Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: MorganaLuce    16/03/2014    1 recensioni
Sto ritrovando caratteri presenti nel vecchio Peeta e che credevo fossero persi per sempre dopo il depistaggio e questo non fa altro che riaffiorare le mie speranze di riaverlo del tutto indietro, ma già che rimanga a dormire con me senza tentare di soffocarmi col cuscino durante il sonno è un buon segno. Osservo le sue labbra e mi accorgo che mi mancano, mi mancano i suoi baci di cui mi priva ma che prima mi donava generosamente, mi mancano persino i baci dal sapor salato e bollenti dalla febbre nella grotta dell'arena.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Katniss Everdeen, Peeta Mellark, Ranuncolo
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
E' Gale, lo riconoscerei ovunque. Ma che ci fa qua? Non voglio nemmeno saperlo, infatti giro i tacchi il meno rumorosamente possibile per non farmi vedere dall'assassino di mia sorella. Nonostante i miei tentativi di fuga silenziosa, sento la sua voce chiamarmi. Non mi volto, ma placo il mio cammino, guardo per terra per evitare la tentazione di girarmi e riempirgli la faccia di schiaffi, ma infine cedo e mi rendo conto che mi ha già raggiunto con il suo tacito passo felino. -Le vecchie abitudini sono dure a morire, non è vero Catnip?- dice indicando l'arco che stringo in mano e sorridendo. Sembra aver messo su qualche chilo in più di salute, è ancora più muscoloso per via dei continui addestramenti che dovrà fare come soldato. I suoi occhi, grigi come i miei, i capelli arruffati scuri come il carbone e la barba ancora più ispida dall'ultima volta che l'ho visto, sono tratti che riconosco sul suo volto e che mi riportano agli anni passati assieme. Una serie di flashback dominano la mia testa ma io li scaccio quasi subito. -Come il tuo vizio di chiamarmi Catnip- rispondo senza enfasi e con espressione gelida. Gale si è accorto della mia scarsa voglia di scherzare, abbassa lo sguardo e nasconde il sorriso per poi farlo riapparire -Così mi spezzi il cuore- dice quasi ridacchiando falsamente. -Che ci fai qui, Gale? Perchè non te ne ritorni da dove sei venuto?- la mia voce si fa ancora più acida. -Avevo nostalgia di casa, volevo vederti...- dice innocentemente. -Bene, mi hai visto, puoi anche andartene. Buon viaggio.- Lo sto torturando, lo so, è troppo da sopportare per Gale, ma se lo merita e non ho intenzione di fare la caritatevole e dargli il bentornato. -Non puoi trattarmi così, Katniss. Abbiamo condiviso troppe cose assieme per buttare il nostro rapporto al vento. Eravamo migliori amici, inseparabili, avevamo dei piani e...- dice con voce supplicante mentre mi insegue nella mia lenta fuga, messa in atto per evitare questa situazione. Si interrompe per qualche secondo con il fiato pesante e dice qualcosa che avrebbe dovuto tenersi dentro. -... io ti amavo, ti amo ancora.- mi fermo, paralizzata. Si pone davanti a me, mi prende il viso con una mano e la solleva. Vedo nei suoi occhi rammarico, dolore, non più rabbia. Quasi senza accorgermene pigia le sue labbra sulle mie, ma quel bacio non mi soddisfa e al contrario di come farei con Peeta, invece di chiederne di più, mi stacco bruscamente e lo spingo via da me. Il suo dolore aumenta, glielo leggo in faccia, ma sarebbe aumentato il mio se non mi fossi sottratta a quel bacio. -Vattene, Gale- sussurro scuotendo dolcemente la testa. -Non posso, non posso rassegnarmi-. -Dovresti- rispondo. -E in ogni caso non posso andarmene, non ancora almeno. Ma non impedisco a te di farlo. Ci rivedremo, Katniss- non abbassa lo sguardo per nascondere il dolore causato dal cuore palesemente spezzato da me, mi guarda scomparire tra gli alberi senza dire niente. Una volta perso di vista tento di affogare quel briciolo di senso di colpa e rabbia per concentrarmi nella caccia, che si prospetta talmente ricca da farmi venire in mente l'idea di donare un po della selvaggina