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Autore: kenjina    27/06/2008    2 recensioni
Narumi Tomoe è una giovane ragazza alle prese con una situazione decisamente troppo più grande di lei. Tra amici, scoperte e un paio di occhi blu detestabili, ecco le vicende e le percezioni di questa giovane, raccontata in prima persona.
Avviso alla gentile clientela: mi dispiace di essere mesi e mesi senza aggiornare, soprattutto se vedo così tante recensioni di lettrici appassionate che aspettano di leggere il continuo; ma sto prendendo in considerazione l'ipotesi di bloccarla e riscriverla; il tempo passa, cambia il mio stile e anche la mia ispirazione, che purtroppo ultimamente sta escludendo Bleach. Chi scrive conosce bene questi momenti! Spero un giorno di riprenderla in mano con lo stesso entusiasmo di un tempo. Non perdete le speranze, magari Narumi e Grimmjow torneranno, prima o poi.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Jaggerjack Grimmjow
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Salve

Ehilà! Torno dopo un paio di giorni, perché voglio velocizzare i primi capitoli (che come ho già avuto modo di dire non mi piacciono tanto!).

Vedo con sorpresa che Yumi è piaciuta molto, non le l’aspettavo! *_* Grazie a Valeriana e Ino_chan per aver commentato! Spero di non deludervi ç_ç

Buona lettura,

Kenjina.

Capitolo II

 

Confusione. Tanta confusione.

Ecco quello che sentivo. Stavo seguendo quei due ragazzi, se così potevo definirli, verso un luogo sconosciuto. E stavo in silenzio, proprio come mi aveva detto Ichigo. Ma le domande nella mia mente si affollavano senza controllo. Che stava succedendo? Chi erano in realtà Ichigo e Rukia? Che cos'era quell'essere così spaventoso che prima hanno eliminato? E tante, tante altre. Speravo di ricevere una risposta a tutti i miei dubbi.

Arrivammo in una parte isolata della scuola. Forse non ne conoscevo neanche l'esistenza.

Ichigo si sedette per terra, con la schiena poggiata contro il muro dell'edificio, le gambe larghe, di uno stanco e che non aveva voglia di niente. Rukia, invece, rimase in piedi. Mi venne da sorridere quando notai con simpatia che la ragazza raggiungeva l'altezza di lui, che era seduto. Era proprio piccolina. Piccola, ma agguerrita.

Mi sentii addosso lo sguardo nocciola di Ichigo, che mi lanciava un'occhiata sbieca. - Hai mai sentito parlare di Shinigami? - mi chiese, passandosi distrattamente una mano sui capelli arancioni.

Scossi lentamente la testa, mentre i punti interrogativi nella mia mente aumentavano ormai senza freni.

- Uno Shinigami è un Dio della Morte. E noi lo siamo. - mi spiegò semplicemente Rukia.

Non dissi nulla. Forse mi stavano prendendo in giro. Forse stavo sognando. O forse era tutto vero, e semplicemente ero troppo stupita per crederci.

- E... cosa sareste con esattezza? - chiesi, con voce flebile.

- Abbiamo il compito di purificare le anime degli Hollow, spiriti malvagi che si formano dalle anime corrotte di un umano. Una volta fatto, li portiamo nella Soul Society, che sarebbe una sorta di Paradiso. - continuò Rukia.

Continuai a non dire una parola, cercando di riordinare le idee. La ragazza proseguì nel racconto. Mi disse che Ichigo non era un vero e proprio Shinigami, poichè lei gli aveva trasferito i suoi poteri in un momento di difficoltà. Da quel momento era diventato uno Shinigami come gli altri, molto potente ma anche molto odiato. Per questo motivo lei aveva anche rischiato la condanna a morte, se non fosse stato per lui che l'aveva prontamente portata in salvo. I corpi che avevo visto all'ombra di quell'albero erano i loro gigai, cioè dei corpi artificiali che servivano agli Shinigami per stare sulla terra. La loro anima da Shinigami si trovava, invece, davanti ai miei occhi.

Ascoltai la storia, via via rendendomi conto che quello che stavo vivendo non era pura invenzione. Avevo visto un hollow, da quello che avevo capito, e avevo visto anche loro due combattervi contro ed infine ucciderlo. Non poteva essere solo frutto della mia immaginazione. Fatto sta che ero ancora molto confusa e scettica.

Mi ricordai del motivo per cui Rukia non aveva continuato nel suo lavoro di cancellarmi la memoria, e le chiesi spiegazioni. I due si guardarono, velocemente.

