Previously on LKNA: un rapitore è evaso dal Carcere di Luminopoli ed è scappato verso sud,
venendo incastrato però da un embargo a Novartopoli escogitato dalla polizia di
Kalos per catturarlo. Bellocchio, Serena, Calem, Trovato, Tierno e Shana si
infiltrano nel Liceo per Allenatori locale, dove si presume il fuggitivo sia
nascosto, in un tentativo di catturarlo. Nella medesima scuola si aggira anche
Ada, studentessa di Tecnologie Applicate e compagna di stanza del gruppo;
insieme organizzano un'indagine notturna sul furto del Prototipo, misterioso
progetto in grado di riconoscere Pokémon camuffati, e avvistano per un breve
istante il criminale. Il giorno seguente le cose migliorano: Tierno riconosce
nel bidello Dom il loro uomo e i sette riescono a fargli portare con sé un
localizzatore per evitare che fugga. Piccolo problema: anche Dom lo sa. E non è
da solo.
Venerdì, ore
23:32
La
stanza era scura, solo fiocamente illuminata da piccoli faretti incastonati nel
soffitto a specchio. Il sobrio arredamento comprendeva: un lungo tavolo in
mogano cinto in una cornice nera come la pece e protetto da un ripiano di vetro
senza l'ombra di un graffio; cinque sedie in pelle per lato più due ai capi; uno
schermo televisivo pervaso da un filtro azzurrino inquadrato nel muro e
sintonizzato su una frequenza statica; un solitario quadro del tardo ottocento
accantonato in un angolo, per non importunare con la sua grazia un luogo così
tetro.
«
Buonasera, signorina Bryonia ».
«
Buonasera, signor D. ».
L'uomo
si collocò sulla poltrona in preda al nervosismo più invadente. Si trovava al
limitare sinistro del ripiano, invischiato in un incontro cui non avrebbe voluto
partecipare. Di fronte a lui sedeva una procace fanciulla di circa trent'anni
dai corti capelli corvini, vestita come lui in giacca e cravatta per
l'occasione. Per quanto la sua figura lo mettesse in soggezione cercò di
concentrarsi su di lei per non dover pensare al terzo invitato, rigidamente
appollaiato trasversalmente ai due a capo del tavolo.
« Mi
scusi per l'ora tarda, ma si tratta di una questione di massima rilevanza. Ha
portato ciò che le ho chiesto? ».
«
C-certamente » balbettò il signor D., rovesciando sul piano una cascata di
documenti densi di grafici a dispersione e linee di tendenza « Tutto il
necessario. Se non risulto inopportuno, potrei chiedere… perché ne ha bisogno
ora? ».
« Sarò
molto schietto con lei » chiarì Bryonia « Sono sorti alcuni intoppi di natura
aleatoria nel nostro esperimento. Avevamo assoluta emergenza di valutare i
risultati correnti ».
«
Capisco, senz'altro. Se ne avesse necessità possiamo organizzare un secondo
incontro, per spiegarle con maggiore precisione la mia relazione di quanto l'ora
attuale ci consenta… ».
« No,
forse non mi sono spiegata, signor D. » la giovane sospinse via i fogli sul
tavolo con noncuranza « Noi abbiamo bisogno di un responso ora ».
« Ah… »
l'uomo si sentì pugnalato allo stomaco. Aveva perso il sonno e trascurato la
propria famiglia per consegnare quei file in tempo, e ora venivano liquidati
come semplice burocrazia « Beh, un responso di che genere? ».
« La
Cavia ci ha informati oggi che alcuni civili indipendenti stanno indagando sulle
sue azioni ».
Il
signor D. sobbalzò sulla sedia in pelle, avvertendo il proprio cuore aumentare i
battiti « Ciò può essere estremamente pericoloso ».
Bryonia
annuì; ma era un cenno privo di approvazione, una condiscendenza asettica «
Quindi? ».
« Il
mio più caldo suggerimento è terminare subito l'esperimento. Se un incidente
simile dovesse ripetersi o ispirare emulazioni di sorta, manderebbe un fumo sia
questa fase che le successive ».
«
Questo lo sappiamo bene, ma il mio assistito voleva esporle dei dubbi in
proposito ».
«
Lei può garantire di aver raccolto dati adeguati agli scopi che si era prefisso?
».
