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Autore: TangerGin    30/01/2014    2 recensioni
I suoi occhi sono del colore dell'asfalto mentre piove e chissà quante volte cadranno le sue ginocchia su quell'asfalto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo  3
Mayla

 
 
Prima di quella domenica, e delle diciannove e cinquantacinque di quella domenica, c’è stato il giorno in cui Silas e Vera sono scappati via.

Era iniziato con Silas, disteso sul letto, ed era sera. Il suo telefono continuava a squillare, e lui lo sapeva che dietro quella suoneria c’era Vera, seduta sui gradini di quella villa, che lo aspettava. E nonostante lo sapesse, e riuscisse anche ad intravedere la espressione angosciata sul volto della ragazza, era bloccato su quel letto e Vera dev’essere solo una distrazione gli ripete il cervello. Glielo ripete ogni giorno, ormai da quasi un mese: Vera dev’essere solo una distrazione, gli rimbomba in testa mentre la bacia contro il muro del pub; Vera dev’essere solo una distrazione insiste, mentre le prende la mano per sgattaiolare via dalla lezione di antropologia.
Ma il fatto che lei debba essere solo una distrazione non significa che lui debba comportarsi da maleducato e cafone, non significa che debba ignorarla e prendersi gioco di lei, giusto? E mentre quel telefono continua a squillare, Silas si rende conto che nella compostezza a volte troppo rigida di Vera lui incomincia a trovarcisi fin troppo bene, ed è per questo che la sua testa gli dice che non è un buon segno.
Eppure, nonostante la testa, c’è Silas che sale di fretta sulla sua Peugeot blu scuro, e ancora non ha imparato bene a guidare questa macchina (tra il cambio automatico e il volante a sinistra), eppure eccolo là, che corre nella notte, verso quel telefono che squilla, verso quegli occhi che, lo sa, saranno rigati dal trucco e dall’amara delusione. E mentre sfreccia, si rende conto che ormai si sta lasciando comandare a bacchetta dal cuore, e quella sua testa (Vera dev’essere solo una distrazione) sta cedendo sempre di più – e non va affatto bene.
Quando arriva all’indirizzo che Vera gli aveva scritto per messaggio, nel pomeriggio, si trova davanti ad una di quelle classiche ville californiane, vede le luci forti che spuntano da dietro il cortile, sente un vociare divertito e una musica altrettanto divertita, e un po’ si pente di essere là (Vera dev’essere solo una distrazione).
 
Nel frattempo Vera è a sedere a bordo piscina: si è lasciata convincere da Parker e dalle sue parole strascicate assieme al Cuba Libre che sorseggia da un grande bicchiere rosso, e alla fine è entratata perché non aveva proprio senso continuare ad aspettare Silas sull’uscio di casa di Doris.
Però lei a quella festa proprio non ci voleva andare, lei che delle feste ha sempre avuto paura. Dai, certo che vengo, per le dieci, massimo dieci e mezza, sono là, le aveva risposto Silas, ma era già mezzanotte passata e lei lo aveva già chiamato tre volte e dovrebbe aver imparato ad affrontare le false promesse di Silas, ma ancora non c’è abituata. Il problema è che Vera ha iniziato a credere a Silas sempre più spesso, e con un’intensità sempre maggiore. Perché per ogni promessa non mantenuta lui riesce sempre a farsi perdonare con sorprese inaspettate, e le sembra quasi che stiano giocando ad un nascondino incessante. Lui si nasconde e lei lo trova, lei si nasconde e lui, dopo molti tentativi, riesce a trovarla. Il problema è che Vera inizia a curarsi più delle sorprese e delle volte in cui Silas la trova, piuttosto che delle attese a vuoto. E così, quando quelle attese si trasformano in delusioni – come in questo momento – c’è Vera che si ritrova a cercare di cacciare indietro le lacrime che bussano agli angoli dei suoi occhi neri.
“Non è venuto” dice Spike, mentre si siede accanto a lei e le offre un bicchiere pieno di birra, e più che una domanda, è una constatazione. Vera annuisce, rifiuta la birra, e si fissa i piedi nudi sotto la superficie dell’acqua “Ormai dovrei aver imparato ma…” e lascia sospesa la frase, come a giustificarsi. Come se quel “ma” potesse spiegare perché adesso è là, in un angolo, a rimuginare e non sta ballando, chiacchierando, cantando come tutti gli altri.
“Sai, Vee, Silas mi pare una persona molto sola. E quando uno è solo, tende ad… - e Spike ci pensa bene prima di dirlo – approfittarsene” e Vera sussulta un poco. Sentirselo dire è diverso dal pensarlo, perché la cosa diventa reale e lei non vuole cadere un’altra volta in una trappola fatta di sgambetti e sorrisi falsi, come era stata la sua relazione con Nick.
Nick la aveva attirata a sé con la stessa facilità con cui, adesso, lei si stava abituando a Silas.
Nick, con i suoi riccioli indomabili e gli occhi grandi e scuri, e quel sorriso che le aveva mozzato il fiato dal primo giorno di liceo, era sempre stato più forte e più furbo di lei, e Vera era finita con le ossa rotte dal pianto, la testa sfibrata dai pensieri ed il cuore a brandelli, quando aveva scoperto che, dopo due anni e dopo che lei gli aveva dedicato tutto il suo amore e tutta la sua fiducia, Nick aveva preferito gli occhi verdi di Allison ai suoi.
Eppure Vera quella malizia che dettava ogni azione di Nick non riesce a rivederla nelle carezze di Silas, o nei suoi sorrisi strizzati, o nelle sue gambe lunghe che si incastrano e si intrecciano con le sue, sotto il tavolino del caffè della biblioteca. Per quanto paradossale possa sembrare, Silas le sembra più sincero, più umano, più vero. O forse mi sto solo illudendo, bisbiglia a se stessa, e Spike la guarda storta e decide che è meglio cingerle le spalle con un braccio, piuttosto che cercare di confortarla – anche perché, come è evidente, lui non è mai stato bravo nel confortare le persone.
 
