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Autore: Setsuka    23/03/2014    4 recensioni
“Triste, è la natura dell'uomo”.
“Non è triste. Non per noi. E' disgustosa”.
“Non sono io quello che il Sabato va a lodare Dio”.
Genere: Angst, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Eric Cartman, Kyle Broflovski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve! Grazie per aver pazientato e per aver chiesto anche di frequente notizie riguardo l’aggiornamento, mi rende felice saperlo perché significa che questa storia vi sta appassionando e, mi auguro, di non deludervi mai.
Posso dire trionfante che sono Dottoressa in storia moderna e contemporanea ora, però c’è bisogno di lavoro ed ho in progetto un lavoro impegnativo di scrittura, quindi gli aggiornamenti potrebbero essere lenti, ma non temete: ci tengo troppo a questa storia per poterla abbandonare.
Il capitolo doveva comprendere tutte le penitenze che Eric deve far scontare a Kyle per aver perso la scommessa, invece mi sono lasciata trasportare da loro ed ho ampliato il capitolo, dando anche spazio agli altri personaggi, poiché tutti hanno comunque un ruolo importante nelle vite di Eric e Kyle, oltre al fatto che ho desiderio di animare la storia con i personaggi secondari.
Ringrazio tutti i lettori di questa storia, anche quelli silenziosi che mi auguro vincano la timidezza e lascino scritto quello che pensano, critiche in particolare; ringrazio però particolarmente coloro che dedicano anche solo un minuto del loro tempo per recensire, solitamente rispondo in privato a tutte le recensioni, ma ciò porta a dimenticarmi talvolta se ho effettivamente risposto, dunque ho deciso che - togliendo le eccezioni di persone che sento frequentemente - in linea generale risponderò ai commenti nell’apposito spazio delle recensioni, quindi se avete domande o richieste particolari (come la comparsa di determinati personaggi), vi invito a farlo.
Fatta l’introduzione, rassicuro i lettori che - nonostante le molteplici citazioni a show televisivi - non vi sono spoiler su alcuna serie citata, quindi potete leggere tranquillamente tutto.
Mi auguro sarà una piacevole lettura per tutti.



 

                                            When you walk my way, hope it gives you hell.                                               


                                 




“Sto per avere un orgasmo…” sospira Eric sdraiandosi e beandosi di quell’insolito calore.
“Dai Kahl, puoi fare di meglio!” incita con entusiasmo.

Kyle maledice mentalmente Cartman e se stesso.  Avrebbe dovuto imparare anni prima che non era in grado di vincere una scommessa contro Eric Cartman.
China il capo nascondendo un visibile imbarazzo, nascondendo l’umiliazione della sua posizione, ignorando la maledetta voce di Cartman e rendendosi conto che, assurdamente, ciò che gli procura più disagio è non avere il suo ushanka.
Vorrebbe urlare, vorrebbe piangere, entrambe le cose insieme; spera di svegliarsi e tirare un sospiro nella consapevolezza che è tutto un brutto sogno; ma non è così, sobbalza quando sente bagnata la gamba e Cartman che ride di lui. Avrebbe dovuto direzionare il getto verso quell’idiota o metterglielo in bocca e strozzarlo.
All’ennesima grassa risata di quel pallone gonfiato non si contiene e si esprime nel modo più volgare: “taci, o prometto che te lo faccio andare su per il culo!”.
Scarso il risultato, in quanto Cartman è ancor più divertito.
 
“Kahl… so che ci godresti da morire ma, per favore, trattieniti: così il tuo spirito kosher va totalmente a farsi fottere”. 
Kyle digrigna i denti, come un canide sulla difensiva. Non ha mai fatto cose del genere e l’essere guardato - guardato da Cartman - lo mette ancor più in soggezione.
Cartman, dal canto suo, non riesce a togliersi quel sorriso idiota, stimolato dal divertimento che Kyle gli suscita, dalla sua inaspettata goffaggine, ma decide d’intervenire perché non vuole si faccia notte nell’attesa.

“Devi far pressione qui, sulla punta. E davanti al buco basta un dito per regolare il getto”.

Quel tono saccente urta quanto imbarazza ulteriormente Kyle.
Vorrebbe usare quel tubo per strangolarlo, così da evitar lui l’imbarazzante compito di fargli da giardiniere - non retribuito - solo per tener fede ai termini della loro scommessa.    

“Visto che sei tanto bravo, perché non te lo innaffi da solo il tuo giardino?”.

“Perché non sono io ad aver perso la scommessa Kahl” gli ricorda facendo vibrare melodiosamente le corde vocali, come un malvagio usignolo che cinguetta con delizia un comandamento divino: devi soffrire.

Kyle prende quel tubo senza aggiunger altro, lasciando la furia sotto la sua pelle a dolergli i nervi.
Bamboline voodoo raffiguranti Cartman: questo poteva diventare un nuovo hobby per passare in modo sano e gioioso l’estate, poiché non c’era nulla di sano nei patti di quel contratto e i termini sarebbero stati sempre più difficili da rispettare, se lo sentiva.
Quasi come l’avesse ascoltato, per non deluderlo, la legge di Murphy rispose all’appello della negatività di Kyle facendogli direzionare il getto dal verso sbagliato nel seguire i consigli di Cartman. Il getto dell’acqua gli colpisce il volto e nell’inutile tentativo di proteggersi Kyle molla la presa del tubo che - come un serpente impazzito - schizza via, a destra e a sinistra, finendo per bagnare totalmente Kyle che, tentando d’avvicinarsi per riprendere il controllo del tubo, inciampa su esso e cade a terra, di sedere, facendosi male, liberando imprecazioni e suscitando un’isterica ilarità in Eric.

“Oh mio Dio Kahl, sei uno spasso!” riesce a dire dopo una dozzina di secondi di riso, “se avessi saputo che questo era il risultato, ti avrei chiamato prima a farmi da giardiniere. Sono esausto da quanto ho riso, credo mi concederò un po’ di meritato riposo con una fresca limonata e l’ultimo numero di Game Informer
[1]” e muove il braccio teatralmente in saluto, lasciando Kyle a domare il tubo e ad inveire contro di lui, uno spettacolo che Eric decide di godersi dalla sua sdraia. Il suo aspetto parla chiaro, è in vacanza: occhiali da sole, camicia hawaiana, bermuda in tinta e - per far ancor più scena - una fresca limonata con un ombrellino rosso sul tavolino in legno che dal salotto ha spostato in giardino.
Si mette comodo, molto comodo, e pensa tra se e se che vedere Kyle Broflovski non saper fare una cosa tanto semplice come annaffiare dei fiori potrebbe davvero procurargli un orgasmo. Kyle sa fare questo e quello, lo ricorda sempre, lo dice in giro Sheila Broflovski, con orgoglio, ma in realtà - quando si tratta di cose pratiche - sembra proprio che Kyle non sia così fenomenale.
Sghignazza ancora per poi tornare serio al pensiero che un giorno, quando saranno grandi, Eric vuole una casa grande quanto - no, di più - quella di Token, che avrà un rigoglioso giardino, e non ci pensa proprio ad occuparsi lui di esso, quindi Kyle dovrà imparare e se sapesse che lo fa per il loro bene gliene sarebbe grato invece di star lì ad imprecare. Si sente stupido però e riconsidera l’idea: se avranno una casa più grande di quella di Token avranno una schiera di domestici! Dovrà guadagnare abbastanza per stipendiare tutte quelle persone e accontentare quel lamentoso ebreo, perché - ne è sicuro - quella sabbia nella vagina sarà permanente.
Le fantasie di Eric però si interrompono lì dove, nella realtà, Kyle si leva la t-shirt. Non c’è niente di malizioso nel gesto, nulla di provocante, Kyle è semplicemente fradicio e si è liberato dell’indumento bagnato, ma per Eric diventa un evento che vorrebbe filmare; la pelle di Kyle è così chiara... non sarebbe sexy per nessuno, ma per Eric lo è, Eric che conosce bene il candore dello spirito di Kyle, un candore che vi è anche sotto i vestiti, lì dove cela una schiena perfetta, un ventre piatto, dove non ci sono addominali scolpiti da ragazzo copertina, ma un corpo esile, ma perfetto, privo di segni di allenamento, di muscoli in evidenza, è una bellezza etera e non sensuale, è il corpo di un bambino cresciuto che - per qualche strana ragione - lo rapisce.
 