al macellaio e appena decido di aver dedicato abbastanza tempo alla caccia per oggi, torno indietro con la paura che Gale sia ancora lì per pretendere un altro bacio per lui prezioso anche se non ricambiato, ma non trovo nessuno e mi metto l'anima in pace mentre mi dirigo verso la recinzione, la supero e mi ritrovo a camminare tra le case nuove del Distretto 12. La gente non muore più di fame, non soffre il caldo o il freddo torrido, non vive più nel terrore, ma in pace e serenità, finalmente. Io, Peeta ed Haymitch abbiamo donato una grandissima parte dei nostri soldi (troppi e inutili) ai superstiti del distretto, dandoli la possibilità di una vita dignitosa. Ho visto tanta gente del Giacimento che dopo aver ricevuto la generosa offerta, è caduta sulle ginocchia, piangendo a dirotto e mostrando tutta la gratitudine che potevano avere in quel momento e tuttora, quando mi vedono camminare e mi salutano con un sorriso a trentadue denti. Quei momenti mi scaldano il cuore e mi ricordano che dopo tutta la sofferenza che si può subire nella vita, c'è ancora la speranza che non ti fa abbattere. Raggiungo la zona dei negozi e dopo aver consegnato due tacchini selvatici e tre conigli al macellaio, prima di attraversare la solita strada per tornare a casa, vedo uno stabile vuoto sul punto in cui si trovava il negozio dei genitori di Peeta, immagino che il Signor Mellark spasimerebbe per qualche scoiattolo che ho cacciato poco fa, se solo fosse vivo. Il suo corpo è sepolto sotto il Prato come tante altre vittime causate da me. Assaporo ancora per poco quell'immagine per poi distaccarmi e tornare a casa. Mi chiedo se Haymitch sia ancora sul mio divano a lamentarsi come un bambino mentre Peeta tenta di fargli prendere un boccone della colazione. Improvvisamente mi ricordo: non ho fatto colazione, sono uscita in fretta e furia senza avvisare Peeta e non immagino che cosa possa avergli detto Haymitch riguardo alla mia imprevista fuga. All'idea di qualche fraintendimento, mi dirigo verso il Villaggio dei Vincitori con passo più svelto immaginando qualche sfuriata da parte di Peeta. Sono ormai sulla soglia di casa e mi preparo al peggio che per mia fortuna non arriva. Il salotto è vuoto e non c'è puzza di alcol, cosa che mi fa immaginare che il mio vecchio mentore se ne sia andato, ma bensì il dolce profumo di pane che inebria le mie narici ogni mattina. Entro in cucina, anch'essa stranamente vuota, sobbalzo quando sento delle mani che mi stringono in vita e delle labbra che mi siorano dolcemente uno zigomo, mi giro e mi lascio dondolare tra le forti braccia di Peeta, poggiando il lato destro del viso sul suo petto. Sento il suo cuore battere e mi sento quasi cullata da quel tanto dolce rumore, potrei addormentarmi come una bambina al suono di una ninna nanna e infatti mi sento le gambe cedere come se stessi cadendo improvvisamente in un sonno profondo, mi si chiudono gli occhi e l'ultima cosa che mi ricordo è la voce di Peeta che esclama il mio nome. Mi risveglio nel mio letto, Peeta affianco a me che mi accarezza i capelli non più raccolti nella solita treccia, alla mia destra un vassoio con pane, zuppa di verdure, un bicchiere d'acqua e una piccola primula non ancora sbocciata. Con voce soffocata formulo il nome di Peeta che subito concentra la sua attenzione sui miei occhi semi chiusi. -Tranquilla, fai piano, ti aiuto ad alzarti- con forza mi fa sedere, mi sistema il cuscino e mi avvicina il vassoio. -Non hai fatto colazione e sei uscita di fretta. Ora mangia e starai meglio.- E' così premuroso con me, ma i suoi occhi non lo dimostrano, sono ancora troppo lontani da quelli del ragazzo del pane che mi amava, freddi, e questo non fa che ferirmi. Mangio il mio pasto, sentendomi ancora un po scossa, ma poi svuotato il vassoio comincio a sentirmi rinvenire. Mi giro verso Peeta che è rimasto in silenzio a guardarmi mangiare, dietro di lui noto l'orologio che segna le tre del pomeriggio. Ho dormito per tutto questo tempo? Era tempo che non mi sentivo tanto debole da perdere i sensi. -Bene, ti lascio sola, ora stai meglio.