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Autore: _KyRa_    08/03/2014    8 recensioni
“Allora? Fatemi vedere questa enorme botta.” esordì con sana causticità mentre Tom la superava dirigendosi probabilmente verso la sua macchina. Bill fece una smorfia e seguì suo fratello.
“Riesci a non fare la scontrosa per un secondo?” mormorò Neal al suo orecchio mentre la affiancava.
“Viene piuttosto facile quando hai a che fare con degli idioti.” ribatté lei senza preoccuparsi di abbassare il tono.
Neal scosse la testa e gettò lo sguardo al cielo forse per invocare qualche santo che riuscisse a tapparle la bocca. Ma tutti sapevano che Liesel era fornita di una lingua piuttosto tagliente e che nulla sarebbe stato in grado di metterla a tacere.
Vide Tom piegarsi di fronte alla sua auto e sfiorare con le dita ciò che secondo lui poteva esserle recriminabile.
“Questo come lo chiami?” domandò il ragazzo con sfida lanciandole un'occhiata sardonica.
Liesel inarcò un sopracciglio e si avvicinò per scrutare la zona incriminata.
Oh.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2
Good morning, LA





Bill Kaulitz odiava la domenica. Se avesse avuto il potere di depennare quel dannato giorno dal calendario, l'avrebbe fatto con piacere. Odiava la domenica perché non faceva altro che ricordargli che se una persona così detta normale – uno studente, un avvocato, un commesso – vantava di un'intera giornata di riposo, per una rockstar era un giorno come un altro. E si dava il caso che Bill Kaulitz rientrasse in quella categoria.

Quando assieme a suo fratello aveva deciso di firmare il contratto con l'Universal, non aveva mai letto fra le clausole 'Dormire sarà un caro e lontano ricordo'.

La sveglia sul comodino accanto al letto stava scherzando con un fuoco molto, troppo ardente. Quel fuoco era la sua pazienza. Non riteneva di dispensarne di natura, figurarsi se stuzzicato.

Senza nemmeno rendersene conto, sferrò un pugno deciso contro quella tortura cinese che non appena atterrò con un forte tonfo sul chiaro parquet smise di strillare. Voltarsi nella direzione opposta e trascinarsi il cuscino sopra alla testa fu la semplice ed ovvia conseguenza di un risveglio sofferto. Non aveva la forza di abbandonare quell'antro caldo e confortevole che l'aveva cullato per tutta la notte.

Una fitta lancinante gli attraversò il cranio ricordandogli quanto controproducente fosse uccidersi di alcool il sabato sera. Lui e suo fratello si erano concessi, la sera prima, un'uscita al Bootsy Bellows in West Hollywood e qualche bicchiere di troppo. Da quando si erano trasferiti a Los Angeles capitava di rado che partecipassero ad enormi feste come facevano in Germania. Il motivo principale del loro trasferimento era una legittima voglia di normalità ma, come ben sapevano, non potevano nemmeno sottrarsi al lavoro. Appena tornati da Cologne – dopo l'esperienza come giudici di Deutschland sucht den Superstar – l'accoglienza dei paparazzi era stata alquanto calorosa. Per non parlare della lunga lista di interviste e servizi fotografici che il loro adorato manager, David Jost, aveva stilato. E se vi era ancora spazio per lo stress, si sovrapponeva la lavorazione al nuovo album.

Maledetto a me, quando ho giurato ai fans che l'avremmo pubblicato entro l'anno nuovo.

Decise che rimanere a letto e rimuginare su tutto ciò che al momento rappresentava motivo di ansia era del tutto inutile e sempre meno salutare. Con uno scatto – di cui pochi secondi dopo si pentì – si sedette sul materasso. Il violento capogiro che lo scosse gli fece venire voglia di piangere e si chiese come avrebbe potuto affrontare un'intera giornata allo studio di registrazione. E se il suo istinto gemellare funzionava ancora bene, sapeva che Tom sarebbe stato alquanto irascibile.

Incalzò le pantofole e si fece forza nel dirigersi verso la porta della sua camera illuminata dai sottili raggi di luce che oltrepassavano le persiane. Sin da quando era piccolo aveva la tremenda abitudine di dormire con le persiane leggermente aperte poiché riuscire ad intravedere la sua stanza gli infondeva sicurezza e lo aiutava a dormire bene. Al contrario di suo fratello, il quale si rifiutava di assopirsi se non completamente immerso nell'oscurità.

