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Autore: Airborne    28/01/2014    3 recensioni
Settembre 1978. Claire Rashbaum, quattordici anni, è innamorata del sedicenne John Bongiovi, il cosiddetto “Casanova del New Jersey”, ed è decisa a farsi notare imparando a suonare le tastiere con l'aiuto del fratello David. Peccato che David sia assolutamente contrario all'idea che sua sorella esca con l'amico, e per impedirlo entra nella sua band in veste di tastierista. Se poi si mette in mezzo anche Dave Sabo, peggior nemico di Claire e braccio destro di John, come andrà avanti la faccenda?
Disclaimer: Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di queste persone, nè offenderle in alcun modo.
[INTERROTTA]
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo 9

Sigarette e chiacchierate

Till we ain't strangers anymore

 

 

«Ho bisogno di bere qualcosa» dissi a Sarah, che non esitò un istante a prendermi per mano e condurmi lontano dalla calca che si dimenava, verso il bancone semivuoto.

«Non sono dei grandi?» mi chiese con gli occhi che luccicavano.

«Sono incredibili!» risposi, urlando per sovrastare un assolo di chitarra del terzo gruppo.

«E io che ti avevo detto? Pensa che non volevi nemmeno venire...»

«Smettila subito» ordinai con un sorriso. «Cosa prendi?»

«Una Heineken. Ho una sete...Tu?»

«Ne prendo una anch'io». Dubitavo che avrei trovato qualcosa di analcolico allo Shock Club. E poi, tutti là dentro sembravano pazzi per la Heineken. Doveva essere buona.

Mentre sorseggiavamo la birra mi si affiancarono George e Douglas. Trasportata dall'atmosfera, li salutai.

«Oh, guarda chi c'è! Che ci fai qui?» mi chiese George. Era stranamente perplesso.

«Quello che fate v...»

Poi sbiancai.

Avevo fatto la frittata. Quei due sarebbero andati a spiattellare tutto a David.

«Ecco...Io...»

«Ciao ragazzi!» strillò Sarah. «Come va?»

«Oh, ci sei anche tu!» esclamò Douglas appoggiandosi al bancone in quella che probabilmente credeva essere una posa sexy.

«Vi state divertendo?» riprese Sarah.

«Se ci stiamo divertendo?»

«Questi sono bravetti, ma aspettate di sentire i prossimi...Noi siamo qua solo per loro».

«Chi sono?»

«Si chiamano Shark Frenzy».

«Ah, sì, quelli di cui mi parlava Al...»

«Li tengono per ultimi perchè sono i più bravi, e per di più il chitarrista è di Woodbridge. Li tengono buoni fino alla fine per guadagnare di più...» spiegò George.

«Il chitarrista è di Woodbridge, hai detto? Ed è carino?» chiese Sarah. Ovviamente.

La risposta alla domanda di Sarah poteva aspettare. «Perchè David non è con voi?» Ormai il danno era fatto, e una mia curiosità aspettava di essere soddisfatta.

«Avete chiarito?» chiese quel pettegolo di George.

«Non te l'ha detto?» domandò quell'apprensivo di Douglas.

«No, non me l'ha detto, evidentemente. Ed è stranissimo che non sia con voi il sabato sera a un concerto rock. E sul chiarimento ci sto lavorando» aggiunsi, visto che George mi guardava male.

«Non so se te lo dovremmo dire» mi rispose Douglas. «Alla fine sono affari suoi».

«Come sarebbe a dire? È il vostro migliore amico!» intervenne Sarah, che voleva notizie del suo amore segreto.

«Non è poi così strano che non sia con noi...Sta crescendo, il ragazzo» sentenziò Douglas con un sorrisetto soddisfatto.

«Già...Ha cominciato a preferire il cinema ai concerti».

«Ha detto che andava al cinema, in effetti...Ma come mai? Tra un concerto e il cinema preferisce venti volte il concerto!»

«Lui sì...»

«Come sarebbe a dire lui sì?»

