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Autore: unicorn_inthemind    03/04/2014    6 recensioni
[Mermaid!AU]
In un'epoca indefinita, mentre le navi solcano ancora i mari scontrandosi con letali mostri marini, Rei Ryugazaki è un giovane con i piedi troppo per terra per credere all'esistenza di tali creature.
Un libro di mitologia marina, capitatogli in mano per caso, lo porterà a conoscere degli esseri per cui si spingerà in un viaggio quasi suicida per mare.
Sirene, le aveva chiamate quel pescatore - belle e fatali - ma Rei non gli aveva creduto. Era disposto persino a raggiungere la Grotta Verde e ritornare pur di dimostrare l'inesistenza di quelle creature.
Ma se quei mostri, quelle leggende, si rivelassero veri?
[...]
«Non sono una sirena, sono un tritone. Tri-to-ne.» protestò Nagisa agitando leggermente infastidito la coda color porpora.
Rei sbatté più volte le palpebre, non poteva essere vero. «Non è possibile.»
«Ma ti ho salvato dal Kraken, Rei-chan.»
«Non è possibile.»
«Ho curato le tue ferite con la mag-...»
Rei scosse la testa, risdraiandosi e chiudendo gli occhi con forza.
«La magia non esiste, e nemmeno tu. Sto delirando perché ho bevuto troppa acqua del mare. Quando mi sveglierò non ci sarai.» e si rifiutò di riaprire gli occhi.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nagisa Hazuki, Rei Ryugazaki, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Ad occhi chiusi.
 
Le file ordinate di sassolini neri correvano parallele lungo il fondo piatto oceanico, tagliate orizzontalmente solo dalle linee di inizio e di fine.
Rin avrebbe voluto descrivere il volto dell’allenatore; sapeva che era avanti ai suoi occhi, sapeva che assomigliava all’uomo che l’aveva addestrato fino a pochi mesi prima nel Mar dei Coralli, eppure era solo una sensazione. Aveva l’idea che fosse lui, forse anche la certezza; ma i contorni dell’istruttore - così come degli altri tritoni e sirene che lo affiancavano - erano vaghi ed onirici come sempre nei sogni.

Era uno di quei sogni lì, uno di quelli in cui dopo un primo momento di stordimento ripeti a te stesso: «È solo un sogno. Posso controllarlo.», e così fai. Così tenti di fare.
Ecco perché, al sentire il fischio d’inizio, era scattato in avanti, nuotando il più veloce che poteva lungo la pista di sassi e fondo oceanico. In fondo cosa altro potresti fare, in un sogno del genere, in cui la tua testa ti pone su di una pista?

Il paesaggio indefinito sfrecciava veloce accanto a lui e la fine del tracciato sembrava non giungere mai. Nuotava e nuotava, e ancora non aveva capito se fosse il traguardo a indietreggiare ad ogni suo colpo di coda, o se fosse lui che in realtà non si stava muovendo di un centimetro. E nessuno gli era più attorno.
Poi, il Cambiamento – con tanto di C maiuscola -, tu sei dentro ad un sogno che credi di poter controllare, e invece quello ti sfugge di mano.
E lo scenario cambia.

Sulla linea del traguardo, apparsa così all’improvviso da far contrarre lo stomaco, un giovane tritone lo aspettava; Rin lo riconobbe in un attimo, con i suoi capelli neri e gli occhi blu, e a primo impatto gli venne da chiedersi che cosa ci facesse Haruka lì.
«Haru-...», tentò di chiamarlo, mentre gli andava incontro. Ma Haruka rimase fermo, a guardarlo con lo stesso sguardo di quella mattina, quegli occhi che nascondevano una sorpresa enorme, un grido.
Una delle ultime volte che si erano visti...
Il fiato gli si mozzò in gola, non riusciva più a respirare. L’acqua lo invase brutale, spingendolo verso l’alto. Era una sensazione già provata, così spaventosa, quella di venire rifiutato dall’Oceano stesso, nel cui Ventre era nato e cresciuto. Soffocava.
Chiuse gli occhi, li aprì ancora, stava salendo verso la superficie alla ricerca di aria, sotto di lui Haruka era stato affiancato da Makoto e Nagisa. Guardavano verso l’alto, ma i loro occhi non erano puntati su di lui, bensì su qualcun altro: il giovane umano dai capelli blu che aveva visto quella mattina assieme a Nitori. Si osservarono solo per un istante, Rin non seppe definire il colore dei suoi occhi – forse perché effettivamente non lo conosceva – e mentre lui saliva, rigettato dal suo mondo, l’umano scendeva verso il basso catturato dal fondale.
I polmoni spremettero fuori l’ultima goccia d’aria che trattenevano.
 
