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Autore: Angelic_Girl    26/03/2014    2 recensioni
E' da qualche anno, ormai, che Kurt si è trasferito a NewYork, con una nuova vita e nuovi sogni, alcuni dei quali mai si realizzeranno. Il suo cuore e i suoi occhi appartengono da allora ad un giovane sconosciuto, il suo dirimpettaio, che Kurt osserva suonare la chitarra e vivere la sua vita, appollaiato ora dopo ora, mese dopo mese alla finestra, come ipnotizzato da quel ragazzo che lo attira tanto.
Quanto vorrebbe parlagli, quanto vorrebbe accarezzare i suoi riccioli mori.
E' impossibile, si dice Kurt. Ma niente lo è quando c'è il vero amore.
Chissà che le sue fantasie non diventino realtà.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L'indice bianco di Kurt stracciava in modo assente delle linee bagnate sul vetro.

Un cuore, una chiave di violino, una stella.

Non si era neanche accorto di star disegnando quella roba.... Era completamente preso da quella chitarra. Dalle dita che sfioravano le sue corde, e dal ragazzo che la sorreggeva e che stava suonando una melodia senza suono.

Kurt osservò le sue labbra muoversi per pronunciare parole che a lui non arrivavano, per cantare una canzone le cui note non riuscivano a superare quella finestra.

Un paio di labbra visibilmente soffici e rosee. Come sarebbe stato bello poterle sfiorare.

Il biondo osservava la sua bocca muoversi e cantava sottovoce la stessa musica, seguendo i suoi movimenti e dando un suono a quel motivo atono.

I suoi begli occhi di ghiaccio erano affascinati da quel giovane e osservavano rapiti il modo in cui l'altro si muoveva, l'espressione che assumeva mentre cantava, come se stesse facendo qualcosa di enormemente piacevole, che lo rilassasse e lo coinvolgesse con tutto se stesso. Ed così era, in effetti.

Kurt sapeva che quel ragazzo amava davvero tanto la musica.

Era adorabile quando cantava.

A volte si agitava come un pazzo con un telecomando in mano, magari, fingendo che fosse un microfono e lui uno di quei rocchettari esaltati; altre prendeva in braccio la sua chitarra, quasi fosse un bambino da coccolare, e la suonava con dolcezza seduto sul letto.

Quella mattina Kurt si era svegliato presto, come previsto, ma se l'era presa comoda. Non aveva osato avvicinarsi a quella finestra prima delle dieci e mezza circa, cercando scuse plausibili da andare a raccontare a se stesso per non mettersi seduto lì ad osservare come sempre. Per evitare di assistere ad altri teatrini sconci.

E poi, quando aveva capito di aver via libera, si era subito accomodato sulla sua mensola.

Guardò di nuovo gli occhi di quel giovane, desiderando così tanto che spostasse lo sguardo su di lui...

Il giorno prima era stato agghiacciante, e forse lo sarebbe stato ancora se fosse successo, ma nella mente di Kurt appariva come una scena di un film romantico. Nel suo cervello sarebbe stato un qualcosa di mozzafiato, di intenso e bellissimo. Sperava che quando quegli occhi nocciola si fossero decisi a capitare per sbaglio sui suoi, il ragazzo sarebbe arrossito.

Vedeva perfettamente la scena, come se gli si stesse svolgendo dinanzi: Kurt lo fissava, cercando di catturare il suo sguardo, e finalmente l'altro posava le iridi su di lui. Le sue labbra si schiudevano, le guance che si tingevano di rosso.

Ma non sarebbe mai successo. E se mai, per sbaglio, lo avrebbe guardato non sarebbe arrossito di certo.

Il volto di Kurt si spense lentamente mentre quei pensieri amari gli scorrevano in mente.

Si accorse di non star neanche più cantando, le parole erano andate affievolendosi, mentre i suoi occhi si erano persi nel vuoto.

Erano anni, ormai, che sedeva lì ad osservarlo. Non capiva che non sarebbe mai accaduto nulla. Il suo cuore non voleva capirlo...

All'improvviso il cellulare di Kurt prese a squillare, strappandolo brutalmente dalle sue fantasie con un sussulto.