La voce
cruda e tagliente del terzo invitato perforò le orecchie del signor D. come un
coltello rigirato dritto nei suoi timpani. Per tutto il meeting aveva cercato di
non incontrarne la sagoma ossuta, ma dopo essere stato da lui interrogato non
poteva più esimersi. Gli rivolse uno sguardo timoroso, incontrandone la faccia.
Non gli occhi, non sarebbe stato possibile.
« Io…
Io… Sì, non ho più bisogno della Cavia. Gli esiti sono stati molto… Lasciano
ottime speranze per il futuro della vostra missione ».
« La
nostra missione » lo corresse l'uomo senza volto, lasciando intendere con un
cenno del capo che anche lo studioso era incluso nella sua modifica della frase
« Molto bene, allora. Signorina Bryonia, proceda come crede ».
Episodio 1x10
Reazioni
collaterali
Sabato, ore
20:14
«
Zefane… Attenzione! Campo aperto! Può
andare Gamy che è velocissimo… Gamy… In area di rigore… Gamy… Gamy… PALO! Non è
finita… Mendes… Doppio passo… Mendes la mette in mezzo… E qui forse c'era fallo
di mano di Medimo…! ».
« Per
tutti i sacchi! » imprecò Bellocchio gettando a terra il suo taccuino in preda a
un attacco d'ira. D'istinto si voltò verso il suo vice che, chiuso in giacca e
cravatta, osservava pensieroso la situazione scuotendo la testa. « Che poi chi è
Gamy? » gli domandò.
« Il
numero 19 » rispose Craig.
«
Ehi, 19! La prossima volta che sbagli il golden gol in questo modo ti spedisco
alle cave di Mineropoli a spalare carbone per tutta la vita, mi hai sentito?
» inveì Bellocchio, rivolgendosi poi al resto dei giocatori in campo « Su, su,
niente panico! Dai, dai, dai! Facciamola girare! ».
Lo
Stade de Neuvartault era gremito fino all'orlo e cori assordanti si levavano
dalle due curve: una, trionfante di colori rossoneri, accoglieva i tifosi del
Liceo di Novartopoli, mentre dall'altra parte vi era la massa bianconera in
trasferta da Luminopoli. I due schieramenti erano inchiodati al finire del primo
supplementare sull'1-1 fin dal trentottesimo minuto del secondo tempo, quando un
rigore dubbio finalizzato da Gommi aveva pareggiato i conti aperti al
quattordicesimo da Martin su tiro dalla distanza deviato.
« Ehi,
tu! » gridò a un tratto Bellocchio all'indirizzo della panchina avversaria e del
loro coordinatore « Mi spieghi a che gioco stai giocando? Non è consentito
tenere più di due difensori come centrali, lo sanno tutti! ».
« Ma
ghe gosa sdai digendo! Ma sei agghiaggiande!
».
« E
parla la nostra lingua, che non si capisce niente! » commentò esasperato prima
che il quarto uomo lo riportasse all'ordine. Gettò uno sguardo distratto al
campo di gioco, dove il loro Andrea Béria era pressato troppo stretto per
costruire un'azione produttiva.
« Alla
fine l'hai invitata Silvia al ballo? ».
« Non
credo che questo sia il momento migliore per parlarne, non crede? » denotò Craig
« E poi come fa a sapere che volevo invitarla? Lei mi ha interrotto proprio
quando stavo per chiederglielo ».
«
Niente domande stupide ».
Il
professore sospirò rassegnato « In ogni caso sì, io–– ».
«
Ehi, ehi, arbitro! Quello è rigore! Non fare l'infame, santo cielo, ho già i
miei stessi giocatori a rovinarmi! » lo interruppe Bellocchio inveendo
contro il direttore di gara, che in risposta fischiò una punizione dal limite in
favore del Novartopoli. L'allenatore strapazzò Craig in preda a convulsioni,
riprendendo poi a urlare verso i suoi giocatori « Ehi, ehi! La tira il 21, mi
sono spiegato? Chi prova a prendergli la battuta lo chiudo negli spogliatoi
appena fischia la fine! ».
«
Potrebbe essere l'ultima occasione di questo primo supplementare… I minuti di
recupero sono finiti ora, ma pare che l'arbitro lascerà battere la punizione… Si
prepara Béria, potrebbe provare la maledetta… Ecco il fischio, parte Béria…
Incredibile Vercoutre! ».
« Ma
porco Grumpig! ».
