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Autore: Emily27    02/03/2014    4 recensioni
Una speranza in cui credere.
Il destino che può dare e togliere.
Un luogo speciale in cui ritrovarsi.
(Storia partecipante al concorso "Slash Vs Het" di Lady.EFP )
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Secondo capitolo

Dear Jethro...





Washington, sette giorni prima

Gibbs non aveva chiuso occhio per buona parte della notte, tenuto sveglio dal pensiero di Jenny e di ciò che gli aveva confidato. La mattina si era recato al lavoro con l'intenzione di parlarle, ma durante il tragitto era stato raggiunto da una chiamata per un omicidio. Arrivato alla sede dell'NCIS, aveva radunato la squadra ed erano partiti alla volta di Norfolk, sotto ad un cielo carico di pioggia.
Nel tardo pomeriggio il caso era già stato risolto: l'amante del marine ucciso, in preda al rimorso, aveva confessato. Uscendo dalla sala interrogatori, Jethro si era subito diretto all'ufficio di Jenny.
Aprì la porta ed entrò, trovandola in piedi davanti alla finestra a guardare oltre i vetri rigati dalla pioggia battente. Il direttore Shepard si voltò solo per un momento, poi, silenziosamente, tornò a rivolgere lo sguardo al di fuori.
Jethro le si avvicinò e, osservando il profilo del suo viso, libero dai capelli che erano raccolti in una coda, disse: «Vengo con te a Parigi.»
«Non è necessario» sostenne Jenny senza posare gli occhi su di lui.
Si era aspettato una risposta di quel genere, ma niente gli avrebbe fatto cambiare idea.
«Non ti lascerò sola.»
«Non ho bisogno...»
Jethro non la lasciò proseguire, avrebbe soltanto mentito a se stessa e a lui.
«Sì invece, ne hai bisogno. Guardami, Jen.» La prese per le spalle e la costrinse a voltarsi e guardarlo. «Io ci sarò. Comunque vada l'intervento, quando ti sveglierai e aprirai gli occhi io sarò lì.»
«C'è una cosa che non ti ho detto. L'operazione è rischiosa, potrei non svegliarmi più.»
Per lui fu come una pugnalata. Il pensiero di quell'eventualità lo fece tremare. Dalle spalle, fece scivolare le mani sulle sue braccia, mentre Jenny continuava.
«Alcuni pazienti non l'hanno superata, è uno dei motivi per cui questo tipo di cura non si è ancora diffuso, ma la possibilità di guarire esiste ed io voglio rischiare. Anche se non lo facessi, non mi resterebbe comunque molto tempo.»
Aveva parlato in maniera tranquilla: ciò che la spaventava non era morire, ma, come aveva capito la sera prima, sperare. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia, però si sentiva bloccato. Da cosa, non lo sapeva nemmeno lui.
Jenny lo scrutava e sembrava quasi volesse consolarlo, quando invece doveva essere il contrario. Già una volta non gli aveva consentito di proteggerla, ora avrebbe dovuto permettergli di starle vicino.
Rompendo ogni indugio, lo fece, la prese tra le braccia.
«Qualunque cosa accadrà, io sarò con te.»
Jenny lo lasciò fare, appoggiando la testa sulla sua spalla e abbandonandosi a quell'abbraccio. Jethro la strinse più forte a sé e le accarezzò dolcemente i capelli, ritrovando il calore del suo corpo e le sensazioni di un tempo non così lontano, mentre un nodo gli serrava la gola.