Abbassa leggermente gli occhiali Eric, finge di leggere la rivista di videogames ed alza le ginocchia; simula di non essere interessato a quello che fa Kyle, di non vederlo, ma non ha occhi che per lui - come sempre - anche se Kyle non lo nota - come sempre - e lui non può far altro che sospirare - come sempre.
Ha un magone allo stomaco, ma non è la fame, è l’angoscia. I sogni della sua vita futura bruciano davanti quella realtà, a quel corpo che desidera, che vorrebbe abbracciare, che vorrebbe suo, ma non è.
Se usufruisse ancora del servizio InSecurity della Wolf Home Security
[2] in quel momento suonerebbe l’allarme e si ritroverebbe a rispondere ad una chiamata d’assistenza a cui non saprebbe come spiegare che è tutto ok, che è un falso allarme, perché non va per nulla bene finché Kyle è così meraviglioso quanto distante da lui.
Il malessere scompare però quando lo sguardo di Eric scivola oltre la schiena di Kyle, nel momento in cui l’ebreo si china a terra e i pantaloncini bagnati aderiscono al fondoschiena. Ad Eric manca quasi il fiato.
“Oh mio Dio...” mormora in uno stato quasi d’estasi.
Kyle non ha la minima idea di cosa sta facendo, non ha consapevolezza d’avere il culo più bello di tutta South Park che - in quel esatto momento - è messo ancor più in evidenza dall’effetto bagnato e dalla posizione che ha assunto chinandosi, quei pantaloncini - per qualche strano motivo - sembrano così ancor più corti e di nulla consistenza, come fossero un costume creato per render giustizia a quel ben di Dio, un Dio che Eric ringrazia appassionatamente ma che, un momento dopo, maledice notando uno scottante problema nei suoi di pantaloncini.
“Vaffanculo” sibila per poi mordersi le labbra, pregando colui che prima ha maledetto, affinché Kyle non si rigiri per nulla al mondo.
È in una posizione per cui non potrebbe notarlo, ma non può far a meno di farsi paranoie, perché è consapevole che un momento tanto paradisiaco potrebbe diventare infernale ed allontanare Kyle.
“Gattini morti, gattini morti...” sussurra a se stesso stringendo gli occhi e fantasticando su truculente immagini con protagonisti gattini. Vedendo che non funziona, sa di cosa avrebbe bisogno: una doccia fredda, gelata.
Problematico sarebbe raggiungere la doccia di casa, potrebbe correre come un pazzo e buttarsi nella piscina dei vicini, ma non crede d’aver tanta agilità, può solo dunque raggiungere la sua di doccia.
‘Studiamo il piano Eric, calma e sangue freddo: silenziosamente ti rotoli per terra, poi inizi a strisciare come un soldato di quei film sul Vietnam, a gambe larghe, portandoti in avanti con i gomiti, camminando tipo una rana... ammesso che le rane camminino così. Raggiungi la porta sul retro che è accostata. Entri in cucina, perlustri con lo sguardo e rimani chinato all’altezza dei mobili. Appena sei sicuro che tua madre non c’è schizzi in sala, passando dietro al divano per sicurezza, e raggiungi le scale e da lì corri, corri verso il bagno, chiudi la porte e ti butti nella doccia’.
Ripassa il piano, due volte per esser sicuro di ricordare ogni passaggio. Kyle non noterà nulla!
Conta mentalmente, 1, 2, 3... 10! E inizia il piano.
Cade silenziosamente a terra e... a quel punto termina la missione di raffreddamento. Morde a terra per non urlare e non farsi notare da Kyle, il problema non c’è più ed è stato sistemato con un metodo per niente indolore: non aveva calcolato che cadendo di pancia per il suo fratellino minore sarebbe stato un ritiro immediato e doloroso, spera solo non si sia congedato per il resto dei suoi giorni, questo è ciò che lo preoccupa mentre morde ebra e terreno, pensando in forma di mantra ‘non mi abbandonare: dobbiamo prenderci la verginità di Kyle’.

“Cartman? Che stai facendo?” chiede Kyle rigiratosi per la prima volta da un lavoro che sta procedendo al meglio.

La risposta è un medio alzato che precede un inconfondibile: “vaffanculo Kahl”.



*  



Nella notte, spesso, la visione delle cose diventa più chiara.
Forse è la stanchezza, l’incontro con il subconscio, il desiderio di sognare, il fare i conti con le proprie azioni e le proprie parole che stimola l’onestà.
Kyle non lo sa, non la sa perché nell’oscurità ogni cosa sembri più chiara. I suoi sentimenti e i suoi pensieri sono complessi, aggrovigliati tra loro, appallottolati in un gomitolo lanoso, spesso e caldo, ma che sfibrato rivelerebbe fragilità mortali; questo lo sa, come sa che Eric Cartman è una materia difficile da affrontare, non solo con il resto del mondo, ma con se stesso in primo luogo.
Eppure... eppure... lì dove la notte è sovrana, riesce a ritagliare il superfluo, ciò che sembra complesso, ad arrivare al cuore di quel groviglio stretto con rabbia.
Il nero sconfinato della notte è puntinato da asterischi di un giallo intenso, ricorda uno di quei disegni che faceva alle elementari con colori a pastello e a cera, disegni che non sentiva il bisogno di arricchire di dettagli, riproducevano solo l’essenziale, l’essenziale di cui sentiva il bisogno per capire cosa scorreva nel suo sangue, per cosa pulsava il suo cuore, ed invece la pubertà indeboliva giustificandosi con i suoi “è complicato” in cui credeva così tanto al punto di averli resi reali.
Ma nella notte la pubertà chiude gli occhi e gattona il bambino che tanti di quei cieli ha disegnato.
È lì ora, più leggero, ma senza aver freddo o caldo, senza brividi o vampate; Cartman anche è lì, non interessato neanche a guardarlo in faccia, guarda il cielo che sicuramente è più affascinante.
Sono entrambi ragazzini, ma si vedono uomini; Kyle vede se stesso in quel modo per abitudine, mentre la schiena di Eric sembra quella di un uomo perché si è fermato a guardarlo, e sul serio.
Vede delle lucciole danzare nell’aria, è raro in molte delle parti del mondo, ma non a South Park: lì l’aria è pulita, l’inquinamento è un problema inesistente, nonostante nel resto del mondo sia tanto grave. Pensando che quell’aria è così pulita, desidera non sia inquinata da altro, il resto del mondo è lontano, deve smetterla con le cazzate e lasciar spazio all’onestà.
Mantiene gli occhi fissi sulla schiena di Cartman e fa un passo in avanti, e non solo fisicamente.

“È difficile sentirsi a proprio agio con te, eppure... è così. Io mi sento a mio agio, mi sento bene quando siamo solo noi due e non fai lo stronzo”.

Sorride. E’ un macigno che è rotolato via, andato in frantumi.

“...Ehi, Cartman, tu pensi che sia possibile...”




“...Kyle!”

Ogni cosa sbiadisce nel grigio, come acquarelli contaminati da troppa acqua.

“Kyle!”

Più nitido e meno romantico è il mondo.

“...Stan?” chiede Kyle mettendosi seduto, strofinandosi gli occhi e cancellando i brandelli di un sogno che sembrava perfetto.
Si guarda intorno, poi guarda Stan sedersi alla sponda del letto divertito da qualcosa che identifica come la sua faccia assonnata. A volte i pomeriggi estivi sono così noiosi che una dormita non sembra un’idea tanto malvagia, eppure ora, di fronte a Stan, se ne pente.

“Stavi avendo un incubo?”.

Strabuzza gli occhi, non comprendendo la domanda.

“Ho sentito che hai detto ‘stronzo’ e ‘Cartman’. Ti tormenta anche nei sogni?”.

Kyle non lo guarda in faccia quando gli risponde “oh... beh... sì. Era proprio un brutto sogno” mormora con poca convinzione, ma Stan non ci fa molto caso attribuendo ciò al fatto che Kyle sia ancora mezzo addormentato.

“Come mai se qui Stan?”.

“Come perché? Dobbiamo stilare la lista delle cose da fare prima dei nostri viaggi”.

“ Oh... è vero, scusa” abbassa lo sguardo stavolta dispiaciuto per aver dimenticato una cosa tanto importante.
I primi nove giorni di vacanze estive sono trascorsi tra grandi dormite, ozio e videogames che dovevano recuperare, ma con l’avanzare dell’estate tra la fine di Luglio ed Agosto entrambi hanno programmi lontani da South Park e quindi molto tempo da trascorrere distanti, molto tempo per annoiarsi dal punto di vista di Kyle.
Randy ha deciso di regalare a Stan (a se stesso in realtà) un viaggio per commemorare la fine delle scuole medie per il figlio,  organizzando quindi per loro due soli un viaggio a New York di dieci giorni, un viaggio che preoccupa già Stan. Quando tornerà però avrà ben poco tempo per rimanere a South Park: i Testaburger hanno invitato per la seconda metà di Agosto tutta la famiglia Marsh nella loro residenza californiana a Santa Barbara, due settimane in cui desiderano consolidare l’amicizia tra le due famiglie che vedono già i loro figli all’altare. 
I Broflovski invece sono stati invitati in Agosto in Connetticut, a Bridgeport, dove vive la sorella di Sheila, Cleo, madre dell’unico cugino di primo grado di Kyle: Kyle Schwartz. L’idea di quindici giorni in compagnia del cugino fa rabbrividire Kyle, ma ogni protesta è stata inutile.
L’estate è dunque destinata a dividere i due migliori amici per un lungo tempo e così hanno deciso di organizzare in un pomeriggio tutto quello che devono fare insieme prima che l’estate finisca, non vogliono avere rimorsi, pertanto preferiscono organizzare il tempo a loro disposizione e... il pomeriggio prescelto è arrivato, solo che la noia aveva trascinato nel sonno Kyle, l’aveva stordito ed ora si ritrova a vergognarsi come un ladro per aver scordato una cosa tanto importante.
Ciò che in realtà lo imbarazza ancor più in verità, è il fatto che è deluso dalla realtà e che ciò che aveva vissuto fosse confinato in un sogno.

“Stavo pensando che non potrò venire al Comicon di Denver. Coincide con i giorni in cui io e papà saremmo a New York. Che odio”.
 Stan si sposta a terra, sdraiandosi sul pavimento, cercando di figurare la ‘tragedia’.

“Cosa? Non... non puoi lasciarmi solo con Cartman! Lo sai che Kenny non verrà perché non ha neanche un dollaro da spendere!” la tragedia che figura Kyle, proprio davanti a se, è ancora più grande e disastrosa di quella che vede Stan.
Si alza e si porta davanti al suo migliore amico, in preda al panico e all’egoismo di non riuscire ad immaginarsi vicino a Cartman.

“Credi che mi faccia piacere non esserci?Avevamo organizzato anche i cosplay! ...solo che non posso, è stato tutto organizzato da papà” sospira rumorosamente, dispiaciuto per se stesso; in fondo Kyle e Cartman trascorrono più tempo insieme di quanto non ne trascorra con lui. Ogni tanto questo gli da fastidio, ma - al momento - lo infastidisce che Kyle faccia di ciò una tragedia.
“Tu e Cartman passate fin troppo tempo insieme. Cosa vuoi che sia andare al Comicon con lui?”.

“Tu non capisci!”.

“Esatto: non capisco”.

È il turno di Kyle di sospirare. Si siede a terra, usando la sponda del letto come spalliera, guardando davanti a se Stan che ricambia lo sguardo, curioso di capire quale sia il problema questa volta.
Non lo ammetterebbe mai Stanley, ma è consapevole a volte di esagerare, di concentrarsi su stesso e di non cogliere analogie tra situazioni simili, considerando più tragica la sua che quella altrui... lo sa, e sa che ciò lo rende agli occhi di qualcuno ipocrita, anche se a lui gli ipocriti non piacciono e non crede proprio di esserlo, non lo crede perché non racconta bugie, convinto che esse siano l’ossigeno dell’ipocrisia.
Pur riconoscendo i suoi difetti però, stavolta, non capisce qual è il dramma: è lui l’unico che non andrà al Comicon.

