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Autore: Brooke Davis24    22/02/2014    2 recensioni
Crossover. Una strana maledizione è piombata sugli abitanti della Foresta Incantata nelle sembianze di una bellissima giovane donna, il cui nome è Malefica. Ma Malefica non è sempre stata tale! Diversi anni prima, era conosciuta come Emma, la figlia del re promessa in sposa al giovane figlio di un altro sovrano. E sarà proprio questo giovane, Killian Jones, a tentare l'assurda impresa di riportare in vita Emma e scacciare via lo spettro che l'ha trasformata nel mostro che tutti temono.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Chiedo preventivamente scusa per eventuali errori di battitura o di sintassi, ma non ho modo di ricontrollare per bene il testo. Eventualmente, ci ritornerò dopo. Spero che il capitolo vi piaccia e, se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate. 
Buona lettura! :]


Capitolo Quinto
Una ragione per non arrendersi



Rapportarsi alle persone non è mai semplice. Implica una serie di sforzi e tentativi che non sempre possono essere ricompensati, una serie di sensazioni della cui reciprocità non si può avere alcuna certezza, una sequenza di gesti, parole e atteggiamenti che corrispondono ad un salto nel vuoto. Può andare bene come può andare male, ma, in qualunque caso, ci saranno delle conseguenze da fronteggiare, un conto da pagare, pezzi da rimettere insieme, avventure da affrontare per la prima volta. E, quando la persona che hai di fronte è così diversa da te da rendere impossibile qualunque genere di approccio ma la sensazione di poter costruire qualcosa di importante con lei diventa impossibile da ignorare, qual è la strada da intraprendere? Insistere col rischio di aver preso un abbaglio e di uscirne devastati o lasciarla andare e risparmiarsi gli affanni di un possibile ma non assicurato successo?
Killian Jones non avrebbe saputo dare una risposta a quegli interrogativi, sebbene desiderasse essere padrone della soluzione. Seduto contro il pavimento in marmo di una stanza isolata del palazzo, la schiena poggiata contro l’altrettanto fredda parete, l’uomo non poté impedirsi di rabbrividire e mugugnare, quando, nel tentativo di sistemarsi in una posizione più confortevole, la sua spalla e tutto il suo corpo urlarono di dolore. Sospirando, si lasciò cadere nella medesima posizione e chiuse gli occhi, avvilito tanto nello spirito quanto nella carne dalla situazione nella quale si era cacciato. Muovendo il capo quel tanto che bastava affinché i suoi occhi potessero osservare i segni lasciati sulla sua pelle, dovette stringere i denti fin quando non sentì la mascella dolergli per impedirsi di urlare: era come se ogni singolo movimento corrispondesse ad una nuova ferita e la carne lacera pareva pulsare come un cuore galoppante a testimoniargli ciò che stava per accadere. Non poteva esserne certo, ma aveva l’impressione che le forze lo stessero abbandonando, che le sue membra stessero cedendo e, con esse, anche la sua mente, annebbiata dal dolore e dalla posizione assunta e mai cambiata nel corso delle ore.
La stanza nella quale si trovava non aveva le fattezze di una cella ma neppure la stessa intatta bellezza del resto del palazzo. Ragnatele sfioravano gli angoli del tetto e manciate di paglia erano gettate qui e lì per gli angoli della camera, dotata di una sola finestra accuratamente sbarrata da solide, ossidate ringhiere. Killian l’aveva raggiunta per caso, alla ricerca di una persona che non avrebbe pensato di rivedere tanto presto, alla ricerca di una persona con la quale aveva avuto l’intenzione di iniziare un diverbio; e, a dispetto delle sue previsioni, vi era riuscito. L’espressione di Malefica,  quando l’aveva raggiunta in cima alla stretta scala a chiocciola che conduceva alla stanza, era ben incisa nella sua mente tanto quanto il disappunto che aveva guidato ogni sua movenza, ogni sua parola finché non l’aveva urtata come mai prima d’allora.
In seguito alla visita che le aveva tributato in camera, Killian e Malefica si erano incontrati in più di un’occasione e, benché le loro conversazioni non avessero avuto nemmeno lontanamente la medesima impronta confidenziale, era stato piacevole per entrambi godere della reciproca compagnia, anche se solo per pochi momenti. Le cose erano improvvisamente cambiate dopo qualche tempo, quando, nemmeno una settimana dopo la confessione di tenerezza che le aveva inspiegabilmente fatto, le porte d’ingresso del castello si erano aperte per accogliere un uomo dall’aspetto malefico, di alta statura, avvolto in una tunica nera tanto quanto lo erano i suoi capelli ed i suoi occhi; Killian aveva subito riscontrato delle somiglianze tra l’avventuriero e Malefica nei modi, nei colori, nell’atteggiamento, ma aveva altrettanto rapidamente compreso come non esistesse alcuna parentela tra i due, come il loro rapporto avesse una connotazione di gran lunga differente. Lo sguardo di lui, quando si era poggiato su Malefica, aveva bruciato di un desiderio, di un piacere, di una passione che avevano rischiato di dar fuoco al castello e Killian aveva realizzato i propositi dell’altro perché, in maniera più perversa, rispecchiavano quelli che qualunque uomo avrebbe avuto al cospetto di una donna come lei.