Si grattò con poca eleganza ciò che i suoi boxer contenevano e si incamminò verso il bagno. Lungo il tragitto, non mancò di sferrare un secco pugno contro la porta di suo fratello. Uno solo. Avrebbe recepito il messaggio.





***





Aveva già capito che Bill era sveglio dal chiasso che aveva udito pochi istanti prima quando – ne era sicuro – aveva distrutto la quinta radiosveglia del mese. Compravano più radiosveglie che mutande e onestamente si chiedeva per quale assurdo motivo si ostinassero a farlo, vista la breve vita di ciascuna. Il tonfo al di là della porta gli aveva solamente confermato quanto immaginato.

Si portò entrambe le mani al viso e se lo strofinò con disperazione. Ormai era abituato ai post-sbornia, nonostante non accadessero più così frequentemente, ma ciò non lo aiutava a sentirsi meglio ogni volta.

Quando si ritrovò miracolosamente in piedi fece qualche passo mantenendosi la fronte, come potesse aiutarlo a non perdere l'equilibrio. Si legò i capelli neri in una coda ed uscì dalla stanza. Il contatto con la luce fu doloroso e destabilizzante e represse una delle tante imprecazioni volgari facenti parte del suo forbito repertorio.

Raggiunta la destinazione, senza nemmeno bussare, aprì la porta del bagno.

Fuori dai coglioni.” borbottò quando trovò suo fratello intento a lavarsi la faccia.

Buongiorno anche a te.” fu la neutra risposta di Bill che non si era per nulla scomposto a tale entrata. “Immaginavo di trovarti di buonumore.” continuò con sarcasmo senza nemmeno guardarlo.

Afferrò l'asciugamano e vi ci affondò il viso.

Sì, beh... Esci, ho bisogno di una doccia.” tagliò corto il chitarrista sperando che si limitasse a fare come gli aveva detto.

Senza proferire ulteriore parola, Bill abbandonò il bagno. Con un immenso sospiro, Tom si liberò dai boxer e fece il suo ingresso in doccia. Quando l'acqua congelata lo prese alla sprovvista scattò da un lato maledicendola.

Una cosa veloce!” urlò suo fratello al di là della porta.

Vaffanculo!” fu la sua risposta.

Doveva ammettere di non brillare di simpatia al mattino. Se c'era una cosa di cui la gente era perfettamente conscia riguardo Tom Kaulitz era di guardarsi bene dal rivolgergli parola prima che le sue palpebre si sollevassero del tutto.

Si prese il tempo necessario per svegliarsi sotto il getto d'acqua pregando perché quella maledetta nausea lo abbandonasse.

Quanti bicchieri aveva bevuto la sera prima? Non lo ricordava. Era stata colpa del barista in ogni caso, poco ma sicuro.

Si era sorpreso di svegliarsi solo. Da quando la sua storia con Ria era giunta al capolinea dopo quattro anni per volere di entrambi, di tanto in tanto si era concesso qualche scappatella. Nulla di cronico, in sei mesi era accaduto un paio di volte. Forse tre. Il punto era che Tom Kaulitz era cambiato, aveva fatto quel salto di qualità che tutti gli rinfacciavano dall'età di dodici anni. Doveva riconoscere che Ria aveva giocato un ruolo fondamentale e, nonostante le cose non avessero preso l'andamento desiderato, l'aveva aiutato ad assaporare per la prima volta l'amore vero.

Una volta pronto e vestito, scese le scale e raggiunse Bill in cucina.

Ora ti posso parlare?” gli domandò con scherno suo fratello, seduto al tavolo, non appena lo vide entrare.

Sorseggiava distrattamente il suo caffè-latte e nel frattempo teneva d'occhio una rivista di Gossip.

Dio mio, non ti stanchi mai di leggere le cazzate che scrivono su di noi?” commentò il chitarrista per tutta risposta mentre recuperava dalla credenza una tazza ed un cucchiaio.

Se non leggessi le cazzate che scrivono su di noi, non saresti stato in grado di dare molte smentite che ti hanno fatto comodo.” ribatté Bill senza staccare gli occhi dall'articolo, a Tom ancora sconosciuto.

Forse.” scrollò le spalle il moro sedendoglisi di fronte. “Ma vivrei sicuramente meglio.” Versò il caffè-latte nella propria tazza. “E poi non hanno più foto da scattarmi con Ria.”