“Vedi Stan... non mi sento a mio agio con lui ultimamente” e spera che le sue parole non suonino a Stan come lui le sente.

“Ci credo, dopo quella stupida scommessa... però insomma, avete avuto litigi peggiori e... sì, hai sbagliato, l’hai capito, lui l’ha capito e ci sta marciando sopra con quelle stupide penitenze. Accontentalo, in fondo hai perso, e fai... che sia tutto come prima”.

“...niente è come prima” si lascia sfuggire il rosso, per poi pentirsi ed assumere il colore della sua chioma.
“Cioè... intendo... siamo cresciuti, stiamo crescendo e tutto sarà diverso, ma già era diverso da ciò a cui ero abituato e... beh, è come quando tu vedevi la merda dappertutto: la sentivi nella musica, la vedevi in un film e poi sembrava che uscisse dalle altre persone che avevano le fattezze di stronzi”.

Stan si preoccupa e scatta in piedi, incrociando le gambe e portandosi davanti all’amico. Era stato il peggior periodo della sua vita quello, aveva rischiato di perdere tutto, compreso Kyle.

“La vedi davvero la merda Kyle?”.

“No, no, non a questo punto” lo rassicura, per precisare sottotono “è che mi sembra tutto una grande fogna. Non importa quello che faccio o non faccio, ciò che dico o non dico. Mi sento di merda, non dormo bene e... non so cosa voglio”.

“Per me ti spaventa l’idea di cambiare, crescere...”.

“Può darsi. Il punto è che non mi interessa che le cose cambino, o restino uguali, o tornino come prima. Io non mi riconosco e non riesco a capire, forse vorrei restare solo o forse no, non lo so; quel di cui son certo è che la vicinanza con Cartman non può che farmi male”.  

Stan ha lo sguardo basso ed è in silenzio. Anche Kyle ha lo sguardo basso e non si sente di aggiungere altro.
Sembra ci sia un fiume in piena tra loro, anche se vorrebbero essere vicini. Silenziosamente si cercano, ma non con gli sguardi, non con le parole.
Kyle realizza di odiare quando s’innalza il silenzio tra di loro e cerca una parola per spazzarlo via, una parola che sembri giusta, importante, ma Stan lo precede. E lo sorprende.

“Io vorrei darti un consiglio. Noi siamo sempre stati amici, uniti. Io non riesco a vedere un domani in cui noi quattro non esistiamo, in cui tu e Cartman non rompete i coglioni a me, a Kenny e a tutti con i vostri litigi, però... qualsiasi cosa io potrei dirti tu potrai credere che lo dico solo per egoismo, oppure mi sorriderai, mi dirai che ho ragione, che farai il possibile, ma... non lo farai” si sente mortificato per la cruda onestà. E si sente mortificato anche Kyle, perché sa che l’altro ha ragione; si conoscono troppo bene per non esser prevedibili, anche nei momenti di incomprensione.
“Kyle, amico, quello che sto cercando non è un pretesto per litigare, semplicemente ti conosco e so che c’è dell’altro e che nella tua testa hai già un piano, hai già preso una decisione ancor prima di capire, forse perché sei spaventato o... non lo so sinceramente” scuote la testa e torna a guardarlo. Anche Kyle - per la pausa significativa di Stan - alza lo sguardo e vede il suo migliore amico dispiaciuto.

“Mi dispiace” risponde animato da quel senso di colpa da stereotipo ebreo. Se non lo avesse non chiederebbe probabilmente scusa così spesso, a prescindere dalla sua natura sensibile.

“Non devi dispiacerti, dovresti ascoltare però ogni tanto chi ti vuole bene”.

Kyle sorride, vorrebbe abbracciare Stan per l’affetto che gli dà. “Io ti ascolto sempre Stan, anche se non sembra perché agisco di testa mia, ma ti ascolto e se faccio un errore mi dico che avrei dovuto ascoltarti. Però dovresti fare altrettanto anche tu” e lo dice perché Stan tende a dimenticare, lui sa esser ancor più testardo di Kyle e sa ignorarlo molto meglio di come fa Kyle. Non è un pretesto di litigare neanche quello, né una battuta che vuole esser pungente, Kyle vuole solo che Stan lo comprenda.

“...suppongo tu abbia ragione Kyle e... ho fatto un’altra volta la figura dell’ipocrita?”.

Kyle ride, perché non vuole drammaticità tra loro: “ma no Stan, hai fatto semplicemente la figura del mio migliore amico con i miei stessi difetti”.

Uno sbuffo divertito esce dalle labbra di Stan che dà un pugno affettuoso sul braccio di Kyle.

“E proprio perché abbiamo gli stessi difetti amico, so che vuoi bene a Cartman”.

“Ehi!” scatta come una molta, un colpo di reni ed è pochi centimetri di distanza dal naso di Stan. Non può mettere l’aceto lì dove a lui duole, lo trova imperdonabile, anche se l’unico ad essere nel torto è proprio lui.
“Non... non dire cose del genere!”.

“Perché? Sappiamo entrambi che è vero”, lo sa tutta South Park che è vero a dirla tutta.

Stan non comprende perché Kyle senta il bisogno di mostrarsi senza cuore nei confronti di Cartman, e se lo domanda perché non sa, non ha idea che Kyle sia tutto meno che senza cuore nei confronti di Cartman, ma ha bisogno di nasconderlo, per non mostrarsi incatenato a lui.

“Senti Stan, lo so che non puoi capire, ma per favore...” in quel momento i cellulari di entrambi segnalano l’arrivo di un sms. Stan ha una suoneria anonima, mentre Kyle ha l’attacco musicale di Kashmir dei Led Zeppelin, che mai come in quel momento sembrava perfetto per creare l’atmosfera drammatica che quel messaggio merita.
Stan legge ad alta voce quello che è scritto nel messaggio inviato ad entrambi.

‘Stasera tutti a Casa Bonita! Kaaaaaaahl ci offrirà un pranzo luculliano’ - Kyle non credeva che l’altro potesse conoscere davvero quel termine. Stronzo. - ‘perché nonostante Kahl sia un avido ebreo, ha degli obblighi verso di me che io, magnanimo, voglio condividere con i miei più cari amici: tenete lo stomaco vuoto, stasera ci si abbuffa! P.S. Kahl non provare a fuggire dalla città con il tuo oro ebreo, altrimenti dirò a tutti che rubi mutande delle ragazze per poterle odorare’.   

Figlio di Puttana. Di vera puttana.
Stronzo. Stronzo, nel senso di merdoso.
Kyle associa ogni insulto possibile alla persona di Eric Cartman ed ognuno calza così bene, per quanto ne sa persino succhiacazzi è un’offesa calzante.
Non può perdonarsi di essersi masturbato pensando a quel... essere.
Non può perdonarsi di aver fatto un solo pensiero dolce su di lui.

Lancia il cellulare sul letto: quel bastardo sa che ha messo da parte un bel gruzzoletto per potersi comprare il nuovo MAC che da Settembre sarà disponibile; ora con la sua bastardata può sognarselo. Ok, è una cena, ma offrire una cena ad Eric Cartman - che chissà quante persone ha invitato - equivale all’offrire un pranzo nuziale. E considerando che quella era una penitenza, poteva star certo che Eric si sarebbe impegnato a fargli spendere fino all’ultimo dollaro!

“Lo sapeva! Lo sa! Sa che sto mettendo da parte i soldi per il nuovo MAC!” e calcia il bordo del letto per esternare la rabbia.

“Kyle, Kyle calmati amico!”

“Quello stronzo avrà invitato tutta la scuola, me lo sento!”.

“Kyle, sta tranquillo”.

“Non dirmi di stare tranquillo Stan, perché non posso esser tranquillo quando si tratta di Cartman!”.

“Kyle, paghiamo a metà”.

“Cos- no!” torna a guardare Stan e lo guarda come si può guardare un folle, senza rendersi conto che agli occhi di Stan è proprio lui il folle, in quanto la sua è una proposta legittima.

“Ho qualche risparmio da parte. Ti do cento dollari, così Cartman non sospetterà nulla e, a seconda di quanto sarà il conto, li userai”.

“No Stan, tu non centri nulla, non se ne parla neanche!”.

“Devo una cena a te e ne avevo promessa una a Kenny tempo fa. Visto che non ci sarò molto quest’estate, facciamo che l’occasione sia questa: i soldi sono miei e devo decidere io quando offrirvi la cena, no? Ho deciso che sarà stasera, semplice” non ammette rifiuti. Ci tiene che Kyle abbia il suo MAC, ci tiene a rispettare la sua parola e quella è la serata perfetta.

“Ma Stan, questo è il pegno di una scommessa tra me e Cartman...”.

 “Il contesto non cambia Kyle” ed aggiunge un più che invitante particolare “inoltre pensa: potrai prenderti gioco di Cartman facendogli credere che davvero offrirai tutto tu”.

“In pratica sarebbe un po’ come fotterlo” e solo dopo che l’ha detto si rende conto del peso delle sue parole e nervosamente aggiunge “in senso metaforico, ovviamente!” ...che imbarazzo!
Per sua fortuna Stan, pur essendo sagace, riguardo a certe cose sa essere così naïve e trascurare particolari importanti, particolari che se solo notasse potrebbe mostrare quanto sa essere un meraviglioso amico, ma questo non accade e Kyle pensa di esser stato fortunato, ignorando che la sua fortuna potrebbe invece proprio risiedere nell’onestà.

“Diciamo che sarebbe come fregarlo parzialmente al suo stesso gioco, immagina che faccia farà quando vedrà che sei riuscito a comprarti il Mac!”.

Immagina, figura nitidamente Cartman frustrato ed incazzato, è una gioia interiore quella che prova, brama la sua invidia nonostante lo nasconda. Sorride... ma poi guarda Stan e non sorride più.

“Sarebbe davvero fico, ma Stan, tu non centri”.

“Kyle, non vorrai litigare con me per una cosa simile. Accetta, ho fatto io la proposta e sai che è ben motivata. Non c’è nulla di male: io pagherò per me, te e Kenny, tu per Cartman e... spero davvero che non abbia invitato tutti, anche se da solo è comunque preoccupante”.