Ed ella non lo aveva respinto, bensì lo aveva accolto con molta più cortesia di quanta non ne avesse riservata a lui tempo addietro. Era stato Killian ad essere respinto. Dal momento in cui lo sconosciuto aveva fatto ingresso a palazzo, la donna aveva esplicitamente richiesto che rimanesse nelle sue stanze, che ivi cenasse ed evitasse di aggirarsi per le aree del castello che era stato solito percorrere, a dispetto del trattamento riservatogli che, fino ad allora, gli aveva concesso non soltanto di esplorare l’edificio senza nessuna limitazione ma, dalla sera della loro prima cena nel salone, anche di godere della stessa possibilità per qualunque pasto. Lo aveva trattato non come un prigioniero, non come un uomo, ma come un domestico e, benché avesse tentato di ripetersi che non avrebbe potuto sperare in un trattamento diverso data la sua pozione, benché si fosse più volte detto che Malefica fosse stata più cortese di qualunque altro signore avrebbe mai potuto incontrare lungo il suo cammino in termini di prigionia, Killian non aveva potuto impedirsi di provare risentimento nei confronti dell’altra.
Erano trascorsi giorni interi senza che si vedessero, giorni interi senza che avessero modo di scambiare una sola parola, giorni in cui non aveva avuto altra compagnia all’infuori di se stesso, giorni in cui l’unico segno della presenza di altri esseri umani nell’edificio gli era stata data dalle risate dei due o dai gemiti di piacere provenienti dalla camera di lei. E ognuno di quegli istanti gli era stato d’aiuto per comprendere che, no, ella non gli doveva niente e, sì, non era altro che una piccola, inutile pedina in un gioco più grande e perverso sul quale non aveva alcun potere. Al cospetto di quella realizzazione, non aveva potuto fare a meno di sentirsi uno sciocco per il trasporto che aveva nutrito per lei, per i tormenti cui si era sottoposto nella speranza che ella fosse diversa, per aver creduto di poterla redimere e per essersi illuso che le sue frustrazioni avessero funestato e, in qualche modo, toccato anche lei.
Era stato con quell’umore che, quella notte, aveva abbandonato la propria camera e, senza una meta precisa, aveva preso a girovagare per stanze, saloni, corridoi, cunicoli del palazzo, come se la semioscurità dell’edificio ed il silenzio in cui era immerso potessero dargli ciò di cui aveva bisogno, un antidoto contro il veleno che aveva sentito scorrergli nelle vene. E, per un istante, si era illuso che le sue preghiere avessero trovato risposta, quando una luce tenue, proveniente dalla cima di una scala così ben nascosta contro le pareti da non averla mai notata, benché vi fosse passato accanto in più di un’occasione, parve chiamarlo a sé. Nell’illusione che la magia potesse essere la soluzione alle sue tribolazioni, Killian aveva salito quei gradini con una disposizione d’animo oscura ma speranzosa, una speranza che non aveva potuto che spegnersi quando, giunto in cima alla scalinata, aveva scorto la figura di Malefica accostata ad un arcolaio, la stanza illuminata da poche torce che fornivano un’illuminazione appena bastante a rischiarare il centro della camera.
«Killian…» ella aveva detto, ancora di spalle, e l’uomo non era riuscito a scacciare via la sensazione di oscurità che pareva aver avvolto anche lui, come se l’arrivo dello sconosciuto e l’atteggiamento di Malefica avessero giocato un ruolo importante nella trasformazione di cui il suo animo stava subendo le conseguenze. Egli aveva taciuto, impossibilitato a pronunciare parola alcuna, ma aveva fatto ingresso nella camera, i suoi passi nitidi contro il freddo, logoro marmo del luogo. «Come state?» aveva domandato, la voce quieta mentre carezzava la ruota levigata dell’arcolaio con la punta nelle dita. Killian aveva riso brevemente di un riso amaro, quasi sprezzante e tutta la sua figura era parsa più imponente e minacciosa di quanto non fosse mai stata in presenza dell’altra.
«Vi interessa?» aveva chiesto, sarcastico, in una domanda retorica che non necessitava di alcuna risposta. Il tono della sua voce doveva essere stato così pungente che ella non aveva potuto impedirsi di voltarsi per osservarlo, i suoi occhi neri adombrati persino più di quanto non lo fossero stati prima che si conoscessero e Killian realizzasse che un modo per spegnere quel fuoco esisteva.
«Che altro motivo avrei avuto per domandarvelo, altrimenti?» La sua postura era stata rilassata e minacciosa al contempo ed il paragone col loro primo incontro era stato impossibile da eludere, perché vi era stato nel suo comportamento la stessa disinteressata, spregiudicata sicurezza di sé dell’occasione in cui si erano conosciuti.
«Considerando il vostro atteggiamento degli ultimi tempi, dovreste dirmelo voi. Perché dovrebbe improvvisamente interessarvi il mio stato di salute?» Le sue parole erano state dure ed il suo sguardo aveva fermamente mantenuto quello tagliente di Malefica, l’espressione del viso ancora pacata ma gli occhi accesi di un disappunto che ella stessa non si era saputa spiegare.
«Credo che vi siate fatto un’idea sbagliata della vostra condizione, signore.» aveva detto lei, del tutto inconsapevole di aver tentato di ristabilire, anche solo verbalmente, la distanza iniziale che aveva caratterizzato il loro rapporto e che, senza alcuna spiegazione plausibile, spaventandola fino allo stremo delle forze, era scomparsa, sostituita da una confidenza e da un’empatia che l’avevano allarmata. «Voi siete qui come servo per vostra scelta e io non sono la vostra balia. Sono la persona cui avete deciso di dare la vostra vita in cambio di quella della vostra amata, la stessa che non si farà scrupoli ad uccidere uno dei due in caso di improvvisi, sconvenienti cambiamenti. Pensavo di essere stata chiara!»
A quelle parole, le labbra di Killian si erano piegate in un sorriso ampio che, tuttavia, non aveva raggiunto i suoi occhi e, per la prima volta da che si conoscevano, Malefica aveva intravisto della freddezza nel blu così caldo ed emozionale cui era stata abituata. C’era stata qualcosa di diverso nell’espressione, nella postura, persino nell’aura di lui, qualcosa che non si sarebbe aspettata e che non era riuscita a comprendere. Qualcosa che lo aveva reso più simile a lei e al suo ospite.