È questo il punto.” fece il vocalist con tono saccente. “Dato che avranno intuito che non state più insieme, saranno sempre dietro l'angolo, pronti per immortalarti con la tua nuova fiamma e trarne una storia la cui concorrenza potrebbe essere retta solamente da Beautiful.”

Tom sorrise.

Però devi ammettere che è divertente.” considerò ironico. Bill sollevò gli occhi al soffitto e tornò a concentrarsi sulla rivista. “Piuttosto spremiti le meningi per nuovi testi.”

È quello che già faccio senza che tu me lo dica.” ribatté il vocalist senza guardarlo.

Pensi che LiesAngeles potrebbe esserti d'aiuto in questo?” domandò Tom con un lieve cenno del capo in direzione della rivista.

Chi lo sa, potrei dedicargli una canzone.” borbottò il biondo con altrettanta beffa.

Tom fece finta di riflettervi.

No, troppo scontato.” concluse.

Ormai aveva imparato ad affrontare quel lato della sua carriera con la giusta ironia e la giusta leggerezza. Tutti dovevano farvi i conti prima o dopo e lui aveva deciso di non farsi rovinare l'esistenza.

A proposito, ha chiamato David poco fa.” esordì nuovamente suo fratello. “Un servizio fotografico questa settimana.”

Gli allungò sul tavolo un foglietto sul quale aveva scribacchiato frettolosamente tutte le coordinate necessarie. Lo afferrò e lo scrutò svogliatamente.

Anche dalla Germania riesce ad organizzare tutto.” commentò.

Non per niente è il nostro manager.” Bill si alzò dalla sedia e posò la tazza nel lavello per riempirla d'acqua. “E vediamo di ricordarci di sentire Georg e Gustav stasera.” Tom annuì distrattamente. Spesso si dedicavano a lunghe video-chiamate su Skype. Da quando si erano trasferiti, portare avanti il loro lavoro era divenuto piuttosto difficile ma avevano comunque trovato il modo di partorire nuove idee sempre insieme. Spesso suonavano per provare nuovi accordi, nuove melodie, nuovi arrangiamenti. Certo, alle volte diveniva stressante e Tom non poteva negare di provare una certa mancanza per i suoi colleghi ma sapeva che presto si sarebbero riuniti per registrare finalmente le tanto attese canzoni del nuovo album. “Bene, direi di andare.”





***





Insinuare le dita fra i granelli di sabbia morbida era sempre stato un gesto per lei rilassante ed abbandonarsi al tepore rilasciato dai raggi solari su ogni lembo di pelle era qualcosa di rigenerante. Uno dei tanti lati positivi di Los Angeles era la quasi totale mancanza di inverno. La gente si concedeva lunghe giornate in spiaggia in qualsiasi periodo dell'anno, anche in quelle più fresche.

Sospirò ad occhi chiusi, pronta per immergersi in uno stato di dormiveglia e recuperare un po' di riposo.

Cristo!” urlò all'improvviso quando si sentì colpire sulla tempia da qualcosa di pesante.

Si portò una mano al viso e si sollevò immediatamente a sedere per scovare l'ennesima causa di disturbo che non voleva farla riposare. Al suo fianco, la risata di Neal la fece imbestialire. Quando si accorse che l'oggetto incriminato era una palla da beach-volley vide rosso ovunque.

Scusi, signora!” esclamò un bambino che doveva avere all'incirca otto anni mentre camminava nella sua direzione.

Signora.

Si voltò immediatamente verso Neal.

Dice a me?” domandò esterrefatta ed il suo amico non riuscì a fare altro che ridere di gusto. Decise di ignorarlo ed afferrare la palla per lanciarla di nuovo al marmocchio.

Grazie!” esclamò nuovamente questo per poi correre via e tornare a giocare con i suoi amici.

Bambini.” borbottò tornando a stendersi accanto al biondo.

Oh, andiamo.” sorrise lui. “Smettila con questa storia di odiare i bambini.”

Siamo semplicemente due mondi paralleli. Loro non tormentano me, io non tormento loro.” tagliò corto lei mentre si apprestava a chiudere nuovamente gli occhi con l'intento di riprendere da dove era stata interrotta.

E cosa farai quando ti fidanzerai con un ragazzo che vorrà sposarti e avere figli?” la stuzzicò Neal pur sapendo quanto inutili fossero le sue parole.

