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Autore: TangerGin    13/02/2014    1 recensioni
I suoi occhi sono del colore dell'asfalto mentre piove e chissà quante volte cadranno le sue ginocchia su quell'asfalto.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo  5
Ottobre

 
 
Sono passati tre anni e cinque mesi da quando Vera si è chiusa la porta di casa di Silas alle spalle e non è più tornata indietro.
Lui, a quel "Chi sei?", non ha saputo rispondere - o forse non ha proprio voluto - e la confusione nella testa di Vera, in quel momento, era talmente tanta che ha preferito andarsene, piuttosto che strattonarlo e cavargli le parole di bocca, con la forza. Forse perché, in fondo, lei ha sempre saputo che dietro a tutti quei gesti indecisi e enigmatici di Silas c'era la certezza che la loro, di storia, non sarebbe potuta andare troppo avanti. Perché lei di mistero non ne ha mai avuto bisogno, lei aveva bisogno della sicurezza che lui non ha saputo, o non ha voluto, darle.
E allora sono passati questi tre anni e cinque mesi, e ci sono state le volte in cui, quasi per sbaglio, si sono sentiti: un messaggio mal coordinato su facebook, uno squillo fatto al momento sbagliato, qualche conversazione portata avanti più per dovere e circostanza che per voglia (perché c'era Vera che ancora stava male, e Silas che ancora non si spiegava) ma poi Silas si è trasferito a Los Angeles, Vera ha iniziato a lavorare e quindi il tempo ha iniziato a stratificare i ricordi, le volte in cui si parlavano si sono diradate nel tempo, e alla fine sono diventati semplici fantasmi, l’uno per l’altra.
 
Ma Vera non ha dimenticato ancora Silas, non del tutto.
Dopo che lui si era stretto in quelle spalle ossute e le aveva detto che no, lei non andava bene (e quel "sarebbe stato diverso, se tu fossi stata diversa" Vera se l'è sognato di notte, per molte notti), allora il mondo ha iniziato a sgretolarsi sotto i suoi piedi. Ma non tutto d’un colpo, no. È stata una cosa graduale, e Vera nemmeno se n’è resa conto: all’inizio pensava quasi di esserne uscita indenna, da quei mesi passati a sfiorare di continuo quell’asfalto di Silas con le sue ginocchia bianche. La realtà era che non era mai stata indenna e le sue ginocchia erano davvero ben livide ed ammaccate, e continuavano ad ammaccarsi sempre di più, giorno dopo giorno, mese dopo mese, senza di lui. Ha continuato ad inciampare, gradino dopo gradino. 
Vera ha smesso di credere in se stessa, in questi tre anni. La certezza di non andare bene a qualcuno come Silas, qualcuno che lei credeva potesse davvero amarla, senza remore o convenienza, l’ha convinta che quella che non andava, tra i due, fosse proprio lei. E quando si smette di credere in se stessi, si inizia a precipitare verso un fondo che non arriva mai, e allora Vera questi tre lunghi anni li ha passati cercando di tirare avanti con quell’università che invece andava sempre peggio, cercando di appoggiarsi a Parker ed Amanda che, nel frattempo, andavano avanti con le loro vite, e alla fine si è ritrovata sola, senza nemmeno rendersene conto. Per questo la notte spesso non dormiva, con quella morsa che stringeva fissa all’altezza della gola, e quel mal di stomaco che non voleva andarsene, e quel senso di ansia perenne che nella sua testa suonava tanto come il ticchettio insistente di un orologio inesistente.
Alla fine, col tempo, con l'apatia che ha iniziato a consumarle il cuore e la testa, Vera si è resa conto che quella che lei stava vivendo non era una vita. Era una parvenza di esistenza, tirata avanti con denti stretti e routine meccanica, dettata da un terrore insensato verso il mondo. E sotto sotto lo sapeva che dietro a quella paura e a tutta quella sua insicurezza c’erano ancora le parole di Silas che bruciavano, perché lei c’è rimasta davvero scottata, ed ormai sta iniziando ad ammetterlo non solo a se stessa, ma anche agli altri. Ma per fortuna c’è Amanda che la incita ad uscire, e poi incontra di nuovo Frank, Lance, Helen e incontra di nuovo anche Donnie e alla fine trova in lui una nuova ragione per farsi forza.
E quindi adesso c’è Vera, che inizia a muoversi con piccoli passi traballanti in quella realtà che ancora la spaventa un po’, ma si affida ai sorrisi di Donnie e al suo braccio magro e forse prima o poi lo troverà il coraggio per confessargli che a lei piace davvero tanto vederlo la mattina arrivare in bicicletta, e andare via la sera stanco, avvolto attorno al suo cappotto e alla sua sciarpa grigia, ma per adesso si fa bastare quei suoi sorrisi e quelle amicizie sincere che non si ricordava più che sapore avessero.
 