-Ma che diavolo...- sussurrò il ragazzo mentre si inclinava per raggiungere il telefono, poggiato sul mobile poco lontano.

I suoi occhi fecero un giro spazientito quando lessero il nome apparso sul display.

-Rachel- disse con tono piatto.

La voce gli arrivò come il trillo di una sveglia, dritto nell'orecchio delicato, abituato al silenzio -Ciao Kurt! Mi stavo chiedendo come tu faccia a stare tutto il giorno solo in quella casa sola in quella palazzina sola. Ad ogni modo, non mi avevi detto che avevi la febbre-

Kurt sbuffò -Infatti non ho la febbre-

-Ma...-

-Senti, ho inventato una balla da rifilare a Gunther. Voglio starmene solo per un po' a poltrire in questa casa sola e in questa palazzina sola. Senza lavorare-

-Furfante- rise la ragazza -Ho visto che oggi al cinema danno...-

-No. Fa freddo. Molto. E non ho la minima intenzione di ibernarmi su un sediolino male imbottito-

Rachel continuò con voce testarda e irritante, la sua preferita per ottenere qualcosa -Allora vengo da te-

-Ti prego- disse Kurt in uno sbadiglio.

Evidentemente Rachel non colse il significato del "ti prego". O forse si -A tra poco- cinguettò.





 

-Non hai freddo?- chiese il biondo avvolgendosi meglio nella sua coperta e avvicinandosi alla ragazza trascinando le pantofole pelose sul parquet.

Lei scosse la testa, con un sorriso completamente fuori posto in quell'atmosfera piuttosto infelice.

-Sei a maniche corte- notò Kurt sedendosi sul divano di fronte a Rachel. Sembrava che a dividerli ci fosse un confine tra l'Africa e il Polo Nord.

-Abitudine, sto benissimo. Tu, più che altro, sei ridicolo-

Kurt gemette insofferente in risposta. Fissò Rachel, che continuava a guardarlo fiera, come se la rendesse felice semplicemente stare lì zitta. Allora i suoi occhi si spostarono verso i vetri, verso una finestra, fuori, in particolare.

-Mi sa che hai davvero la febbre- commentò la ragazza, mantenendo la sua espressione compiaciuta, alludendo al naso arrosato dell'altro e al fatto che, parlando, sostituiva le "n" con le "d".

-No, che dici- fece l'altro, sempre guardando fuori. Ma il "do" al posto del "no" che uscì dalle sue labbra fu la conferma del contrario.

-Kurt- lo chiamò Rachel, apprensiva. Ora non sorrideva più tanto. -Che succede?-

Il ragazzo scosse la testa lentamente -Niente, sta' tranquilla-

-Sei strano in questo periodo. Non c'entra la febbre o il raffreddore. Sei strano da un po'-

La guardò.

Sapeva di esser diventato diverso. Come se desiderasse solo sfuggire dal mondo esterno, come se ultimamente, l'unico posto dove si sentisse bene fosse casa. E quella mensola in particolare. Solo che non sapeva perchè, a parte che era per lui.

Forse il suo cuore aveva iniziato a provare... qualcosa in più per quel giovane. Qualcosa di tanto importante da tenerlo ancorato lì, dove poteva vederlo.

Ne era certo, l'unica cosa che dava per scontata, era che quello che stava facendo era per lui.

I suoi occhi si mossero di nuovo verso l'esterno, cogliendo un minimo movimento dentro quella camera di fronte. Ormai avevano volontà propria, bastava un'ombra che il suo sguardo correva autonomo lì.

-Sono anni che guardi fuori- disse Rachel -Me ne sono accorta, sai? Cosa c'è in quella casa, da tenerti sempre qui? Qualcosa che ti ha preso tanto da incatenarti a quel vetro da mesi e mesi e ancora mesi-

Silenzio.

-Kurt... è una vita che osservi quel ragazzo-

E passò una buona manciata di secondi, prima che il biondo si permettesse di guardarla in faccia.

Il sangue gli era affluito tutto al viso, colorando la sua pelle di neve di un rosso acceso che urlava dall'imbarazzo.