Kyle si sente in colpa, si sente avido, lo è - non in quella circostanza - ma lo è, quindi gli sembra che sia la sua avidità a tentarlo, ma sa anche che Stan si offenderebbe se rifiutasse e potrebbe anche decidere di non uscire con loro, perché solo lui sa quanto Stan possa essere sensibile.
Si sente meschinamente ebreo, nel senso che gli sembra di confermare le aspettative di stereotipo per cui il Culone lo deride, l’ebreo avido e l’ebreo col senso di colpa innato, gli sembra di sentire distintamente le risa di Cartman nella testa. Lo odia, altroché se lo odia... e vuole bene a Stan, il suo punto debole, che è lì ad insistere, con lo sguardo da cane bastonato a cui non può negare una risposta negativa.

Alza il pugno e lo direziona verso Stan: “ok, andata”.

Stan colpisce col sorriso il pugno di Kyle.
Il suo migliore amico gli è grato, davvero, ma a volte fa fatica davvero a capirlo.



*
 


“L’obbligo era chiaro: devo offrire a te e agli altri la cena, non altro!”.

“Appunto, offrire. Questo fa parte dell’offrire. E tu dovresti conoscere il vocabolario meglio di tutti noi, Kahl”.

“Kyle, prometto che non rivangherò a quanto sia stato gay questo spettacolo. Ma ti prego, zittiscilo”.

“Taci principessa Kenny”.

“Taci tu culone! Io non ti imboccherò per nulla al mondo!”.

La serata non si era prospettata tanto pessima, Kyle si era rincuorato nel vedere solo Butters, oltre a loro quattro, inoltre non tutti avevano lo stomaco come quello di Cartman, quindi le ordinazioni degli altri non erano state preoccupanti.
Poteva essere una serata serena, Casa Bonita era un posto piacevole sia perché aveva un’ottima cucina, sia per l’atmosfera vivace che regnava, ma Cartman - come sempre - riusciva ad essere la spina nel fianco che rovinava tutto, rendendo detestabili le portate, i colori vivaci e la musica dal vivo. La Disneyland messicana così somigliava molto più all’inferno, ed erano lì solo da un quarto d’ora.

“Perché devi sempre rendere tutto così detestabile?”.

“Guarda che il solo ad avere una fica insabbiata sei tu Kahl”.

“E smettila di parlare di genitali che non ho!” il tavolo più vicino sente forte e chiaro Kyle e lancia un’occhiataccia nella loro direzione. 

“Guarda che lo sappiamo che non hai le palle, non c’è bisogno di ricordarcelo”.

Kyle riconsidera l’idea di imboccarlo, ma con forza, solo per poterlo soffocare: il delitto perfetto, non sarebbe stato lui, ma un taco gigante a soffocarlo. Doveva considerare la cosa.
“Coglione, guarda che per genitali si intendono anche quelli femminili”.

“E tu curi i tuoi genitali femminili Kahl?” lo sfotte sempre rimanendo serio, il divertimento è palese solo nello sguardo.
Kyle in tutta risposta gli tira un calcio, è l’unica fortuna nell’avere Cartman davanti a se.
Peccato che non gli faccia tanto male, anzi, diventa lo spunto per altre stupide battute.

“Stan, la tua ragazza mi ha appena fatto il piedino. Kahl, so di essere affascinante, ma non- AHI!” ed uno, e due, e tre ed anche un quarto calcio colpiscono con più incisività lo stinco di Cartman.
“Fermati, stronzo!”.

“Scusa, ma sei così affascinante che non riesco proprio a smettere” ed arriva un quinto, ed un sesto... Stan ride, anche Kenny, mentre Butters è l’unico a rendersi conto che dagli altri tavoli arrivano occhiatacce e non si meraviglierebbe se presto un cameriere arrivasse a metterli all’uscio. Ci sono bambini, c’è un’allegra rimpatriata di studenti delle superiori, ma il loro tavolo è quello ad essere più che chiassoso, molesto.

“Ragazzi, per favore, state calmi o ci butteranno fuori”.

Kyle pensa che una dozzina di calci siano stati sufficienti e si ferma, potrebbero esserci conoscenti di sua madre o suo padre e non vuole che parlino di lui come un bulletto maleducato e stronzo; non lo è, è solo Cartman a tirargli fuori il peggio.

“Non sono io quello a cui prudono, Butters” sottolinea risentito Cartman.

“Ancora non ti sono bastati dieci calci?”.

“Li hai pure contati? ...nerd”.

“Parliamo adesso di cose serie e da adulti” interviene Kenny per evitare che i suoi due amici si scannino come micetti in calore. Non è che sia omofobo o qualcosa del genere, ma quei due sanno diventare noiosi.

“Parli di ragazze?” domanda tutto eccitato e speranzoso Butters.

A Kenny vengono quasi le lacrime agli occhi e in tono solenne si rivolge all’altro biondo: “tu sei mio fratello” e poi lo invita “dammi il pugno Butters” e si emoziona al loro brosfist che guadagna un significato diverso per Kenny, mentre Butters sorride candidamente, come sempre.
“Scusate... l’emozione... dicevo, parlando di cose serie... la bionda, la castana o la rossa?”.

Stan e Kyle - seduti vicini - si guardano confusi, Butters sorride ancora ammirando Kenny a capotavola e Cartman preferisce dare attenzione al taco nel suo piatto; a lui il cibo piace caldo e non ha intenzione di farlo raffreddare.

“Hai conosciuto delle ragazze?”.

“Sbagliato Stan. Le sto per conoscere però” e lancia un’occhiata di intesa indicando col pollice alla sua destra.

“Ma sono più grandi di noi!”.

“Di te Stan, non di me”.

“E questo che significa?”.

“Significa che se hai una certa esperienza con certe cose - mi spiego? - non sei così tanto piccolo neanche per una sedicenne”.

“Amico” lo riprende Kyle, sperando di farlo ragionare “non hai possibilità. Le ragazze di quell’età cercano ragazzi più grandi che - di norma - cercano ragazze più piccole”.

“Mi stai suggerendo di andare di rimorchiare una ragazzina delle elementari?”.

“No, cielo, Kenny! Ti sto solo dicendo che le ragazze più grandi ignorano dei ragazzini come noi”.

“Dei ragazzini come te, vorrai dire” Cartman schiarisce la voce, cercando di sembrare fico, ma non così tanto da poter permettere agli altri di pensare che si sta vantando.
“La rossa è Ashely Prym, ha finito il primo anno delle superiori ed è nella squadra delle cheerleader”.
Kenny lancia un’occhiata verso la ragazza e pensa che questo spieghi un bel po’ di cose. Se è così, pensa proprio d’aver ultimato la sua scelta.     

“E con ciò?” domanda seccato Kyle.

“Ashley ha una cotta per me o qualcosa del genere”.

Stan, Kyle e Kenny guardano nella direzione della ragazza, poi guardano Cartman e... scoppiano a ridere.
Kenny è quello che ride in modo più sguaiato, Kyle cerca di contenersi, ma i suoi occhi diventano lucidi dal divertimento, mentre Stan è il più posato, ma sta ridendo anche lui di gusto.
Butters guarda meglio verso la rossa e realizza d’averla già vista, la ricorda con Eric, vicino alla fermata del bus, lei imbarazzatissima davanti a un Eric calmo, quasi annoiato.

“Si è dichiarata o qualcosa del genere vero Eric?”.

“Sì, ovvio, credeva fossi più grande, non pensava facessi le medie”.

“Smettila di dire delle idiozie Cartman” taglia corto Stan che è dispiaciuto dal fatto che Butters creda in tutto quello che l’altro dice; la sua non è invidia, ha Wendy, è semplicemente razionale. “Ok, non sarai più un culone e qualche ragazza si è interessata a te tra quelle del nostro anno, ma non far credere queste cose a Butters”.

“Ma è vero” interviene Butters in difesa di Eric.
Scetticismo, scetticismo negli occhi di tutti gli altri. Butters non avrebbe motivo però di difendere Eric se non fosse che ne sa più di loro “ho visto Ashley correre da lui, l’ho notata perché aveva una tracolla carina di Tweety. Ha fermato Eric e imbarazzata le ha detto qualcosa. Si vedeva, era davvero cotta”.

“Visto, che vi ho detto?”.

Stan e Kenny guardano increduli Butters con la sua espressione serafica, segno che è assolutamente sincero, Cartman non l’ha pagato per fare il grande davanti a loro.
Stan non sa cosa dire, è vero che Cartman è cambiato, è vero che non capisce i gusti delle ragazze, ma è convinto che altri siano migliori di Cartman.
Kenny invece si ritrova con la mascella quasi sul tavolo dall’incredulità. Anche lui - come Stan - sa che Cartman dimagrendo notevolmente mostra i suoi lati migliori, è pur sempre il figlio di Lianne Cartman, ma è anche convinto di essere più fico di lui e - purtroppo - nessuna ragazza più grande gli si è ancora dichiarata.
Non è invidia, ma ha voglia di prendere a pugni Cartman e lo farebbe... se non fosse che Kyle la prenderebbe  poi sul personale.

“Se davvero le piaci è strano non ti abbia ancora notato” fa notare Kyle con calma, non sono lontanissime dal tavolo di Ashley in fondo: come Kenny le ha notate, se davvero la rossa era interessata a quello stronzo, avrebbe lanciato diverse occhiate nella loro direzione.

“Magari è orba” fa spallucce l’interessato. Lui può fingere quanto vuole, ma Kyle sa che quello è il suo comportamento quando se la tira. Eric Cartman - anche se nessuno lo direbbe - è la persona più vanitosa di tutta South Park, molto più di qualsiasi la ragazza che ha cuore essere alla moda e sempre piacente.

“Magari è una stronzata”.

“Cos’è Kahl? Sei invidioso o... geloso?” e lo domanda mostrando bene un sorrisetto malizioso. Ci spera, spera tanto di imbarazzarlo ed ammutolirlo, ma gli andrebbe bene anche sentire Kyle urlare. Gli va bene tutto di Kyle in fondo.