È ottobre, e Vera sta bevendo una Tennent's dalla bottiglia (perché così non perde l’aroma!, insiste ancora Parker) e sono tutti fuori da quel grande capannone. È la prima volta che Vera ha accettato di andare a ballare, proprio come facevano tre, quattro anni prima, e le sente le gambe che tremano un poco, ma sta cercando la forza nella birra, in quella canna rollata male da Frank e soprattutto la sta cercando nelle mani di Donnie che si accarezzano la barba e nei suoi occhi neri già inebriati che si socchiudono di continuo, ma le sorridono anche, di continuo. C’è che la forza se la sente proprio salire, dal basso, dalla punta di quei piedi costretti in quei tacchi che non voleva indossare, ed i capelli ora sono veramente troppo lunghi, è ottobre e fa ancora caldo, quindi forse è meglio legarli in una coda?
È quando sposta lo sguardo dalla mascella divertita di Donnie, per sistemarsi quella chioma che è davvero fin troppo folta, che sente il cuore salirle in mezzo alla gola, o forse fin su nel cervello, e no, quelle labbra non possono essere le sue, inizia a bisbigliare, e si nasconde dietro al metro e novanta di Lance. «Vera, tutto okay?» le chiede Amy, non è preoccupata perché ha bevuto anche lei tre birre, e sta facendo un tiro da quella canna ormai quasi finita, e «È qua. Silas è qua.» balbetta Vera, ed in realtà spera tanto di averci visto male, perché ci sono tante, tantissime persone fuori da quel capannone, e sono lontani da San Diego, e com’è possibile che in tre anni e cinque mesi è riuscita ad evitarlo e invece adesso il karma l’ha punita così?
Vera inizia a trottolare da una schiena all’altra, e ci sono tutti i suoi amici che ridono e «Che succede?» perché non capiscono, e lei un po’ ride con loro, un po’ lo sente quel panico e fanculo fanculo fanculo si ripete, e «Dai, non può essere lui! Avrai visto male, con questo buio!» dice Amanda «E con queste birre che ti sei scolata!» aggiunge Helen e ok, allora anche Vera si convince che sì, quello non era Silas. È colpa della notte e dell’alcool, sì. Ma Vera quelle labbra le potrebbe riconoscere tra milioni, e poi la vede quella testolina che si alza tra la folla, e lo sa che sta cercando proprio lei e allora che senso ha nascondersi?