Gli uomini non muoiono dalla voglia di sposarsi, lo accetterà. Per quanto riguarda i figli... Un paio di cani tengono comunque compagnia.”

Neal scosse la testa con un lieve sorriso a increspargli le labbra perfette.

Morirai sola.”

Ci risiamo.

E tu sarai l'unico stronzo a starmi dietro. Sì, lo so.” sorrise Liesel.

Non aveva mai pensato alla famiglia. A dire il vero, aveva sempre evitato quel pensiero come la peste. Il problema di Liesel era un bisogno troppo insistente della propria indipendenza. Odiava dover dipendere da qualcuno o che qualcuno dipendesse da lei. Forse era vero, i figli erano per molti la gioia più grande ma il solo pensiero di mettere al mondo una creatura la cui vita sarebbe stata inevitabilmente fra le sue mani la terrificava. Per anni si era chiesta come sua madre fosse stata in grado di crescerla da sola. E forse era proprio quel modello sbagliato di famiglia che aveva alle spalle a farle sviluppare tali pensieri. Forse non voleva semplicemente ritrovarsi sola come sua madre nonostante avesse incontrato l'amore pochi anni dopo.

Aveva bisogno di fumare.

Prese a frugare nella sua borsa da spiaggia alla ricerca del pacchetto di sigarette che trovò leggermente schiacciato dall'ammasso di roba – prettamente inutile – che si era portata dietro.

Lei e la sua maledetta ansia di previdenza.

Sbuffò quando non trovò l'accendino.

Hai tu il mio accendino?” borbottò a Neal, senza smettere di scavare nella borsa come un cane da tartufo.

No.” fu la semplice risposta del ragazzo.

Troppo secca.

Si voltò verso di lui con sguardo accusatore.

Neal.” lo ammonì.

Liesel.” le fece il verso lui.

Dammi l'accendino.”

Smettere di fumare non ti farebbe male.”

Non ho ancora fumato oggi! Non rompere le palle.”

Oh, i miei complimenti allora.”

Era ovvio che si prendeva gioco di lei ma con riluttanza glielo lanciò.

Anche io ti faccio i complimenti per la tua perseveranza. Ogni volta ci provi nonostante i pessimi risultati. Bravo.” scherzò a quel punto lei mentre si accendeva la sigaretta. Poi sventolò l'accendino. “Questo lo tengo io.” disse prima di gettarlo in borsa.

Fumare era l'unico vizio che poteva dire di possedere. Almeno in quello voleva essere lasciata in pace.

Improvvisamente Liesel riconobbe il lieve suono di una vibrazione provenire dalla sua borsa. Ne estrasse il cellulare e sorrise non appena lesse il nome di sua madre sullo schermo.

Mamma.” rispose lieta di sentirla per poi sbuffare una nuvola di fumo.

Tesoro, come stai?” domandò la donna dall'altro capo con quella tenera cadenza italiana che non era riuscita a perdere. Sembrava sorridesse anche lei.

Bene, sono in spiaggia con Neal.” le riferì ed il suo amico sorrise.

Oh, salutamelo!

Liesel si poggiò il cellulare alla spalla e si rivolse a Neal.

Ti saluta.”

Passamela!” esclamò a quel punto il biondo e senza nemmeno lasciarle il tempo di replicare si lanciò verso di lei afferrando il telefono. “Mara!” Liesel sollevò gli occhi al cielo limpido e scosse la testa. Non aveva certo dimenticato le ore di telefonate fra sua madre e Neal. Adorava il rapporto stretto e confidenziale che si era instaurato fra loro. Laura lo considerava come un terzo figlio e per Neal non vi era gioia più grande, visto e considerato il rifiuto da parte della sua intera famiglia. “Sì, tutto bene. Tu come stai?” Forse aveva imparato col tempo a celare il proprio dolore e prendere la vita con ironia ma nulla cancellava dai suoi occhi quella sfumatura malinconica, traccia di sofferenze ed incompletezza. Diceva sempre di non sentire la mancanza di nulla perché Liesel era ormai divenuta parte della sua famiglia ma era ovvio che non fosse del tutto così. “Se fa la brava?” sorrise con malizia scrutandola di sottecchi. Liesel dal suo canto lo osservò minacciosa. “Dici a parte rompere le palle ventiquattro ore su ventiquattro?” la stuzzicò e lei non perse tempo a tirargli uno schiaffo sul braccio sotto le sue risate. “Non mi lamento.”