«Oh, no, siete stata molto chiara a riguardo! E’ solo che mi siete parsa un po’ confusa, di questi tempi.» l’aveva stuzzicata e, piano, si era avvicinato a lei, sfiorando con lo sguardo le fattezze dell’arcolaio e ponendosi al di là di esso, le spalle poggiate contro la fredda parete.
«Prego?» aveva chiesto lei, l’espressione bruciante di evidente contrarietà. Bene, si era detto lui, Che cominci a provare qualcosa che non la compiaccia!
«L’arrivo di quell’uomo vi ha confusa un po’, Vostra Maestà.» le aveva fatto eco lui, in un gioco che non aveva intenzione di perdere, non in quel caso, perché, per quanto potente e terrificante e malvagia potesse essere lei, non avrebbe avuto la meglio su di lui per un mero capriccio, per una mera abitudine ad avere tutto ciò che avesse desiderato. «Credo che i desideri del vostro corpo abbiano offuscato la vostra capacità di discernimento, perché, che io ricordi, non mi avete trattato con tanto disinteresse nemmeno i primi tempi dopo il mio arrivo.» Killian l’aveva osservata ardere tra le fiamme di un’ira che era stato lui a causare, ma non le aveva concesso di parlare. «Immagino che siate abituata a divertirvi come vi pare e piace, senza alcuna cura per null’altro che voi, ma mi duole dirvi che non ho intenzione di essere trattato come un giocattolo, signora, e che preferirei di gran lunga vivere in una cella che non compiacere i vostri sciocchi desideri e…»
«Tacete!» gli aveva intimato lei, la voce un ringhio basso e minaccioso, il vestito e i capelli mossi dal vento che, improvvisamente, si era levato fuori dalle mura del castello e, spirando attraverso la finestra, aveva cominciato a soffiare ad un ritmo costante ma evidentemente ostile. In quel preciso frangente, Killian aveva acquisito la certezza che molte delle conseguenze climatiche dipendessero da Malefica e dal suo stato d’animo e, per quanto gli dolesse l’idea che gli abitanti della Foresta Incantata potessero pagare caro il prezzo della sua testardaggine, non poté convincersi a dare ascolto al monito di lei.
«Altrimenti? Mi ucciderete?» Bruscamente, si era allontanato dal muro, il volto illuminato dalle fiamme della torcia tanto quanto quello di Malefica, tra di loro solamente l’arcolaio in legno. «Non dubito che troverete  un altro giocattolo con cui trastullarvi, non appena avrete finito di farvi trastullare dal vostro ospite, ovviamente.» Piano, aveva cominciato ad aggirare l’arnese e l’aveva raggiunta, vicino al punto tale da potere sentire il profumo. «A proposito, mi chiedo come mai non mi abbiate riservato lo stesso trattamento quando sono venuto a farvi visita la prima volta.» Prima che ella potesse fare qualunque mossa, l’aveva presa per le spalle, stringendole in maniera ferrea ed accostandola a sé senza nessuna cura per le reazioni che avrebbe potuto provocarle. «Non sono forse abbastanza avvenente per voi o il vostro amico è talmente portentoso da rendervi impossibile l’idea di provare nuove esperienze?»
A quel punto, le sue parole erano state troppo insolenti, troppo sfrontate perché ella potesse trattenersi ulteriormente. Con una scrollata di spalle più forte di quanto ci si potesse aspettare, si era rapidamente liberata della presa di lui e la sua mano destra ne aveva raggiunto il collo, fino a stringerlo tra le dita; la vita di Killian non era stata mai tanto fragile quanto in quel frangente, quando, guardando gli occhi di lei, ne aveva scorto la follia, la cattiveria, l’impossibilità di redenzione, sentimenti che aveva aizzato fino a farle perdere il controllo. Il respiro di lui era divenuto ben presto corto, un rantolo appena percettibile mentre le dita di lei si chiudevano sulla sua gola come a volerla schiacciare, ma l’uomo non aveva combattuto. Si era limitato a guardarla negli occhi finché le forze gliel’avevano consentito, finché la carenza di ossigeno non lo aveva costretto a contorcersi, finché, senza alcuna spiegazione apparente, Malefica non lo aveva rilasciato e Killian si era ritrovato a carponi sul pavimento, boccheggiante. Lentamente, ella si era chinata sulle ginocchia e, dopo qualche istante, la sua mano aveva raggiunto la spalla di lui, affondando le unghia nella carne fino a lacerarla, fino a che la cute pallida delle dita di lei non si era colorata di un rosso acceso. Killian non era riuscito ad impedirsi di mugugnare forte.
«Non mettermi alla prova, Killian Jones. Non fatelo mai più, ve ne prego.» aveva sussurrato lei ed era andata via, lasciandolo lì.
L’uomo non aveva compreso la portata delle ferite che gli erano state inflitte finché, trascinatosi contro una parete della stanza, non si era reso conto di non poter fare affidamento sulle proprie gambe, troppo deboli per reggere il peso del suo corpo. A quel punto, consapevole del fatto che un mancato strangolamento non potesse avere simili conseguenze, il suo sguardo era corso alla spalla e, scostando il tessuto strappato, aveva osservato la pelle attorno le lacerazioni secernere una sostanza strana, che rendeva lampante il fatto che dovesse essere stato avvelenato in qualche modo. E la sua era divenuta ben presto una certezza, quando si era trovato a perdere lucidità a sprazzi e aveva avuto l’impressione che le sue membra si stessero tendendo come a voler esplodere.