«Una ragazza?!» esclamò Sarah, che si aspettava sempre il peggio. «È andato al cinema con una ragazza?»

«Esatto» confermò George. «Ed era anche ora, se devo dirla tutta. Quei due si guardano da...Quanto sarà?»

«Più o meno quattro anni» completò Douglas.

Sarah fu sul punto di piantare un'espressione sconvolta e addolorata, ma riuscì a mantenere il controllo. Io ero semplicemente a bocca aperta.

David con una ragazza? Ed era innamorato da quattro anni e io non me ne ero mai accorta? No, era troppo strano. L'idea che mio fratello di potesse innamorare non mi aveva mai sfiorato la mente. Lui era mio fratello, non so se mi spiego. L'aria sognante e lo sguardo perso nel vuoto non gli si addicevano per niente. Mi chiesi quanto strano sarebbe stato, per un po' di tempo, guardarlo sotto quella luce nuova. Poi mi ricordai che, se andavamo avanti così, la prossima volta che lo avrei guardato sarebbe stata al suo matrimonio con questa fantomatica ragazza.

«Chi è?» domandò Sarah, con la voce che tremava leggermente.

«Kate Stevens, il capitano della squadra di nuoto».

Bè, almeno era una bella ragazza. Simpatica, intelligente, con la testa sulle spalle.

«Io...Io penso che andrò a sedermi un attimo» disse Sarah.

«Vado anch'io. Ci vediamo in giro».

Sarah si lasciò cadere su una sedia con aria sconsolata, ma non quanto avrei immaginato.

«Dai, non abbatterti...» cominciai, senza sapere bene cosa dirle.

«Non ti preoccupare» tagliò corto lei guardandosi le mani. «Prima o poi sarebbe successo. Tuo fratello mi piace, lo sai, ma è sempre stato ovvio che non avrebbe mai potuto innamorarsi di me».

«Sei sicura che è tutto a posto?» le chiesi. Aveva passato tre anni a decantarmi i pregi di David e adesso che lui frequentava un'altra si comportava come se andasse tutto a meraviglia? No, non poteva veramente stare così bene.

«Sì, è tutto a posto. Cioè, oddio, adesso non è tutto a posto, ma tra un paio di giorni mi passerà, vedrai». Sì, come no. Aveva gli occhi lucidi. «Però forse è meglio se torniamo a casa, non me la sento di stare qui» concluse con voce spezzata.

A dire il vero, io non volevo tornare a casa. George e Douglas mi avevano messo una gran voglia di sentire gli Shark Frenzy. Chissà quanto era bravo il tastierista...No, volevo rimanere. Ma Sarah si era appena asciugata una lacrima. Non potevo pretendere che rimanesse lì come se nulla fosse, anche se il trucco non sarebbe colato (i suoi cosmetici erano rigorosamente a prova d'acqua). E poi lei mi aveva dato la possibilità di tornare a casa, dopo una settimana in cui aveva sognato lo Shock giorno e notte. Non era questione di ricambiare il favore, era questione che Sarah era la mia migliore amica ed era mio dovere farla stare bene, qualsiasi cosa fosse servita. E in fondo quello era solo un concerto allo Shock. Gli Shark Frenzy non erano di Woodbridge? Di sicuro ci sarebbero state altre occasioni di sentirli.

«Vado a cercare Al. Gli dirò che ti senti un po' male, quindi reggimi il gioco. Non muoverti di qui». Mi allontanai, senza guardare se altre lacrime rigavano il volto di Sarah.

George e Douglas erano ancora al bancone del bar. Sperai che sapessero dove potevo trovare Al, e che lui non fosse in mezzo alla ressa di rockettari scatenati sotto al palco.

Ma prima che potessi raggiungerli, qualcuno mi piazzò un braccio attorno alle spalle e mi trascinò con forza verso l'uscita.

«Ehi!» esclamai, presa alla sprovvista, cercando di divincolarmi. Chi c'era, là dentro, che aveva così tanta confidenza da me? Forse era Al ubriaco. Almeno mi aveva risparmiato la fatica di cercarlo.