C’è che poi il telefono di Vera inizia a trillare, nella sua piccola borsetta nera. Lei scioglie l’abbraccio di Spike, e le tremano le mani mentre cerca il cellulare e spera che sia lui ti prego fa che sia lui. E prima che riesca a trovarlo, sente balbettare Dai porca puttana dove sei sono un cretino rispondi  alle sue spalle, e quelle esse che sibilano le potrebbe riconoscere tra migliaia, e quindi c’è Silas che la cerca, in piedi tra la folla e nemmeno si è accorto di trovarsi a un metro da lei, e continua ad imprecare contro la cornetta e contro lei che non risponde. E allora Vera non ce la fa proprio a tenersele dentro, quelle lacrime, quando poi lui la vede e le sorride, con le sopracciglia corrucciate in un’espressione che pare davvero dispiaciuta.
“Beh, ti avevamo dato per disperso” dice Spike, alzandosi dal bordo della piscina, e stringendo la mano di Silas forse un po’ troppo forte. Beh, se lo merita, questo è sicuro.
“Sì, lo so, ma non riuscivo a trovare il posto, poi sono una frana a guidare e..” ed i suoi occhi frullano da quelli impassibili di Spike a quelli ormai lucidi di Vera.
Spike non dice altro, intravede Parker pochi metri più in là che lo chiama e “Vado da Parker, ci becchiamo dopo” borbotta, e Vera lo sa che è incazzato, e forse è incazzato più con lei che con Silas, ma adesso per lei ci sono solo le braccia di Silas che la stanno abbracciando e tutto inizia a riacquistare un senso.
Vera dev’essere solo una distrazione, continua a ribattere la sua testa, ma nel frattempo ce l’ha tra le braccia e le sta sussurrando mille scuse, mentre lei un po’ singhiozza e “Credevo non venissi più” dice piano contro la stoffa del suo maglione marrone.
“Lo sai, sono un cretino. Ho calcolato male i tempi, poi non avevo abbastanza soldi, mi sono dovuto fermare al bancomat e…” (Vera dev’essere solo una distrazione) Silas è sincero, è tutto vero. È che lui, a quella festa, non ci sarebbe dovuto andare (Vera dev’essere solo una distrazione) ma poi ha visto quel piccolo scarabocchio che lei gli aveva lasciato sul libro di linguistica, e si è ricordato della bocca rossa e sorridente di Vera e allora il cuore ha iniziato a ingranare, e si è trovato sulla sua Peugeot, e poi a stringerla tra le braccia prima che la sua testa potesse rendersene conto (Vera dev’essere solo una distrazione).
E mentre il cuore di Silas sta rimbombando forte e lei lo sente, perché ha l’orecchio compresso sulla sua cassa toracica, la testa di Vera decide di smettere di piangere, e decide che ormai non c’è più nulla da fare, e inizia a cedere alle parole di Silas.
“Voglio potermi fidare” borbotta Vera, e probabilmente nemmeno se ne rende conto di averlo detto ad alta voce, perché la fiducia è il regalo più grande che qualcuno può farti, e lei lo sa bene. Lei aveva concesso tutta la sua fiducia a Nick, che non solo ci ha sputato sopra, ma l'ha anche usata solo a suo vantaggio, e Vera non può 
proprio rischiare che qualcuno si riappropri in modo così totalizzante della sua fiducia. E allora sente di doverla pretendere da Silas, perché non può continuare ad attenderlo con il cuore fisso sul filo del rasoio, pronto a tagliarsi in due: quel cuore l’ha già dovuto ricucire a fatica, e non è pronta a farlo per una seconda volta.
“Fidati” risponde lui (Vera dev’essere solo una distrazione), e sta mentendo ma neppure lui ancora lo sa. Fidati, le dice, mentre le bacia la fronte, ed in quel momento ci crede, perché ormai tutto il suo autocontrollo è andato a farsi benedire e se ne infischia dei ricordi di Mila, se ne infischia della distrazione, adesso c’è solo il suo cuore ed il suo cuore vuole solo Vera ed i suoi sospiri che si stanno rallentando.
C’è solo il suo cuore che gli dice di andare via, di andare lontano.
Quando guarda Vera, ed i suoi occhi neri, e le sue labbra che sorridono, Silas avverte i nervi che iniziano a traballare e lui non può permettersi che tutti lo notino, e allora si convince che scappando, andando lontano da quella festa, da quelle persone, da quell’intera città forse quello che prova cambierà. Si convince che, se la faccenda resta confinata solo tra lui e Vera, forse la sua testa si cheterà, e allora non avrà più il terrore di incontrare le sue mani piccole che lo accarezzano, le sue risate la mattina, le sue parole che lo cullano la sera.
Si alza in piedi, le porge una mano e “Andiamo” dice, e Vera è confusa e lo dà a vedere. Tira fuori i piedi dalla piscina, e li asciuga frettolosamente contro un asciugamano, e continua a non capire, mentre guarda quegli occhi fumosi di Silas, che la fissano a metà tra il divertito e il delirante. Forse ha un po’ paura Vera, ma decide di tenersela per se, quella paura.
Silas non le dà nemmeno il tempo per infilarsi le scarpe decentemente, perché ormai il suo cuore sta correndo verso la macchina, verso l’autostrada, lontano da San Diego, lontano da tutto.
 