Battendo le palpebre, Killian tentò di ricacciare indietro i ricordi della loro disputa e, nella speranza di mantenersi lucido, si guardò attorno alla ricerca di qualcosa che potesse tenerlo caldo. Il vento aveva spento le torce e, nonostante si fosse placato, il freddo della sera e il contatto col marmo stavano mettendo a dura prova la resistenza del suo fisico; ma, per quanto arduamente stesse tentando di trovare una soluzione, tutto ciò che si presentava ai suoi occhi altri non erano che manciate di paglia, troppo lontane e troppo esigue per poterlo spingere ad arrischiare un tentativo di spostamento. Sospirando, poggiò il capo contro la parete alle sue spalle e guardò il soffitto. Erano trascorse ore dal momento in cui Malefica aveva abbandonato quell’anfratto del castello e mancava ancora un po’ all’alba, ma sapeva che, di quel passo, non avrebbe avuto modo di vederla. Non aveva mai immaginato che la sua vita sarebbe finita in quel modo! Nelle sue fantasie più rosee, aveva creduto che sarebbe morto tra le braccia di una bella donna, dopo aver fatto del suo meglio a letto un’ultima volta. A quell’idea, non poté impedirsi di ridere e, nonostante il dolore che quella reazione gli provocò, continuò a ridacchiare finché non gli mancò il fiato. L’ironia della sorte!
Era così preso nelle sue riflessioni che, quando una piccola sagoma fece ingresso nella stanza, trascinando con sé qualcosa che non riuscì a distinguere, temette si trattasse di un’allucinazione e che il momento della sua dipartita fosse più vicino del previsto. Aguzzando la vista, si accorse che si trattava di un esserino dalle strane sembianze, a tratti raccapricciante: non era alto più di un metro e aveva un muso da cinghiale, solo più stretto, pochi capelli sotto un berretto nero ed era abbastanza in carne, vestito con una riproduzione in piccolo di vestiti da cavaliere.
«Oh, che disastro, che disastro!» esclamò, quasi incurante della presenza dell’uomo, e si diresse verso la torcia in maniera tale da accenderla. Killian lo osservò saltare sul davanzale della finestra per sopperire la mancanza di altezza e, infine, una volta compiuta la piccola missione e dopo aver armeggiato alacremente con la paglia, tornare verso di lui e fermarsi a qualche passo dal punto in cui giaceva, le mani sui fianchi. «L’avete fatta arrabbiare, non è così?» gli chiese, l’espressione contrariata, la vocina sottile più femminile che maschile. Killian si rese conto che non avrebbe saputo dire quale fosse il sesso di quella strana creatura.
«Chi siete?» domandò in risposta, la voce tenue, evidentemente non troppo sicuro che l’essere che aveva innanzi fosse reale o frutto della sua immaginazione, turbata da ciò che Malefica doveva avergli iniettato.
«Colui che vi salverà da una morte per assideramento, ecco chi sono!» E, così dicendo, si accostò all’uomo e, con le mani tozze, lo prese per le braccia nel tentativo di costringerlo ad alzarsi. Pur grugnendo, Killian lasciò che l’aiutasse e dovette ammettere che, a dispetto delle apparenze, quel cinghiale sapeva il fatto suo; quando lo ebbe aiutato a trascinarsi verso uno degli angoli della stanza dove aveva precedentemente ammassato un buon cumulo di paglia e disposto quello che si era rivelato essere una pesante coperta, il cinghialotto lo assistette finché non si fu adagiato e, infine, lo avvolse nel tessuto con aria soddisfatta. «Ecco, così dovrebbe andare!» fece, più rivolto a se stesso che non a Killian, ma l’uomo quasi non se ne curò, piacevolmente interessato al calore che, più rapidamente del previsto, aveva cominciato a spandersi per il suo corpo. «Mi spiegate cosa vi è passato per la testa?» proruppe, dopo qualche istante, la creatura a poca distanza da lui e Killian, aprendo gli occhi, non poté fare a meno di aggrottare le sopracciglia, lo spirito a poco a poco rinvigorito dal tepore.
«Di cosa state parlando?» domandò lui.
«Del fatto che abbiate fatto infuriare Malefica come mai era accaduto fino ad ora. Cosa vi è passato per la testa?» ripeté, le braccia incrociate sul petto e il piede che tamburellava nervosamente contro il pavimento, evidentemente in attesa che gli desse una risposta soddisfacente. Le labbra dell’uomo si piegarono in un sorriso. Era una buffa creaturina con un caratterino niente male!
«Avrebbero dovuto farlo prima e non sarebbe arrivata a questo punto.» rispose e, indipendentemente dal fatto che potesse trattarsi di una mera allucinazione o addirittura di un sogno, decise di godersi il momento, perché, per quanto ridicolo potesse apparire, la situazione nella quale si trovava era tangibile ma, soprattutto, più piacevole di quanto non fossero state le ultime ore.
«Avrebbe potuto uccidervi!!!» gli disse, sul volto un’espressione di ovvietà che rifletteva la sua incredulità di fronte a cotanta incuria per la propria vita.
«Lo so…» sussurrò e, piano, sospirò, questa volta lontano dal divertimento che l’incontro col piccolo cinghiale gli aveva causato fino a pochi istanti prima. Per l’ennesima volta, la consapevolezza di aver creduto che Malefica fosse diversa, al di là della possibilità che dietro di lei vi fosse Emma o persino un’altra principessa sotto maledizione,  rese ancora più chiaro l’esito fallimentare dei suoi propositi.
