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Autore: owll    29/01/2014    1 recensioni
[...] ora che Vegeta aveva deciso di lasciarla lì con suo figlio, di aprire una voragine nel suo cuore di gettarle in faccia tutti quegli anni passati ad amarlo, per tornare a viaggiare per lo spazio dichiarando di voler ritrovare i Sayan sopravvissuti.[...]
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bulma, Goku, Trunks, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo umilmente perdono per questo aggiornamento estremamente tardivo. Il lavoro e lo studio chiamano. Spero sarà di vostro gradimento. A presto! 



II

 


Oltre il cielo


 

E così era partita.

Aveva passato gran parte del viaggio a scrutare le nuvole all’orizzonte attraverso il vetro della navicella che era passata a prenderla in perfetto orario.

Fin troppo perfetto.

Gli scienziati erano davvero le persone più precise e meticolose del mondo, le avevano fatto trovare a bordo il programma dell’intero meeting; aveva impegni fin dal primo momento in cui avrebbe messo piede a terra. Sbuffò. Non era ancora convinta che avrebbe passato giornate interessanti, la convention verteva sulle nuove scoperte astronomiche e su nuovi modelli di robot da lavoro capaci di riparare da soli i satelliti in orbita attorno alla Terra; le premesse erano buone, ma i nomi che aveva letto sul depliant degli scienziati che vi avrebbero preso parte, non la entusiasmavano, alcuni li conosceva bene e sapeva che si trattava di perfetti imbecilli, altri erano dei farfalloni, e pochissimi erano intelligenti abbastanza per poter sostenere dei discorsi sensati.

Il meeting si sarebbe tenuto presso Il Villaggio della Scienza a quattro ore di volo da casa sua, sorrise tra se pensando che conosceva chi in un battito di ciglia avrebbe potuto coprire distanze incredibili, cose che la scienza non avrebbe mai potuto spiegare, e probabilmente nemmeno accettare. Goku ci avrebbe messo un attimo a percorrere quella distanza, Vegeta un po’ in più, lei purtroppo era una terrestre, e doveva accontentarsi  di un noioso e lungo viaggio. Quattro ore non erano poi così tante calcolando che la fortuna era stata dalla sua, era sola, almeno quello. Intrattenere giornalisti scientifici e ricercatori non era proprio rilassante di prima mattina, e di sicuro non avrebbe accorciato i tempi.

Il cielo era terso quella mattina, poche nuvole rade lo tagliavano in orizzontale, qualche gruppo di uccelli migratori passò sotto di loro. Era una splendida giornata, e sarebbe stata ancora più splendida se Vegeta, appena sveglio, non le avesse messo i bastoni fra le ruote, come al solito.

La dolcezza della sera precedente era completamente scomparsa al sorgere del sole. Quelle effusioni pacate, non sarebbero durate a lungo, lo sapeva, aveva avuto uno strano presentimento che pensava fosse riferito ad altro, ed invece sembrava proprio riferito a quella giornata.

Quel dannato scimmione.

Era riuscita a tenerlo a bada, certo, ma a volte proprio non sopportava quei suoi modi arroganti, soprattutto quando aveva appuntamenti di lavoro importanti. Forse stargli lontana per un po’ era giusto, le avrebbe giovato e avrebbe raddrizzato anche lui.

Che illusa.

Con la stessa velocità con cui aveva formulato questo pensiero aveva formulato quello opposto, adorava il suo modo ‘carnale’ di volerla, e lui era così, duro, orgoglioso e pieno di pretese, lo amava anche per questo, purtroppo.

“Due ore all’arrivo!” esclamò una voce metallica femminile attraverso l’alto parlante.

Bulma bevve un sorso di caffè, si era ormai raffreddato, aveva passato tutto il tempo a guardare fuori, piuttosto che a fare colazione. Sbuffò infastidita, chiese di averne dell’ altro, ma poi ci ripensò, avrebbe lasciato freddare anche quello di sicuro. Aprì il computer portatile, e si mise a rileggere il discorso scritto la sera precedente; si meravigliò di come avesse riassunto così abilmente certi passaggi complicati, ebbe da correggere ben poco, e in fretta ebbe terminato anche quel ‘lavoro’, ora non poteva fare altro che rimettersi a pensare a quello stupido di un alieno che viveva con lei.

