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Autore: Dicembre    11/07/2008    5 recensioni
Inghilterra, 1347.
Di ritorno dalla battaglia di Crécy, un gruppo di sette mercenari è costretto a chiedere ospitalità ed aiuto a Lord Thurlow, noto per le sue abilità mediche. Qui si conoscono il Nero, capo dei mercenari, e Lord Aaron. Gravati da un passato che vorrebbero diverso, i due uomini s'avvicinano l'uno all'altro senza esserne consapevoli. Ne nasce un amore disperato che però non può sbocciare, nonostante Maria sia dalla loro parte. Un tradimento e una conseguente maledizione li poterà lontani, ma loro si ricorreranno nel tempo, fino ad approdare ai giorni nostri, dove però la maledizione non è ancora stata sconfitta. E' Lucifero infatti, a garantirne la validità, bramoso di avere nel suo regno l'anima di Aaron, un prescelto di Dio. Ma nulla avrebbe avuto inizio se non fosse esistita la gelosia di un mortale. E nulla avrebbe fine se la Madonna e Lucifero fossero davvero così diversi.
Genere: Drammatico, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Quindici

 - Un segreto raccolto dal mare-

 

 

 

Nero e Forgia erano seduti di fronte al fuoco a conversare quando la porta della stanza si spalancò. Il vedere Forgia seduto su una sedia, piuttosto che sdraiato a letto, sorprese Cencio, che si bloccò sull’uscio per un attimo. Poi però corse verso la parete.

“Quarto scaffale, terza mensola… Ampolla …” Aveva il viso pallido e le labbra gli tremavano leggermente. Sorpreso da questo atteggiamento e dall’assenza di parole nei suoi riguardi, Forgia disse:

“Ma come Cencio, ti vuoi dare all’alchimia?”

Cencio non rispose immediatamente, continuando quella che sembrava una ricerca disperata.

“Forse è questa…ma forse è questa…"
Forgia cercò di alzarsi, ma era ancora troppo debole per farlo e Nero gli pose una mano sulla spalla per fermarlo.

“Aspetta” gli disse Nero, volgendo la sua attenzione verso Cencio che pareva agitatissimo, nell’affannosa ricerca della boccetta misteriosa.

“Che cosa cerchi?”

“Cedro bianco”

Nero l’aiutò a cercare e prese un’ampollina con del liquido lattiginoso all’interno “Eccolo, ma a cosa ti serve?”

Cencio afferrò la boccetta con foga e corse via.

“Dopo!” fu l’unica cosa che riuscì a dire, prima di scomparire oltre la porta, lasciando Nero e Forgia confusi e senza risposte.

Luppolo entrò poco dopo con un’aria greve in viso.

“Eccovi” disse semplicemente sedendosi anche lui vicino al fuoco “Volevo vedere come stavi”

Ma in realtà sembrava perso fra i suoi pensieri.

“Ma che cosa vi è preso a tutt’e due?” non poté fare a meno di chiedere Forgia che non riusciva a capire cosa stesse succedendo “Sarà che sono chiuso qua dentro da troppo tempo, ma non capisco…”
Luppolo si scosse dal suo apparente torpore “Non siete stati avvertiti?” chiese stupito.

“Di cosa?”

Luppolo sospirò: “Questa mattina, prima di andare al Monastero Saint George, siamo andati nei pressi delle miniere di stagno dove Lord Aaron aveva una questione aperta con tale John Riverwood jr, uno sfruttatore assassino… Non so i fatti nel dettaglio perché non abbiamo parlato a fondo dell’uomo che stavamo andando a prendere…” Luppolo sospirò “ Per farla breve, nonostante quest’uomo fosse quasi legato e circondato da cinque uomini, è riuscito a pugnalare Lord Aaron e…”  scrollò la testa incredulo “è stato troppo veloce persino per me o per Cencio”.

Quelle parole rimbombarono nelle orecchie di Nero quasi fossero gridate, un brivido così intenso da farlo tremare gli percorse il corpo e, se non fosse stato seduto, di sicuro le gambe gli avrebbero ceduto.

Sapeva e non capiva, ascoltava e non riusciva  a mettere ordine fra quelle parole appena sentite, perché un ordine non ce l’avevano.

Pugnalato era l’unica cosa che riusciva a ripetersi nella mente, attonito  e smarrito di fronte a quella parola che non aveva senso. Di fronte a quella parola che non capiva.

Poi nonostante il rifiuto, il significato di quel termine raggiunse la sua mente e lo paralizzò: fermò i  muscoli e il cuore. Il respiro che ne seguì assomigliava al sibilo che viene prodotto quando il petto viene schiacciato con forza.