Bene, ora potrei parlare con mia madre, per favore?” intervenne a quel punto una Liesel piuttosto spazientita.

Ti reclama.” continuò a parlare al telefono. “D'accordo. Ciao, Mara.”

Si riappropriò del cellulare.

Mamma.” borbottò.

Tesoro.” ridacchiò la donna. “Stavo per dire a Neal che io, Phil e Steven vi vorremmo a cena da noi martedì sera. Se non avete altri impegni.”

Liesel fece una smorfia. Dubitava che suo fratello Steven fosse anche solamente al corrente di tale iniziativa. A dire il vero, lui odiava queste stronzate di famiglia, come amava definirle, e fremeva dalla voglia di concludere qualsiasi tipo di rimpatriata per uscire e divertirsi con la sua discutibile compagnia.

Non dovremmo avere problemi.” annuì quindi. “Nel caso ci fossero, ti avviso.”

Perfetto! Allora vi aspettiamo martedì.”

D'accordo, un bacio.” Riattaccò. “Siamo da loro martedì sera.”

Oh, finalmente un po' di sano cibo italiano!”

Come se morissi di fame.”

Sa il mondo intero che sei un disastro in cucina.”

Liesel spalancò la bocca esterrefatta.

Riconosceva di non essere esattamente un genio culinario ma quella era spudorata cattiveria.

Vaffanculo, Neal.” esclamò, dopo aver gettato la sigaretta consunta, buttandosi poi sull'asciugamano a pancia in giù per prendere un po' di sole sulla schiena.

Sentì il ragazzo tirarle due pacche sul sedere con una lieve risata che la fece sorridere.

Comunque domani mattina devo essere prima al lavoro.” lo udì parlare.

Non c'è problema, ti porto io.” Poiché Neal era solito svegliarsi più tardi di lei al mattino per esigenze lavorative, si spostava con i mezzi – benché non fossero il punto di forza di Los Angeles – mentre Liesel utilizzava la sua preziosa auto – un'innocente Opel Astra – che mai l'aveva abbandonata sulla strada nonostante l'età avanzata. “Dovresti comprarti una macchina.” osservò poi.

Stavo pensando di andare in concessionaria uno di questi giorni, se non ho contrattempi.” Spostarsi per Los Angeles senza un'auto era impensabile. “Vieni con me?” le domandò poi.

Se non lavoro sì.” annuì lei. “Ora, bambini e telefonate permettendo, vorrei rilassarmi un po'.”





***





Con una smorfia di dolore cercò di allungare i muscoli della schiena tremendamente intorpiditi. Si legò i capelli in una nuova coda per poi passarsi stancamente le mani sul viso. La finestra al loro fianco rivelava un cielo bluastro già cosparso di stelle.

Per oggi ho dato.” mormorò strofinandosi gli occhi.

Era tremendamente stanco; il cervello sembrava volesse esplodergli nel cranio.

Sì, anch'io.” sospirò Bill, seduto di fronte a lui. “Credo proprio che dovremo rimandare la video-chiamata con Georg e Gustav. Ormai è tardi.” Tom annuì appena dopo aver scoccato una veloce occhiata all'orologio da parete che segnava la mezzanotte. “Fumiamo una sigaretta e andiamo?”

Senza rispondere il chitarrista si sollevò ciondolante dalla poltrona e seguì suo fratello in giardino.





***





Il Liquid Kitty era letteralmente pieno. Liesel odiava i locali tremendamente affollati ma sapeva che Neal teneva ad averla con sé. La musica a tutto volume le faceva venire voglia di ballare nonostante non avesse ancora mosso un muscolo e le luci psichedeliche le trasmettevano quella conosciuta sensazione di quasi stordimento.

Poggiata al bancone, teneva in mano un bicchiere di birra. Poiché guidava, i superalcolici erano banditi. Neal dal suo canto le sostava affianco intento a tenere un'allegra conversazione con i suoi amici. Non le erano sfuggite le occhiate che di tanto in tanto lanciava a Damian, al centro della pista. Liesel non sopportava Damian per il semplice fatto che rappresentava fonte di insopportabile dolore per Neal e si chiedeva come quest'ultimo potesse aver perso la testa per lui. Modello affermato, Damian Powell nascondeva al mondo intero di essere gay. Molte volte aveva illuso Neal, molte volte si era rotolato fra le lenzuola assieme a lui per poi non farsi più sentire per settimane ed impedirgli di parlare di loro in giro. Aveva una certa reputazione, stando ai suoi discorsi. Ma ciò non fermava Neal dall'incaponirsi sempre di più.