 Killian era sempre stato una persona tenace, caparbia, egoista sotto alcuni punti di vista, restio a lasciarsi andare a frivoli sentimenti per una donna, ma si era ben presto reso conto di essersi costretto a delle imposizioni che gli avevano reso, sì, la vita piena e libera da catene ma mancante di qualcosa. Quando aveva deciso di tornare, dopo diversi anni di avventure in giro per il mondo, lo aveva fatto sotto la spinta di un amore che si era impedito a lungo di provare, che aveva negato e sperava di non aver perduto; nella sua mente tormentata, la bellezza e la sicurezza di Emma erano state tutto ciò di cui avesse mai avuto bisogno e gli erano parse una proposta allettante per placare il suo animo tormentato. Tuttavia, per quanto gli costasse ammetterlo, Malefica aveva avuto ragione nell’insinuare che il sentimento in nome del quale si era sacrificato avrebbe benissimo potuto essere ancorato al ricordo, all’idea che si era fatto di lei e non alla realtà.
L’ultima volta che aveva visto Emma, ricordava di aver lasciato dietro di sé una bellissima ragazza col carattere più ribelle e frizzante che avesse avuto modo di incontrare in tutta la sua vita e, benché fosse di diversi anni più giovane e non si fosse mai allontanata dalla Foresta Incantata, Killian aveva dovuto constatare che, per chissà quale ragione, ella era più matura, più profonda, più consapevole di quanto lui non fosse mai stato. Tornare dopo anni, avrebbe potuto comportare non soltanto che ella avesse già contratto matrimonio con un altro uomo ma, soprattutto, che fosse cambiata ancora e che non esistesse più tra loro la sintonia di sempre. Benché litigassero spesso e piuttosto veementemente,  difatti, Emma e Killian erano spiriti affini ed avevano impiegato del tempo per realizzarlo; a quel punto, si era instaurato tra loro un rapporto di reciproco rispetto, di muta comprensione, di automatico sostegno che li aveva resi più uniti giorno dopo giorno, senza che se ne rendessero conto. Emma non aveva mai pensato a Killian come ad un suo possibile interesse amoroso, al di là delle pressioni che i suoi genitori avevano continuato a farle, né aveva creduto anche per un solo istante di poterne essere innamorata. Era sempre stata uno spirito libero e l’idea del matrimonio non l’aveva allettata, chiunque fosse il pretendente; c’era qualcosa nell’idea di rimanere per sempre legata a qualcuno che la terrorizzava e, in parte, disgustava, come se dover essere sentimentalmente dipendente da qualcuno che non fosse se stessa non facesse per lei. Eppure, vederlo andare via a bordo della nave sulla quale egli aveva deciso di imbarcarsi non era stato semplice come aveva creduto: le era parso di aver perduto un amico prezioso, una presenza costante, una parte di sé più irrazionale ed emotiva in grado di sopperire alle sue di mancanze, che con l’emotività aveva sempre avuto un rapporto decisamente conflittuale, più conflittuale di quello avuto con Killian. Così com’era stato difficile per l’uomo lasciarsela alle spalle, nella mente l’eco di ciò che avrebbero potuto essere.
«E, allora, perché lo avete fatto?» proruppe bruscamente il piccolo cinghiale, stanco di attendere una risposta che da minuti tardava ad arrivare. Killian trasalì, strappato con violenza alle proprie riflessioni, e il suo sguardo tornò alla creatura dinanzi a lui. «Aspettate!» continuò, aguzzando la vista e facendosi più vicino. Killian seppe che non dovesse apparire cortese, ma non poté impedirsi di arretrare, quando il muso animalesco dell’altro minacciò di farsi davvero troppo vicino, negli occhietti piccoli e neri una strana curiosità. «Oh, oh, oh! Questa sì che è bella!» fece, sulla bocca suina quello che avrebbe dovuto essere un sorriso. «Provate qualcosa per lei, ma non capisco cosa.» E fece per avvicinarsi ancora, come se ridurre le distanze potesse dargli la conferma che cercava, la chiave di lettura per le illeggibili emozioni che aveva scorto in quegli occhi confusi.
«Ma cosa state dicendo?!» lo interruppe Killian, un’espressione sgomenta in volto. «Come potrei? E’ la strega che ha catturato e tenuto prigioniera la donna che amo, la donna che mi ha separato da lei e che mi ha fatto questo.» disse, indicando con un movimento accennato del capo la spalla oltre la coperta, la mascella improvvisamente irrigidita dal dolore che quel movimento gli aveva provocato.
«Uh, la odiate. Lo vedo, lo vedo.» fece il cinghiale con voce sommessa ed espressione assorta, lo sguardo ancora fisso in quello dell’uomo. «Ma dovete stare attento, mio caro. L’odio può essere un sentimento fuorviante, ingannevole.» lo ammonì, battendo le palpebre più volte come se fosse riemerso dalla fitta rete di riflessioni in cui lo studio del viso di Killian lo aveva intrappolato.
«Che intendete dire?» domandò lui.
«Che l’odio è un sentimento molto forte, il più forte insieme all’amore, e il passo dall’uno all’altro è molto più breve di quello che crediate.» rispose e, quando Killian fece per interromperlo, lo fermò con un gesto della mano. Sconcertato, l’uomo notò che ognuna di esse non fosse dotata di più di tre dita. «La gente crede che amore e odio siano distanti tra loro, quasi uno si trovasse in cielo e l’altro nelle tenebrose profondità della terra, ma non è così.» gli disse, l’ombra di un sorriso tanto sulle labbra quanto negli occhi come se avesse odiato e, poi, amato a sua volta, ma avesse perduto quell’occasione. «L’amore e l’odio sono come due persone che si danno la schiena a vicenda, vicine fino quasi a toccarsi, e abbracciano sensazioni diverse, provocano reazioni diverse. Ma basta un soffio di vento, un attimo di distrazione, una perdita di equilibrio e due mondi, prima così diversi, si mescolano. E, a quel punto, non ti rimane altra scelta che arrenderti o all’uno o all’altro.» Si fermò un istante e Killian lo osservò attentamente, chiedendosi se la sua mente allucinata stesse non soltanto partorendo l’immagine di un esserino tanto stravagante, ma si stesse anche dando alla poetica saggia e romantica come ultimo passo prima di spegnersi del tutto. Benché semplici, le parole del cinghiale erano molto più sensate e veritiere di quanto non si fosse mai potuto aspettare. «Adesso, la odiate, signore, ma vi siete mai chiesto cosa accadrebbe, se, un giorno, inciampaste e il vostro non fosse più soltanto odio? Cosa fareste, se vi innamoraste di Malefica? Perché il vostro amore per la donna di cui mi parlate è certamente imponente, ma il tempo e la distanza renderanno sfocato quello che provate e l’odio per Malefica potrebbe non rimanere tale a lungo.» Detto questo, si fece indietro e, dopo averlo osservato un ultimo istante, scosse il capo e si avviò verso la porta, lasciandolo alle sue riflessioni.