“Che significa?” era prevedibile una sua risposta acida.

“Non lo so, dimmelo tu”.

Ormai Kenny, Butters e Stan sono esclusi dai giochi e ne sono consapevoli. Si dedicano ai loro piatti e ringraziano la cameriera per la nuova portata: Cartman e Kyle ne avranno per un bel po’.

“Dimmi cosa vuoi per autocompiacerti ancor di più Culone? So a che gioco stai giocando”.

“Ah sì?”.

“Sì”.

“Illuminami”.

“Stai solo cercando di fare il fico davanti a noi perché sei uno schifoso narcisista in cerca di attenzioni”.

“Io non urlo da mattina a sera, ebreo”.

“Cosa?” detesta tante innumerevoli cose di Cartman, ma nella top-ten figura quel suo modo di fare, di dire cose insensate per allontanarsi dal fulcro della conversazione per poter fare qualche battutina contro il suo interlocutore. Lo fa sempre e - ahi lui- Kyle ci casca sempre.

“Che se cercassi disperatamente attenzione come tu sostieni, allora urlerei da mattina a sera come fai tu, Kahl”.

“Io urlo perché fai incazzare Cartman!” e nonostante quello che Cartman gli ha appena detto, risponde a tono, un tono alto e acido.
“E poi anche tu urli”.

“Io urlo quando gli altri dicono e fanno stronzate!”.

Dovrebbero essere pari, ma non hanno intenzione di demordere. Non sia mai che un loro scontro finisca in parità.

“Per te le stronzate degli altri sono solo quando ti fanno notare che sei un coglione”.

“Potrei dire la stessa cosa di te”.

“Ah sì? Fammi un esempio allora” incrocia le braccia e si rilassa contro lo schienale della sedia.
Il cibo è ancora caldo, ha un invitante odorino, il gruppo di mariachi
[3] ha deciso di fare una pausa, Stan sta parlando dell’ultimo episodio di Game of Thrones, e tutto potrebbe essere sereno, ma Cartman è l’unico ad avere la sua attenzione e il suo malumore.

“Tipo... vediamo... non saprei... ah! Forse... il fatto che hai perso la scommessa contro di me e ne sei contento, ma per orgoglio hai deciso di fare l’incazzato piuttosto che ammettere di aver fatto una cazzata per cui ti eri pentito”.

La morte dell’ultimo personaggio di Game of Thrones non è più così interessante. Potrebbe esserci un morto nella realtà tra pochi secondi!
Kenny allontana la sedia dal tavolo, pronto a scappar via, perché sa che con la sua sfortuna sarà lui l’unico a farsi davvero male.
Butters guarda confuso Eric al suo fianco e balbetta il suo nome sperando di fargli ritrattare quello che ha appena detto.
Il più preoccupato però è Stan. Guarda Kyle e per quanto lo conosca bene non ha idea di come interpretare il suo sguardo, sa solo che lo inquieta; ha timore sia nel dire il suo nome che nel mettergli una mano sulla spalla per calmarlo.
Eric invece non ha timore per la sua pelle, guarda provocatorio Kyle, aspettando nella sua più prevedibile reazione; non teme i suoi pugni, per lui saranno come carezze: ha un così disperato bisogno di contatto fisico con Kyle che tutto gli va bene, violenza in particolar modo.

Kyle si alza dal suo posto, sia Stan che Butters iniziano a richiamare Kyle nella speranza di farlo ragionare, mentre Kenny è pronto ad alzarsi.
Sorprendente però la reazione di Kyle si rivela così veloce da confondere tutti i presenti.
Afferra la forchetta di Cartman e afferra lui per il collo della maglietta, un movimento deciso ed affonda la forchetta nella carne; in un battito di ciglio la bocca di Eric è forzata a mangiare la carne di vitello.

Eric guarda negli occhi Kyle: c’è qualcosa che brucia negli occhi verdi, qualcosa che ha visto poche volte e che trova estremamente attraente, tanto da fargli dimenticare l’intero mondo che cade nel silenzio. Ogni rumore è esiliato dalla sua testa, ogni senso è concentrato solo su Kyle, lì, vicinissimo a lui, che lo tiene in pugno e guarda solo lui, si svela solo a lui.
Nonostante la determinazione del suo gesto, Eric vede della fragilità in ciò, qualcosa di intimo e diverso.
Lo eccita. È la seconda volta in due settimane che Kyle riesce a provocargli un’erezione, la sua fortuna è che la tovaglia lo nasconde.

“Era questo che volevi, no?”.

Arrossisce e manda giù senza masticare. L’arrosto di vitello alla Lucifero
[4] l’ha davvero bruciato e non perché piccante.

Kyle ritorna al suo posto e non guarda più Cartman, pensa al suo piatto, le fajitas di pollo
[5], e ciò porta gli altri a sospirare di sollievo.

“Non sei bravo ad imboccare ebreo” si riprende Eric che non vuole fare la figura del coglione e ha bisogno di calmare quello che si è svegliato nei i pantaloni “per poco non mi strozzavi”.

“Peccato”.

“È tanto piccante Eric?” domanda Butters sperando di riuscire a placare definitivamente le acque.

“Non tanto, ma non fa per te: è roba solo per veri uomini”.
Kyle - silenziosamente - tira nuovamente un calcio, irritato dal fatto che continui a fare il pallone gonfiato; per Eric sentire però il piede di Kyle strusciare - seppur velocemente - contro la sua caviglia non lo porta a placarlo, anima piuttosto qualcosa che già è stato risvegliato.

“...m-muori male, Kahl” e si augura che il suo borbottio non sia sembrato simile a un gemito.

“Ma se muore poi chi ti imboccherà?” interviene Kenny, subito seguito da Stan. “E chi ti farà il piedino?” e se la ridono ricordando soprattutto: “e chi ti pagherà il conto?”.

“Accidenti! Morite tutti tra atroci dolori!”.

 Butters nota che ha gli occhi lucidi e crede d’aver capito tutto: “Eric, se è così piccante non dovresti mangiarlo”.

“Taci Butters, non è così piccante” e per dimostrarlo prende una forchettata più generosa. Effettivamente è molto piccante, ma non gli da fastidio, spera solo non sia afrodisiaco, altrimenti non saprebbe come calmarsi ed avere Kyle davanti non lo aiuta di certo.

“Gattini morti” sussurra popolando la sua mente di dozzine e dozzine di mici esangui.

“Che?” domanda Stan, credendo d’aver sentito bene, nonostante gli sembri folle. Eric continua non curandosi di loro, ma solo del suo problema principale.
“Gattini morti, gattini morti...”.

“Chi ha ucciso dei gattini Eric?” domanda ingenuamente Butters guardandosi intorno, mentre Eric continua come un mantra la sua formula anti-erezione.
Anche Kenny lo guarda confuso, avendo sentito distintamente quello che ha detto.

“Che curioso metodo per non sentire il piccante. Io lo uso di solito per calmare un’erezione”.

Un pezzo di pane colpisce in piena fronte Kenny dopo un inconfondibile Vaffanculo Kenny.

“Ahi stronzo, ma che ti prende? Non ordinare piccante la prossima volta!”.

“Tanto anche se glielo dici la prossima volta lo rifarà di nuovo”.

“Kahl, potresti per favore non parlare per i prossimi cinque minuti? Giuro su Mel Gibson che ti lascio in pace per una settimana se non parlerai per cinque minuti” e ne ha bisogno, perché alle sue orecchie qualsiasi cosa Kyle dica - in una situazione simile - suona provocante, suona sexy.
Kyle non può cogliere certo il vero significato di quelle parole e lo interpreta come un’offesa, ma lo accontenta, perché spera che davvero per un’intera settimana lo lasci in pace: ne ha bisogno.
Eric continua a mormorare il suo mantra tra una forchettata e l’altra, mentre Kyle cerca di ignorarlo e il resto della tavolata può riprendere la conversazione che aveva interrotto.

“Insomma... non me l’aspettavo morisse”.

“Ormai non ne sono più sorpreso”.

“Ragazzi potete evitare di parlarne? Io sono ancora alla stagione precedente” perché Butters è sempre in ritardo quando si tratta di serie televisive fighe.

“Perché sei sempre in ritardo?” domanda Stan.

Butters è risentito della domanda: “perché ogni settimana Eric mi dice di iniziare una nuova serie che è assolutamente imperdibile, ma io devo anche recuperare quella della settimana precedente, più vedere gli anime della nuova stagione per non perdermeli e non dover poi sentire di recuperarli tutti, inoltre devo finire i videogame che mi ha obbligato a comprare e fare quotidianamente accesso ai giochi online perché se no  mi perdo il quest o mi ritrovo pieno di notifiche. E poi mi chiedete perché sono sempre davanti al pc!”.

“Butters, ma noi facciamo le stesse cose tutti i giorni, ma abbiamo una vita sociale perché non recuperiamo, seguiamo solo quotidianamente le novità e non seguiamo quello che non ci piace” gli fa notare con composta razionalità Stan.

“Oh...”.

“Però dovresti proprio recuperare l’ultima stagione di Game of Thrones e iniziare a vedere Hannibal!”.

“Ma a me non piacciono i telefilm con...”.

Hannibal è fighissimo Butters”.

“Ma...”.

“Vedilo!”.

“...ok, Stan”.
Butters ha come l’impressione che passerà la sua estate ben poco all’aria aperta.

La castana del tavolo delle liceali nel frattempo si alza per andare verso la toilette, Kenny la nota e il suo sguardo cade dove lei sicuramente vuole esser guardata, visto che indossa dei jeans aderenti.

“Kenny!” ha la decenza di rimproverarlo Stan.

“Dio Stan, ma l’hai vista?”.

“No”.

“Aveva un cu-”.

“Kenny!”.

“Guarda che nessuno lo dirà a Wendy”.

“Non centra nulla Wendy, non guardo il fondoschiena alle ragazze per rispetto, per principio”.

“Come no, vai a raccontarlo a Butters”.

“Cosa devi raccontarmi Stan?” chiede Stotch innocente dopo aver mandato giù un ultimo boccone di taco.

“Nulla Butters, è retorica”.

“Sì, retorica, come no. Ho deciso comunque, voglio provarci con la castana, è la più carina”.