Damian si dimenava in mezzo alla folla assieme a due biondine appiccicate ai suoi muscolosi bicipiti. Ad un occhio esterno mai sarebbe passato per l'anticamera del cervello di crederlo omosessuale.

Sollevò gli occhi al soffitto disgustata e ripose l'attenzione su Neal.

Ci facciamo un ballo?” le propose lui con un sorriso.

Dai.” annuì Liesel per poi finire in un sorso la sua birra.

Lasciò sul bancone il bicchiere vuoto e seguì il suo amico in mezzo alla calca. Il suo viso si contrasse in smorfie ogni qual volta percepisse un corpo sudato venirle addosso.

Quando Neal raggiunse una postazione – il più lontano possibile da Damian – si fermò e si voltò nuovamente verso di lei prendendo a muoversi energicamente. Liesel si lasciò scappare una risata ed accompagnò ogni sua mossa. La gente attorno a loro saltava senza controllo con le braccia sollevate e Liesel amava la sensazione di confusione nella testa. Sorrise e prese a muoversi con più enfasi incrociando le proprie dita con quelle di Neal. Sentiva le mani di chiunque addosso ma non vi dette peso; probabilmente più di metà di quella gente non capiva nemmeno dove fosse.

Una vibrazione improvvisa al fianco destro la fece sobbalzare. Fece segno a Neal di attendere un momento ed estrasse il cellulare dalla borsa. Quando lesse il nome di suo fratello sullo schermo dell'i-phone un campanello d'allarme prese a suonare nella sua testa. Steven non la chiamava mai per semplice piacere.

Steven!” urlò tappandosi un orecchio. “Sono a ballare! Aspetta che esco, non sento nulla!” continuò prendendo a farsi largo fra la gente non senza fatica. Non ricordava fosse così distante l'uscita, per poco non rischiò di perdere l'equilibrio sui tacchi. “Hey.” fece una volta raggiunta l'aria aperta.

Tirò un sospiro di sollievo nel percepire la tiepida brezza serale californiana sulla pelle umida.

Le sue orecchie fischiavano.

Senti, Liesel, ho un problema.” borbottò Steven dall'altro capo.

Come mai non mi sorprende?

Che hai combinato?” ribatté lei preparandosi al peggio.

Ormai era ben conscia che le cazzate di suo fratello non trovavano mai limite.

Sono in commissariato, dovresti venire a prendermi.”

Cosa?!” Il sangue prese a ribollirle nelle vene. “Steven, di nuovo!”

Senti, non ho detto niente a mamma. Mi vieni a prendere o no?

Sai, Steven, farei bene a lasciarti lì dentro. E vedi di non parlarmi con quel tono, non impiego due secondi a chiamare la mamma o tuo padre.” Prese a fare avanti e indietro per il marciapiede, passandosi più volte la mano sul viso con fare nervoso. “Dove ti trovi?” sospirò poi massaggiandosi una tempia.

Al Parker Center.

Non rispose nemmeno. Riattaccò seccata. Si affrettò a scrivere un messaggio a Neal senza scendere nel dettaglio – avrebbe comunque immaginato, conoscendo Steven – e si diresse alla macchina. I piedi cominciavano a far male e l'idea di raggiungere il commissariato con quel vestitino succinto che le scopriva metà coscia le dava alla testa. Ed il lungo spacco sulla schiena non giocava a suo favore.

Si chiederanno che razza di famiglia siamo.

Mise in moto l'auto ed abbandonò il parcheggio a tutta velocità – trovato dopo una lunga, estenuante ed invana ricerca.

L'incredibile nervoso la faceva respirare quasi a fatica. Non capiva per quale assurdo motivo suo fratello si lasciasse trascinare da quella dannata compagnia. Non capiva perché si divertisse a creare scompiglio in giro, a mettersi nei guai. Era stufa di doversi ancora occupare di lui come fosse un adolescente nella dura fase della ribellione. Aveva vent'anni, era ora per lui di maturare.

Il piede schiacciò improvvisamente e con violenza il pedale del freno e la macchina, dopo un forte stridio delle ruote, inchiodò non prima di toccare con il muso quello di un'enorme Range Rover bianca.

Cazzo!” esclamò la ragazza portandosi le mani al viso. Il cuore impazzito.