Deglutì, spostando lo sguardo sugli occhi castani e seri di Rachel, e per poi distoglierlo.

Cosa c'era di tanto vergognoso? La ragazza era a conoscenza che lui era gay, cosa c'era di male se si era innamorato?

Perchè era tanto difficile ammetterlo?

-Ehi- sussurrò Rachel con un sorriso comprensivo, inclinando la testa per riuscire a catturare lo sguardo sfuggente dell'amico.

Si morse un labbro, cercando di nascondere la sua eccitazione -Ti piace, eh?-

Kurt fissò di rimpetto quella testa riccioluta spostarsi in fretta per la stanza, per poi scomparire. Drizzò anche la schiena, tendendosi per cercare di vederlo di nuovo, ma era andato via.

Non osava parlare.

Tentò di apparire sicuro, mentre bisbigliava -Io...-

Io cosa? Si chiese da solo. Che stai dicendo? Lo ami, la frase che devi pronunciare non inizia con "io".

Sentì le lacrime offuscargli la vista. All'improvviso; senza motivo.

-Kurt!- esclamò Rachel, confusa, vedendo quella strana reazione.

Si alzò di scatto, sedendosi di fianco a lui e abbracciandolo, mentre il ragazzo si abbandonava al suo tocco e ad un pianto inspiegabilmente disperato.

-Perchè fai così?- chiese ancora, lasciando che l'altro le si accucciasse addosso, accarezzadolo con mani gentili.

-Scusami- singhiozzò Kurt -Non lo so, non ne ho la minima idea, scusami-

-No, di cosa devi scusarti? Va tutto bene, stai sereno- lo consolò affettuosamente, pettinandogli i capelli con le dita -Va tutto bene- ripetè.

Forse aveva solo bisogno di un po' di affetto, aveva bisogno che qualcuno lo stringesse a sè. Qualcuno di reale, non fatto di sogni e fantasie.

Che gli dicesse "ti voglio bene", che lo abbracciasse senza aver bisogno di chiederlo. Qualcuno che sapesse che aveva bisogno di un bacio, una carezza, che gli desse amore senza aver bisogno che lui glielo ricordasse.

Non voleva dover attirare l'attenzione per essere stretto in quel modo. Voleva che la persona di cui necessitava lo coccolasse spontaneamente, semplicemente perchè sapeva che Kurt aveva bisogno di quello.

Forse era stato troppo tempo fingendo di che non gli servisse niente.

-Rachel...- sussurrò il ragazzo, scosso da leggeri singulti -Perdonami-

Lei gli accarezzò una guancia -Cosa dici, ne avevi bisogno. Sfogati quanto vuoi, io sono qui-

Kurt poggiò il mento sulla sua spalla, abbracciandola e lasciandosi abbracciare, mentre tirava sonoramente su col naso.

Quando il corpo di lui smise di tremare, Rachel sorrise fievolmente -Va meglio?-

-Si- annuì l'altro -Grazie-

Lei sorrise di nuovo -Vuoi che ti faccia compagnia fino a stasera? Ti farebbe sentire più tranquillo?-

-Te ne sarei grato Rachel, ma non credo tu voglia perdere tempo con me.- gli occhi arrossati di Kurt si tinsero di comprensione -Hai già assistito a questo piagnisteo insensato- disse con voce arrochita.

-Oh, sta' zitto. Stasera cucino io, tu mettiti comodo con le tue cinquecento coperte di lana addosso e affoga in silenzio nel divano- fece lei divertita, mentre si alzava per far coricare il biondo -Guarda fuori quanto ti pare, ma non struggerti d'amore per uno sconosciuto, altimenti t'infilo la forchetta negli occhi-

Kurt sorrise tirandosi il plaid sin sul naso -Il poetico contrasto tra linguaggio romanzesco e cafonaggine di Lima, che mistura sublime-

Rachel scoppiò a ridere, barcollando verso la porta della cucina e urlando -Sii onorato di avere quest'amica tanto loquacemente leggiadra-

E detto questo ricevette un cuscino sulla schiena -Vai, Rachel, vai- rise Kurt.