 
«Senpai, senpai.»

Rin aprì gli occhi di colpo, il fiato corto. Si trovava nella camerata delle reclute della Guardia, uno stanzone più lungo che largo, spoglio; la debole luce entrava all’interno dai grossi buchi su due delle pareti fatte di spesso e duro corallo giallo. Era solo un sogno. Altra luce veniva emessa da alghe e coralli luminescenti che crescevano sulle pareti e pendevano dal soffitto.
Rin si rigirò nel letto, infastidito, – da precisare che per “letto” si intendeva una metà di un’enorme conchiglia bivalve attaccata alla parete -, mugugnando parole senza senso mentre faceva leva sul gomito per tirarsi su.
«Rin-senpai, tutto bene?», domandò Nitori, i capelli arruffati dalla notte di sonno. Si era svegliato tra i primi tritoni della camerata, si era alzato con l’intenzione di indossare con calma l’armatura, prendersela comoda prima di andare nel refettorio per la colazione e poi iniziare gli allenamenti.
Ma quella mattina Rin si rigirava nel letto, respirando affannosamente, aveva stampato in faccia una smorfia strana e qualcuno della camerata scherzava in proposito al fatto che stesse facendo gli incubi come i poppanti.
«Sì.», mugugnò Rin in risposta, alzandosi definitivamente e prendendo ad indossare frettolosamente l’armatura.
«Senpai?», provò nuovamente Nitori. Non ricevette risposta, c’era qualcosa che non andava.
Sospirando appena, si arrese all’idea che Rin non gli avrebbe rivolto la parola, immerso nei suoi pensieri com’era, «Nulla, vado a... fare colazione...», ripeté più che altro a se stesso.
 
 
Rei si girò sulla sabbia umida della spiaggia, le prime luci del mattino e la scomodità di quella superficie granulosa lo avevano incitato ad alzarsi. Nagisa, al contrario, riusciva ancora a dormire beatamente. La bocca schiusa e la posizione bizzarra - pancia all’aria e le braccia buttate una verso l’alto e l’altra verso il basso – richiamavano quel suo modo di fare sempre eccentrico e goffo. E la cosa era ancora più accentuata dalla camicia buttatagli addosso a mo’ di coperta, con tutte le sue pieghe e un inspiegabile nodo poco sopra il polsino sinistro.
«Rei-chan.», mugugnò debolmente il giovane nel sonno, scosse la testa e a Rei sarebbe piaciuto sapere cosa stesse sognando, e cosa ci facesse lui nel sogno di un tritone (Ma quindi anche loro sognano?). Nagisa si girò su un fianco, un braccio seguì il movimento del corpo, i capelli e le alghe ondeggiarono appena. Il giovane chiamò il suo nome un’altra volta, la voce infantile.
Rei, in quell’attimo di calma - con il mare al mattino c’era tanto placido, con la presenza della sabbia sotto ai suoi piedi che quasi era diventata abitudine, e un tetto costruito alla buona il giorno prima -, ecco, in quel preciso momento, Rei pensò che Nagisa-kun fosse adorabile, un adorabile diavolo di un tritone insopportabile. Perché Nagisa non gli dava un attimo di pace, lo punzecchiava di proposito, dove lui poneva un punto quello prendeva e ci costruiva sopra un casino. E poi c’erano i suoi discorsi, che forse lui credeva seri, e invece saltellava da un argomento all’altro con collegamenti improbabili.