« La
palla resta lì… Rete! Rete! Incredibile! Proprio lui! Non sbaglia! Darvill ha
segnato sulla ribattuta! 2-1 per Novartopoli, e per il golden gol finisce la
partita! Il Liceo di Novartopoli ha vinto la Coppa di Kalos, un trofeo che non
arrivava da… ».
La
sezione di casa dello Stade eruttò in un'esultanza assordante, trascinando con
sé anche giocatori e staff tecnico. Lo speaker dell'impianto imbracciò il
microfono con intensità inusitata « Ha segnato per noi, con il numero 10,
Calem… ».
« …
Darvill! ».
Bellocchio prese a saltare per tutta la panchina, abbracciando il suo allenatore
in seconda; solo dopo, nel mezzo della celebrazione generale, gli venne in mente
di chiedere « Ma poi, chi è questo Darvill? ».
« Il
numero 10! Come fa a non ricordarselo, l'ha messo lei in squadra! ».
L'uomo
assunse un'espressione ancora più confusa, al che Craig rammentò come usava
chiamarlo.
« … Il
bimbolin ».
« Ah! E
dille prima le cose! ».
Sabato, ore 20:28
«
Grandissimi, ragazzi! Ottima partita da parte di tutti! Grande punizione, 21! »
accennò Bellocchio mentre in smoking nero e papillon abbinato passeggiava lungo
il perimetro dello spogliatoio, battendo il cinque con chi capitava e
assaporando il gusto della vittoria mentre fuori risuonavano le fanfare. Finito
il giro di routine alzò la mano in segno di saluto « Ci vediamo al ballo, come
sapete la premiazione si terrà là! ».
Quindi
uscì dalla porta. Non appena iniziò a salire le scale per giungere al corridoio
principale, tuttavia, si scontrò con qualcuno in abito da cocktail che correva
nella sua direzione con la foga di chi fugge per salvarsi la pelle.
« Ah!
Dritto in faccia! ».
«
Bellocchio! » esclamò Serena sollevata « Per fortuna ti ho trovato fuori, avevo
paura di dover entrare ».
« Avrei
avuto paura anche io. Hai seguito la partita? ».
« Sì,
sì, molto bravo, ma abbiamo problemi più incombenti ».
L'uomo
sporse la testa oltre la sagoma della ragazza, controllando chi avesse al
seguito « Non vedo gli altri ».
« Sono
già al ballo per conto loro » si affrettò a spiegare Serena « Non sanno che sono
qui ».
«
Brutto segno ».
«
Pessimo. Il notiziario online del PSS dice che ci sono elicotteri partiti in
serata da Luminopoli ».
Bellocchio rielaborò mentalmente l'informazione « Elicotteri… Devono essere per
il Fuggitivo. Ma per quale ragione? ».
« Non
ne ho idea, hanno abbastanza forze di polizia già a Novartopoli. Forse hanno
paura che fugga » ipotizzò la giovane « Per questo credo dovremmo accertarci che
non lo faccia. Dopotutto possiamo localizzarlo ».
« Dov'è
ora? ».
«
Trovato mi ha prestato il suo PSS, ecco… Vedi, qui c'è il nostro amicone »
proseguì indicando un puntino lampeggiante sulla mappa.
« Non
sembra molto lontano dal Liceo, in linea teorica dovremmo riuscire a
raggiungerlo in tempo » osservò Bellocchio. Quasi nell'istante in cui
pronunciava quelle ultime parole la porta dello spogliatoio si spalancò
nuovamente, aprendo strada a una sfilata di ragazzi in abito elegante che si
dirigevano sul campo per lasciare lo stadio. Tra di essi l'uomo ne individuò uno
in camicia bianca e cravatta che stava tentando in tutti i modi di passare
inosservato.
« Come
siamo eleganti oggi! ».
« Sta
zitto, Dottor… » Calem osservò il suo aguzzino « … Cravattino ».
«
Congratulazioni, sei stato veloce. Purtroppo questo non ti eviterà una corsa
insieme a noi all'inseguimento del fuggitivo ».
A
quelle parole il ragazzo mutò espressione in una più seria « Come? Che sta
succedendo? ».