“Non demordi”.

“No, ovviamente. Se quella Ashley trova più maturo Eric, non vedo perché io non posso sembrare più grande: sappiamo tutti che ho un certo seguito a scuola” il che è vero, Kenny non è modesto, trova che fare il modesto sia da ipocriti in tali circostanze.
“Eric, lascia perdere i gattini. Perché non andiamo tra cinque minuti al loro tavolo?”.

“...gattini morti...”

“Pensate stia bene?”.

“Non è mai stato bene Butters” fa notare Stan che ha quasi finito la sua portata.
“Vai a farti fottere da Wendy, Stan” risponde esasperato Eric e... nel figurarsi l’immagine del suo augurio al moro, si ritrova a constatare che il suo problema intimo si è definitivamente placato. Ha funzionato meglio dei gattini a quanto pare.
“E per quanto ti riguarda Welfare
[6], non mi muovo da qui”.

“Allora è vero che hai pagato Butters per dire una cosa simile”.

“No che non l’ho pagato” e bestemmia per vocazione, “ma non ti faccio da spalla per rimorchiare, anche perché quelle sono delle troie”.

“Per te tutte le donne sono troie Cartman”.

“Per questo Kenny è felice pur essendo un poveraccio, no?” gli sembra un’argomentazione più che valida, contro l’inutile rimprovero velato di Stan. Teme qualche giorno di vederlo entrare a scuola con una maglietta rosa con su scritto Girls Power, e l’unico motivo per cui lo farebbe sarebbe per Wendy. Se lo Wendy lo lasciasse la penserebbe esattamente come lui e... non è discriminazione la sua, lui odia tutti a prescindere ed ama ricordarlo a chi insiste nell’insinuare che è un razzista. Ringrazia che Stan non abbia insistito però, non ama infatti neanche ripetersi.

“Io non penso che le donne siano troie”.

“Lo speri costantemente però Kenny”.

“La smettete di parlare in questo modo delle ragazze!”

“Oh Kahl, perdonaci, ci eravamo dimenticati di te. Ragazzi, abbiamo urtato la sensibilità della ragazza del nostro gruppo, chiediamole scusa”.

Kenny ride e Butters pure, ma Kyle non ci trova nulla di divertente. Lui ha rispetto per il mondo femminile, ammira le ragazze, e non solo quelle che vestono carine e si truccano, ha rispetto per tutte loro e non oserebbe chiamare troia neanche la più disinibita. Ogni ragazza ha il diritto di vivere i sentimenti e la propria sessualità come meglio crede, vorrebbe dirlo, ma evita, perché sa non capirebbero - ad eccezione di Stan - e finirebbe solo per litigare ancora con Cartman, poiché lo considererebbe un discorso da hippie.

“Visto che sono così per te Cartman, con l’ego che ti ritrovi, perché non hai accettato i sentimenti di quella Ashley?”.

“Perché non mi interessano i suoi sentimenti”.

“Appunto. Avresti potuto manipolarla come fai di solito con tutti e fare il gradasso dicendo a tutti che era la tua ragazza e che facevate cose incredibili”.

“Guarda che io sono interessato solo a persone serie” è sincera la sua affermazione.

“Facendo il coglione sicuramente la troverai” lo sfotte Kyle, sentendosi però a disagio. Davvero sta parlando di ragazze con Cartman?

“Magari faccio il coglione perché non ho la persona seria che vorrei e...” ...tace. Arrossisce. Manda giù un boccone sperando di mandar giù anche l’imbarazzo.
...e vorrei tanto che capisse che ho bisogno sia sempre al mio fianco. 
Maledetto ebreo.

Kenny si porta una mano davanti alla bocca per nascondere il sorriso, Butters invece guarda con ammirazione, trova molto bello che Eric sia stavo sincero, per una volta.
Ma Eric, si sa, è molto più portato nel mentire.
Sorprendendo tutto il suo tavolo si alza e va in direzione del tavolo delle ragazze, salutando la rossa Ashley.
Tutti possono vederla, la ragazza prende il colore dei suoi capelli e non riesce a sostenere lo sguardo di Cartman.

“Visto? Che vi avevo detto?” sottolinea Butters che si è sentito offeso nel non esser creduto.

Nessuno può negarlo: sembra che la ragazza stia morendo davanti a lui ed è visibilmente a disagio.
Mezzo minuto dopo Eric ritorna al suo posto. Kyle stava per dare un boccone al fajitas, ma la sorpresa l’ha lasciato con la forchetta a mezz’aria e Cartman ne approfitta, afferrando il polso di Kyle e portandosi il boccone di Kyle alla bocca.
Ha ancora più appetito di prima adesso.

“Kahl, credo proprio prenderò anche i fajitas. Kenny, Butters, dopo cena abbiamo un appuntamento. Kahl non credo tu sia lesbica, quindi non ci rimani male se non ho pensato a te, giusto? Tanto c’è il tuo fidanzatino Stan libero”.

“Brutto...”.

“Eh no, puoi offendermi come vuoi Kahl, ma non darmi del brutto in una simile circostanza”.
Lascia a malincuore il polso di Kyle, gli sembra che una crepa si apra sul suo cuore di pietra, ma il sorriso da stronzo è impeccabile.
Kenny nel frattempo non contiene l’entusiasmo e si volta a salutare le ragazze, mentre Butters impallidisce.
“Ho promesso che ti avrei lasciato in pace per una settimana, no?”.

“Bene”.

“Bene, ma voglio le fajitas”.

“Puoi anche ordinartele da solo”.

“Sei arrabbiato?”.

“Con te? Sempre”.

“Meno male”.

Kyle lo scruta scettico, alzando un sopracciglio. Eric lo guarda tutto contento: “significa che va tutto bene tra di noi, no?”.



*
 


Casa Bonita non è esattamente a South Park, quindi a cena conclusa Randy arrivò a prenderli, non sapendo d’averci rimesso un centinaio di dollari oltre a quelli della benzina; Stan gliene avrebbe parlato il giorno dopo.
Il conto non era stato salatissimo per fortuna e spendere i soldi per la cena non era stato così doloroso come prospettato.  Doloroso - più che altro umiliante - fu che gli unici a tornare in macchina, con Randy, furono proprio solo  i due migliori amici.
“Kenny, Eric e Butters dove sono?” domandò Randy.
“Hanno un appuntamento con delle liceali”.
“Fortunati e voi? Non ditemi che avete un appuntamento tra di voi” Randy scherzava, ma quella era una battuta di stampo fin troppo cartmaniano per perdonarlo.
“Sta zitto papà e portaci a casa”.

La ragazza castana, Candance, arrivata con il minivan dei suoi genitori, non si fece problemi nel far salire i tre ragazzi, forse fin troppo piccoli per loro, ma Kenny non le sembrò proprio così bambino e catturò subito la sua simpatia. Per lo più lo sta fece per la sua amica Ashley e seppe da subito che quella a rimetterci di più nel loro gruppo era Patricia, la ragazza dalla coda di cavallo bionda, che - affiancata da Butters - si sentì quasi una pedofila e per questo parlò dando consigli sulla vita delle superiori.

Mezz’ora dopo, in macchina,  Patricia parla ancora
Ashley, invece, è silenziosa  e ancor di più lo è Eric, entrambi immersi in un groviglio di pensieri più grandi di loro.
Iil minivan si ferma nei pressi dello stagno di Stark che, essendo estate, si rivela abbastanza frequentato e piacevole per parlare, come per fare quelle cose da “grandi” la cui proibizione - nella loro età - diventa stimolante; Candance tira fuori dal cofano dell’auto delle lattine di birra e una bottiglia di vodka, brindano a quel bel cielo stellato che li sovrasta e che Eric ed Ashley non notano. Patricia tira invece fuori dalla borsa delle sigarette, le offre, e persino Butters accetta, perché vuole sembrare fico agli occhi di una ragazza tanto carina.
Un po’ di fumo e un po’ di alcool, regalano il brio a quello strano incontro che si rivela divertente, eccetto che per la coppia che l’ha permesso, così poco partecipe ai racconti di quella che fanno credere una straordinaria vita da studenti delle superiori; altro che racconti, sono più pettegolezzi che altro.
Eric - che non beve e non fuma per principio - si alza e si allontana dal gruppo che non lo nota neanche. Era una serata perfetta, Kyle l’ha divertito e sorpreso, in linea generale è andata come voleva, ma poi ha detto qualcosa di rischioso e per non perdere il controllo si è ritrovato a far felici Kenny e Butters, ma non se stesso. Vorrebbe essere con Kyle, a fare cose diversamente stupide, a dire cose diversamente stupide. Lo sa ormai, Kyle è una brutta malattia per lui.

“Senti che cosa hai in mente?”.

Eric sussulta e lancia un’occhiata infastidita alla ragazza dei capelli rossi. Dovrebbe essergli grata, invece di raggiungerlo e rompergli le palle.

“Potresti semplicemente mostrarmi la tua gratitudine stando lontana da me?”.

“Voglio sapere che intenzioni hai”.

“Non ho intenzione neanche di sfiorarti stronzetta. Voi pel di carota mi fate schifo” si sente nella posizione di poterlo dire.
Non è che Ashley abbia un debole per lui e non si è per niente dichiarata, questo è quello che crede fortunatamente Butters. Ashley semplicemente arrossisce e china la testa davanti a lui perché conosce il suo segreto e l’ha filmato, ironicamente proprio nei giardini dello stagno di Stark. L’aveva vista con le mani negli slip di una certa Hanna che, solo successivamente, aveva scoperto essere la presidente del club di pallavolo delle superiori. Era andato per filmare dei piccoli gufi appena nati e, arrampicandosi, aveva visto le due darsi da fare su una panchina; non era il tipo di spettacolo che gli interessava, ma aveva odorato la possibilità di un ricatto e non se l’era fatta sfuggire. Aveva odorato bene, Ashley Prym era una cheerleader e se anche solo qualcuno avesse saputo, la sua vita sarebbe diventata un inferno.

“Voglio delle rassicurazioni”.

“Quelle fattele dare dalla tua fidanzata” la deride.

“Non capisco cosa tu voglia” fa lei incrociando le braccia e accedendo una sigaretta, per darsi un’aria da adulta.

