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Autore: germangirl    08/04/2014    12 recensioni
Dopo un anno difficile, Mac decide di partire per qualche giorno per ritrovare sé stessa.
La sua lontananza apre gli occhi di Harm e lo spinge ad agire.
Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Chloe Madison, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il lago dorato'
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Si sentiva esausto. Poggiò la penna con la quale stava compilando i documenti relativi alla sua ultima fatica forense, chiuse gli occhi e vi passò sopra una mano, fino a stringere la parte superiore del naso fra pollice e indice, nel vano tentativo di lenire il mal di testa che lo tormentava da qualche giorno. Aveva appena concluso un caso che lo aveva messo a dura prova.

Mai prima d’ora era stato così felice di perdere nell’aula di un tribunale. Gli era stata assegnata la difesa del maggiore O’Connor, un lurido bastardo che aveva violentato una ragazzina di 13 anni e l’aveva picchiata riducendola in fin di vita. I medici non avevano ancora sciolto la prognosi, ma anche se fosse riuscita a sopravvivere, Harm si chiedeva se mai sarebbe stata in grado di dimenticare quell’esperienza infernale.

Mai prima d’ora aveva provato un impulso tanto forte di uccidere qualcuno con le sue stesse mani. O’Connor gli dava il voltastomaco. Aveva svolto il suo dovere di avvocato per rispetto al regolamento che prevedeva il diritto per chiunque di essere difeso, ma desiderava ardentemente vedere quell’essere disgustoso pagare fino in fondo per la colpa commessa, senza alcuno sconto. Sarà perché la vittima gli ricordava tanto Mattie, con quella cascata di riccioli ribelli e il corpo minuto, ma quando la giuria aveva condannato il suo cliente alla corte marziale si era sentito davvero sollevato.

Aveva bisogno di una pausa. Se Mac fosse stata al JAG sarebbe andato da lei per invitarla a prendere un caffè insieme, ma tre giorni prima si era affacciata alla porta del suo ufficio e gli aveva comunicato che sarebbe andata per un po’ a trovare Chloe, partendo quello stesso pomeriggio.

“Per pensare” gli aveva detto.

“Per rimettere insieme la mia vita” aveva aggiunto con quello sguardo triste che la accompagnava da tempo.

Gli ultimi mesi erano stati come un viaggio sulle montagne russe per lei, con tanto di doppio giro della morte. Il Paraguay, l’incontro con Sadik, la storia con Clay e la mole di bugie che le aveva regalato, l’endometriosi e la scoperta della sua quasi totale incapacità di concepire, una condanna lapidaria che aveva ricevuto giusto poche ore prima della festa di addio dell’Ammiraglio Chegwidden, un uomo che per lei – e per lo stesso Harm – era stato molto più di un semplice superiore. Aveva rappresentato una figura paterna, severa ma giusta (almeno nella maggior parte dei casi… diciamo che con Rabb ci era andato giù pesante, ma ormai era acqua passata), che li aveva fatti crescere professionalmente e come persone. E il suo sostituto era nientemeno che un generale dei marines che aveva già incrociato la strada di Mac ai tempi di Okinawa e in una situazione alquanto delicata. Dietro la corazza del marine, addestrato alla guerra e a sopravvivere nelle situazioni più difficili, si nascondeva Sarah, una bambina fragile e insicura, bisognosa, anzi, affamata di affetto. Sofferente di una fame atavica di attenzioni, risalente alla sua infanzia e adolescenza travagliate, che la spingeva continuamente fra le braccia del primo uomo che le dimostrasse interesse. Questo suo approccio naturalmente le aveva fatto inanellare una serie di relazioni disastrose: dal primo marito a John Farrow, da Dalton Lowne a Mic Brumby fino a Webb, che rappresentava la ciliegina sulla torta. Quest’ultimo, infatti, le aveva fatto piangere la sua morte – quando in realtà era vivo e vegeto – e  l’aveva usata come esca, mettendola letteralmente nelle mani di un pericoloso serial killer.