Sabato, ore 20.44
Era uno
spiazzo, nulla più e nulla meno. Nessun'anima viva in giro, poiché chi aveva
abbandonato lo Stade de Neuvartault si era recato al ballo e non in un largo
isolato della cittadina. Nei paraggi non si notavano nemmeno volanti della
polizia. Serena non si fidava: controllò il PSS quattro, cinque, sei volte, ma
il segnale puntava dritto lì.
« Io…
Io non capisco » balbettò confusa « Dovremmo starlo calpestando proprio ora ».
Bellocchio diede un'occhiata allo schermo: l'indicatore del localizzatore e
quello del loro strumento effettivamente combaciavano alla perfezione. Il posto
era quello.
« Lo
siamo ».
« Che
vorrebbe dire? » domandò Calem.
« Siamo
sopra il nostro amico. Il PSS non sta sbagliando nulla ».
« Ma
davvero? Perché io non vedo nessun criminale in fuga in questo momento ».
« Devi
ampliare gli orizzonti » replicò Bellocchio battendo i tacchi per terra « Chi
stiamo cercando si nasconde sottoterra, nel Nido ».
I due
compagni si batterono la testa quasi all'unisono, sorpresi di non esserci
arrivati. Era ovvio, troppo ovvio, e avevano trascurato l'ipotesi come bambini
inesperti.
Bellocchio non perse tempo e prese da parte Serena, fissandola negli occhi «
Ascoltami bene, devi tornare ora al Liceo ».
« Come?
Adesso? » la ragazza lo scrutò offesa « Credi che sarei d'intralcio? Vuoi
portare lui anziché me? ».
« Il
tuo compito è molto più importante. Guarda l'indicatore, Serena ».
« Non
capisco ».
« È
fermo » evidenziò l'uomo « Quegli elicotteri sono andati sul notiziario, non è
possibile che non ne sia a conoscenza. Perché non sta scappando? ».
« Pensi
che abbia scoperto la spia? ».
«
Anche. Ma penso soprattutto che nessuno resta fermo ad attendere la propria
sorte. Se tu fossi un criminale e fossi a minuti dalla tua cattura certa, che
cosa faresti? ».
« Io…
Io non lo so, forse prenderei… ». Serena afferrò, in un lampo, ciò che il suo
amico aveva già elaborato « … un ostaggio. Sono tutti nella hall, nessuno si
accorgerebbe se un estraneo entrasse! ».
Non vi
fu necessità di altre parole: la ragazza fece inversione di marcia e si
precipitò a perdifiato verso la scuola.
« Ha
cinque minuti » commentò Bellocchio voltandosi verso Calem « Seguimi ».
I due
raggiunsero il tombino più vicino, calandosi nel sistema fognario di Novartopoli
e rintracciando l'accesso più vicino per il quartiere sotterraneo. Con loro
sbigottimento l'intera area era deserta, laddove si sarebbero attesi un
dispiegamento delle forze di polizia allertate per un imminente arresto.
Seguirono il segnale attraverso il labirinto fino a una piccola casupola
apparentemente disabitata, se non per il particolare che era stata barricata
dall'interno.
« Sai
cosa fare, spero ». Il tono di Bellocchio era molto più gutturale del solito, se
ne poteva percepire la gravità.
«
Nessun problema, Dottor Cravattino » replicò Calem con una punta di sarcasmo «
Charmeleon, Nitrocarica! ».
Una
corona di fuoco avvolse la sagoma del Pokémon, che spiccò uno scatto in avanti
sfondando la porta. I due fecero immediata irruzione all'interno dell'abitazione
che, ora fumosa, li mise in stato d'allerta. Una volta che la visuale tornò
ottimale individuarono un uomo imbavagliato e legato a una sedia. Se non era
morto, poco mancava, visto che era sudato e smunto.
Bellocchio gli si avvicinò e gli sfilò la banda che aveva premuta contro la
bocca, consentendo sia la facoltà di parola sia una migliore possibilità di
identificarlo. Era il bidello incriminato, sì. Ma era anche qualcun altro.
«
Saul? » sobbalzò strabuzzando gli occhi.
Il
mineralista si destò in stato confusionario fino a che non riconobbe in chi gli
stava davanti la stessa persona che l'aveva perseguitato tre giorni prima: a
quel punto la paura ebbe la meglio, facendogli produrre un balzo all'indietro e
ribaltando su un lato la sedia cui rimaneva ancorato.
« Come?
» lo interrogò Calem « Credevo si chiamasse Dom ».
