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Autore: Stray    21/06/2008    6 recensioni
"Passa la storia, passano anche gli uomini che l'hanno scritta. Ma questa sabbia non vedrà mai il mare: quello che vi abbiamo scrito, non verrà mai cancellato del tutto..."
Ishvar, una guerra, l'inizio di tutto.
Quello che la Storia non ha riportato, ma che non si può dimenticare.
Genere: Generale, Introspettivo, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maes Hughes, Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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"Ishvar is where I met you," Roy replies, very serious, more than usual. "Ishvar is where I first began to love you. I will never want to lose that name."

Zauberer sirin

Taboo

La sabbia è ancora calda sotto la sua mano, nonostante l’aria della sera si insinui già a tradimento tra le asole e i bottoni della divisa slacciata.

Confida nella stanchezza dell’intero plotone: nessuno verrà a cercarli nel mezzo del deserto, riparati da una roccia che spunta in mezzo al nulla come la vela di una barchetta nell’oceano.

L’ombra del loro unico punto di riferimento si è già spostata di qualche centimetro – un modo rimisurare il tempo arcaico, misterioso, senza il ticchettio dei secondi a scandirlo, libero di fluttuare tra i miraggi e le visioni del deserto, di stiracchiarsi al sole e abbeverarsi alle fonti sotterranee, viaggiatore esausto e senza meta.

Non ha sonno eppure si raggomitola ancora un po’ contro il petto di Roy, chiudendo gli occhi e baciando il sottile lembo di pelle nuda tra la clavicola e il collo.

Lo sente ridere sommessamente, la bocca affondata tra i suoi capelli biondi, la sua mano sfacciata che le scivola lungo un fianco.

“Riza” la chiama delicatamente, visto che la sua mossa non sembra aver provocato alcuna reazione.

“Mhn?”

Si scoglie dall’abbraccio caldo in cui si è lasciato pigramente intrappolare, indicandole un punto indefinito sulla sabbia.

Davanti ai suoi occhi interrogativi, traccia segni leggeri con l’indice, lentamente, meticolosamente, come se stesse disegnando un cerchio alchemico particolarmente complicato.

Man mano che la punta del suo dito interrompe l’esasperante vuoto di quella piccola porzione di deserto, lei si rende conto che quei segni non sono altro che lettere, due parole che prendono forma, concatenate tra loro, una frase semplice –complemento e verbo – ma così complicata da pronunciare, così pericolosa se sentita da altri, così tremendamente sincera e innocente e infantile e sua, solo sua, da lasciarle gli occhi umidi per un singolo, breve momento, aggrovigliarle qualcosa nello stomaco, agitarle il sangue nelle vene.

Accetta il sorriso di lui che si deposita sul suo, in un bacio prima incerto, poi sicuro, mentre accoglie le sue labbra – le stesse che non hanno osato pronunciare quelle parole ad alta voce, che ora le sussurrano lo stesso messaggio, glielo lasciano assaggiare, assaporare senza fretta – nella morsa gentile della sua bocca.

Non c’è alcun bisogno di dire, nessun motivo di parlare, nessuna ragione per cercare di tradurre ciò che è intraducibile, impronunciabile per natura, storpiare il suono e il significato di quel verso.

Il deserto lo custodirà: il deserto immutabile, la sabbia che non vedrà mai le onde del mare, la quiete austera di un tempio inviolabile.

Il deserto con la sua lingua così simile a quella dell’amore, fatta di silenzi e tempeste improvvise e luce accecante e distanze infinite in cui perdersi senza possibilità di ritorno.

“Ishvar è dove ti ho conosciuta” replica Roy, molto serio, più del solito.
“Ishvar è dove ho iniziato ad amarti. Non potrei mai voler dimenticare quel nome.”

Ok, questo è IL brano, quello che ha fatto da scintilla per questa raccolta.

E questo è IL capitolo, non il primo che ho scritto ma di sicuro quella nebulosa di pensieri che mi si è formata in testa ancora prima che quelle quattro idee confuse diventassero un progetto chiamato SABBIA.

Questa è LA dichiarazione, anche se di detto non c’è nulla – solo il nome di lei: non so perchè ma quando immagino Roy pronunciarlo, è il suono più musicale e dolce che esista.

Ma questo NON è il finale - purtroppo o per fortuna? – anche se vorrei che la parola fine cristallizzasse così la loro storia.

Ma c’è un manga che prosegue, c’è l’Arakawa che continua a dipanare le vicende di tanti altri personaggi, forse senza sapere, nemmeno lei, come andrà davvero a finire…

Penso non ci sia molto da aggiungere: come è stato un capitolo senza parole, anche il commento si ritira verso il silenzio per non rovinare l’atmosfera.

Solo un’altra cosa: ieri mi sono riletta “After the Rain” per cercare la citazione – pianti, commozione, un senso di impotenza davanti a tanta bravura (sigh). Già che ero in vena, mi è capitata tra le mani anche “A commentary on the theory of the blue goddess” – pianti, commozione e replica del repertorio.

Insomma, quest’estate mi porterò dietro un dizionario di inglese e mi metterò all’opera: in effetti sono fic che non possono rimanere non lette, pazienza se la traduzione non farà loro onore…

Pensavo di metterle sia sul mio blog sia sul forum da settembre in poi, un po’ per volta.

In attesa che mi venga qualche altra idea Royai. Sì, perché ormai mi sono resa conto che senza la mia fanfic quotidiana non so stare. Dottore dottore, sarà grave?;P

Bacione a tutte

  
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