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http://www.youtube.com/watch?v=-2U0Ivkn2Ds
Il castello era silenzioso come sempre, il respiro dell’uomo al suo fianco  l’unico rumore udibile. Strisciando lentamente sulle lenzuola, Malefica riuscì ad alzarsi, abbandonando la posizione che aveva occupato per ore, e, accostandosi al vestito che giaceva sul pavimento, vi scivolò dentro, dietro di lei la figura mascolina profondamente addormentata. Seguirono pochi altri accorgimenti, come verificare che il suo amato corvo non fosse nelle vicinanze, prima che la sagoma longilinea della donna si avventurasse oltre l’uscio della camera da letto con la ferma decisione di percorrere i corridoi del palazzo.
La sua mente tacque a lungo, per tutto il tempo che i suoi passi risuonarono tra le pareti del castello, senza dire nulla, senza partorire un pensiero, senza dar vita ad alcuna riflessione. Sicuri, i suoi occhi si poggiarono sulla scalinata che Malefica aveva percorso all’inverso dopo il diverbio con Killian e la decisione fu rapidamente presa, portandola a salire quei gradini priva di qualunque margine di dubbio.
Quando fu arrivata in cima, sospirò forte e, quasi a volersi reggere, poggiò una mano contro il logoro stipite in legno, osservando Killian con fare meditabondo. Un sorriso curvò le sue labbra alla vista del viso di lui, pacifico nel sonno che, dopo infinite ore di tormento, doveva essersi concesso nella convinzione di morire, percependo una spossatezza che era tutta psicologica, non fisica. Malefica non aveva voluto ucciderlo, benché la tentazione fosse stata forte e, per più di un istante, una voce nella sua mente le avesse ripetuto di farlo, di porre fine all’esistenza di quell’uomo che aveva osato tanto contro di lei. Eppure, non vi era riuscita e si era limitata ad infettare il suo sistema nervoso con un veleno che gli avrebbe fatto credere di non avere più alcun controllo sul proprio corpo, fino a sentire le membra gonfiarsi e la mente perdere di lucidità come in seguito ad un’abbondante perdita di sangue. Era quello che le piaceva tanto di quella tossina: il fatto che riuscisse a simulare i sintomi di una prossima morte senza intaccare minimamente il fisico.
Una volta che lo ebbe raggiunto, la donna si chinò sulle ginocchia, i capelli serici rischiarati dal tremulo movimento della torcia, gli occhi fissi sul bel viso di Killian adagiato contro la paglia. Sospirando ancora e altrettanto pesantemente, Malefica scosse il capo, quasi indispettita, come se non fosse riuscita a scacciare via la sensazione di disappunto che l’altro era riuscito a suscitare in lei, ma si costrinse ad andare oltre e, lentamente, allungò la mano fino ad afferrare un lembo della coperta in cui l’uomo era avvolto; piano, cominciò a scostarla e l’improvvisa sensazione di freddo dovette disturbarlo, perché lo osservò muoversi e, poco dopo, schiudere le palpebre, la bocca piegata in un’espressione a metà tra la sorpresa nel vederla lì e il dolore pulsante della ferita. Gli occhi neri di lei, a contatto con quel blu nuovamente cristallino, lessero una richiesta silenziosa, una richiesta dalle molteplici sfumature: le stava chiedendo perché fosse lì, cosa volesse fargli, se fosse ancora adirata con lui, se dovesse prepararsi ad un altro scontro o ad essere deriso, se, invece, le sue intenzioni fossero completamente diverse.
L’angolo della bocca di lei si incurvò appena verso l’alto, mentre, con le dita, scostava il tessuto lacero della camicia e sentiva lo sguardo dell’altro seguire ogni sua mossa. Con la coda dell’occhio, lo vide digrignare i denti e lo sentì trattenere il respiro, quando la sua mano fredda si posò sulla porzione di pelle lesa, delicata come solo lei avrebbe potuto essere nella contraddizione che avvolgeva la sua intera esistenza; una contraddizione che, pur non avendone idea, condivideva con la persona a pochi centimetri di distanza da lei, sebbene sotto aspetti differenti.
«Cosa state facendo?» si azzardò a chiedere lui, gli occhi blu guardinghi, sebbene una traccia di speranza continuasse a molestarli. Com’era possibile, si chiede Malefica, che quel sentimento aleggiasse ancora nel suo animo, nonostante avesse dato prova dell’essere terribile in cui poteva trasformarsi? Perché, sebbene non potesse averne la matematica certezza, Malefica seppe che quella speranza la riguardasse in prima persona. Killian non sperava che lo guarisse, che non lo ferisse, che ponesse fine al suo dolore, che lo liberasse, che lo lasciasse andare incontro al suo destino, un destino di vita. Killian sperava ancora che Malefica fosse diversa, che smentisse quanto continuava a dirgli che non potesse esserci nulla di buono in lei, che disattendesse le aspettative degli altri e soddisfacesse le sue, benché non conoscesse l’origine di tanta fiducia. Killian sperava che gli desse una ragione per non arrendersi.