 

-Diavolo, è tardi! Scusa se ti ho trattenuta fin ora, ce la fai a tornare a casa?-

-Figurati- sorrise la ragazza -Certo che ce la faccio-

Rachel s'infilò il cappottino, guardando di nuovo Kurt -Chiama se hai bisogno. Io ci sono sempre-

Il ragazzo le si avvicinò, stringendola a sè e schioccandole un bacio sulla fronte -Non so come farei senza di te-

-Tracanneresti litri di quella cioccolata disgustosa che hai nella dispensa. Come fai a bere quella roba? 100% Cacao, ma ti piace sul serio?-

-Ecco perchè aveva quel saporaccio...- sussurrò Kurt più a se stesso che a Rachel, che lo guardava ridacchiando.

Poi la ragazza sciolse l'abbraccio, precipitandosi fuori.

-'Notte- disse prima di scomparire giù per le scale.

Kurt chiuse la porta silenziosamente, poggiandovisi sopra e lasciando fuggire dalle labbra un sospiro stanco.

Quando si voltò, notò un movimento insistente nella stanza di fronte. Non se lo stava immaginando.

Socchiuse gli occhi, avvicinandosi alla finestra e aguzzando la vista; poi il respiro gli mancò.

Quel sorriso... quello sguardo luminoso, di nuovo puntato su di lui. Il ragazzo di fronte lo stava osservando, muovendo rapidamente la mano per salutarlo.

Kurt si sentì avvampare, mentre spalancava gli occhi e socchiudeva le labbra. Il suo cuore batteva in petto come un tamburo e il giovane, paralizzato, non potè far altro che rimanere immobile contemplando quel miraggio incredibilmente reale.

Il ragazzo di fronte modificò il suo sorriso, da imbarazzato a leggermente triste, per poi portare un dito verso se stesso. Lo mosse ancora, indicando Kurt e poi mimò con entrambe le mani un paio di lacrime che gli scivolavano sul volto.

"Ti ho visto piangere"

Kurt lo guardò scuotere la testa, mentre lo indicava di nuovo, per poi alzare il pollice dal pugno che aveva stretto.

"Tutto bene?"

Il biondo cercò di muoversi, per non fare la figura dello scemo, e annuì convulsamente.

L'altro sorrise, poi soffiò sul vetro facendolo appannare e vi fece scorrere il dito.

"Di solito non piangi mai, mi ero preoccupato"

Kurt si sentì confuso, sentendo che lo stomaco gli si stava annodando nel ventre, così forte da far quasi male. Come faceva a dire che di solito non piangeva?

Aggrottò le sopracciglia, mentre creava anche lui un po' di condensa sulla quale scrivere.

"Che ne sai che non piango mai?"

"Tu fissi me e io non posso fissare te?"

M-mi fissa...

"Io... io non ti fisso" scrisse Kurt con un dito tremante, mentre malediceva la sua pelle, il quale rossore non accennava a scomparire.

L'altro sorrise di nuovo. Era talmente bello quando lo faceva... Capace d'illuminare tutt'intorno a lui con quella semplice espressione.

"Lo fai sempre, non dire bugie"

E Kurt lo ringraziò in silenzio quando cancellò quella frase, per sostituirla. Non avrebbe saputo come rispondere.

"Come ti chiami, angioletto?"

Il ragazzo deglutì. Quel nomignolo sarebbe sembrato scostante, detto da un qualsiasi impertinente, ma detto da lui... sembrò una cosa infinitamente dolce.

"Kurt" il suo dito esitò "e tu?"

L'altro ripetè il nome del biondo, da come fece capire il movimento delle sue belle labbra, poi lo guardò.

"Blaine" scrisse.

-Oh...- sussurrò Kurt.

Poi realizzò che stava parlando con quel giovane.

Era... era quello che aveva sempre sognato, aveva voluto con tutto se stesso che lui gli parlasse, e ora...

Pensava che quando sarebbe successo, se sarebbe successo, si sarebbe sentito imbarazzato, incapace di intendere e di volere. Ma invece era tutto così naturale...