«Ehi, piano! Abbiamo i bollenti spiriti?» chiese un'ironica voce maschile incredibilmente vicina al mio orecchio.

Non era Al. Ma che cavolo voleva da me uno sconosciuto? Mi agitai ancora di più, cercando di assestargli una gomitata nello sterno per liberarmi.

«Calmati!» mi ordinò a due passi dall'uscita.

«Lasciami!» gridai, guardandolo in faccia per la prima volta.

Arrossii così tanto che, probabilmente, nemmeno l'abbondante strato di trucco che Sarah mi aveva spalmato in faccia riuscì a nasconderlo.

«Calmati, per carità!» esclamò John, guardandomi con i suoi occhi azzurri e portando alle labbra una bottiglia di birra.

«E tu potresti anche salutarmi senza farmi morire di paura!» Mi domando ancora oggi da dove fosse uscito tutto quel coraggio.

«Esagerata!» sogghignò, facendomi cenno di uscire. «Strano che quell'uomo asfissiante che ti ritrovi come fratello ti abbia lasciata entrare allo Shock» disse, fermandosi accanto a una macchina parcheggiata davanti all'uscita.

«Non sa che sono qui» precisai, chiedendomi se John fosse a conoscenza del nostro litigio.

«Birichina» commentò con un sorriso complice. «Entri allo Shock anche se sei troppo piccola e tuo fratello nemmeno lo sa? E hai solo dodici anni...Se continui così comincerai presto a seguire le mie orme».

Menomale che il trucco doveva farmi sembrare più grande.

«Veramente, di anni ne ho quattordici». Lui rimase impassibile, continuando a fissarmi mentre finiva la sua birra tutto d'un fiato. «Bè, che c'è?»

«In che senso?»

«Perchè mi hai trascinata qua fuori?» Al freddo, aggiunsi mentalmente.

«Mi volevo fumare una sigaretta in santa pace, ma poi ti ho vista e ho deciso di farmi una chiacchierata. Vuoi fare un tiro?»

«No, grazie» risposi arrossendo. John Bongiovi voleva chiacchierare con me! E mi aveva pure offerto un tiro della sua sigaretta! Mi sentivo quasi male.

Prese un pacchetto di Winston dalla giacca, ne estrasse una sigaretta e la accese.

«I miei quattro amici vandali là dentro mi hanno detto cos'ha combinato la tua amica a Dave...»

«Bè, se lo meritava» affermai. Non mi importava se Sabo era il braccio destro di John. Non avrei smesso di odiarlo solo perchè erano amici, né per nessun altro motivo. «L'unica cosa che mi dispiace è non essere stata io a mollare quello schiaffo».

«Ehi!» esclamò, guardandomi un po' storto. «È di Dave che stai parlando, non dell'ultimo secchione sfigato. Stai attenta a cosa dici di lui in mia presenza, sorella di David».

Ma perchè un ragazzo dello spessore di John se ne andava a bighellonare in giro con uno come Sabo?

E, tra parentesi, si era già dimenticato il mio nome.

Avevo davvero paura di parlare con un tipo del genere? Anche se i suoi occhi fissi nei miei e la mano tra i capelli mi davano una risposta inequivocabile, decisi di protestare.

«Mi dispiace, ma su Sabo non transigo. Mi rende la vita impossibile da quando avevo sette anni, quindi era proprio ora che ricevesse una lezione come si deve».

La mia pelle d'oca cominciava a farsi sentire prepotentemente.

Mi squadrò per qualche secondo, dando qualche colpettino alla sigaretta per far cadere la cenere. «In effetti, a volte con te esagera un po'. Forse se la meritava davvero, una lezione. Bè, come vanno le lezioni di tastiera?»

Eccola là. Non poteva chiedermi come andavano gli allenamenti, o come stava mia nonna, o cosa avevo intenzione di fare il giorno dopo? No, doveva chiedermi delle lezioni di tastiera.