« Lo
credevo anche io, non mi ero accorto della somiglianza. Evidentemente era sotto
copertura esattamente come noi » commentò Bellocchio « Allora, come preferisci
che ti chiamiamo? ».
L'uomo,
ansimante, sputò a terra prima di rispondere « Dom è solo uno pseudonimo ».
« Vada
per Saul, allora ».
« Non
capisco, l'hai già incontrato? » domandò il ragazzo.
« Alla
mia prima visita al Nido. È lui che mi ha detto dove si nascondeva il Fuggitivo,
e a quanto pare è stato onesto come proclamava. Si è solo scordato di dirmi che
chi cercavo era lui ».
« Sai
essere davvero ottuso per uno che è pure riuscito a estorcermi qualcosa »
ringhiò l’uomo a terra, contorcendosi tra le corde.
Bellocchio si chinò fino a squadrarlo dritto nelle pupille, senza battere ciglio
« Parole grosse per uno che fino a poche ore fa implorava pietà come un
agnellino. Forse vuoi che ti ricordi perché lo facevi? ».
Saul fu
percorso da un brivido lungo la schiena e, scuotendo la testa come poteva,
abbassò decisamente i toni « No, no, senti, cerchiamo di rimanere civili, dai.
Hai preso il pesce sbagliato, tutto qui, non sono evaso da nessun carcere ».
Calem
scoppiò in una breve risata, avvicinandosi a sua volta al prigioniero « E
immagino che la polizia ti abbia messo la sedia all'angolo perché sei stato un
cattivo bambino, giusto? ».
« La
polizia? Ma di che diamine parlate? È stato il vostro amato fuggitivo a farmi
questo! Sto così da un giorno ormai, mi ha mollato qui con il vostro
trasmettitore del–– ».
Bellocchio inarcò un sopracciglio « Aspetta, vuoi dire che tu conosci quello
vero? ».
« Certo
che lo conosco, santo cielo. Perché credi che mi trovassi nella scuola? Ero il
suo proxy per evitargli di esporsi ».
« E
dov'è ora? ».
« Quale
parte di “sto qui da un giorno” non ti è chiara? » Saul si agitò ancora di più,
in un tentativo di liberarsi, ma constatò che non ne era minimamente in grado.
« È al
ballo, è sicuro » affermò Calem.
« Lo
penso anche io. Ora stammi bene a sentire, Saul, rispondi alla prossima domanda
e ti lascio andare » Bellocchio reclinò il capo, incrociando diagonalmente lo
sguardo dell'interrogato « Chi è il Fuggitivo? ».
« Ma
cosa ne so, io non… ».
« Santo
cielo, dimmi che aspetto ha! Devo trovare il modo di riconoscerlo, non credi? ».
«
Ma secondo te che ne so io dopo un giorno
di tempo che forma ha ora? ».
Sabato, ore 20.46
« Earth angel,
earth angel, will you be mine? My
darling dear… ».
Il
refettorio del Liceo era stato addobbato a festa mediante l'installazione di
filamenti di luci bianche lungo tutto il soffitto, nonché di gruppi di
riflettori multicolore agli angoli. Voci dell'ultimo minuto avevano parlato di
una sfera specchiata, ma si erano rivelate infondate; del resto, l'ambiente era
già così sufficientemente somigliante a una discoteca.
« Oh,
un lento! » esclamò Trovato non appena udì i primi accordi di Earth Angel.
La banda della serata, arroccata in cima alla piramide a gradoni contro la
parete, doveva aver diramato precise direttive agli studenti, perché la pista da
ballo si riempì istantaneamente di decine e decine di coppie.
« I fell for
you, and I knew the vision of your loveliness… ».
Tierno
si asciugò il sudore dalla fronte con la manica della giacca. Bellocchio aveva
impiegato ore a cercare nel suo fantomatico armadio segreto un abito che gli
andasse bene e alla fine l'opzione era caduta su un frac bianco. Sembrava un
Abomasnow, salvo il fatto che stava soccombendo dal caldo.
« Su,
su, su, Tiernooo~ » lo stuzzicò Shana alle spalle « Ada è laggiù sola soletta…
».
« Ma
smettetela! Insomma, vi rendete conto che sarei ridicolo? Non so nemmeno
ballare! ».
«
Guarda il lato positivo » gli fece notare Trovato « Stanno per prendere il
Fuggitivo. Questa gente non la vedrai mai più in vita tua dopo stanotte ».
