravano di saltargli addosso stava richiedendo tutta la sua forza e tutta la sua concentrazione. Non aveva mai fatto nulla di così difficile in tutta la sua vita. Non aveva mai provato nulla di simile in tutta la sua vita.

Doveva stemperare l’atmosfera, se non voleva fare qualcosa di cui si sarebbe pentita. “E poi ora siamo compagni di squadra e tra compagni si ci aiuta, no?” Gli rivolse il miglior sorriso rilassato che riuscì a stamparsi in viso.

Malfoy annuì piano, non ricambiò il sorriso, ma i suoi muscoli finalmente cominciarono a distendersi, la linea tesa delle sue spalle si ammorbidì e Rose poté allentare la presa sul suo polso. Ritornò ad osservare le nocche escoriate girando lentamente la mano del ragazzo per avere una visione migliore. Passò piano, dolcemente le dita fredde sulla pelle arrossata e lo sentì rabbrividire leggermente. Avvicinò la punta della bacchetta alle zone offese e cominciò a mormorare formule magiche.

Non era un’esperta di incantesimi curativi come Meg, ma, essendo lei Rose Weasley, degna figlia di Hermione Granger in Weasley e, quindi, affamata di sapere, alcune conoscenze generali sugli incantesimi di base le aveva. Era abbastanza per disinfettare e pulire i tagli e fasciarli di nuovo in bende pulite.

Terminato con la mano destra, si dedicò a quella sinistra, che verteva in condizioni leggermente migliori. Il silenzio del corridoio deserto era turbato solo dai suoi sussurri e dai loro respiri. Se Daria fosse stata presente avrebbe, però, potuto sentire anche il battito leggermente accelerato del suo cuore.

Chissà se anche a lui il cuore sta battendo in modo irregolare? Scosse appena il capo e si lasciò sfuggire un debole sbuffo.

Non sono cose che dovrebbero interessarti, Rossa. E comunque sia ne dubito fortemente. Di nuovo la voce di Moira rimetteva in riga i suoi pensieri.

Proprio come farebbe quella vera. Pensò con affetto.

“Ho finito” Dichiarò qualche minuto dopo, lasciando andare la sua mano. “Non è niente di speciale, ma almeno non dovrebbero più infettarsi”. Sollevò lo sguardo su di lui e continuò con tono pratico: “Daria tra le sue scorte personali dovrebbe avere un unguento che toglie l’infiammazione e velocizza la cicatrizzazione. Più tardi te ne porto un po’. Se riesco a trovarlo”. Puntualizzò con un sorrisetto esasperato.

Lui le rivolse uno sguardo divertito e comprensivo al tempo stesso. “È molto disordinata, vero?”

“Non immagini neanche quanto”. Rispose lei con una certa enfasi. Era grata che l’umore di Malfoy sembrasse migliorato. “È atroce. Una cosa spaventosa”.

“Io ho il problema opposto. Al ha una vera ossessione per l’ordine”.

“Mmm mmm, me lo ricordo. Zia Gin dice sempre che è più efficiente di un’intera equipe di elfi domestici”.

Lui si aprì in un sorrisetto divertito. “Proprio non capisco come le venga in mente”.

Era il primo sorriso che le rivolgeva e Rose dovette imporsi, per la milionesima volta, di non saltargli addosso. Istinto cui si stava abituando, per quanto controvoglia. Era diventata bravissima a reprimerlo senza pietà, nascondendolo dietro il proprio miglior sorriso scanzonato. Il genere di sorriso che di solito le assicurava il pieno accesso alla camera da letto del ragazzo di turno. Ovviamente questo non era il caso di Malfoy.

“Allora Rose” Cominciò lui, dopo una manciata di secondi si silenzio. La solita espressione beffarda dipinta in volto. “Dimmi: in cosa consisterà la sfida?”

“Ti avviso, Malfoy, non ti piacerà e ci vedrà penalizzati”. Lui la guardò palesemente confuso e Rose sospirò. “Cos’è che proprio non sai fare?”

“Nulla, Weasley. Non c’è nulla che io non sappia fare”. Rispose il Grifondoro, col prevedibile sorriso strafottente.

“Davvero? Non ti viene in mente nemmeno un piccolo punto debole? Ti do un indizio: ha a che fare con la geografia”. Lui assottigliò lo sguardo, arrivando a comprendere. “Esatto. Una prova d’orientamento”.