Ci mancava solo una dannata denuncia per sinistro stradale.

Quando scorse le portiere dell'auto aprirsi roteò gli occhi chiedendosi quale razza di scherzo divino fosse quello. Aprì la propria e, facendo ben attenzione a non slogarsi una caviglia sui tacchi, scese dalla macchina.

Dico, sei idiota?!” esclamò un ragazzo alto e moro – con un curioso accento tedesco – camminando nella sua direzione con rabbia. Un altro ragazzo, altrettanto alto, era sceso basito.

Liesel fremeva dalla fretta di rimettersi alla guida e raggiungere il dannato commissariato.

Senti, mi dispiace.” borbottò gesticolando eccessivamente. “Sono un attimo di fretta.”

Non me ne frega un cazzo. Ora vediamo di risolvere la cosa.” ribatté il moro indicando la sua Range Rover.

Non vedo nemmeno un graffio.” obiettò lei inarcando un sopracciglio mentre il ragazzo biondo controllava da vicino il fanale destro.

Correvi come una pazza!”

Questo perché ho una certa cosa urgente da fare!”

Ti pare una giustificazione?!”

Quel bel visino cominciava ad irritarla.

E aveva fretta.

Senti, facciamo così...” borbottò prendendo a frugare nella borsa con una certa urgenza. Ne estrasse il telefono. “Segnati il mio numero. Domani, quando il cosmo avrà smesso di mettermi i bastoni tra le ruote, ne riparliamo.”

E io come so che quando chiamerò risponderai?” la scrutò di sottecchi.

Non c'è nessun modo se non fidarti e fare come ti ho detto.”

Il ragazzo lanciò un'occhiata al biondo come per cercare un'approvazione.

Mi sembra innocua.” scrollò le spalle questo quasi con beffa, cosa che la infastidì.

Il moro sospirò e recuperò l'i-phone dalla tasca dei jeans. Liesel gli dettò pazientemente il numero di telefono ed attese che il ragazzo le facesse uno squillo.

Come ti chiami?” gli domandò mentre digitava sullo schermo.

Tom.” rispose lui. “Io gradirei sapere anche il tuo cognome.”

Liesel Petrova.” bofonchiò lei. “Ora, se non vi dispiace, devo andare ad infrangere un altro po' di limiti di velocità.” fece poi con sadico sarcasmo riaprendo la portiera della sua Opel Astra.

A distruggere qualche altra macchina.” sentenziò lui mentre anche loro risalivano a bordo della vettura.

Ma vaffanculo.” mormorò a quel punto Liesel ripartendo a tutta birra.

Le enormi ed imponenti palme sfrecciavano pericolosamente ai lati della strada. Ormai conosceva a memoria il tragitto. Steven le aveva dato la meravigliosa possibilità di farsi un giro in commissariato almeno una volta ogni due mesi.

Giunta a destinazione, parcheggiò con noncuranza e salì di corsa le scale.

Sono Liesel Petrova, la sorella di Steven Lee.” annunciò non appena un ufficiale la fermò.

Mi segua.” rispose questo con una serietà che detestò.

Lo seguì lungo il corridoio fino a che non giunsero ad una piccola stanza. Suo fratello sedeva alla scrivania, di fronte al commissario, con il capo chino e l'atteggiamento di chi non vedeva l'ora di togliersi dai piedi per combinare qualche altro casino altrove.

Salve.” mormorò Liesel al commissario.

Comincio ad essere stanco di vederla, signorina Petrova.” disse con sarcasmo l'uomo.

Anche io, se posso essere sincera.” sibilò lei lanciando nel frattempo un'occhiata truce a Steven.

Questa volta abbiamo detenzione di stupefacenti.” continuò lui sollevando una busta per poi farla ricadere sul tavolo con fare quasi rassegnato. Liesel percepì un brivido lungo la colonna vertebrale. “La sua fortuna è che non ha superato la quantità massima.” Tornò a scrutare suo fratello quasi con odio mentre la voglia di prenderlo a schiaffi era insopportabile. La cosa che più la sconvolgeva era la sua totale indifferenza. L'uomo si sporse sulla scrivania e vi poggiò i gomiti incrociando le dita. “Che cosa abbiamo intenzione di fare?” domandò sia a lei che a Steven. “Vogliamo darci un freno?” questa volta parlò solamente con suo fratello. Steven dal suo canto lo sfidò con lo sguardo. Non lo distolse e non proferì parola. Il commissario annuì appena abbassando il proprio per poi lasciarsi andare ad un lieve sospiro e tornare a poggiare la schiena alla sedia. “Vai.” lo congedò senza guardarlo ed il ragazzo non perse tempo ad alzarsi.