« Eh,
già… Facile per voi parlare, Serena e Calem vi hanno dato buca ».
« Oh,
ehi, ma chi è quello? Bellocchio… ? Perché sta andando dritto verso Ada? ».
« Cosa?
» Tierno trasalì e, senza pensarci due volte, balzò verso la sua accompagnata
come un felino che insegue la sua preda, rendendosi conto soltanto dopo di
essere stato raggirato. Shana, soddisfatta, ghignò beffarda.
« Oh,
avanti, è molto sleale da parte tua » la riprese Trovato.
« I'm just a
fool, a fool in love with you… ».
Il
ragazzo la raggiunse con il cuore che batteva a mille. Si guardò attorno,
rendendosi conto che se mai c'era stato un Bellocchio in quella stanza si era
dileguato prima di essere a una distanza ragionevole da lei. Strinse il pugno,
sul punto di tornare indietro.
« Ciao,
Tierno! ».
Il
saluto lo colse completamente di sorpresa. Ricambiò incerto, incontrando
l'espressione gentile di Ada. Era un poco più alta di lui, eppure non lo
scrutava con aria di superiorità come sarebbe stato naturale. Ora o mai più.
« Ti
andrebbe di ballare? ».
«
Volentieri! » rispose lei con un risolino. Tierno le offrì la mano, portandola
poi con sé fino alla densa pista ballo, dentro la quale riuscì a fatica a
ritagliarsi uno spazio per loro due.
I primi
passi furono strani. Lui non era in grado di tenere il ritmo, e in più ci si era
messo un fastidioso tremolio alla gamba sinistra. Dopo un po' si era reso conto
che si trattava del suo PSS, ma chi lo chiamava ora, nel momento più importante
della sua vita? Alzò gli occhi incrociando quelli celesti di Ada, e nel terrore
gli parve di scorgervi una traccia di noia.
« Ti
vergogni di me, vero? ».
La sua
cadenza rallentò in risposta al timore, ma non quella di lei. Lei proseguì
imperterrita, rivolgendogli il suo solito, affabile sorriso.
« Se mi
fossi vergognata di te non avrei accettato il tuo invito ».
La
chiamata in arrivo terminò in quell'istante. Tierno lo interpretò come un
segnale, anche se non era ancora certo di cosa; il suo passo si fece più sicuro
di prima, e intorno a sé avvertì ogni altra coppia scomparire: dapprima solo
quelle più vicine, poi lentamente tutta la stanza si era fatta vuota all'interno
della sua mente. C'erano solamente loro due, illuminati da un faro di luce
intensa, che danzavano una canzone doo-wop degli anni '50 senza domandarsi
nemmeno se i loro movimenti fossero giusti o sbagliati, mentre fuori di lì
turbinava l'inferno del mondo.
Un
fragoroso rumore di elicotteri tramutò d'un tratto l'etereo silenzio in un
vociare persistente e angoscioso. La musica si interruppe, così come i balli, e
tutti alzarono il capo al soffitto, come se ciò potesse aiutarli a capire
meglio. Tierno aggrottò la fronte prima di cercare con lo sguardo i suoi amici
mentre il suono proseguiva.
« Ti
chiedo perdono ».
Il
ragazzo si voltò verso Ada, che si era allontanata da lui isolandosi. « Come? ».
Fece
per avvicinarsi a lei, ma ricercando i suoi occhi rassicuranti notò che in essi
si era accesa una luce diversa, più sinistra. La ragazza si piegò ed emise un
urlo, anche se di un urlo aveva ben poco: era un verso animalesco, dalle
tonalità selvagge. Tierno osservò terrorizzato ciò che ne seguì: da ogni punto
della sua pelle iniziò a crescere una peluria scura mentre il volto veniva
orribilmente sfigurato e le orecchie stirate. In neanche un minuto la graziosa
giovane con cui aveva ballato era divenuta una demoniaca volpe bipede.
Trovato
accorse verso Tierno per soccorrerlo, ma quello lo fermò a metà strada. Nel
silenzio generale tese la mano tremante verso la creatura. Non poteva essere,
non dopo ciò che avevano appena trascorso insieme. « A-Ada? » domandò
balbuziente.