Al risveglio non le aveva permesso di ultimare le valigie, era una tipa diciamo… previdente e avrebbe voluto portar con se ricambi per almeno dieci giorni, invece che per due. Una donna, scienziato non poteva apparire mai con un capello fuori posto, e poi a lei piaceva essere guardata, era sempre stato quello il suo punto debole. Aveva a stento messo insieme in necessario.

 

Vegeta aveva preteso attenzioni.

 

“Credi che ti lasci andare così?” le aveva chiesto inchiodandola al letto, occhi negli occhi le aveva lasciato capire che voleva solo farle perdere tempo, quella mattina non la desiderava, voleva darle fastidio e nient’altro. Gli piaceva molto vederla arrabbiata, era reattiva e giocare con lei aveva un gusto diverso.

Il sole che penetrava dalla finestra lo illuminava di taglio, i suoi muscoli levigati erano già in tensione, e lo modellavano come un bronzo di Riace, le aveva spesso fatto perdere la testa a quel modo, con il solo guardarla, o il solo sfiorarla. “Vegeta!!!” lo aveva ammonito, ma non era quello il momento migliore per non capirci più nulla, “Si sono io!” le aveva risposto di rimando con fare sfacciato prendendo a tormentarle una spalla con dei piccoli morsi. Una mano le teneva fermi i polsi, mentre l’altra indagava sotto la maglietta. Sentiva su di se il suo corpo potente e non poteva reagire, avrebbe dovuto fregarlo con l’astuzia, come al solito.

Aveva allentato la resistenza e lo aveva lasciato fare, sapeva che presto si sarebbe accorto della sua resa, e così era stato. L’aveva guardata malizioso, lei gli aveva sorriso, gli aveva gentilmente chiesto di invertire le posizioni, capitava che lui la lasciasse fare e così era stato.

A cavalcioni sulla belva si sentiva sempre molto potente, lui le aveva afferrato i fianchi e chiuso gli occhi attendendo qualcosa, respirava a pieni polmoni con il petto, attraversato da piccole striscioline rosa che, possente, si muoveva lento. Bulma si era avvicinata al suo orecchio e gli aveva bisbigliato dapprima delle parole impronunciabili, che lui e solo lui avrebbe ricordato per sempre e poi, con suo sommo stupore, delle cattiverie, cose che lo avevano infastidito, che lo colpivano nell’orgoglio; sapeva sempre dove ferire con la bocca, lei.

Fu a quel punto che l’uomo aveva intuito che non avrebbe avuto niente da lei, almeno non quella mattina, che aveva intuito il suo gioco “Vuoi solo farmi perdere tempo scimmione che non sei altro!” lo aveva accusato alzandosi, lui aveva preso a ridere come un pazzo, una risata dura e rauca “Credi di averla vinta vero?” le aveva risposto continuando a ridere.

Era riuscita a mettere al volo delle cose in valigia, Vegeta non avrebbe riso ancora per molto. Si chiuse in bagno, e per fortuna le lasciò fare una doccia, le concesse anche il tempo di organizzare un beauty con il necessario da viaggio; trucchi, saponi, acque profumate, creme.  Indossò qualcosa di comodo, ma sensuale, una camicia rosa e un pantalone lungo e stretto, bianco; i suoi colleghi scienziati volevano lei non solo per la testa, anche se sarebbe bastata quella per metterli nel sacco, tutti.

Fuori dalla finestra aveva visto atterrare la navicella privata, c’era stato un momento in cui era arrivata quasi a pensare di abbandonare tutti e rimanere con lui; nonostante la sua violenza, tra le sue braccia si sentiva completa e appagata, forse le avrebbe concesso qualche bacio, ma Vegeta non ne era il tipo, avrebbe preteso di più e allora aveva accantonato l’idea dirigendosi verso la porta.

Stava cominciando male quella giornata, ma forse avrebbe potuto ancora recuperare.

 

“Un ora all’arrivo!” l’altoparlante la distrasse da quei pensieri, era ancora arrabbiata con lui, ma già le mancava, sapeva che due giorni sarebbero stati lunghi per entrambi, per non parlare di Trunks che era abituato ad averla sempre a casa, fortunatamente a lui avrebbe pensato il nonno, con suo nipote era riuscito a raggiungere soglie di dolcezza impensabili per un uomo di scienza.