La sera prima lo aveva tenuto sveglio fino a tardi: gli aveva parlato di stelle, della stella Polare, dei naviganti che la seguivano, di navi e delle uniformi degli ufficiali della marina.
“Una volta ne ho mangiato uno!”
 “Davvero?!”
 “Sì, ma aveva un sapore brutto!”
“...”
“ Rei-chan, secondo te che sapore ho io?”
“Eh?!”
Nagisa si era messo due dita in bocca e le aveva mordicchiate, aveva decretato che probabilmente aveva un buon sapore e poi aveva tentato di mettere le due stesse dita piene della sua saliva in bocca a Rei, per fargli vedere che sapeva veramente di buono. Naturalmente Rei si era scansato.
“E tu che sapore hai, Rei-chan?”
“N-Nagisa-kun! Non vorrai mangiarmi, adesso!”. Naturalmente, più che rispondergli (magari con un bel “no” per tranquillizzarlo) il giovane aveva preferito sorridere ad occhi chiusi e poi lanciarglisi addosso. Tra le risate aveva detto qualcosa simile a “Solo un assaggino!”.
Rei sorrise appena su quel ricordo, su quel giovane in posizione fetale, con gli occhi chiusi e il corpo semi-nascosto dalla camicia tutta stropicciata e un po’ strappata.
 
«Rei-chan...», e questa volta Nagisa non parlava nel sonno, «Buongiorno!».
Nagisa si tirò a sedere stropicciandosi gli occhi e sbadigliando a bocca spalancata, stiracchiò le braccia, scosse la testa, tentò di riaggiustarsi i capelli con una mano e poi sbadigliò mentre si stropicciava un occhio per la seconda volta.
«Rei-chan, anche oggi nuotiamo?»
, squillò finalmente sveglio e cosciente del mondo che lo circondava.
La sua mente era sempre proiettata lì, sull’acqua, sulla superficie docile dell’Oceano; mirava al’idea di tornare alla sua forma originaria, sentire la coda, le squame, respirare sott’acqua. O, forse, mirava solo a rivedere Rei sguazzare scompostamente in acqua, impacciato, e poterlo punzecchiare, prendere in giro e comandare come un burattino.
Era una disgrazia, ed era piuttosto piacevole.
«Sì, Nagisa-kun. sì.», in fondo Rei stesso voleva impegnarsi al massimo per riuscire a tornare a casa.
 
 
Quattro bambini, quattro piccoli tritoni con le loro giovani code colorate, con le loro testoline bionde, rosse, castane e nere, in cerchio.
«La mia Abilità cura le persone!»., dichiarò Nagisa, arricciandosi sul dito una delle alghe tra i suoi capelli quasi come un vanto.
Makoto si era portato una mano al ramo di corallo tra le ciocche scure: “La mia... Beh, il corallo si ingrandisce e prende la... forma che voglio, più o meno.”
“Wow!”, “Fa vedere! Fa vedere!”, dissero gli altri.
Makoto, titubante, prese tra le dita una delle ramificazioni - non era che sapesse ancora controllare del tutto la sua Abilità - staccò il pezzo vermiglio e lo piantò nel terreno sabbioso. Tutti erano rimasti bloccati in un silenzio d’attesa: Nagisa a bocca spalancata, Rin vigile e concentrato e Haruka, beh, in fondo era di Haru che si trattava.
Makoto aveva tentato di focalizzare la sua attenzione sul pezzo di corallo, pensando ad una sequela di: “Cresci, cresci... ma non troppo... solo un po’. Ma cresci!”, e poi il corallo aveva a poco a poco iniziato a spingersi verso l’alto, sempre di più (Fermati, ora, fermo!). Makoto aveva steso il pugno - basta! – e il corallo era schizzato verso l’alto, costruendo un muro rosso poco più alto di lui, prima di fermarsi.
Makoto lanciò un piccolo urlo spaventato.
«Mako-chan?»
«Makoto!»
L’interessato aggirò il muro di coralli, sorridendo timidamente alle facce preoccupate e sbigottite dei suoi amici. Gli altri risero.
«Stai bene?», «Ma... Makoto! Non sai controllare la tua Abilità?», «Vergogna, Mako-chan!»

A quel punto Rin si era pavoneggiato, che Makoto non era capace di controllare la sua semplice Abilità di Difesa mentre lui possedeva un’Abilità di Attacco fantastica e sapeva controllarla benissimo.
Naturalmente la usò, e naturalmente, la lisca di pesce tra i suoi capelli scattò – animata – verso il muro di corallo. E ci sbatté la testa.
Scosse il capo, la piccola creatura, e poi attaccò nuovamente il muro, distruggendolo a morsi e testate.
«Visto?», si vantò ancora. La lisca tornò tra le ciocche rosse del giovane.
Poi tutti gli occhi furono su Haruka: «Haru-chan, facci vedere la tua!», «È un’Abilità di Potenziamento, giusto?», «Eh? Davvero, Makoto? Haru voglio vederla!»
Non che Haruka non volesse mostrare la sua Abilità ai suoi amici, semplicemente non aveva idea di come funzionasse. O meglio, sapeva come attivarla (“Sai, Haru, che le tue bolle vanno mangiate? Dico sul serio!”), ma non aveva idea di che effetti avesse.