Stava bene, desiderava solo continuare, chiedergli cose che magari già sapeva, pur di non mettere fine a quel dialogo che forse non avrebbe mai avuto un seguente.

E poi lui gli aveva detto che lo osservava. N-non se n'era mai accorto.

Se l'avesse saputo... oh, sarebbe stato meraviglioso sapere quando quegli occhi nocciola si posavano su di lui, per assorbirne i particolari.

Ma già sapere che lo guardava era senza prezzo.

Kurt potè dire di sentirsi realizzato. Il suo amore non era ricambiato, non aveva mai sentito la voce di quel ragazzo ...di Blaine, ma almeno sapere che adorava osservarlo... era ciò che aveva desiderato per tanto tempo. Che gli occhi di quel giovane si posassero su di lui.

"Kurt?" lesse dopo qualche momento.

Blaine lo guardava divertito.

"Si, scusa..." stavo pensando che parlarti è la cosa migliore che mi sia capitata, che ti amo, che... "mi ero perso nei mie pensieri"

"Lo so, lo fai spesso"

Il biondo lo vide sorridere ancora.

-Lo sa...- si disse con un filo di voce, immergendosi di nuovo negli occhi di Blaine. Lui fece lo stesso per qualche secondo, finchè non sussultò.

Kurt lo vide abbassare lo sguardo, cercare qualcosa sulla scrivania, e prendere in mano il suo cellulare. Blaine fece segno all'altro di aspettare, mentre iniziò a parlare con la persona al di là del telefono.

Maledetta vita sociale, pensò Kurt osservando l'altro che sorrideva e camminava avanti e indietro per la sua stanza, gesticolando e muovendo quelle labbra adorabili.

Quando il moro terminò la chiamata, fece scorrere di nuovo il dito sul vetro appannato.

"Ehi... Ora devo scendere"

Il flebile sorriso che illuminava il volto di Kurt si spense "Okay" scrisse senza riuscire a nascondere la sua tristezza.

Blaine agitò la mano per poi scomparire, fuori dalla stanza e dalla vista dell'altro.

Kurt lasciò fuggire un respiro dalla bocca.

Be', era stato bello.

Bello..? Altro che bello.

Il biondo si ritrovò ad arrossire, mordendosi il labbro inferiore che acquistò un po' di colore.

Ogni suo respiro si fece affannoso, e ogni suo pensiero incredulo.

Ce l'aveva fatta, pensò stringendo le mani al petto, mentre il freddo spariva per un attimo.

Ce l'aveva fatta.





Eccoci qua ^^
Ammetto che tutto ciò è leggermente inquetante, due ragazzi che si stalkerano a vicena u.u ma era solo un modo per iniziare questa storia u.u Mi sono accorta che il titolo della fanfic, per voi che non sapete *beeeeeeep per coprire lo spoiler* non ha molto senso, ma fidatevi: tuuuuuutto si spiegherà alla fine ;3
Grazie mille a tutti i tesori che già hanno messo la storia tra le seguite o addirittura le preferite e un grazie speciale a chi recensisce <3 Ah, ci tenevo a dire... ho combattuto contro il mio famoso impulso di far succedere tante cose in fretta, quindi si sappia che il fatto che i Klaine si parlino già da ora non è frutto della famigerata fretta u.u Dico, già sono stati anni a fissarsi, tanto vale che inizi già a succedere qualcosa, no?
Per rispondere ad una domanda che vi sarete posti: ebbene sì, gli angeli e i cuori sono temi ricorrenti per me u.u
Okay. Ho appena visto la 5x13 e avevo le lacrime agli occhi. Inoltre sto ripetendo da stamattina "Spencer e Hepburn" (spoiler della 5x13, ma Chris parla veloce quindi se non la vedete con i sottotitoli non credo che afferriate i nomi in inglese o.o io ho capito solo un ammasso di lettere, se non avessi letto quel santo spoiler su Facebook non avrei colto l'importanza della cosa) e mi si è fuso il cervello. Non vedo l'ora di vederli *^*
Scusate per il tema non previsto e gràssie ancora <3 <3 <3
Ci vediamo mercoledì ^^

  
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