Non disse niente, le mille domande che avrebbe voluto porre si scontrarono, prima di poter essere pronunciate e lui rimase lì, senza parole, con gli occhi sgranati e un grido in gola spento.

“E’ ferito gravemente?” Chiese Forgia al suo posto, ma prima che Luppolo potesse parlare, di nuovo Cencio entrò con irruenza nella stanza, col sorriso sulle labbra. Sorriso al quale Nero si aggrappò irrazionalmente, nella speranza che portasse belle notizie.

“E’ sveglio!” disse ridendo “quel Cedro Bianco è davvero miracoloso!”

“Ma cos’è successo esattamente?”
Nero fu grato che Forgia ponesse le domande che la confusione della sua mente gli impediva di fare.

“Una cosa mia vista prima!” rispose Cencio “Quest’uomo, questo John Riverwood jr, sembrava essere il tipico gradasso, da quel che ho capito, una delle persone che dirigeva i lavori in miniera” poi corrugò la fronte pensieroso “Non so bene cosa facesse, ma da quel che Lord Aaron ci ha detto prima, il padre era stato incaricato da Lord Thurlow di dirigere parte degli scavi e da lì, l’incarico era passato al figlio. M’era sembrato strano, all’inizio, che Lord Aaron dovesse andare di persona alle miniere e occuparsi di una cosa di cui si sarebbero potuti occupare altri funzionari…”

Il suo racconto fu interrotto da Guardia, Chiaro e Levante che entrarono insieme nella stanza di Forgia.

“Abbiamo sentito quel che è successo!” disse Guardia preoccupato.

“Stavo giusto raccontando l’accaduto” rispose Cencio entusiasta di poter raccontare qualcosa ed avere l’attenzione di tutti.

“Quando Lord Aaron ha detto che John sarebbe stato giudicato a St. Ives è come se un lampo di follia si fosse impossessato di quell’uomo” gesticolò enfatizzando le sue parole.

“E’ stato veloce, tanto che nessuno ha potuto reagire in tempo”.  Poi ridacchiò fra sé e sé “Nessuno tranne il falco di Lord Aaron” aggiunse meravigliato.

“Dovevate esserci, raccontarlo non dà l’idea: è calato su John prima ancora che lui avesse estratto il pugnale, un volo fantastico su di una preda ignara”

“Sembri particolarmente colpito…” lo prese in giro Chiaro.

“Ha ragione il ragazzo” venne in sua difesa Luppolo “Non avevo mai visto niente di simile. Sembrava che il falco avesse una volontà umana e una dedizione completa. La rapidità con cui ha afferrato il viso di Riverwood, con cui l’ha artigliato e ferito è stata… regale” disse senza trovare altri termini per descriverla.

Cencio annuì con forza “Sì, se non ci fosse stato lui Riverwood avrebbe di certo colpito in pieno Lord Aaron, invece l’ha solo ferito superficialmente”

“Ma ho sentito” obiettò Chiaro “Che l’avete portato qui incosciente, come mai?”
”C’era una sostanza, sulla lama del pugnale, una sorta di veleno m’è stato detto, che fa perdere coscienza immediatamente. Ma qui” ed indicò le numerosissimi ampolle presenti in quella stanza “c’è il rimedio per tutto”.

“Quindi niente birra, per oggi” rise Guardia che non voleva lasciarsi scappare l’occasione di punzecchiare Luppolo, il quale si strinse nelle spalle.

“Non scappa mica, l’assalto è solo rimandato”
Risero tutti, tranne Nero che non riusciva a scrollarsi di dosso quella sensazione opprimente provata poco prima.

“Lasciate riposare Forgia adesso e tu” disse rivolto all’amico “ricordati che m’hai promesso che stasera cercherai di mangiare”.

E così dicendo si alzò dalla sedia su cui era seduto e se ne andò, bruscamente, senza dire altro.

Era l’unica cosa che poteva fare, l’unico modo che aveva trovato per non mettersi a gridare.

Era semplicemente scappato. Scappato da delle parole che non avevano senso e dall’ansia che gli aveva catturato il cuore appena sentito quel che era successo ad Aaron, scappato dal fluire del suo sangue che lo assordava e dal grido che a stento riusciva a trattenere.

Ma le parole, l’ansia, il sangue e le grida andarono con lui, lo seguirono fuori da quella stanza quando a stento riuscì a trattenersi dal correre; lo seguirono fuori da quel castello nelle stalle quando slegò il suo cavallo e gli montò sopra; lo seguirono nell’aria che gli urtava il viso e gli scompigliava i capelli.

Cavalcava da diverso tempo ormai, quando si fermò di fronte ad una vista stupenda: il mare. Era sera, le prime stelle si rispecchiavano nell’acqua e Nero, dalla cima della scogliera, cercava nei flutti che s’infrangevano lì vicino la ragione per cui era arrivato lì.