C’è Silas che, dal canto suo, Vera l’ha riconosciuta subito. Nonostante i capelli allungati di un bel po’ di centimetri, nonostante quei tacchi che, con lui, lei non ha mai indossato, Silas la sua risata l’ha riconosciuta, e probabilmente ha anche barcollato, nel risentirla così chiara e cristallina. E allora non sa se è il caso di andare a salutarla – è con gente che non conosce o forse non ricorda – e non vuole rientrare così prepotentemente nella sua vita, però poi la osserva da lontano, e la vede agitarsi e lo sa benissimo di essere la causa di tutta quell’agitazione, allora forse è meglio andare? «Scusate, c’è un’amica, torno subito» ha detto a quei ragazzi, quei suoi nuovi amici di Los Angeles, e loro sono già fin troppo fatti per capire una frase così lunga e di senso così compiuto, quindi annuiscono, mentre si mettono in coda per entrare nel capannone. Dopotutto Four Tet sta per iniziare a suonare, è anche il caso di muoversi.
«Non ti avevo riconosciuto!» esclama Vera quando Silas le si avvicina, a braccia aperte, e spera tanto di risultare sicura di sé, forte ed affascinante come non è mai stata, davanti a lui.
«Io ti ho riconosciuta subito, invece» le confessa Silas all’orecchio, mentre la stringe in quell’abbraccio, e l’odore dei suoi capelli non è cambiato di una virgola, pensa lui, e il rumore delle sue esse non è cambiato di una virgola, pensa lei.
Poi ci sono i loro occhi che si incontrano, ma non si vedono bene, un po’ per la notte, un po’ per l’alcool, un po’ per quelle droghe, e poi segue tutta una sfilza di come stai, bene grazie, stai davvero bene stasera, anche tu, i miei amici mi aspettano ci vediamo dentro, okay a dopo, ciao, ciao.
Si separano, e Vera torna da Amy, Parker e gli altri, mentre Silas inizia ad entrare, ed il suo braccio avvolge i fianchi di una ragazza piccola e magrissima. Vera lo vede, perché lo sta seguendo con lo sguardo anche se non vorrebbe, e sente quella scheggia che, nel cuore, alla fine dei conti c’è rimasta. Ha solo fatto un callo, in quei tre anni, ma è fissa là, e adesso ha iniziato a muoversi di nuovo in mezzo alla sua carne viva e fa male, dio se fa male.
Allora Vera non vuole pensarci mica, e ruba l’ennesima birra dalla mano di Donnie, che ormai è più ubriaco di lei e la guarda confuso e «Tutto bene?» le chiede, e lei annuisce mentre si scola quella lattina e non vuole pensarci alle labbra di Silas. No, ora sono quelle di Donnie che devono dominare i suoi pensieri, quelle labbra nascoste da quei baffi e da quella barba scura. E allora finisce la birra, ne apre un’altra e adesso è talmente ubriaca da potersi anche permettere di ballare, quindi entrano tutti, dentro a quel capannone.
 
Vera balla. Assieme ad Amanda, assieme a Parker, addirittura assieme a Lance, che è così alto che per vederlo negli occhi lei ha bisogno di alzare per bene il mento e mettersi sulle punte dei piedi, e tutti ridono di lei mentre cerca quasi di arrampicarsi sulla schiena del ragazzo.
Ballano e passa il tempo ma nemmeno se ne rendono conto, e poi c'è che Vera non vede più Donnie, e se lo immagina già avvinghiato ad un'altra e le fa un po' male il cuore, e allora i suoi pensieri da Donnie si spostano di nuovo su Silas, e Silas Silas Silas: lui, quella fuga nel deserto, quelle promesse, quelle sue gambe magre, quelle sue parole ancor più magre. Vera si ferma, le gira la testa, e non sa se è per il bere, il fumare, o per quei ricordi che, cristo santo, vorrebbe la lasciassero in pace, almeno stasera. Poi c'è Lance che è dolce, con i suoi gesti teneri, con la sua mano che afferra le dita di Vera, con le sue parole giuste – nonostante il troppo alcool – e «Hai bisogno di uscire?» le chiede, anche se la sta già portando fuori da là, e sembrano quasi padre e figlia, lei così piccola, e lui così alto.
Vera prova a sorridere tra le labbra, immaginando la scena da fuori, e le verebbe quasi da pensare che Lance ci stia provando, se non fosse così totalmente diverso da lei. Ma Vera e Lance si conoscono da tredici anni, e lei lo sa che dietro al suo abbracciarla nella frescura delle quattro di notte non c'è alcuna malizia, e allora si lascia confortare dalla fraternità di quel piccolo gesto.
«Stai bene?» le chiede poi, e Vera sta quasi per rispondere di sì. Se non fosse che c'è Silas che la sta guardando, dietro la spalla di Lance, e le sorride, con gli occhi mezzi chiusi, e «Sì, vado un attimo...» e non finisce la frase Vera, mentre scappa dall'abbraccio confuso di Lance e va ad incontrare, ancora una volta, quell'asfalto in quell'altrove.

 

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Okkk, penultimo capitolo.
Pensavo di scriverlo dal punto di vista di Silas ma in realtà avevo fatto male i calcoli ahahah.
Facendo un recap temporale: questo capitolo si ricollega al capitolo 1, quello dal pov di Vera che ricorda, ed è ovviamente dopo sia la fuga del capitolo scorso, sia dopo il capitolo 2. Vabbè, insomma, non è così complicato, spero e credo ahahah
E niente, siamo agli sgoccioli, quindi spero che anche questo capitolo possa piacervi~ al prossimo, ultimo appuntamento (che credo sarà prima, mi sa sabato o domenica!) 
E grazie as usual ♥
xx Gin~
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