«
Zooooooorrrrr~! » ruggì in risposta, questa volta con anche maggiore
violenza. Nel refettorio tuonarono grida di terrore mentre il ballo di primavera
si trasformava in un caos informe. Trovato trascinò indietro Tierno, entrato in
uno stato di catalessi indotta.
« Io…
Io non capisco… ».
« Stai
indietro! » esclamò il primo lanciando la Poké Ball contenente Chespin « Quello
è uno Zoroark, non è più Ada ».
Shana
imitò il suo compagno di viaggio, chiamando in causa Fennekino. I due Pokémon si
schierarono l'uno accanto all'altro, pronti ad attaccare; in risposta Zoroark li
allontanò con i suoi artigli, tenendoli a debita distanza.
«
Presto, usa Braciere! ».
L'attacco andò a segno, scalfendo però a malapena la Mutevolpe. Le sue falangi,
in risposta, furono avvolte da un alone oscuro, preparandosi a scagliare un
Nottesferza. La tecnica si infranse tuttavia contro una barriera invisibile
eretta appena prima.
« Vi
lascio soli un attimo e combinate questo? » esclamò Serena accorrendo in difesa
dei tre ragazzini. La Protezione di Ralts, teletrasportatosi in mezzo tra
Zoroark e la coppia Fennekin-Chespin, andò in frantumi sotto la brutalità del
colpo, ma riuscì comunque ad assorbirlo.
«
Serena! Dove diamine eri finita? ».
« È una
lunga storia. Questo coso da dove salta fuori? ».
Trovato
faticò a trovare le parole adatte « Quella è Ada ».
La
ragazza non ebbe modo di domandare spiegazioni: il suo PSS annunciò una chiamata
in entrata e sul display comparve il nome di Calem. Rispose in preda al
nervosismo e portò lo strumento all'orecchio.
«
Senti, non è per dire, ma hai scelto davvero il momento sbagliato ».
«
Non c'è tempo da perdere, Serena, abbiamo scoperto una cosa fondamentale! ».
«
Riguarda per caso uno Zoroark? ».
Un
ruggito assordò per un attimo i presenti; quindi il Pokémon, un secondo prima
apparso sul punto di attaccare, si dileguò in direzione delle scale che
conducevano ai piani superiori.
« No,
no, no! » inveì Serena, il PSS sempre stretto tra mano e testa, mentre partiva
al suo inseguimento « Karen, con me! ».
«
Ehi, sei sempre lì? Hai parlato di
Zoroark? ».
« Ce
n'è uno, anzi, una che sta andando in giro per il Liceo a fare casino ».
«
Devo dedurre che il Fuggitivo si è
palesato? ».
«
Come? Mi stai dicendo che
Zoroark è il Fuggitivo? ».
«
Parole del Dottor Cravatta, non mie. Ha
detto che sarebbe andato verso il tetto, è vero? ».
Serena,
per quanto a corto di fiato, trovò la forza di analizzare i movimenti di chi le
stava davanti: in effetti saltava lungo la rampa principale, la cui destinazione
finale era proprio quella.
« Dov'è
Bellocchio ora? ».
«
Non ne ho idea, ha detto che stava andando al Laboratorio D! ».
« Il
giorno in cui agirà secondo uno schema logico sarà il giorno della sua morte! ».
La ragazza scorse la targa del piano corrente: terzo. C'erano quasi.
«
Senti, ma toglimi una curiosità, chi era
alla fine il Fuggitivo? Cioè, che forma aveva Zoroark? ».
Quelle
parole le pesarono più di ogni altra cosa in quella serata « Era Ada ».
«
Cosa? ».
Serena
alzò la testa appena in tempo per scorgere la volpe che con un Urtoscuro aveva
divelto l'architrave della porta per il tetto subito dopo averla varcata. La
giovane, in un tentativo di frenare, inciampò in uno dei gradini, finendo con il
ginocchio contro lo spigolo e lasciando inavvertitamente cadere il PSS ancora
acceso giù per la tromba delle scale appena percorse.
Attraverso il minuscolo spiraglio lasciato dalle macerie riuscì a guardare
oltre: il tetto era illuminato da luci a terreno e Zoroark si era fermata
esattamente nel centro, mentre sopra di lei si stavano affollando almeno mezza
dozzina di elicotteri con i fari a loro volta puntati sul Pokémon.
Il
primo pensiero della ragazza fu che avevano vinto. Ma a ripensarci, il loro
obiettivo sapeva che l’avevano ormai rintracciata. Perché si era esposta in quel
modo?