In passato, mentre a tutti gli altri bambini i genitori e i maestri avevano insegnato come controllare le loro Abilità, ad Haruka era sempre stato ripetuto che la sua era un’Abilità che non andava usata mai, che era pericolosa.
«No.»
«Eh? Perché?!», Rin protestò.
«Non posso.», rispose Haruka.
Tutti rimasero in silenzio a guardare Haruka, le faccette deluse. Rin si lamentò ancora, Nagisa provò ad indagare su cosa fosse in grado di fare; ma naturalmente Haruka a quella domanda non seppe cosa rispondere.
«Ma... Haru, non sai nemmeno cosa fa la tua Abilità?», chiese Makoto sorpreso.
«Haru-chan, ma non sei curioso?»
Haruka rimase muto come un abisso.
«Mmh, proviamola!», squillò dopo poco Nagisa, entusiasta come sempre.
«Sì, facciamolo!», fece eco Rin.

Non che Makoto fosse esattamente d’accordo, certo voleva sapere di cosa era capace l’Abilità di Haruka, ma non voleva forzare l’amico... Anche se - due contro uno - non poteva fare molto.
«Su chi la proviamo?»
«No!», Haruka prese ad agitarsi.
«Ragazzi-...»
«Mmh, Rin-chan! Prova tu!»
«Eeh? Perché io?»
«Se lo fai tu poi provo anche io!»
«Ragazzi non credo-...», Makoto tentò ancora di dissuadere gli amici. Senza successo.
«Va bene!», disse Rin, avvicinandosi ad Haruka per togliergli una bolla dai capelli.
Il punto era, come funzionava? Haruka aveva già provato a ribellarsi, si sporgeva in avanti, tentava di recuperare la bolla. Nagisa scattò in avanti per bloccare l’amico; naturalmente non passò per la mente di nessuno – tranne quella di Haruka – che quell’Abilità potesse rivelarsi pericolosa.
Nagisa era solo spinto dalla pura ed euforica voglia di sapere, e altrettanto Rin; Makoto, invece, era rimasto a guardare, pensando che Haru  non volesse mostrare la sua Abilità perché, come lui, non sapeva controllarla.

Rin teneva in alto il pugno chiuso sulla piccola bolla, in modo che Haruka non la raggiungesse per strappargliela via.
«Come funziona?», chiese, non sapendo che cosa farne di quella piccola sfera trasparente.
Nagisa si avvicinò, sempre spintonando lontano Haru, per ispezionare la bolla che ora giaceva sul palmo aperto sotto il naso di Rin.
«Ah! Una delle mie sorelle ha un’Abilità simile, devi metterla in bocca e-...»
«Basta!», Haruka scattò rapido in avanti per riprendersi la sua piccola Abilità, anche se ormai era troppo tardi, dato che Rin l’aveva già messa in bocca come suggeritogli.
Tutti si gelarono sul posto. La paura, il nervosismo e l’aspettativa dei suoi amici puntavano tutte su Rin, perfettamente immobile, immutato.

Cosa gli sarebbe successo?
Un secondo, due, tre, «Haru! Ma la tua Abilità no-...».

Le parole morirono in gola a Rin, il suo volto si stravolse totalmente trasformandosi in una maschera di terrore mentre si portava una mano alla gola.
«Rin!», Haruka scattò verso l’amico, vedendolo tentare di respirare ma  emettendo solo grosse bolle quando espirava.
Soffocava, Rin, non riusciva più a respirare. Spaventato e mantenendosi ancora la gola, nuotò verso l’alto.
Perché non riesco a respirare sott’acqua? Cosa mi è successo? È questa l’Abilità di Haruka?!
Rin respirò l’aria a pieni polmoni, una volta a pelo d’acqua, e mai essa gli era sembrata così buona.