La trovò immediatamente  e l’impatto fu di tale violenza  che  lo fece gridare. Lì lontano da tutti poteva farlo, il mare avrebbe mantenuto il suo segreto.

Nonostante l’apparenza, nonostante la freddezza che dimostrava, Nero non era mai stato un uomo dai sentimenti moderati, non riusciva a modularli quando questi si trovavano al suo interno. Aveva imparato la pacatezza, il suo acume mentale gli aveva permesso  di avere il controllo della maggior parte delle situazioni in cui si era trovato, il suo carisma aveva fatto il resto. Ma a volte, subdolamente, emergeva dal suo subconscio quella forza che l’aveva spinto ad abbandonare casa, che l’aveva mandato in guerra e che ora l’aveva portato di fronte al mare, in una notte di dicembre.

Un istinto irrazionale che prepotentemente prendeva il sopravvento.

Bisbigliò al cavallo di non muoversi, e cominciò a camminare sulla scogliera, non staccando mai gli occhi dal riflesso luminoso della luna sul mare.

Aaron. Pensava a lui, tutto nel suo corpo lo sussurrava. Finalmente, lo aveva ammesso a se stesso, pensò, sorridendo sarcastico. L’angoscia provata quando aveva sentito che l’avevano pugnalato si liberò in quel sorriso e nelle lacrime che gli riempirono gli occhi: lo liberavano dalla tensione che aveva provato.

Avrebbe voluto vederlo ed assicurarsi personalmente che stesse bene, avrebbe voluto sentire ancora la voce che ormai era diventata indispensabile.

Si sedette sui sassi e lasciò che il vento gli accarezzasse la pelle e che sciogliesse la tensione. Qualche lacrima rigò di nuovo le sue guance. Non riusciva a liberarsi dell’idea che era stato possibile perderlo. Ripensò al suo viso, al continuò cambiare dei suoi occhi e di quel turchese inquieto e solo questo pensieri riuscirono a smaltire gli ultimi residui di paura che ancora provava. Era così spossato che si sdraiò del tutto a guardare il cielo. Rise di quelle lacrime che si stavano seccando e con una mano si asciugò gli occhi.

“Voi mi avete stregato l’anima” bisbigliò e il mare raccolse anche quel segreto e lo custodì fra le sue onde nascondendolo silenziosamente fra i flutti.

 

 

Quando tornò al castello era ormai notte fonda. Avrebbe voluto avere Cleto lì vicino a sé, ma l’amico era in viaggio per Londra e sarebbe tornato solo dopo qualche giorno. Alcuni uomini di guardia lo riconobbero e lo salutarono, lui rispose con un cenno distratto. La sua attenzione era stata catturata dal fuoco che brillava sul torrione. In quella notte stellata, le fiamme danzavano alte e ripensò al conforto che quello steso fuoco gli aveva dato la notte del suo arrivo. E lo stesso conforto lo percepiva ora, sotto un cielo limpido, bagnato da un’aura dorata di un uomo che non era neanche consapevole di possederla.

 

 

Ancora. Di nuovo un brivido violento. L’istinto di correre e andare cercarlo e vederlo, togliersi dalla mente quell’ultimo dubbio riguardante le sue condizioni fisiche, assecondare i suoi occhi che volevano giocare con quei capelli biondi.

E poi…

E poi non si poteva perché era notte, perché non si disturba il sonno di nessuno, soprattutto il suo, perché questa era la follia, la sua solita follia che lo conquistava a volte e non lo faceva ragionare.

E poi…

E poi ancora, una necessità irrazionale  di sentirlo e di lasciare che quella voce lo calmasse, lo avvolgesse e lo cullasse.

Di nuovo. Ancora la necessità di gridare per controllarsi, di trovarlo per quietare il suo animo e di sussurrare il suo nome:

“Aaron”

E Aaron era lì, di fronte alla porta delle sue camere, dove Nero era arrivato senza accorgersene. La luce era poca, la candela illuminava a malapena una parte del suo viso, ma era lì.

 

 

Nero sorrise, un sorriso liberatorio e fresco, quando lo vide.

L’aveva chiamato semplicemente col suo nome, in quella quiete ritrovata, ma non trovò scuse per giustificare il proprio atteggiamento, l’altro non ne chiese.

“Non m’aspettavo di trovarvi qui” disse Aaron con la voce che non era ferma come al solito.