Le balzò alla mente la foto ingiallita che avevano ritrovato insieme nonno e nipote nel piccolo laboratorio, una giovanissima se stessa e un piccolo Goku, felice e spensierato. Non riusciva a ricordare chi aveva potuto scattarla, ma poco importava tutto sommato. Una fitta allo stomaco le ricordò che le mancava quella testa a punta, ogni giorno; in ogni ricordo felice c’era lui, accettare la sua scomparsa definitiva non era stato semplice, ma per fortuna lui aveva lasciato la testimonianza del suo amore lì sulla terra in Gohan e Goten, due splendidi esemplari di vitalità e in Goten lei lo rivedeva tutte le volte, erano due gocce d’acqua. Le venne da sorridere.

A volte immaginava un Vegeta buono e gentile come il suo migliore amico, ma poi ci rifletteva, di sicuro non le sarebbe piaciuto come le piaceva ancora quel rude principe alieno.

 

“Non penserai che sia finita qui?” le aveva chiesto poche ore prima, ringhiando, mentre lei, con passo rapido aveva provato a svignarsela. Lui l’aveva raggiunta alle spalle con un balzo e l’aveva costretta con il viso sulla porta. Il suo fiato le aveva riempito le orecchie “Vegeta su, devo andare, sarò di ritorno fra un paio di giorni!” aveva provato a convincerlo, inizialmente senza risultato “Non farmi venire lividi sul viso altrimenti..!” “Cosa?” aveva risposto lui mettendo su quel suo ghigno malefico che lei amava tanto quanto odiava “… mi faresti fare delle figure orribili alla convention, sai quanto ci tengo!” “Quanto ci tieni a mettere la mercanzia in mostra eh!?” le rispose tormentandole i seni da sopra alla camicia “Non fare il geloso!” era riuscita a girarsi mentre lo diceva, ora erano nuovamente occhi negli occhi, a pochi centimetri l’uno dall’altro, respiro dentro respiro “Valgo più io che tutta quella banda di spocchiosi messi insieme!” aveva ruggito sulle sue labbra, sapeva bene che così lo avrebbe innervosito, odiava quando lei gli attribuiva sentimenti umani insipidi quali la gelosia, a quella frase infatti risero insieme, lei divertita, lui un po’ meno.

I loro occhi si agganciarono in punto imprecisato tra il naso e la fronte, nessuno dei due fece un passo verso l’altro. “Ti diverti a darmi fastidio vero?...” gli chiese “… dopo tutti questi anni ti diverti ancora un mondo!” sorrise terminando, lui le baciò le labbra, non sapeva mai cosa risponderle e l’unico modo che conosceva per zittirla era quello.

Fu un bacio casto.

A rimbombare nell’aria erano solo i battiti di due cuori affannati “Devo andare!” “Non così presto!” la interruppe lui facendola aderire a se e alla porta. Nel frattempo dall’esterno si udirono i passi di qualcuno che si avvicinava, probabilmente stavano arrivando a prendere i suoi bagagli, doveva districarsi in fretta da questa situazione complicata.

“Facciamo un accordo…” gli propose.

Aveva il fiato spezzato per la pressione contro la porta, e un timore stava salendo a galla: di li a poco avrebbe ceduto alle sue avance. Vegeta prese a baciarle il collo alternando baci e morsi lievi, se avesse potuto se la sarebbe mangiata sul serio.

“Cosa aspetti, prosegui!” la esortò, sapeva che così facendo le faceva perdere il tempo e la testa, ma quella mattina Bulma era irremovibile, le era venuta un’idea malsana “… se mi lasci andare ora… al mio ritorno…” allungò la bocca verso il suo orecchio per poter essere più sensuale possibile “… ti farò godere così tanto da farti gridare il mio nome!” sentì il cuore dell’alieno perdere un battito, poi lo vide allontanarsi dal suo collo e sorridere “Mi ricatti con il sesso ora?”. Sentì la sua presa allentarsi per un attimo prima di diventare ancora più forte, allora gli rispose “Nessun ricatto, è una promessa!” gli baciò il mento dolcemente.