Rabb aveva provato in tutti i modi a stare vicino a Mac, dicendole apertamente di voler far parte della sua vita e offrendosi ancora una volta di onorare il patto stipulato anni prima di avere un figlio insieme, in qualsiasi modo. Si era anche prodigato a cercare informazioni a proposito dell’endometriosi, ma Mac lo aveva respinto, per l’ennesima volta.  Quando era venuta a salutarlo tre giorni prima, Harm le aveva timidamente chiesto se per caso fosse stato troppo invadente, troppo protettivo, poco rispettoso nei suoi confronti, ma lei lo aveva guardato negli occhi e gli aveva risposto, quasi sottovoce: “Harm, non sto scappando da te. Ho solo bisogno di un po’ di tempo per riprendere in mano la mia vita.”

“Sei sicura che il viaggio non sarà troppo faticoso per te?” era più forte di lui, si preoccupava per lei in continuazione.

“No, ne ho parlato anche con la mia dottoressa e mi ha confermato che non ci sono problemi. Il volo non dura molto e il viaggio in auto ancora meno, quindi stai sereno.”

“Mi chiami appena arrivi?” le aveva chiesto di getto, pentendosi subito dopo per essere entrato di nuovo in modalità protettiva.

“Sissignore.” Gli aveva risposto lei, con un sorriso, senza mai togliere gli occhi dai suoi. Poi aveva sollevato una mano, con l’intenzione di accarezzargli il volto, ma si era ricordata improvvisamente che erano in ufficio, così il gesto era rimasto a mezzaria. Aveva chiuso la mano e se l’era portata alla bocca, abbassando lo sguardo e rimanendo a fissare con grande attenzione le proprie scarpe, per l’ennesimo episodio imbarazzante del loro strano rapporto. Alla fine si erano salutati e da quel momento era sparita. Lui era stato trattenuto in ufficio per il maledetto caso O’Connor, così che la sera, rientrando al loft a un’ora improponibile, aveva trovato un messaggio di Mac nella sua segreteria telefonica in cui lo informava di essere arrivata sana e salva a destinazione e gli lasciava il numero della casa dei nonni di Chloe, visto che in quella zona il cellulare non prendeva bene.

In quei giorni era stato tentato più di una volta di chiamarla per sentire come se la stesse passando, ma si era sempre trattenuto dal farlo.

Gli aveva chiesto tempo e spazio e lui si stava sforzando di rispettare la sua volontà.

Anche se gli mancava terribilmente.

Anche se era preoccupato per lei.

Anche se avrebbe voluto averla vicina per prendersi cura di lei.

Si alzò dalla sedia e si avviò verso la cucina, con l’intenzione di farsi un caffè per ritrovare la concentrazione e terminare le scartoffie che affollavano la sua scrivania. Non vedeva l’ora di chiudere quel caso per potersi riposare nel fine settimana. Certo, se Mac fosse stata in città le avrebbe proposto di mangiare qualcosa insieme e di vedere un film. In mancanza di meglio, ne avrebbe approfittato per recuperare le ore di sonno perse e magari fare volare la sua Sarah. “L’aereo o il marine?” si chiese mentalmente. Poi scosse la testa, quasi a volersi rimproverare per quel pensiero audace. Rinfrancato dalla caffeina appena entrata in circolo, Rabb concluse velocemente le pratiche e si avviò verso casa. Aveva chiesto a Creswell di potersi allontanare dall’ufficio al termine della mattinata, visto che nei giorni precedenti si era trattenuto ben oltre l’orario di lavoro, e il suo superiore gli aveva concesso il pomeriggio libero.

Giunto a Union Station, la mancanza di Mac si fece sentire ancora di più. Il pensiero di lei e di quello sguardo, che gli aveva rivolto quando si erano salutati pochi giorni prima, gli intossicavano il cervello. Si cambiò velocemente, indossando un paio di jeans e una camicia, preparò una borsa con un cambio e si mise alla guida della sua Corvette fiammante.

Aveva bisogno di sapere come stava Mac.

Aveva bisogno di Sarah.

 

Nota dell’autrice

Torno a scrivere dopo un periodo un po’ impegnativo, nel quale sono stata lontana da EFP, e lo faccio con una storia su JAG. La mia prima storia in questa sezione di cui sono autrice… che emozione!

Questo racconto è dedicato al mio angelo custode che, nel suddetto periodo, mi è stata vicina nonostante la distanza (lo so che pare un ossimoro, ma lei capirà), sostenendomi e sopportandomi con affetto e dosi infinite di pazienza. Un vero dono del cielo!

Grazie a lei in primis e grazie a chi di voi mi ha dedicato il proprio tempo ed è arrivato fino qui.

Al prossimo capitolo!

Deb

  
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