“Ho sentito quello che è successo alle cave”

Aaron annuì “Me lo sarei dovuto aspettare da Riverwood, ma come vi avranno raccontato, sono stato protetto. Non ho ancora avuto modo di ringraziare Luppolo per quello che ha fatto”

Nero annuì: “Sono certo si dispiaccia per non aver fatto di più. Ma…”aggiunse, dopo aver notato una leggera smorfia di dolore sul viso dell’altro “vi sto trattenendo”
Aaron lo interruppe “No affatto, stavo andando a prendere una parte del medicamento che ho dimenticato, al piano inferiore. Venite con me?”

 

La stanza in cui entrarono non era quella dove riposava Forgia, era più piccola e polverosa.

“Non vengo spesso qui, ma tengo l’indispensabile per quando l’altra stanza è occupata” sorrise “Mi sono sempre ripromesso di spostare i medicinali da lì e riporli in un luogo usufruibile sempre, ma ho sempre rimandato!” si prese in giro. Nonostante fosse notte inoltrata, il parlare col Nero bisbigliando, per non fare troppo baccano, gli dava un senso d’intimità e una gioia tale che non c’era dolore alla ferita a distrarlo. Prese un barattolo da una delle mensole e fece per andarsene.

“Vi aiuto” disse Nero tendendo la mano per prendere l’unguento.

Esitò per un istante e guardò il suo interlocutore.

Il suo braccio decise prima della sua mente, però, e così appoggiò il barattolo sulla mano di Nero. Aaron sgranò gli occhi, stupito dal suo stesso gesto e rimase così con la mano appoggiata su quella di Nero. Tremava di paura, ma non lasciò la presa, nonostante sapesse di doverlo fare. Cercò qualcosa - una rassicurazione, una parola, una decisione - dall’altro, ma non arrivò nulla: non si può dare cosa non si ha e Nero non riuscì a fare altro se non tentare di controllare il suo respirò ed avvicinarsi.

L’aveva detto e voleva farlo davvero: aiutarlo e vedere quella ferita che pareva essere stata inflitta a lui stesso.

Fece un passo avanti e guardò la spalla di Aaron, cercando la stringa da tirare. La prese, con la mano libera e la sfilò, lentamente fino a che il nodo non si sciolse, con un rumore che in quel silenzio, rimbombò. Un lembo di tunica ricadde sulla spalla e mostrò un’altra stringa e un altro nodo da sciogliere.  Anche lui fu disfatto, ma emise un suono che sembrò più tenue. La tunica si aprì sulla spalla, con un fruscio leggero che rimase nell’aria per un istante ma sembrò spaventare i due uomini, che si guardarono.

D’istinto, entrambi strinsero leggermente la mano, quasi a comprova che tutto questo fosse reale, che non era importante sapere di chi fosse quel respiro accelerato, perché era di entrambi. Così come la mano calda, stretta intorno al barattolo o quell’indugiare su un momento infinito.

Nero guardò poi la ferita, ancora fresca e fu allora che cedette: l’ansia e la paura provati quel pomeriggio e la confusione di quella sera si liberarono e lo abbandonarono in un sospiro, svuotandolo.

Chiuse gli occhi e appoggiò la fronte su quella spalla nuda. Svuotò il petto dall’aria rimasta lì per troppo tempo, lasciando posto al profumo di quella pelle.

 

***

Devo ringraziare tantissimo Love_in_idleness, per la sua bellissima recensioni. So che leggere una long story a capitoli è sfibrante a volte, ma se questo può essere di qualche consolazione, Liberaci dal Male è conclusa, perciò verrà aggiornata velocemente. Contenta anche che i dettagli saltino all'occhio, per me sono davvero importanti. Un bacio. E poi vorrei anche ringraziare emerald_01. Sono proprio felice che tu "sia uscita dall'ombra" e abbia recensito. Leggere un feedback dà sempre una certa carica. Sapere poi che si riesce a caratterizzare bene dei personaggi, la dà ancora di più ^_^ E poi sì, Aaron è tanto tenero *_* Armelle, non immagini cos'abbiano provocato le tue parole XD Uno dei "fini" di liberaci dal male era la costruzione di una storia d'amore "credibile". Pur essendo una che scrive yaoi, non mi piacciono molte delle storie yaoi (e molte delle storie in generale), perchè narrano di innamoramenti poco credibile "Lui lo vide, gli sorrise e ne rimase abbagliato per la vita". Troppo semplicistici. Va bene il colpo di fulmine, ma credo sia importante dare delle basi solide. Aaron e Nero spero le abbiano ^_^ Stateira XDD *me porge i sali* Come capisco il giogo, l'incubo, la piaga che costituiscono "gli esami". °_° Non ti offro un bicchierino di rhum per le serate nefaste (altrimenti ti addormenti),  ma è come se l'avessi fatto. A fine sessione, si festeggia ^_^

Un bacio grande a tutti quelli che leggono.

 

  
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