- Abbiamo sentito il tuo reiatsu esplodere. - mi disse Ichigo. Vide la mia espressione farsi indagatoria, dato che non capivo quello che volesse dire. - In parole povere, il reiatsu è il potere spirituale. E ci è sembrato strano che tu lo abbia così forte. Prima non ci siamo accorti di nulla. -

- Forse è venuto fuori in un momento di paura, come quello di prima. - ipotizzò Rukia.

Aggrottai la fronte, facendo concorrenza al ragazzo. Anche lui, infatti, aveva le sopracciglia perennemente aggrottate, dandogli l'aria di chi è sempre imbronciato.

- Quindi tutto questo che vuol dire? - chiesi, sbattendo velocemente le palpebre. Era una sorta di tic che mi veniva ogni volta fossi agitata o preoccupata.

- Ancora non lo sappiamo. - disse il ragazzo. - E' per questo che non ti abbiamo voluto cancellare la memoria. -

Annuii dubbiosa. Passarono alcuni secondi di silenzio. Che fu lo Shinigami ad interrompere. - Beh, le cose principali te le abbiamo spiegate. Forse è meglio tornare in palestra dagli altri. -

Acconsentii e ci avviammo verso la palestra. Ichigo e Rukia ripresero possesso dei loro corpi e raggiungemmo il resto della loro classe, che stava giocando a pallavolo.

- Si può sapere dov'eravate finiti? - chiese il ragazzo con gli occhiali, Ishida.

Un'occhiata eloquente da parte di Ichigo gli fece capire tutto. Allora anche lui sapeva? E chi altro era a conoscenza di questa situazione?

Sospirai profondamente. Non avevo più voglia di pormi domande. Ero stanca e stupita, e cercai di pensare ad altro. Mi aiutò in questo un ragazzotto impertinente, alto e dal viso prepotente, che voleva sfidarmi in un uno contro uno a basket.

Sorrisi al ragazzo, che sperava di mettermi in ridicolo davanti agli altri. Ma non avevo voglia di farmi mettere i piedi in testa da un pivellino. Accettai la partitella. Alla fine dello "scontro" il ragazzo se ne andò a testa bassa. Io, del resto, l'avevo avvertito.

Subii mille complimenti da parte di Orihime, anche se la mia testa tornò nuovamente all'episodio di qualche decina di minuti prima. Le sorprese per quel giorno erano state anche troppe. Ma ero sicurissima che non sarebbero finite così facilmente.

Non mi sbagliavo.

* * *

Stavo tornando a casa da sola, dopo quella giornata estenuante. Per tutta la mattinata il pensiero degli Shinigami non mi aveva abbandonata, ma si faceva strada sempre più in profondità nella mia mente. Sospirai rumorosamente, mentre svoltavo l'angolo ed entravo nella via di casa. Passai vicino al parco giochi. Strano, non c'era nessuno. Eppure erano le quattro e mezza passate del pomeriggio. Mi fermai all'ombra del mio albero preferito e mi sedetti, esausta fisicamente e mentalmente. Chiusi gli occhi per riposarmi un po’. C'era un'insolita calma quel giorno al parco. Strana, ma mi piaceva. Mi rilassava la mente e l'anima. Cercai di non pensare a nient'altro se non alle vacanze che si stavano avvicinando sempre di più, ma non potei farlo, perchè nuovamente la sensazione di oscurità mi avvolse. Che mi succedeva? Era la seconda volta  che questo parco mi dava una sensazione strana e sgradevole. Di solito mi ispirava tranquillità e protezione. Ora era l'esatto contrario.

Aprii leggermente gli occhi, cercando di trovare qualcosa che mi aiutasse a capire. Nulla. Il parco era deserto. Forse era questo che faceva nascere in me quest'inquietudine? Non feci in tempo a rispondermi che vidi un ombra veloce attraversare il parco. Mi irrigidii nella mia posizione. Che cos'era? Un gioco di luci? Un animale che non aveva fatto alcun rumore?

Mi alzai lentamente, andando verso il punto in cui l'ombra era sparita. Volevo sparire anche io, ma la curiosità e la tentazione di scoprire qualcosa in più era forte. Appoggiai una mano sul tronco di un albero e feci capolino da esso, cercando qualcosa che non conoscevo nemmeno io. Poi una sensazione di gelo mi fece rabbrividire. Sentivo qualcuno alle mie spalle. E infatti un ombra oscurò la mia. Con gli occhi sbarrati per la paura e il corpo che tremava, mi voltai lentamente e mi trovai di fronte un... hollow?

Era spaventoso. Alto il doppio di me, aveva le sembianze di un uomo deformato. Era grosso e scuro. Il buco, tipico degli hollow, come mi avevano spiegato Ichigo e Rukia, era sulla base del collo. E una maschera gli ricopriva l'intero viso, se così si poteva chiamare.