«È un po' di tempo che David non mi dà lezioni...»

«Lo so» sorrise John.

Ebbi un tuffo al cuore. Cosa voleva dire che John lo sapeva? Cosa diamine gli aveva detto quella testa bacata di mio fratello? Poteva avergli detto... Mi proibii di pensarci.

«Quel vecchio volpone di David» proseguì John. «Si sta dando alla pazza gioia con quella bella ragazza che si è trovato».

Tirai un sospiro di sollievo.

«Comunque, per il momento vado al club di musica della scuola». Cominciavo a fare fatica a non battere i denti.

John mi guardò con aria schifata. «Il club di musica della scuola? Come cavolo fa la sorella di David Rashbaum a frequentare certi postacci?»

«E cosa...»

«Ma tu sei praticamente nuda!»

Quella volta il trucco non bastò nemmeno lontanamente a coprire il rossore.

«Scusami, non me ne sono accorto...Finisco la sigaretta e rientriamo».

«No, no, sto bene» mormorai, cercando di scaldarmi le braccia come meglio potevo.

John non mi sentì nemmeno. «Intanto prendi questa» disse, affrettandosi a togliersi la giacca.

Stavo forse sognando?

John mi aiutò ad indossare la giacca, più grande di tre o quattro taglie, e rimase in maniche corte.

«Guardati, sei tutta rossa dal freddo...Mi sbrigo, promesso» concluse, e fece un lungo tiro. Sì, rossa dal freddo, come no.

Per me poteva fumarsi anche dieci pacchetti interi.

«Che stavi dicendo?»

«Dove vado a prendere lezioni di tastiera, se mio fratello non me le dà e il club della scuola è un postaccio?»

«Conosco un po' di gente che farebbe al caso tuo...Ma già che ci sei perchè non vieni alle prove?»

Sì, e David?

«Potrei, ma...Ho gli allenamenti proprio alla stessa ora». Non avevo neppure bisogno di inventarmi una scusa.

«Bè, sei fortunata» mi sorrise. «Abbiamo cambiato gli orari. David vuole la sera libera...Ha proprio perso la testa, questa volta».

Bellissimo piano, peccato che di mezzo ci fosse mio fratello. Dovevo rinunciare per quel cretino? O dovevo fregarmene? Dovevo consultarmi con...

«Sarah!»

«Eh?»

«Devo andare...Devo fare una cosa urgentissima!» Come diamine avevo fatto a dimenticarmi di Sarah?

«Aspetta, ho finito» disse John, gettando la sigaretta a terra e rientrando.

Sarei tornata a casa con la sua giacca addosso, se lui non mi avesse trattenuta per un braccio appena rientrati nel locale.

«Aspetta un attimo» dissi, strappandomela di dosso.

«No, intendo...Ascolta!» Nella foga non mi ero resa conto che sul palco c'era un nuovo gruppo. «Il chitarrista...Lo senti?»

E io lo sentivo. Non so come spiegarmi meglio, certe cose non si possono spiegare. Ma lui sì che era un chitarrista. Non come John, che suonava per divertirsi, né tantomeno come Sabo, che era una mezza calzetta. Lui suonava perchè si sentiva la musica dentro. Ci avvicinammo al palco, incantati da quei suoni.

«Quanto vorrei un chitarrista così» mormorò John, incapace di distogliere lo sguardo dalle dita che accarezzavano le corde. «E, a dire la verità, non mi dispiacerebbe nemmeno la sua chitarra».

«Vai a parlargli» suggerii.

«Non servirebbe a niente. Lui...»

«Ehi!» Mi voltai e vidi Al.

«Eccoti qui! È mezz'ora che ti cerco. Dobbiamo andare, Sarah non si sente bene».

«Ma come?!» protestò.

«Dai, andiamo» gli ordinai, prendendolo per il polso.

John, perso a fissare il chitarrista, non si era nemmeno accorto che non lo stavo ascoltando. «...e fa già parte di un altro gruppo».