- fa per aprire la porta e prima di uscire dalla camera lo fermo. -Peeta...Grazie- ci fissiamo per qualche secondo poi annuisce e socchiude la porta, lo guardo andare via. So che è andato a dipingere nello studio, ne sono certa, io intanto me ne sto qua sul letto e decido di passare un po di tempo leggendo un libro e quando decido di aver letto abbastanza e calcolato che ho impiegato tre e mezzo immersa nel relax, mi alzo con cautela e scendo piano le scale perchè le mie gambe sono ancora un po insensibili. Man mano che scendo gradino per gradino sento delle urla strozzate provvenire dallo studio. Rabbrividisco al pensiero che Peeta stia avendo un'episodio, dato che solitamente ne ha uno per giornata. Che sta succedendo? Perchè sta avvenendo un altro episodio? Non so che fare, vorrei piombare lì dentro e rassicurarlo, aiutarlo ad affrontare le visioni ma allo stesso tempo sono terrorizzata per la mia vita, potrebbe attaccarmi non appena varcata la soglia e strangolarmi, o pugnalarmi con il taglia carte sulla scrivania. Il seguente urlo mi fa agire e spensieratamente percorro il breve corridoio, spalanco la porta aspettandomi un Peeta con gli occhi da maniaco desiroso della mia morte, ma la scena mi lascia alquanto sconcertata. Peeta è a un angolo della stanza con il volto rosso e gonfio dal pianto. Mi piange il cuore a vederlo così, ma ancora non capisco cos'abbia portato a questa reazione. Raggiungendolo riconosco, tra le sue mani sporche di vernice, una tela che mi schiarisce le idee: rappresenta un uomo piazzato che abbraccia un bambino dai ricci biondi, entrambi sorridenti, nello sfondo mi pare di riconoscere un forno a legna. Non è difficile capire la sua reazione. Mi inchino verso di lui e gli stringo forte la testa sul mio petto, poggiando le labbra sulla sua testa. Quelle urla che credevo fossero dovute alla rabbia maniacale, ora si mostrano per quello che realmente erano: urla sofferenti. Osservo ogni dipinto e mi rendo conto che ciò che Peeta ha disegnato per tutti questi mesi non sono solo io versione normale e versione ibrido, non sono solo gli Hunger Games, ma sono suoi ricordi di infanzia, che stranamente, però, non comprendono la madre. Terminati i singhiozzi, Peeta alza la testa e i suoi occhi lucidi incontrano i miei. Quello sguardo mi provoca una strana sensazione, mai provata finora. I nostri occhi si distaccano ma in compenso le labbra si congiungono in un bacio appassionato, sento le sue mani spostarsi velocemente accarezzandomi la schiena, mentre le mie sono affondate nei riccioli biondi. Senza staccarci, Peeta mi prende in braccio di peso e mi trasporta sul divano di velluto rosso. Ho lo stomaco in subbuglio ed una sensazione irriconoscibile, inquietante e piacevole allo stesso tempo. Non mi riconosco, ma riconosco il desiderio nelle dolci labbra di Peeta che si spostano sul collo. _______________________________________________________________________________________________________________________________________________ Note dell'autrice: Ormone in fermento Mode: ON. It's happening? Yeah, it's happening! E Halleluja abbiamo dovuto sopportare i tre libri dove nulla accadeva e dove le nostre menti da ninfomani partivano per la tangenziale. Ora, sì signore posso dirlo, le nostre sofferenze stanno per finire muahahahahah (e anche quelle di Peeta, pora stellina). Here comes a little spoiler: Se credete di esservi liberate di Gale, non cantate vittoria perchè il "bello e dannato" del Giacimento, tornerà a comparire nei nostri incubi, ebbene sì. Un po di giramento di coglioni ci vuole sempre, un po come l'ammore! Detto questo mi dissolvo e scrivo la coputala nel capitolo quarto. Hugs and kisses, folks ^-^ °MorganaLyucè°
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: MorganaLuce