- Finalmente un pasto degno di essere tale. - sibilò l'essere, con voce spaventosamente bassa. - Il tuo potere spirituale è elevato, ragazzina. Diventa parte di me! -

Feci un passo indietro, poi un altro e un altro ancora, fino a che non iniziai a correre. L'hollow rise malignamente.

- Non mi puoi scappare! Ormai ti ho trovata e sarai mia! - gridò, soddisfatto.

- No!! - esclamai, quando sentii una delle sue grosse mani che mi stringevano il braccio. Mi buttò a terra, facendomi sbattere violentemente la testa.

- Non sentirai nulla, tranquilla! - continuò lui, mente una lingua enorme e lurida usciva dalla bocca tremendamente grande.

- Vai via!! - gridai, allungando le braccia verso di lui, come se volessi usarle da scudo. Una luce si sprigionò dal palmo della mia mano destra e, in una nuvola di fumo, mi ritrovai a brandire due spade lunghe e lucenti. L'hollow fece qualche metro indietro, spaventato per questo improvviso colpo di scena. Io ero più stupita di lui.

Sentivo una carica fluirmi nelle vene, e l'adrenalina salire a mille. Come l'essere si avvicinò nuovamente a me lo colpii con forza in pieno petto e si disintegrò sotto i miei occhi.

- Tomoe!! - mi sentii chiamare. - Che... -

Rukia smise di parlare, sbigottita. Ichigo era con lei, e al loro seguito arrivarono anche Orihime, Ishida e il ragazzo alto e grosso, che tutti chiamavano Chad.

- Sei diventata... uno Shinigami? - si domandò Ichigo.

Sbarrai gli occhi e mi guardai: indossavo un kimono molto simile a quello di Ichigo e Rukia, con la differenza che questo era completamente bianco, tranne nei bordi, in cui era nero.

- Non sembrerebbe. - affermò Rukia. - E non lo dico solo per il colore del kimono. Il tuo reiatsu è molto forte, si sente, ma è di un'intensità differente da quella degli Shinigami. -

- Quindi? - chiese Ishida, sistemandosi gli occhialini rettangolari.

- Quindi non saprei bene. Dovremmo portarti nella Soul Society per chiedere l'intervento dei capitani e del consiglio. - continuò la ragazza.

- La... Soul Society? - chiesi. Sarei dovuta andare nella Soul Society? In quale situazione mi stavo cacciando? Era successo tutto troppo in fretta, tutto troppo velocemente... che dovevo fare? Dovevo seguirli?

Nuovamente mille domande affollarono la mia mente.

- Il portale si aprirà fra tre giorni. - disse Rukia, facendomi ritornare alla realtà.

- Bene. Allora dovremo aspettare poco. - disse Ichigo.

Orihime si avvicinò a me, quasi preoccupata. - Narumi-chan, sei ferita alla spalla! -

Non feci in tempo a ribattere che non era nulla, di non preoccuparsi, che la vidi allungare le braccia verso la parte lesa della spalla, disse qualcosa che in un primo momento non capii e, dopo qualche secondo, la ferita provocata dall' hollow sparì. Non rimase nulla: ne sangue (tranne quello che aveva sporcato la divisa scolastica), ne cicatrici... sparita nel nulla...

La guardai incredula, senza sapere che dire. Mi precedette lei, spiegandomi che aveva il potere di guarire le ferite e di ricomporre i corpi. La ringraziai moltissimo e, nonostante, tutto non rimasi tanto stupita. Stavano succedendo tante cose così strane che ormai non mi stupivo più. Scoprii, poi, che Ishida era un Quincy, un essere potente quasi quanto uno Shinigami, e che Chad aveva un braccio molto energico che squarciava qualsiasi cosa con un piccolo sforzo.

Tutto ciò era così strano, così incredibile. Tuttavia la cosa mi incuriosiva parecchio.

- Torniamo a casa. - disse Ichigo, voltandoci le spalle. Sembrava sempre così arrabbiato con il mondo...

Lo seguimmo, parlottando tra di noi.

- Narumi-chan, guarda cosa ha fatto per me Ishida-kun! - esclamò Orihime, prendendo qualcosa da una busta. Mi mostrò un completino bianco e decorato con striscioline celesti e blu, molto grazioso e ben rifinito.

- L'hai fatto tu? - chiesi al ragazzo. - E' carino! -

- Si, in effetti me la cavo... - disse, sistemandosi gli occhiali. Sembrava il saputello di turno quando faceva quel gesto!