«Curo le vostre ferite.» rispose semplicemente, l’espressione concentrata sui solchi che le sue unghia avevano lasciato sull’epidermide di lui. Era sul punto di dar vita al processo che avrebbe sanato ogni cosa, quando le dita dell’uomo si strinsero attorno alle sue, fermandola prima che potesse compiere qualunque gesto. Lo sguardo di Malefica si spostò in quello dell’altro e, nonostante l’evidente miseria in cui si trovava per la sofferenza che il movimento gli aveva provocato, lo trovò fermo come si era aspettata.
«Perché?» le domandò semplicemente.
«Perché è giusto così.» si limitò a controbattere e fece per sottrarsi alla presa di lui, ma la stretta attorno alle sue dita si intensificò e, quando ebbe osservato la tenacia dei suoi lineamenti, ella comprese che non le avrebbe concesso di guarirlo da cosciente, se non fosse stata a sentirlo. Sospirando, piegò le labbra finché non riprodussero una smorfia scocciata ma indulgente, e Killian parve capirlo perché le sorrise lievemente. «Cosa volete?»
«Che diciate qualcosa, qualunque cosa.» ribatté, ma l’espressione di lei fece intendere che entrambi sapevano che non fosse così. Pur andando contro se stesso, Killian ridacchiò e tentò di mettersi a sedere; Malefica accorse in suo aiuto e lo scopo fu raggiunto. «Perché volete curarmi? Ditemi questo, ma voglio la verità.»
«Siete proprio un chiacchierone, eh?» si fece bonariamente beffe di lui, ma le sue parole non provocarono alcun effetto negativo; contro ogni aspettativa, Killian schiuse le labbra per regalargli un sorriso in piena regola e Malefica ne rimase affascinata, perché non ne aveva mai visto uno tanto genuino su di un volto tanto buono. Ella era abituata a frequentazioni di altro genere, frequentazioni i cui occhi riflettevano la turpitudine dell’animo del soggetto interessato. Un po’ come i suoi, di occhi.
«Bisogna pur portare avanti una conversazione e, visto che voi non fate nessuno sforzo, la responsabilità ricade tutta su di me.» rispose, dopo una lieve ma dolorosa scrollata di spalle, e Malefica non poté impedirsi di sorridere e scuotere la testa nel realizzare che, per quanto stesse soffrendo e nonostante avesse tentato di soffocarlo qualche ora prima, l’uomo trovasse ancora la forza d’animo per parlarle a quel modo, come se nulla fosse accaduto, come nessun altro aveva mai fatto.
«Non vi capita mai di arrendervi, Killian?» chiese lei, il capo lievemente inclinato, e l’uomo sorrise. Avrebbe dovuto essere profondamente adirato con Malefica, se non scostante e desideroso di vendetta, e il fatto che lo avesse chiamato per nome non avrebbe dovuto avere nessun effetto su di lui, ma non fu così perché il suo corpo si rilassò nell’osservare le labbra dell’altra pronunciare quelle sette lettere.
«Non quando ritengo valga la pena perseverare.» le disse e la sua espressione si fece improvvisamente seria. Non sapeva quale fosse l’intento che desiderava raggiungere, se riuscire a fuggire da lei, se cambiarla, se vincere una sfida contro se stesso e contro gli altri. Sapeva soltanto che non aveva alcuna intenzione di demordere, indipendentemente dal rischio che, secondo il cinghiale, rischiava di correre, indipendentemente dal fatto che, con l’arrivo dell’uomo misterioso, gli occhi di lei fossero diventati più oscuri, profondi e impenetrabili, come se vi avesse iniettato parte dell’oscurità che portava dentro onde evitare che ella esaurisse le proprie scorte. Di fronte a cotanta serietà, Malefica batté più volte le palpebre e sospirò.
«Vi è quasi costata la vita, questa vostra testardaggine, poco fa.» gli fece notare e la bocca di Killian le regalò un altro sorriso. Strano che, in una condizione di simile penuria, ne fosse tanto prodigo, si disse lei. «Come potete continuare a ridere e sorridere?» sbottò, infinitamente curiosa, e l’espressione maliziosa dell’incontro in camera sua, benché più fiacca, riapparve su quei bei lineamenti mascolini.
«Credo dipenda da voi.» rispose, il blu dei suoi occhi brillante, pieno di vita al punto tale che Malefica ne fu quasi sopraffatta. Chi era quell’uomo che aveva preso come prigioniero e da quale strano mondo proveniva? Perché, da che era giunta nella Foresta Incantata, non aveva avuto modo di fronteggiare nulla del genere, di incontrare nessuno del genere. «E, quanto al resto, sapevo che non mi avreste ucciso.» fece, borioso, e, nel vederla aggrottare le sopracciglia con espressione di rimprovero, rise un po’. «O, almeno, lo speravo. E sono contento non l’abbiate fatto.»
«Sfido a non esserlo.» commentò lei e, pur sorridendole, l’altro scosse il capo, umettandosi le labbra.
«Non per le ragioni che credete voi.» la corresse e Malefica non poté fare a meno di domandarsi cosa intendesse dire. «Vi spiacerebbe rimandare le spiegazioni a quando mi avrete curato?» Ella rise e annuì sommessamente, ma, quando fece per sfilare la propria mano, che era rimasta inerme stretta tra le dita di lui, Killian la bloccò. «Mi dovete ancora dire perché volete farlo, la verità, ricordate?» Malefica sospirò, genuinamente sorpresa nel constatare quanto fosse caparbio.