Gli toccai il braccio per costringerlo a voltarsi e lo fissai negli occhi. «Tu vai a parlarci. Non si sa mai quello che potrebbe succedere in futuro».

E successe qualcosa. Dovette per forza succedere qualcosa, perchè rimase senza parole, cosa mai successa in tutta la sua vita, figurarsi con una quattordicenne.

Mi sembrava troppo sperare che si fosse accorto che quella sera anch'io avevo sedici anni.

Mi feci strada tra la folla, trascinandomi dietro Al. Sarah era dove l'avevo lasciata. «Dove diamine eri finita?» Sembrava stanchissima.

«Scusa, non riuscivo a trovarlo».

Nel locale la musica non risuonava più. Prendemmo le nostre cose e uscimmo, seguiti dalle parole del cantante.

«Un grande applauso per il nostro chitarrista, l'insostituibile Richie Sambora!»

 

 

 

Note

 

Buondì!!

Sì, sono tornata. Una parte di me dice che avevate ormai perso la speranza, mentre l'altra si chiede se sul serio questa storia è abbastanza per farvi perdere la speranza.

Ho delle spiegazioni da dare per il ritardo geologico con cui pubblico questo capitolo, che peraltro ho scritto tipo in primavera. Non ho aggiornato prima perchè, come faccio abitualmente, ho aspettato di concludere il capitolo successivo, nel caso avessi dovuto cambiare qualcosa. Il capitolo 10, che è già pronto (salvo imprevisti), è stato un parto e mi è pure riuscito male. Non so nemmeno se lo pubblicherò. Ho perso l'ispirazione, completamente, e anche la passione che avevo per i Bon Jovi quando ho iniziato a scrivere questa storia nell'agosto del 2011. Mi piange il cuore a dirlo, ma è così. Sono sempre i miei preferiti, ma qualcosa si è affievolito.

Ora, però, lasciamo perdere i deliri di una fan-non-più-così-fan, e parliamo di questo capitolo. So che è un capitolo col botto, più o meno. Parecchi di voi aspettavano l'entrata in scena di Richie (a proposito, qualcuno sa cosa sta succedendo tra lui e la band? Non sono molto informata, chiedo venia), ed eccolo qua :) A quanto mi risulta, Richie e Jon si sono conosciuti dopo il liceo. Di solito non mi piace forzare il reale corso degli eventi, ma ho fatto un'eccezione perchè l'idea mi intrigava, e può essere che ne farò delle altre...Non so. Spero comunque che il capitolo sia abbastanza bello da risvegliare in voi un po' d'interesse :) Sempre che ce ne sia mai stato, ovviamente.

Ho un paio di idee carine per il proseguimento della storia, ma non so se riuscirò a metterle nero su bianco. Sono in una profonda crisi letteraria, e non lo dico per fare la melodrammatica. Non so quando ricomincerò a scrivere, né se lo farò sul serio. Come dicevo prima, non so se pubblicherò il prossimo capitolo, sia perchè è davvero brutto, sia perchè se questa fanfiction è destinata a rimanere incompiuta preferisco che l'ultimo capitolo sia questo, che rappresenta la fine della prima parte della storia, oltre a piacermi un sacco.

Sono consapevole di tenere un po' sulle spine quei pochi che si ricordano di questa fic e che l'hanno apprezzata, ma non voglio deludervi ancora, quindi è meglio che sappiate come stanno le cose. Ora come ora sento che se riprendessi a scrivere non otterrei i risultati di una volta e finirei per stare solo peggio. Sono in questo “periodo no” da un bel po' di tempo, ormai, e sto cominciando a perdere le speranze. Ma nella vita non si sa mai. Quindi, se avete voglia, tempo e motivi per farlo, tenete d'occhio la pagina :)

Grazie a chi ha letto questo capitolo, a chi recensisce e ha recensito, nonostante tutto. Rimango della mia opinione: siete i migliori.

  
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