 

 

***

***

 

 

La porta dell’infermeria si chiuse alle spalle di Al con un tonfo sordo e Daria si abbandonò contro il cuscino, tirando un po’ più in su le coperte e cercando di ignorare i continui borbottii infastiditi della sorella nel letto accanto. Quando Meg aveva confermato che sì, si era presa una bella influenza, si era diretta immediatamente in infermeria, spedendo l’amica a cercare Marta. La sua sorellina aveva sempre avuto la tendenza a sottovalutare i loro naturali problemi di salute.

“Hai sentito mamma e papà ultimamente?” Chiese giusto per fare conversazione. Lei scriveva ai genitori una volta a settimana per tenerli aggiornati sulla sua vita. Il resto della corrispondenza, quasi giornaliera, che si scambiava con suo padre non aveva nulla di personale, erano tutte solo questioni ufficiali.

Ho scritto alla mamma tre giorni fa, ieri mi è arrivata la sua risposta e sta mattina le ho mandato la mia”. Daria era molto sorpresa: sapeva che l’altra sentiva i genitori un po’ più spesso, ma di certo non pensava che scrivesse loro così spesso. “Mi sa che potrebbe arrivarti una Strillettera. Ho chiesto espressamente a ma’ di non mandartene una, ma penso che potrebbe non darmi retta.”

E come mai dovrebbe mandarmene una, scusa?” Chiese la maggiore assolutamente confusa.

Marta abbassò lo sguardo sulle proprie mani, un leggero rossore sulle guance. “Le ho detto di quello che è successo alla partita”.

Tu COSA?”

La più piccola, provocata dal suo tono alzò il viso e incrociò le braccia al petto. “Quando ho scritto la prima lettera ho aggiunto un piccolo paragrafo in cui gli raccontavo degli sviluppi del caso, ma dalla loro risposta ho capito che non ne sapevano niente, così nella lettera di sta mattina ho scritto un racconto dettagliato di ciò che era successo. Comunque la colpa è tua in primo luogo per non aver detto niente”.

Daria era esterrefatta. E incazzata nera. “Come Zeus ti è venuto in mente di fare una cosa del genere?! C’è un motivo se non gliel’ho detto io!”

“Sono i nostri genitori! È loro diritto sapere quello che ti succede. Tu e il tuo stupido desiderio di privacy. Sei la più grande, ma ti comporti come una bambina!”

“Stupido desiderio di privacy? Mi comporto come una bambina? Non ti rendi nemmeno conto di quello che hai combinato, meno male che tu sai cosa vuol dire essere me!”

“Lo so invece! Lo so eccome. Tu invece…”

Daria la interruppe prima che potesse concludere. “Ah lo sai? Ti avevo sottovalutata, allora. Non pensavo che volessi così tanto andartene da Hogwarts”.

“No che non me ne voglio andare! Cosa c’entra adesso? Stai solo cambiando discorso”.

“No, sorellina niente affatto. Cosa pensi che succederà quando nostra madre informerà il resto della famiglia di quanto accaduto? Come pensi che reagiranno sapendo che non solo nella mia scuola c’è stato un tentativo di omicidio, ma che l’obbiettivo era un mio amico e che il mandante è in libertà e non è stato nemmeno identificato?” Quando la più piccola non rispose, Daria continuò: “Te lo dico io come: mi obbligheranno a lasciare immediatamente la scuola. E per non sbagliare la faranno lasciare anche a te”.

“N-non puoi esserne certa. Non è detto che…”

“Invece, sì. Sai benissimo quanto gli anziani del consiglio e i membri del senato siano restii a lasciarmi continuare a frequentare Hogwarts, da quando ho battuto Luca e quanto vogliano convincermi a tornare permanentemente in Italia non appena avrò compiuto diciassette anni. Pensi che non sfrutteranno l’occasione? Senza contare la crisi di panico che scatenerà il sapermi così vicina ad un tentativo di omicidio”. Daria guardò la sorella distrattamente per un paio di secondi. Giusto il tempo di decidere la sua prossima mossa.

Si alzò da letto, infilò le pantofole e si avvicinò alla porta dell’ufficio di Madama Lones.

“C-cosa fai?” Le chiese Marta con voce spezzata.

“Mi metto in contatto con nostro padre. Questa partita non l’ho ancora persa”.

 

 

 

 

 

 

Buona epifania a tutti!

In questo capitolo c’è un sacco di Marta e di informazioni su Daria. Qualcuno è riuscito a mettere insieme i pezzi e a svelare qualcuno dei suoi misteri?

Vi ricordate l’extra di BTW che avevo scritto qualche tempo fa? Le due one-shot POV Al e Scorpius? … beh, ho deciso di continuare e ne ho scritto altre due una l’ho già pubblicata, mentre l’altra la posterò a breve.

Questo è il link:

 http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1480746&i=1

 

Un bacio

AiraD

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: AiraD