«Rin!»
«Rin-chan, che è successo?»
Rin strillò, singhiozzò, si dibatté schizzando ovunque.
«Non riesco a respirare sott’acqua!», disse, le lacrime agli occhi, «Haru, cosa mi hai fatto?!»
«E adesso?»
«Vi prego, aiutatemi!»
«Haruka.»
«Haru-chan!»
 

«Haru?»
Haruka ritornò bruscamente alla realtà. Makoto gli stava sventolando una mano avanti la faccia. Sbatté gli occhi un paio di volte, rendendosi conto di essersi totalmente perso tra i suoi pensieri – ricordi – mentre guardava distrattamente gli altri impegnati nel tentare di insegnare a nuotare all’umano.
Haruka scosse la testa.
In quel momento, Rei era alle prese con la piccola tavoletta di corallo costruitagli il giorno prima da Makoto. Nuotava abbastanza bene tenendo le braccia sulla tavola e agitando i piedi.
Il problema sorgeva quando il giovane tentava di staccarsi dalla tavola per nuotare in totale autonomia, a quel punto affondava miseramente senza alcuna apparente spiegazione logica.
«Rei-chan! Ancora?!»
«Mi dispiace, Nagisa-kun, ma veramente nemmeno io capisco perché mi succede questo!»
«Se continui così rimarrai qui con me per sempre, Rei-chan!», Nagisa enfatizzò quell’appellativo con una lieve punta di malizia, abbastanza da far arrossire Rei.

La giornata, per parlarne in breve, proseguì allo stesso modo della precedente: con un continuo di tentativi e fallimenti di Rei, pause e prese in giro di Nagisa, capaci di portare Rei al limite della sopportazione.
Con quel suo modo di fare, il tritone sembrava quasi avere l’umano totalmente alla sua mercé.
Rei chiuse gli occhi una volta incontrata la sabbia della riva, era stremato, gli doleva ogni singolo muscolo e sentiva di poter crollare da un momento all’altro; ma nonostante questo ancora non era per nulla capace di nuotare (senza contare il saper andare avanti e indietro con una tavoletta, certo).
«Rei-chan,», Nagisa lanciò un piccolo risolino stendendosi al suo fianco, «affondi così tante volte che se solo respirassi sott’acqua a quest’ora saresti già a casa!»
«Nagisa-kun!», Rei si stese su un fianco in modo da avere il tritone – ora trasformato in forma terrena – avanti a sé.
«Non deridermi! E poi è impossibile che un umano respiri sott’acqua! I nostri polmoni non po-...»
«Rei-chan! Stai parlando con un tritone!»
Rei tacque, colpito e affondato.
«Na-Nagisa-kun... Potresti metterti qualcosa addosso?», domandò Rei anche se ormai era certo che l’altro non l’avrebbe ascoltato.
Infatti, Nagisa sorrise con finta innocenza, sporgendosi in avanti per dargli un goffo bacio sulla punta del naso (Cosa? Nagisa-kun, ma-...) e poi appoggiò la testolina bionda sul suo petto.
Rei rimase immobile, la vista sfocata perché senza occhiali, Nagisa accoccolatoglisi addosso e totalmente in imbarazzo per la situazione.
Sospirò, le palpebre gli si calarono per la stanchezza, solo due minuti di riposo.
E, ad occhi chiusi, rimasero entrambi così.



Angolo autrice:
Ormai si è capito che la storia procede alquanto a rilento, più che altro per il poco tempo che posso dedicarle, oltre al fatto che ogni volta scrivo due parole in croce e poi mi blocco.
Comunque, ecco qui il nuovo capitolo, che per precisare è anche particolarmente lungo dato che vi amo.
Inoltre, dato che le persone che seguono questa fiction sono adorabili, Hanon993 mi ha donato un'altra splendida fanart dei miei gioielli (purtroppo l'editor non mi fa inserire i collegamenti, quindi mi tocca arrangiarmi con i link): 
http://hanon993.deviantart.com/art/Nagisa-on-the-Cliff-by-the-Sea-435320894
Inoltre - DAN DAN DAN - chi mi segue su facebook forse lo avrà già visto ma, ehi, ho fatto anche io un disegno (e questa volta un tir non sembra ha investito Nagisa)!
Lo trovate qui: 
http://oi62.tinypic.com/femja0.jpg 
   
 
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