Arrivederci.” soffiò Liesel per poi uscire dalla stanza.

Steven aveva cominciato a recare problemi alla famiglia all'età di sedici anni, quando le prime compagnie sbagliate ricoprivano un ruolo troppo rilevante per un adolescente. A vent'anni, quei problemi si erano triplicati ed erano i principali motivi di discussione con sua sorella. Passava il tempo a rinfacciarle il fatto di accaparrarsi dei meriti di madre che non aveva solo perché più grande di lui. Ma Liesel non voleva semplicemente che suo fratello si distruggesse con le sue stesse mani e dove non poteva arrivare Mara, cercava di intervenire lei. Non raramente aveva nascosto tanti episodi a sua madre e Phil, solamente per salvaguardare suo fratello.

Una volta fuori, Liesel lo strattonò per la giacca – prima che potesse svignarsela – e fece in modo che si voltasse verso di lei.

Hey! Lasciami stare!” si dimenò lui.

Io ho smesso di fare figure di merda per pararti il culo, Steven! Vedi di aprire bene le orecchie!” fece lei frenando l'impulso di urlare. “Cosa cerchi di dimostrare con le tue stronzate? Cosa stai cercando di dirci? Vuoi attenzione? Che cazzo vuoi, Steven?!”

Voglio che mi lasci in pace!” ribatté lui con la minaccia nello sguardo ma Liesel non lasciò la presa sulla sua giacca, la rinforzò.

Certo, ti lascerò in pace! Ma non provare a telefonarmi la prossima volta che ti trovi nei guai! Te la vedrai direttamente con tuo padre, ti piace l'idea? Ti fa ancora venire voglia di fare il gradasso?”

Smettila di comportarti come fossi mia madre.”

Io mi comporto come una persona che non ne può più di vedere suo fratello in commissariato, sempre appeso ad un filo. Arriverà un dannato giorno, Steven, in cui non ti daranno più un'ennesima possibilità. Arriverà un fottutissimo giorno in cui ti ritroverai dietro le sbarre. E tutto perché? Perché devi fare lo spaccone con i tuoi amici. Oh, sì, drogarsi è forte, sei proprio figo.”

Vattene a 'fanculo, Liesel.”

Si liberò con uno strattone dalla sua presa e le diede le spalle incamminandosi verso una meta a lei sconosciuta.

Continua così, ti ringrazierai un giorno.” gli disse ancora prima di risalire in macchina per poi sbattere la portiera con ira.





***





Rientrò in casa che aveva solamente una gran voglia di gettarsi fra le coperte. Il mal di testa che le era esploso era insopportabile. Aveva sentito Neal poco prima e le aveva riferito che era stato riportato a casa da un amico. Si sentiva mortificata anche per lui.

Gettò le scarpe a lato dell'ingresso, buttò le chiavi sulla ribaltina e per poco non urlò quando il suo coinquilino comparve davanti a lei come un fantasma. Era di nuovo in mutande.

Cristo, Neal.” mormorò slacciandosi la giacca che successivamente appese.

Allora? Che ha combinato stavolta?” le domandò consapevole a braccia conserte.

Detenzione di stupefacenti.” fece una smorfia. “Che novità.”

Neal era basito.

Giuro che non lo capisco.” commentò scuotendo la testa.

Non lo capisco io che sono sua sorella, direi che è legittimo.” borbottò lei incamminandosi verso le scale con passo trascinato. Perfino la borsa cominciava a pesarle. “Comunque non ho voglia di parlarne. Preferisco andare a dormire visto che domani mattina devo anche lavorare.”

L'idea di mettere piede in azienda non era delle più emozionanti.

D'accordo, buona notte.” la salutò Neal prima che lei si congedasse.

Una volta in camera, gettò vestito e reggiseno a terra per poi sprofondare fra le coperte come non vi fosse un domani.





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Questo capitolo in realtà faceva parte del primo ma ho deciso di dividerli, almeno come inizio, dato che i prossimi saranno piuttosto lunghi. Diciamo che con questi due vi ho un po' introdotti alla storia, si è delineato il contesto.

Fatemi sempre sapere che ne pensate! Un bacio a tutti!

  
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