Quattro giorni dopo, Gibbs, alla presenza di Jenny, riunì la squadra attorno alla sua scrivania, Abby e Ducky compresi. Davanti a cinque sguardi attenti e altrettante espressioni interrogative, parlò loro.
«Io e il direttore domani lasceremo Washington, non sappiamo per quanto staremo via. Fino al nostro ritorno sarai tu, DiNozzo, a prendere il comando della squadra. In caso di estrema necessità, e solo in quel caso, contattate me.»
A quel punto arrivarono le domande.
«Va bene, capo, ma cosa sta succedendo?» chiese Tony rivolgendosi anche a Jenny.
«Si tratta di una missione segreta?» fu l'ipotesi di Abby.
Anche Ziva si fece avanti. «Sicuri che non vi serva aiuto?»
«No, questa volta no» rispose il direttore Shepard.
Non per quello che andavano a fare a Parigi, pensò Gibbs, o quanto meno non l'aiuto che l'agente David intendeva. Voleva rispettare la decisione di Jenny di tenerli all'oscuro, e si augurava con tutto se stesso che presto lei avrebbe potuto raccontare loro il motivo e il buon esito di quel viaggio.
«È qualcosa che ha a che fare con il caso di Svetlana?» chiese McGee.
«No, quella faccenda è definitivamente chiusa» rispose ancora Jenny, dopodichè annunciò: «Durante la mia assenza mi sostituirà il vice direttore Vance.»
Tutti facevano correre lo sguardo ora su di lei, ora su Jethro, e fu DiNozzo a dare voce all'evidente apprensione generale.
«Va tutto bene?»
Gibbs si rese conto che lui e Jenny non dovevano avere un'aria molto rassicurante.
«È tutto a posto. Se volete esserci d'aiuto, continuate a fare il vostro lavoro come sempre. A partire da ora» ordinò con decisione.
Senza proferire parola, ogni componente della squadra tornò alla propria postazione. Abby prese la via del suo laboratorio, non senza aver lasciato a Gibbs un'ultima occhiata impensierita. Ducky, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, prima di andarsene disse: «Per quanto possa servire e risultare adatto, vi auguro buona fortuna.»
Jethro e Jenny si guardarono: le sue parole e la gravità con cui le aveva pronunciate, avevano fatto intendere loro che probabilmente il dottor Mallard doveva aver intuito qualcosa, che la ragione della loro partenza fosse in qualche modo legata alla malattia del direttore, dato che lui ne era a conoscenza.
Gibbs osservò Jenny mentre si allontanava per tornare nel suo ufficio, pensando a quanto avesse bisogno dell'augurio di Ducky.



Parigi, oggi

Nicolas Legrand, alto e dalla corporatura asciutta, aveva due profondi occhi scuri e capelli tagliati corti tendenti al grigio, ora spettinati. Era un uomo gioviale e un medico sensibile e dai modi rassicuranti, brillante e di estrema competenza, lo avevano compreso fin da subito, quando li aveva ricevuti nel suo studio all'interno della clinica.
Legrand aveva esposto a Jenny i rischi a cui inevitabilmente sarebbe andata incontro e i miracolosi benefici che avrebbe potuto offrirle l'intervento. Lei aveva riposto nel dottore la sua fiducia.
Sul viso provato del medico, dapprima Gibbs non riuscì a scorgere nessun segnale circa l'esito dell'intervento, ma poi le sue labbra si curvarono in un sorriso.
Allora il cuore di Jethro si allargò e sembrò scoppiargli nel petto.
«L'intervento è perfettamente riuscito, signor Gibbs» fece il medico in tono pacato. «Ad un certo punto sono sorte delle complicazioni, ma Jenny è stata forte e le ha superate. Ora le servirà un bel periodo di convalescenza, ma guarirà del tutto.»
Quasi incredulo, Jethro gli espresse la propria riconoscenza: «Le ha salvato la vita.»
«È a questo che dedico le mie giornate» rispose Legrand sorridendo nuovamente.
«Quando potrò vedere Jenny?»
«Per circa un'ora sarà ancora sotto l'effetto dell'anestesia, ma può restare con lei e aspettare che si svegli. Tra poco verrà portata nella sua stanza.»
«L'aspetterò là.»
«Ora mi scusi, ma vado a sistemarmi» si congedò con gentilezza il dottor Legrand, prima di rientrare da dove era uscito.
Gibbs trasse un respiro profondo e si sedette sulla sedia, lasciando che la tensione accumulata abbandonasse il suo corpo. Un unico pensiero occupava la sua mente: Jenny sarebbe guarita. Era andato tutto bene, poteva lasciarsi alle spalle ogni paura che lo aveva dominato in quei giorni e nelle ultime ore.
Non gli sembrava vero.