Orihime era felicissima di elogiarlo, parlandomi di un pupazzetto che si era rotto e che lui, con abilità, aveva aggiustato, facendolo tornare come nuovo. Per un attimo pensai che quei due potessero formare una bella coppietta: lei così infantile come una bambina; lui sempre serio e perfettino. Poteva venir fuori un mix letale!

Salutai i ragazzi, entrando nella mia casetta. Richiusi la porta scorrevole del salotto alle mie spalle e brancolai nella semi-ombra della casa, dato che la luce fuori stava iniziando a venir meno. Non accesi luci. Conoscevo ogni angolo di quell'abitazione. In casa non c'era nessuno: mio padre era a lavoro e mio fratello minore era in giro con altri bambini da qualche parte.

Adoravo il silenzio di quei momenti. Non che non sopportassi la voce squillante di Hiroaki o quella burbera di mio padre, ma in determinate situazioni preferivo la tranquillità.

Entrai in camera mia, gettando la borsa per terra e buttandomi a peso morto sul letto. Ero esausta. Forse una giornata così carica di avvenimenti non l'avevo mai avuta. Ripensai a quello che era successo... è incredibile come in pochi attimi la vita di una persona possa cambiare.

Mi addormentai quasi subito, sognando la giornata che stava per finire. Mi svegliò di soprassalto il rumore della finestra aperta che sbatteva per il vento, che nel frattempo si era alzato.

Socchiusi gli occhi, contrariata dal rumore. Eppure la finestra era chiusa quando ero entrata in camera... Mi alzai per chiuderla e vidi qualcosa fuori. L'ombra di qualcuno... sembrava un ragazzo... Ma dopo poco sparì.

Scossi la testa. Forse stavo ancora dormendo.

Scesi in cucina e presi un bicchiere d'acqua, che sorseggiai lentamente.

Dopo un'oretta sentii la porta principale aprirsi e la voce di mio padre e di Hiroaki, che stava raccontando dei goal che aveva fatto giocando a calcetto.

Hiroaki aveva otto anni. Era un bambino solare e sempre allegro, nonostante non avesse una figura materna. Nostra madre, infatti, era morta qualche ora dopo averlo partorito e lui non aveva mai potuto conoscerla, se non vederla da qualche fotografia. Io, invece, ricordo mia madre... Era un po’ fredda, ma non mi aveva mai fatto mancare l'affetto necessario per una figlia. Mi ricordo di tutte le volte che ha cercato di consolarmi se era successo qualcosa di brutto... Mi mancava una figura che mi ascoltasse ogni qual volta ne avessi avuto il bisogno... Avevo Yumi, ma non era la stessa cosa... Mio padre era buono a scherzare e a ridere, ma le volte in cui avevo avuto una discussione seria con lui potevo contarle sulla punta delle dita.

Li accolsi con un sorriso e Hiroaki mi saltò addosso, abbracciandomi calorosamente.

- Narumi-chan! Oggi ho fatto quattro goal e parato sei palloni! - mi disse, entusiasta.

Gli scompigliai i capelli bruni, complimentandomi con lui.

- Tutto bene, Narumi? - mi chiese papà. Si era accorto che qualcosa era successa. Me lo si leggeva in viso, anche se stavo provando a nasconderlo. Non volevo far preoccupare nessuno. Sebbene non avessi avuto un dialogo strettissimo con mio padre, sia io che lui riuscivamo ormai a capire cosa ci girava per la testa.

- Niente, . - dissi, sorridendogli e muovendo vagamente la mano. Mi guardò poco convinto, ma decise di lasciar perdere. Sapeva che, se avessi avuto il bisogno, sarei andata da lui senza problemi.

Andai a giocare con la Play con mio fratello, felicissimo di avermi con lui. Mi raccontò che aveva visto una bambina molto carina, quel giorno a scuola, e che ci aveva anche giocato. Mi fece una tenerezza incredibile, e lo abbracciai forte forte. Come avrei fatto anche senza di lui?

La serata passò velocemente, senza che succedesse qualcosa di eclatante. Non sapevo perchè, ma mi aspettavo che da un momento ad un altro spuntasse fuori qualche altro essere. Non avrei permesso che anche la mia famiglia venisse messa in pericolo per qualcosa che non avevo scelto.

Fortunatamente non accadde nulla. Andai a dormire verso le undici di notte.

Guardai dalla finestra, aspettandomi di rivedere l'ombra di prima. Ma non c'era nessuno, nessuna ombra. Niente.

Tutto calmo, pensai. Mi sdraiai sotto le coperte calde, ricoprendomi per bene, come a volermi sentire più protetta. E mi addormentai pensando a che tipo di sorprese mi sarei dovuta aspettare dall'indomani.

   
 
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