“Non deve essere di tuo interesse. Se ti chiedo un favore semplicemente accontentami, fai la brava e nessuno saprà niente” sta solo cercando di costruirsi un personaggio come fanno tutti. Ha sempre saputo di essere un fico, ma l’ultimo anno di scuola gli ha fatto capire che lavorando sulla sua forma fisica e studiando, può essere ancora più fico.
Ha avuto una visione: lui, il ragazzo più popolare di tutta South Park, quello che tutti vogliono frequentare, quello che quando parla fa ridere tutti, quello che prende voti eccellenti e non è considerato un nerd e - soprattutto - quello che Kyle nota.
Trova fondamentale avere le giuste conoscenze e sa che quello è un pezzo importante del suo puzzle, perché - a quanto pare - Ashley è diventata una delle ragazze più popolari della scuola e può esserne certo perché altrimenti non uscirebbe con Candance Barry e Patricia Frigg - anche loro cheerleader- che sono tra le ragazze più belle di East Park.

 Per evitare che ancora lei gli parli, ritorna dal gruppo, dove Candance sta intrattenendo tra un tiro di sigaretta e un sorso di birra.

“Avete presente il generale Hartmann di Full Metal Jacket? Ecco, il signor Foster di educazione fisica è tale quale. Un vero stronzo, se fai cinque minuti di ritardo ti spedisce a fare dieci giri di corsa fuori, al freddo. Non gliene frega niente se nevica. Ma proprio perché è così severo che la nostra squadra di football è andata al campionato regionale, ci siamo classificati secondi, non è come vincere, ma è buon risultato” e si ferma per bere, lasciando tacitamente la parola a Patricia che dopo una lattina di birra persino quel Butters non è più motivo di imbarazzo per lei.

“Alla fine però è un bravo insegnante. La peggiore secondo me è la McDaniels, era il sindaco di South Park fino allo scorso anno no?” domanda retoricamente, tanto per far capire che lei conosce le persone di South Park anche se vive nella parte est di County Park. “Insomma insegna Diritto ed  è acida da morire, perché è una zitella e le rode il culo perché non ha più lo stipendio da sindaco. Si dà tante arie per esser stata sindaco in tanti anni e pretende che alle interrogazioni si sappia tutto a memoria. La media dei suoi voti è infatti C”.

“Patricia parli così perché non sei nel corso della signora DeLorne” interviene Candance riportando gli occhi a se, anche se quelli di Kenny non si sono mai staccati da lei e pensa di creare un fan club sulle sue tette.
“Ragazzi, non entrate nel corso di francese, davvero. Io sono predisposta per il francese, quindi non ho considerato assolutamente il corso di spagnolo, ma mi pento ogni giorno di essermi iscritta. La DeLorne è la peggiore insegnante che ho conosciuto, si presenta simpatica e carina, sorride sempre, vuole fare l’amica, ma poi ci carica di compiti, fa domande davvero impossibili ai test che sono tutti a sorpresa, inoltre se non padroneggi l’accento francese ti mette l’insufficienza, se ritardi a lezione ti da compiti in più ed è convintissima che la sua sia la materia più importante del mondo. Sempre a parlare della Francia, di Parigi, di quanto l’inglese sia una lingua volgare... ma perché non se ne ritorna in Francia, dico io!”.

Butters è preoccupatissimo, se avesse un quaderno per gli appunti si segnerebbe a quali corsi iscriversi e a quali no.
Kenny è annoiato, ma cerca di mostrarsi interessato aspettando un premio.
Eric invece è seccato come non mai: “io mi sono rotto le palle, me ne vado a casa”.

Tutti si voltano e Candance e Patricia guardano Ashley dietro di lui, chiedendosi cosa può esser andato storto. Ashley ha paura dei loro giudizi e velocissima inventa la bugia migliore, correndo a sussurrarla all’orecchio dell’amica bionda: “È il suo modo di fare, mi accompagna a casa. Domani ti racconto” e cerca di sembrare entusiasta, seguendolo.

“Che stai facendo?” domanda Eric qualche metro dopo, notandola al suo fianco.

“Ufficialmente mi stai accompagnando a casa”.

“Io non ti accompagno da nessuna parte”.

“E io non voglio che tu mi accompagni da nessuna parte. Cerchi della fama, no?” non è stupida, può immaginarlo bene da sola, anche se lui provasse a negare “ti sto dando l’occasione per dire che hai avuto la miglior pomiciata della tua vita”.

Eric si volta e incrociando le braccia davanti al petto la squadra: “vorresti poterlo dire tu alle tue amiche, piuttosto”.

“Guarda che io sono una che conta a scuola, due tizi hanno fatto a pugni per uscire con me quest’anno” si vanta sentendosi donna, nonostante abbia quindici anni e conosca così poco del mondo da far ridere un diciottenne.

“La versione ufficiale sarà che ti ho mollato perché durante il tragitto di casa ho scoperto che sei una rompicoglioni. Ma tu dì pure alle tue amiche della tua fantastica pomiciata e che ti ho lasciato perché... volevamo cose diverse” è gentile da parte sua, quindi spera che si tolga dai piedi e lo lasci solo, solo con i suoi pensieri e con quell’opprimente sensazione di vuoto e nostalgia per qualcosa che, in fondo, non ha.




*
  



“Ehi Kyle!”.

Non appena il rosso vede davanti a se Lola sorride pensando che quelli sono giorni fortunati.
Cartman sta mantenendo fede alla sua promessa, lui non ha avuto sogni recenti, con Stan hanno fatto la lista delle cose che vorrebbero fare insieme prima di separarsi, in pochi giorni sono arrivati quasi a metà lista divertendosi alla grande e adesso ha avuto un incontro occasionale con Lola.

“Ciao Lola. Come... come stai?”.

“Benissimo, tu?”.

“Anch’io” sorride, è contento che il loro rapporto sia diventato più stretto.

Lola è carina, molto carina, molti ragazzi lo invidierebbero, Kenny per esempio lo invidia ma lo incoraggia anche, con confidenze inopportune, ma è il suo modo di fare, lo sa.
Da quando hanno scoperto di avere una passione in comune per Tolkien ed i videogames parlano spesso, hanno conversazioni via chat divertenti, hanno un generoso scambio di tag in post o immagini su Facebook e sembra così strano a lui che una ragazza tanto carina, che alle elementari era nelle cheerleader, possa avere un tale spirito nerd.
In realtà anche Nichole e Wendy sono proprio come Lola, per questo la loro amicizia è sempre più stretta, con la differenza che Nichole e Wendy sono state cheerleader anche alle scuole medie e, sotto certi aspetti, sono anche più nerd di Lola, ma a ciò Kyle non viene proprio in mente, non l’ha notato. Per lui Lola è la ragazza perfetta, anche se non sa in che senso interpretare il suo stesso pensiero.

“Ho finalmente visto la prima stagione di True Blood, come mi hai consigliato” fa sperando di colpirla e di fermarla abbastanza a lungo per poter parlare ancora con lei. Stan non si offenderà se farà tardi per andare al cinema, dopotutto hanno deciso di incontrarsi un’ora prima dello spettacolo e non c’è alcun rischio che lo perdano.

“Fantastico! E dimmi... ti piace?”.

“Devo dire che sì, mi è piaciuta molto e in qualche frangente mi ha ricordato American Horror Story”.

“Segui anche quello show? È uno dei miei preferiti!”.

“L’ho notato. Insomma... ho visto che condividi parecchi link di Coven”.

“Ultimamente sono ispirata da serie horror” confessa senza malizia, ma diventando così agli occhi di Kyle sempre più interessante. Kyle ama gli horror, nonostante la sua personalità adora le storie horror e film splatter lo divertono tantissimo, al contrario degli altri suoi amici, eccetto Cartman.
Hanno imparato a sopportarsi un po’ di più e ad andare d’accordo in quei momenti, nessuno di loro vorrebbe andare al cinema da solo o perdersi un film di quel genere.

“Anch’io amo tanto l’horror. In particolare se c’è sangue”.

“Non sono una grande fan degli splatter, ma li sopporto” e a queste parole Kyle appunta mentalmente di non mostrare il suo lato fanatico verso il genere, non vorrebbe che Lola si facesse un’idea sbagliata di lui.
“Però Kyle, se ti piace il genere suppongo tu veda Supernatural”.

“Confesso che lo seguo, anche se non sono un grande fan”.

“Wow! Sei il primo ragazzo che sento segue Supernatural. Frequento le pagine ed i forum dedicati alla serie e non mi è mai capitato di vedere un ragazzo che ne è fan o che ammette di averlo visto” gli occhi le brillano dall’emozione e Kyle sorride, contento di averla colpita di nuovo in positivo.

“Rimanga un segreto tra noi però” fa lui, come se parlasse di uno show vietato ai ragazzi.

“Condividiamo un segreto. Forte!” anche se il più emozionato dei due è lui, cerca solo di non dimostrarlo.
“Lo sai che al Comicon di Denver ci sarà Misha Collins?”.

“Oh, davvero?”.

“Sì! Castiel è il mio personaggio preferito, quindi spero proprio di incontrarlo”.

“Quindi andrai anche tu al Comicon di Denver...”.

E Kyle realizza in quel momento cosa ciò significhi: Lola andrà al Comicon, forse da sola, mentre lui è rassegnato ad andare con Cartman. Ma anche no. Potrebbe chiedere di andare insieme, non sarebbe come un appuntamento, ma allo stesso tempo un po’ lo sarebbe e potrebbe esser divertente, magari loro potrebbero...

“Oh scusa, il cellulare!” Lola prende dalla tasca dei jeans il cellulare che sta vibrando e risponde, ignorandolo.
Tempismo perfetto.
Non sa che qualcun altro sta conquistando un tempismo perfetto, e non ironicamente, comparendo da dietro le sue spalle.

Kaaahl, cercavo proprio te, che coincidenza!” sussulta alla voce di Cartman che gli porta un braccio intorno al collo con fin troppa confidenza e proprio quando Lola ha concluso la sua chiamata.

“Ciao Cartman”.
“Ciao Lola” non si sforza a non apparire seccato, ma la ragazza neanche lo nota.

