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Autore: Carioca    13/03/2014    1 recensioni
Ciao a tutti! Questa è la mia prima storia, in cui racconto di un viaggio di Paperone (si, uso i nomi italiani, ci sono troppo abituato), anche se stavolta è un viaggio un po' diverso. Chi conosce la famosa $aga troverà parecchi riferimenti a questa. So che ci sono grandi racconti qui, come quelli di Spheater a cui faccio i complimenti, quindi cercherò di non deludervi!
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ci si aspetta certo di vedere qualcuno che ha passato la vita a lottare dire di colpo:"mi arrendo". Probabilmente si è trattato della classica goccia che scava la pietra, a corrodere sempre di più l'ambizione e la voglia di fare, fino alla rottura definitiva.

Era questo ciò che pensava in quel momento Donald guardando il vecchio zio. Non lo capiva. In effetti non lo aveva mai capito. E ora stava in silenzio, ad aspettare quello che aveva da dire. In fondo, non sapeva cosa fare nè voleva essere lì.

"Andiamo al Deposito" borbottò, "Guido io"

Senza fare storie Donald si mise accanto a lui

Durante il viaggio Donald potè notare la guida sicura, pulita, tranquilla, dello zio: il cambio usato con precisione, il freno sempre progressivo e mai eccessivo, la sterzata puntuale. Che scena al rinnovo della patente, quando nessuno si aspettava che avrebbe ripassato le visite! Bisognava davvero ringraziare Archimede e la sua Formula. Era un cortocircuito pensare a lui che si arrendeva.

 

Anche il Deposito iniziava a sentire i segni del tempo: a forza di risparmiare Paperone non aveva più curato il prato della collina, che di conseguenza era ormai un cumulo di erbacce. E la ruggine iniziava ad intaccare quel maestoso edificio contenente tre acri cubici di denaro, che ormai appariva come quei vecchi e maestosi alberu secchi che tanto appaiono solidi prima che la tempesta li sradichi. Paperone avanzava con sicurezza, evitando tutte le trappole, i trucchi, i cartelli che per anni aveva disseminato per proteggerlo da... chiunque.

Tutti volevano fargli male. Tutti. Da anni era perseguitato dai ladri, idioti, nullafacenti, che volevano solo prendere ciò che non era loro. Non si sarebbe mai arreso contro di loro. Piuttosto, la morte.

 

L'ufficio è sempre lo stesso, con i sacchi di denaro intorno, non per pacchianeria, più per sentire un ingombro materiale che possa, in qualche modo, essere compagnia. Curioso come per tutti l'oro era neitn'altro che un metallo, freddo. Non per Paperone. Come conduttroe termico il calore gli arriva velocemente, e se solo lui lo portava, tanto ne bastava. Nel mentre, Donald lo guardava. Per un attimo vide un'espressione di pietà. Altre volte si sarebbe imbestialito, anche quella, ma non voleva alzare la voce. "Voglio farti vedere una cosa" sono le uniche parole che gli uscirono dalla bocca. "Ti mostrerò come sono custodite le cose più importanti."

 

Dalla tasca spuntò improvvisamente una vecchia chiave. Scrooge, tenedola in mano, andò ad aprire una porta. Dov'era mai stata? Nessuno, forse, ancora ne conosceva l'esistenza tranne lui.

 

Il buio regnava sovrano, ma era tutto pulitissimo."E Dio disse sia la luce e luce fu" disse Paperone con un sorriso ironico mentre accendeva la luce. Lì erano contenuti solo due oggetti: un vecchio baule ed una cornamusa.

 

Qualche anno prima, quando di frequente si trovavano nel Deposito con i nipotini, quel baule era stato aperto un mucchio di volte. Un piccone, un ciuffo di capelli di Doretta, un orsacchiotto, un cristallo, la pepita uovo d'anatra. Ma quella cornamusa non l'aveva mai vista. Donald aveva dentro la curiosità di un bambino:"Zio, ma tu la sai suonare?" "Si, un po', mi ci sono anche allenato." La prese in mano "Sai, 37 anni fa conobbi un musicista francese che aveva appena trascritto un suo brano per balletto su piano. Siccome gli fui subito simpatico, riuscii ad averne una versione per cornamusa. Nelgi anni l'ho imparato discretamente" Detto ciò, Paperono iniziò a suonare il Bolero di Ravel.

*

Trance. Era un suono divino. Donald non pensava che una cornamusa o un qualsiasi strumento a fiato potesse suonare così dolcemente. Era perfetto, ogni nota conservava la morbidezza del fiato senza però alcun cedimento o modifica. Forse era così che suonavano gli angeli. Credeva di essere ipnotizzato da quell'esecuzione. Sparirono le discussioni, il viaggio, il baule, il Deposito, ogni altra cosa eccetto che la musica. Peccato solo che non potesse andare avanti all'infinito. E...

 

Paperone si arrestò. Non usciva più alcun suono. Come se qualcosa la bloccasse, ostuisse una canna. Guardò dentro, ma si vedeva solo buio. Allora prese una torcia e guardò.

 

Era una lettera.




















































*Nota dell'autore: Mi dispiace, ma lascio perdere questa storia. Ammetto di aver esagerato, era qualcosa di troppo grande per me, al momento: troppi piani, descrizioni, trama da comporre. Non sono ancora così bravo. Per un po' mi dedicherò a storie piccole, poi chissà, potrei continuare questa...

  
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