Vera non è riuscita ad avvertire nessuno, e adesso è raggomitolata nel sedile accanto a Silas, che tiene la mano sul cambio perché è abituato così e ogni tanto le sfiora le ginocchia. Dovrebbe avere sonno, ma ci sono le note di Mayla a tenerla sveglia, e forse in realtà si rende conto che, se è assieme a lui, il sonno è quasi sopravvalutato.
Silas guarda la strada, è dritta e gli basta tenere il volante con una mano, e con l’altra cerca Vera. Ha una fifa assurda adesso che si trova là, da solo, con lei e la sua voce che canticchia e si diffonde nel piccolo abitacolo della sua Peugeot, però quella è una paura che gli informicola la punta delle dita e quasi lo fa sorridere. Silas è confuso e, per ora, accetta la sua confusione.
È buio fuori, il paesaggio è sempre più arido e roccioso, l’aria è sempre più fredda, ma sia Vera che Silas sentono solo un forte calore, al centro del petto.

 
 

 

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Non so che dire, quindi non dirò nulla ahah
Niente, insomma, Silas è un po' squilibrato, ma penso si fosse già capito.
Ah okay l'unica cosa da dire di vagamente intelligente è che tra 2, massimo 3 capitoli dovrebbe finire questa cosa. Anche perché sto veramente facendo fatica a scriverla, per tutta una serie di motivi legati più alla storia in sé che ai miei impegni. Però sto scrivendo anche un'altra originale quindi vi romperò i cojones in un modo o nell'altro ahahaha
Bye&Love
xx Gin~
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