Si persero ancora una volta l’uno negli occhi dell’altro, pece liquida e un mare cristallino che si incontravano e si cozzavano dentro e fuori. “Vedremo chi dei due griderà più forte!” la minacciò lasciandola andare del tutto. Le concesse solo un ultimo sguardo prima di dirigersi verso il bagno, poi riprese a ridere. Aveva calcolato ogni singolo secondo quell’uomo, perché nell’attimo in cui si chiuse la porta la voce del pilota echeggiò per la casa “Signora Brief, siamo pronti alla partenza!”

 

“Signora Brief, siamo arrivati!”

Bulma distolse lo sguardo dal finestrino, quella voce l’aveva riportata alla realtà, non si era nemmeno resa conto che la navicella era atterrata, non stava cominciando bene questa settimana lavorativa, proprio no.

Si riscosse dai pensieri e gli sorrise. Il Villaggio della Scienza era davvero enorme, un posto in cui le scoperte erano all’ordine del giorno, mise un piede sull’asfalto e respirò a fondo. Avrebbe dato il meglio di se!

 

+------------+-----------+

 

 

“La mamma uscirà in tv oggi pomeriggio Trunks, ti va di vederla vero?!” il nonno Brief, con la sua solita sigaretta attaccata ai baffi, e voce dolcissima, stava portando il nipote con se nei laboratori per continuare il lavoro di smantellamento iniziato da giorni.

Il bambino aveva pianto un po’ per l’assenza improvvisa della madre, ma si era subito ripreso grazie ad un nuovo giocattolo super tecnologico che lo scienziato gli aveva appena regalato. Si trattava di un grandioso dinosauro verde, cavalcabile, che rispondeva ai suoi comandi, solo a quelli del bambino. Bastava poco per farlo felice e quando sorrideva chiunque si scioglieva. Chiunque tranne suo padre, ovviamente.

Vegeta si trovava di passaggio in cucina proprio in quel momento, e allungò l’orecchio quando sentì il bambino frignare. ‘Se fosse stato sul pianeta Vegeta a questa età sarebbe nel deserto a combattere contro la fame, la sete e una buona dose di mostri letali! tsk!’ storse il naso alla sua vista, raramente aveva provato sentimenti d’affetto nei confronti di quell’essere messo umano.

Per quanto riguarda l’altra notizia, pensò che forse la donna avrebbe parlato di quelle sue ricerche intergalattiche che tanto gli erano interessate. Fra quelle carte, il giorno prima, aveva trovato la risposta ad alcune domande che si poneva da sempre, o meglio, da quando era stato costretto sulla Terra da una serie di fattori esterni, quali la morte di Freezer e la sfida aperta con, l’ormai defunto, Kakaroth, una morte che anche lui ancora non aveva accettato, il suo unico rivale rimasto se ne era andato e tutto stava diventando noioso e ripetitivo.

“Vegeta!” la voce del vecchio lo fece voltare, da dolce era diventata seria. Quell’uomo gli parlava raramente, ma quando lo faceva era sempre per dirgli qualcosa che poteva interessarlo sul serio, stimava la sua intelligenza, e l’abilità che aveva avuto nel dare alla luce una femmina perfetta. Si scrutarono per un istante brevissimo, poi il dottor Brief parlò sostenendolo “Stasera Bulma esporrà in diretta della nostra ricerca… vieni ad ascoltarla, potrebbe interessarti!” Vegeta trasalì, che avesse capito qualcosa anche lui? Si trattava di un consiglio fin troppo esplicito.

Si degnò di non rispondergli, come al suo solito, ma era bastato uno sguardo tra i due per intendersi. Se ne avesse avuto voglia, sarebbe passato per il salotto; lì, lui e sua moglie, avrebbero ammirato la loro figlia geniale ‘esibirsi’ in diretta mondiale.

Che donna! Pensò fra se.

Non avrebbe potuto trovarne una migliore in tutta la galassia, lo sapeva benissimo, aveva cominciato a capirlo fin da subito; eppure doveva allontanarsi da lei, quella droga che gli iniettava ogni volta che lo baciava stava diventando letale.