Jenny si sarebbe svegliata di lì a poco, avrebbe aperto gli occhi e la prima cosa che avrebbe visto sarebbe stato il suo volto, come le aveva promesso. Gibbs, seduto su una poltroncina accanto al letto, guardava il suo viso pallido, i capelli sparsi sul cuscino e la coperta leggera che si alzava e si abbassava al ritmo lento e regolare del suo respiro.
Era viva.
I raggi del sole pomeridiano, filtrando attraverso la tapparella abbassata, parevano voler salutare quel giorno colmo di fortuna.
Un braccio di Jenny, lasciato scoperto dalla camicia da notte della clinica, giaceva sulle coltri, con infilato l'ago di una flebo. Jethro posò una mano sulla sua e la strinse delicatamente, con la sensazione che quella esperienza vissuta insieme forse avrebbe cambiato le cose fra di loro.
Come destata da quel pensiero, Jenny lentamente aprì gli occhi. Sbattè le palpebre e dopo un po' prese contatto con la realtà, voltando la testa verso di lui.
«Ehi...» le disse con dolcezza.
«Jethro...» mormorò lei, mentre il suo sguardo rifletteva una muta domanda.
«È andato tutto per il meglio, starai bene» la rassicurò Gibbs accarezzandole il dorso della mano con il pollice.
Dopo qualche istante, il verde degli occhi di Jenny si velò di lacrime, che scesero piano a rigarle le guance. Jethro non l'aveva mai vista piangere. Asciugò in una carezza quelle lacrime silenziose che gli avevano toccato il cuore, e disse ancora: «Adesso andrà tutto bene.»
Lei annuì leggermente, e tirò fuori la mano che aveva sotto la coperta per trattenere un momento quella di Jethro sulla sua guancia. «Grazie di essere qui.»
«Niente mi avrebbe fermato» sostenne lui, facendo comparire un lieve sorriso sul volto di Jenny.
«Lo so.»
Appariva stanca e Gibbs pensò fosse meglio lasciarla riposare, come si era anche raccomandata in precedenza l'infermiera. Avrebbero avuto tutto il tempo per parlare.
«Ora vado, tornerò più tardi, non devi affaticarti» così dicendo si alzò dalla poltroncina e le sfiorò ancora il viso con il dorso della mano.
Tirò fuori dalla tasca della giacca la lettera che lei gli aveva dato e la mise sul comodino: fortunatamente, non c'era motivo di leggerla.
«No... Leggila ugualmente, Jethro» lo pregò lei.
Gibbs restò per qualche attimo a fissare la lettera, poi la riprese e, dopo che si furono scambiati un ultimo sguardo, uscì dalla stanza.


Nel parco tranquillo e ben curato che circondava la clinica, alcuni pazienti passeggiavano seguendo i vialetti o sedevano sulle panchine, godendosi quel pomeriggio ancora tiepido di fine settembre. Qualcuno era accompagnato da un'infermiera, altri stavano da soli o in compagnia di visitatori. Jethro si diresse verso una panchina in una zona del parco non frequentata in quel momento, all'ombra di un gruppo di pini. Si sedette e tirò fuori dalla tasca interna della giacca la lettera di Jenny. Aprì il foglio ripiegato in quattro, che recava la sua grafia svolazzante, e lesse.

Caro Jethro,
forse questa è l'ultima possibilità che mi resta per dirti quello che sento. Lo faccio con queste parole scritte, migliori di tante che ti ho detto a voce.
Durante la mia vita e il mio lavoro ho commesso degli sbagli, e il più grande è stato quello di allontanarmi da te, dando la priorità a cose che credevo più importanti, senza rendermi conto di quanto importante fossi tu.
Prendi una decisione sbagliata e in seguito vorresti poter tornare indietro, solo che non è possibile, allora non ti resta che provare a cambiare il destino che tu stesso hai scritto. Poi un giorno scopri di non avere più tempo. Io vorrei averne ancora, per poter sperare in un domani con te, ma forse non è più possibile. Non resta che affidarsi al destino.
Ti ho amato, Jethro, e ho continuato ad amarti, rivederti non ha fatto altro che ricordarmelo, ma so di averti deluso non restando con te e di averti ferito più di una volta da quando ci siamo ritrovati. Di questo, perdonami.
E tienimi nel cuore.

                                                           Jenny




Dopo che ebbe finito di leggere, Jethro tenne gli occhi sulla lettera. Jenny gliel'aveva data poco prima di essere condotta in sala operatoria, quando si erano salutati con un lungo sguardo che avrebbe potuto essere un addio. Con essa gli aveva aperto il suo cuore, e non potè fare a meno di pensare che, se lei non ce l'avesse fatta, quelle parole avrebbero lasciato una malinconica scia di rimpianti, per qualcosa che non avrebbe più potuto realizzarsi. Invece ora quel qualcosa aspettava solo loro, bastava volerlo. E lui lo voleva.
Abbassò il foglio sulle ginocchia e guardò verso l'alto, dove il sole giocava tra le fronde degli alberi. Dopo tanto dolore, dopo tre storie effimere e illusorie, era pronto a rischiare di essere nuovamente felice.
Piegò la lettera e la ripose in tasca, poi si alzò e si incamminò lungo il vialetto da cui era arrivato.
C'era un domani ancora da scrivere.





Jenny ce l'ha fatta.
Nel telefilm sono stati così crudeli con lei, dovevo fare qualcosa!
E poi amo gli happy ending :)
Il prossimo ed ultimo capitolo di nuovo tra una settimana.
Ciao!
  
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