«Che io non desideri la vostra morte penso sia stato chiaro dall’inizio.» fece, profondamente elusiva. «Che io non vi voglia lasciare troppo a lungo a soffrire è qualcosa di nuovo, ma ritengo davvero che la vostra punizione sia stata sufficiente, a questo punto.» concluse e, benché si fosse limitata a grattare la superficie di qualcosa che possedeva una profondità ed estensione maggiore, fu sincera. Tutto quello era nuovo per Malefica e, in quanto tale, non soltanto non era in grado di darvi una spiegazione ma peccava anche di pavidità; non conoscendo ciò che aveva innanzi, non era certo di volerlo sfidare e, questo, Killian riuscì a comprenderlo, perché c’erano molte cose che, a sua volta, non era in grado di identificare nel suo rapporto con lei, così giovane eppure così confuso, come nessun altro rapporto avesse instaurato in vita sua. Sentiva una strana, incomprensibile, positiva propensione verso Malefica, una propensione che lo portava a mancare di giudizio quando il trasporto diveniva dirompente a tal punto da rompere le redini con cui la ragione teneva sotto controllo la situazione. Com’era accaduto diverse ore prima.
Lentamente, allentò la presa sulla mano di lei e, pur a malincuore, la lasciò andare del tutto, consentendole di accostarsi alle sue ferite. Serio, osservò l’espressione concentrata di lei, gli occhi neri fissi sulla pelle lacera, i polpastrelli a qualche centimetro dalla sua spalla, e, a poco a poco, sentì il dolore diminuire, la debolezza abbandonarlo, la lucidità tornare a lui. Malefica mosse le dita con la stessa abilità di un burattinaio e proseguì finché i solchi sanguinolenti non si furono del tutto rimarginati, lasciando il posto ad una pelle dall’aspetto perfettamente sano. Quando ebbe finito, persuasa che la loro conversazione avesse raggiunto un termine ultimo, fece per alzarsi, ma le mani di Killian si serrarono attorno ai suoi polsi, incatenandola sul posto. Ella lo guardò sorpresa, nel viso di lui un vigore completamente ristorato, come di chi avesse improvvisamente riacquistato le proprie energie dopo settimane di malanni.
«Aspettate, vi devo delle spiegazioni o l’avete dimenticato?» Malefica assunse un’espressione colpevole e l’altro ridacchiò. «Vi perdono!» disse e lo fece con una semplicità tale che la giovane non riuscì a mantenere il proprio contegno. Dopo essere stato quasi ucciso, era lui a darle il suo perdono? «Sedetevi qui accanto a me.» la invitò, sciogliendo uno dei due polsi dalla presa che le sue dita avevano esercitato fino a quel momento e battendo il palmo della mano sulla porzione di coperta al suo fianco.
«Oh, Killian!» fece per dire lei, una punta di esasperazione nella voce.
«Oh, Malefica!» le fece eco l’uomo, esasperato forse più di lei ma decisamente più testardo. «Non vi sto chiedendo di giacere sotto di me sul pagliericcio di questa stanza e di lasciare che vi mostri quanto sia prestante.» tentò di farle notare, ma i suoi occhi brillavano di una malizia senza freni e, pur avendone avvertito il pericolo ed avendo aggrottato le sopracciglia, Malefica non fu in grado di nascondere l’emergente sorriso che le premeva sulle sue labbra cremisi. «E, credetemi, lo sono…»
«Ho un’altra proposta per voi.» proruppe lei, nel tentativo di interrompere il flusso di parole che aveva letto sul viso dell’altro e di sviare la conversazione. «Accompagnatemi fino alla porta di camera, vi va?»
A dispetto della banalità della sua richiesta, Malefica osservò Killian rispondere positivamente, alzarsi, spegnere l’ultima torcia rimasta accesa e seguirla a distanza piuttosto ravvicinata. Nessuno dei due disse alcunché per tutto il tragitto, al di là del fatto che egli le dovesse delle spiegazioni ed ella avrebbe potuto pretenderle, ma Malefica percepì distintamente il compiacimento del suo compagno e, con la coda dell’occhio, ne scorse l’espressione divertita. Ella non si sentì a disagio, perché non aveva ancora nessuna ragione per esserlo: l’uomo che aveva al suo fianco, benché di gran lunga più interessante di qualunque prigioniero avesse mai avuto modo di conoscere e, di certo, di gran lunga più inusuale, non era che un prigioniero e tale rimaneva, al di là del fatto che fosse stato in grado di indirizzarla verso un sentiero sconosciuto, fatto di sensazioni strane, di gesti privi di spiegazioni quali quello di curarlo prima del previsto.
L’arrivo dell’uomo misterioso che giaceva sul letto della camera di lei aveva cambiato, in qualche modo, le carte in tavola, rendendo più impenetrabile un animo che, già di per sé, atto all’apertura non era, oscurando le emozioni che ella aveva provato con Killian e ricoprendole di una sottile nebbia che le rendeva quasi insignificanti agli occhi di lei. Quando furono arrivati dinanzi alla porta della stanza di Malefica, Killian la superò di qualche passo, prima di voltarsi verso di lei e fronteggiarla.
«Buonanotte, Killian!» fece la giovane, semplicemente.
«Non mi aspetto che diciate nulla, sebbene lo desideri, ma vorrei sapeste qualcosa.» L’espressione di lui, per quanto evidenti avrebbero dovuto essere i segni della stanchezza dopo il tormento delle ultime ore, divampò di una passione che Malefica non aveva mai provato e che la incuriosì, perché c’erano forza e caparbietà in essa. «Non passerà minuto nel quale non penserò a voi, prima di addormentarmi.» Ella tacque a lungo, gli occhi neri molestati dal candore bruciante di quelli blu dell’altro.
«Bene.» fu tutto ciò che disse, prima di ritirarsi nelle sue stanze.



 
  
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