“Jenny mi faceva notare che sono in ritardo. Devo scappare. Ci sentiamo, buon proseguimento ragazzi” saluta educatamente, infrangendo le speranze di Kyle che sa, non riuscirà mai a chiederle di uscire in chat.
Ma il suo problema ora è un altro e gli è fin troppo attaccato.

“Cartman, lasciami!” si divincola, portandosi a una distanza di sicurezza.
“Avevi promesso che ti saresti comportato bene!”.

“Perché, che ho fatto?”.

“Mi hai visto con Lola e hai pensato di rovinare il momento!” lo accusa ingiustamente. In realtà, sì, l’avrebbe fatto, ed era quella l’intenzione, ma in realtà era lì perché l’aveva visto passare davanti casa sua, cento metri prima di dove erano.

“Ma se ha fatto tutto da sola?”.

“Perché ti ha visto!”.

“Ha detto che era in ritardo”.

“Era una scusa”.

“E perché avrei dovuto farlo?” non è intenzione di Cartman metterlo in difficoltà in quel momento, non vuole litigare con lui, ha una cosa seria da chiedergli ed è nervoso, quindi lascia a lui mettersi in difficoltà da solo, se proprio lo desidera.

In un certo senso Kyle si frega da solo, arrossisce e si rende conto di aver effettivamente esagerato.
Perché dovrebbe farlo? Perché è un coglione a cui piace dar fastidio al prossimo? Non è abbastanza convincente.
Il motivo è lì, sotto la coperta della sua coscienza, egocentrico ed imbarazzante, un desiderio più che una ragione valida.
Gelosia è il suo nome, ma Kyle la ignora, perché non c’è nulla di razionale nel pensare che Cartman sia intervenuto perché geloso: lui ha qualche ragazza con cui uscire.

“Va bene. Cosa vuoi allora? Ma sappi che non posso stare dietro a te oggi, sto andando da Stan”.

“...al cinema lo so. Grazie mille per l’invito” tenta di farlo sentire in colpa.

“Ehi, a te non piacciono i film d’animazione della Dreamworks” e dentro di se spera che non troverà il modo di aggregarsi a loro.

“Sì, infatti. Ringraziavo solo per avermi pensato”.

“Andiamo, non fare il coglione!”.

“Avete invitato Kenny, che sapete non può venire perché è un poveraccio, e non me. Me l’ha detto lui, altrimenti non lo sapevo”.

“Vuoi farne una questione di stato? Sei qui per farti invitare?” ...no, spera solo si senta sufficientemente stronzo.

“No, perché non mi interessa. Andate e divertitevi”, suona strano alle orecchie di Kyle, ma è sincero.

“Volevo... ecco...” diventa scioccamente difficile per Eric dire la cosa più semplice; “sai dopodomani che giorno è?”.

Kyle riflette per un attimo “il primo Luglio” e poi realizza. Una valanga di pensieri lo tocca.
“Senti, io non so organizzare feste né fare torte di compleanno, ho anche dato fondo ai miei risparmi per andare offrirti la cena l’altra sera, quindi non avere la brillante idea di strani obblighi che non posso, neanche se volessi, concretizzare”.

Ad Eric tante volte fa ridere il modo in cui Kyle arriva alle conclusioni.
Avrebbe potuto chiedere un obbligo simile, è vero, ma il pensiero non l’aveva sfiorato in realtà.
“...a cena” borbotta mettendo a tacere Kyle, senza guardarlo.

“Come?”.

“Voglio andare a cena al King’s Castle” il posto si trova a North Park, è un ristorante particolarmente costoso e ha piatti di carne prelibati nel menù, tipici delle varie cucine europee e il posto è molto suggestivo: un piccolo castello con arredamento e decori in stile medievale europeo e l’estate è possibile pranzare e cenare sulla torretta di questo castello, ammirando la boscaglia intorno, dal momento che si trova nella parte più selvaggia di County Park.

“Cartman ti ho detto che non ho...”.

“Ovviamente offrirò io la cena, altrimenti dovrei accontentarmi di mangiare ben poco e star te a vedere che mangi insalata o qualcosa che faccia notare quanto sei tirchio” dice tutto d’un fiato tenendo lo sguardo basso. Si sente più tranquillo e sfacciato in questo modo.

“Eh? Non farai la tua solita festa in cui inviti tutta South Park per avere più regali possibili?”.

“No”.

“No? Perché?”.

“Non... non mi interessa” ed è vero, ma non vuole svelarsi di più.

“E hai pensato ad una cena con noi due soltanto? Perché non hai invitato anche gli altri?”.

“Perché non sono ricco quanto Token”.

“Ma perché io?”.

Potrebbe inventare tante scuse, tipo che Kenny lo farebbe vergognare perché non avrebbe un abito decente, che teme Stan vomiti per tanto lusso e che Butters... sarebbe noiosamente Butters. Potrebbe, ma non lo fa.

“Perché... penso sia divertente”.

“Con me?”.

“Sì ebreo, con te! Ed è un obbligo, quindi non fare tante storie e, piuttosto, dovresti essermi grato” si scalda, i suoi nervi sono a fior di pelle e potrebbe fare un buco in un tronco se lo prendesse a pugni, tanta è la forza che sta conservando stringendo i pugni nelle tasche.

“E dov’è la fregatura di questa penitenza?”.
 
“Non c’è alcuna fregatura e dovresti piuttosto considerarla una grande concessione, un regalo!”.

“Allora vai con la tua ragazza!” esclama esasperato Kyle che non vuole rimaner invischiato in uno dei giochetti di Cartman.

“Quale ragazza?”.

“Come quale?”.

“Non è la mia ragazza, idiota! Quella lì è una rompicoglioni e l’altra sera ho voluto solo fare un favore a Kenny e a Butters uscendoci. Infatti poi me ne sono andato perché mi stavo annoiando a morte”.

Kyle non ascolta l’ultima parte del discorso, l’altruismo e Cartman non vanno d’accordo, quindi si rifiuta d’aver capito, ma è sorpreso del fatto che nonostante tutto Cartman non abbia approfittato della situazione.

“Non è la tua ragazza?”.

“No, non lo è”.

Kyle sorride. Non sa perché sorrida, ma non riesce a trattenersi.

“P-perché sorridi?”.

  “Perché sei assurdo” scuote il capo non mutando espressione “piaci ad una ragazza carina e, nel momento in cui dovresti davvero approfittare di un’occasione, non lo fai”.

Eric lo sa che inutile ragionare con Kyle.
Non importa quante volte gli abbia fatto capire di essere innamorato di lui - non invaghito, non infatuato, innamorato -, Kyle non capirà, non lo capirà mai o forse non vuole capirlo. Kyle è intelligente però, quindi è propenso per l’idea che non vuole capirlo e lui.... lui non vuole saperlo il perché.

“Perché è molto più divertente uscire con una ragazza nerd che ha la sabbia nella vagina”.

Stavolta Kyle non risponde con rabbia, anzi, non risponde proprio.
Qualcosa ha solleticato il suo stomaco, una piacevole sensazione fresca... e poi ha avuto un brivido.
Lo sa che Cartman lo sta prendendo per il culo, quindi dovrebbe trovare una risposta appropriata e sforzandosi borbotta solo “fa come vuoi Culone, il compleanno è il tuo”.

“Certo che faccio come voglio e - ricorda - è un obbligo”.

“Va bene, va bene, non essere noioso” alza gli occhi al cielo, come infastidito. Ci sono delle grandi nuvole bianche in cielo e sembrano così vicine, o forse è la terra che è più vicina al cielo?
“Vuoi... venire al cinema con me e Stan?”.

Chi dei due è più sorpreso per la domanda di Kyle è difficile da poter capire.

“Al cinema con te e il tuo fidanzato a vedere un film d’animazione? No grazie. Non mi permetterei mai di rovinare l’appuntamento della mia coppia preferita; vi ho anche trovato un nome: Style. Suona anche più gay di voi” è appurato che certe battute gli riescano bene quando è di buon umore.
Ha ragioni valide per esser di buon umore, non sente più quella spiacevole sensazione di vuoto.

Kyle si pente della sua gentilezza, anzi, si vergogna di essa e gira i tacchi, camminando in modo buffo verso casa Marsh e alzando il dito medio si congeda nel modo migliore che possa: “fottiti!”.

“Preferirei fottere te, tesoro!” e se la ride, perché Kyle sembra che cammini con un palo ficcano ne l’ano. Succede ogni volta che se ne va incazzato, non si rende conto di quanto sia spassoso per chi lo guarda; ed è proprio quando Kyle dà spettacolo dei suoi difetti e si ritrova a trovarli meravigliosi, è proprio in quel frangente che Eric si rende conto di quanto folle sia il suo amore per Kyle.




 
 

Ho gli occhi che fanno fatica a rimanere aperti, spero d’aver fatto una buona rilettura e se c’è qualcosa che non va, segnalatemelo.
Il capitolo è stato lungo per compensare la vostra attesa e perché Eric e Kyle mi hanno particolarmente ispirata nei loro scambi che, qui, si svolgono tutti nel mese di Giugno: nel prossimo capitolo, ci troveremo invece a seguire le loro vicende partendo dal compleanno di Eric.
Chiedo perdono a chi, dall’inizio, ho tratto in inganno suggerendo tutt’altro tipo di situazione, ma quando ho iniziato a scrivere mi è sembrato tutto così equivoco che... ho deciso di incoraggiare l’idea. Le sorprese nel loro rapporto di certo non mancheranno, ma molte cose non sono esattamente come sembrano.
Ringrazio a tutti coloro che hanno letto, al prossimo aggiornamento!


 
 
[1] Rivista mensile americana dedicata ai videogames .
[2] Riferimento al decimo episodio della sedicesima stagione.
[3] I mariachi sono gruppi musicali messicani, tipici della parte est del Messico.
[4] Piatto tipico della cucina messicana, piccante, di cui potete trovare la ricetta qui.
[5] Altro piatto tipico della cucina messicana, di cui potete trovare qui la ricetta.
[6] Dal momento che Kenny e la sua famiglia vivono grazie alla provvidenza sociale, Eric ha chiamato in passato Kenny “Wellfare”. 
   
 
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