Quale folle lo avrebbe accolto fra le sue mura? Quale folle lo avrebbe affrontato così apertamente, faccia a faccia ogni giorno? Non aveva forza fisica, ma una forza mentale che lo spiazzava giorno dopo giorno. Anche quella mattina, lo aveva raggirato, solo in parte l’aveva lasciata fare. Quella sua lingua tagliente lo faceva suo in poco tempo.  Si era divertito un po’ con lei semplicemente perché adorava tenerla sulle spine, le aveva concesso fin troppo la sera prima, tutta quella intimità così familiare non poteva durare ancora per molto, non era uno stabile lui. Da sempre nomade, aveva vissuto in giro per la galassia, tutti quegli anni sulla Terra lo stavano rovinando, pensava.

Tutta quella rabbia accumulata lo stavano macerando dentro. L’amore di ‘lei’ non poteva bastargli, non gli sarebbe mai bastato, almeno questo era quello che ripeteva a se stesso ogni santo giorno.

Ma poi l’amore che cos’era?

Non si vive di sentimenti, un sayan non vive di sentimenti,  ma di guerra, conquista e odio. Espansione coloniale e sviluppo della razza. Nient’altro.

Da quanto non uccideva qualcuno?

Un tempo il sangue chiamava altro sangue, ora solo l’apatia avvolgeva il suo sayan interiore.

Tra le carte stellari di quella donna era riuscito a leggere qualcosa che aveva risvegliato il suo lato animalesco. Forse, oltre quel cielo che vedeva fuori dalla finestra della sua spoglia stanza terreste, qualche altro sayan era alla ricerca dei suoi simili, e forse, aveva capito come raggiungerlo. Il principe sopito stava risvegliandosi per tornare all’attacco, era vivo dentro lui prepotentemente. Il sangue reale aveva cominciato a pompargli forte nelle vene quella notte precedente. Una notte che non avrebbe dimenticato, una notte in cui una fiammella si era accesa nell’oscurità di quella galassia.

Bulma, un’altra galassia incredibile, aveva dormito fra le sue braccia, il suo respiro leggero lo aveva cullato, mentre vigile aveva vagato con la mente nello spazio, fra le stelle, individuando forse il punto in cui loro lo stavano aspettando, perché i sayan sono fedeli alla corona e nulla possono, o riescono, senza un comandante.

L’aveva desiderata, quasi tutta la notte, aveva finto di non volerla per non cedere ulteriormente a quel corpo così perfetto che, ad un tocco più forte si sarebbe potuto spezzare. Fra una fantasia legata al ritornare principe, ne susseguiva una legata alle gambe di quella terrestre e si era odiato profondamente per questo. Per questa sua futile debolezza. Avrebbe potuto portarla con se, ma lei non avrebbe mai abbandonato né la sua famiglia, nè quel mezzosangue nato da una notte di passione fin troppo focosa.

Reagiva male quando i ‘sentimenti’ di cui tanto Bulma vociferava, lo assalivano, si presentavano a lui come realtà tangibili ed esistenti. Reagiva male, e doveva darle fastidio. Volentieri le avrebbe fatto far tardi, molto più tardi, fino a costringerla a letto sotto la sua forza, fino a farle gridare sul serio il suo nome, fino a farle rompere la voce facendole raggiungere l’apice del piacere, ma alla fine aveva ceduto alla sua sensualità.

Riusciva a prenderlo sempre nell’ orgoglio, e per la cintura.

“Ti adoro!” gli diceva quando sapeva che ‘Ti amo’ non gli sarebbe andato a genio.

L’intera giornata l’aveva passata nella Camera Gravitazionale, asettica e fredda come d’altronde era la sua camera, ma l’unico luogo dove la sua forza poteva esprimersi al cento per cento e dove, con il sudore, andavano via anche certi pensieri legati a lei. Anni in quella casa e quel corpo di donna, perfetto, lo facevano ancora dannare. Durante le fasi lunari la situazione peggiorava, Bulma sapeva che era meglio non farsi trovare in quei giorni, il taglio della coda non aveva eliminato ‘quel se stesso’, lo aveva solo incatenato infondo al suo petto, al suo stomaco.

Decise di uscire da lì solo quando sentì che i muscoli stavano per esplodere, nel momento in cui il suo corpo cedeva, lo spirito si rinforzava. Ponderare con il sudore che gli scorreva sulla pelle lo portava quasi sempre alle scelte più giuste. Aveva un nuovo scopo ora, ritrovare gli ultimi della sua razza, ciò implicava andare via da lì per sempre, era arrivato il momento.

Era deciso.

  
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