«
Wolf 5, bersaglio agganciato ».
« Qui
Wolf 1, ricevuto » scandì il militare nel microfono della comunicazione interna.
Si sporse oltre i sedili posteriori per parlare al pilota « Prepara il flusso di
contenimento ».
Quello
annuì senza replicare, iniziando a manovrare pulsanti sulla console di comando.
Le eliche del velivolo giravano meccanicamente mantenendoli ad alta quota; il
giovane gettò uno sguardo al radar per tenere sotto controllo gli altri
elicotteri in movimento.
«
Flusso pronto all’uso » annunciò l’aviatore « Appena abbiamo l’autorizzazione
procedo ».
Il
secondo passeggero ghignò mentre prendeva nuovamente in mano il ricevitore «
Wolf 1 alla Base, richiediamo l’autorizzazione per l’impiego del flusso di
contenimento. Il bersaglio è già agganciato ».
Attese
trepidante la replica, ma questa tardava ad arrivare. « Allora? » lo incalzò il
pilota.
« Non
rispondono. Wolf 1 alla Base, ripeto, è richiesta l’autorizzazione per il
resbeam ».
Di
nuovo dall’altro capo del filo si udì solo un rumore statico, come
un’interferenza.
« Come
sarebbe a dire non rispondono? ».
« Anche
il radar è impazzito! È come se qualcosa stesse mandando in tilt la
strumentazione! Il sistema di guida automatica è attivo? ».
« Sto
usando il manuale. Dannazione, questo complica le cose ».
« Ma
scusa, che ti importa dell’autorizzazione? » proruppe irritato il militare «
Usalo e basta, credi che non ce la darebbero? ».
« Non
se ne parla, ci sono procedure da–– che
cosa diamine è quello? ».
Il
giovane si gettò contro il sedile anteriore del velivolo per vedere di persona
dal vetro frontale. Sgranò gli occhi per lo sbigottimento: un’immensa nuvola di
smog nero si stava addensando con velocità e connotati innaturali fino a
chiudere l’intero Liceo sotto una cappa impenetrabile. Una voce amplificata
risuonò per buona parte di Novartopoli, beffarda e determinata.
«
Buonasera a tutti! ».
Quando
quel suono giunse alle sue orecchie, Serena andò d’istinto in giubilo. L’aveva
atteso per molto, forse troppo in quella nottata infernale, ma alla fine era
arrivato. Con rinnovata fiducia premette la guancia contro i frantumi della
porta, individuando una figura che si stava facendo strada sul tetto con
qualcosa in mano.
«
Coraggio, avanti con quel Muro di Fumo! » gridò Bellocchio all’indirizzo di una
sagoma che svolazzava ininterrottamente sopra l’edificio: uno Swellow che stava
trasportando un Charmeleon sul suo dorso, gentile concessione di Calem. Quindi
avvicinò nuovamente la bocca al megafono, rivolgendosi agli elicotteri
fluttuanti « Spero stiate trascorrendo una
piacevole serata! Non vi preoccupate, non è nulla di tossico, ma non vi
suggerirei di andarci dentro: il Supersuono ha messo fuori uso i vostri sistemi
di rilevamento, e non vorrei finire schiacciato dai relitti di un paio di
velivoli poco avveduti! ».
«
Bellocchio! » lo chiamò Serena dall’interno « Che diamine stai facendo? ».
« Il
solito, improvviso! » rispose sorridente «
Voglio solo fare due chiacchiere con Zoroark, se non vi spiace! Vi prometto che
poi potrete averla tutta per voi! ».
« Sei
andato anche oltre le mie aspettative. Congratulazioni ».
Bellocchio si voltò: alla sua sinistra un’affusolata sagoma volpina lo stava
scrutando a qualche metro di distanza. Il suo torace a stento si gonfiava al
ritmo del suo respiro: segno che tante cose poteva essere in quel momento, ma
non nervosa.
«
Quelli sono elicotteri governativi, per caso? » domandò alzando lo sguardo al
cielo.
«
Proprio così ».
« Sarà
divertente vedere che mi faranno dopo ». L’uomo tornò a guardare Zoroark e il
suo consueto sorriso scomparve completamente dal volto. Serena non l’aveva mai
visto così serio, forse nemmeno nel nido dei Beedrill.
« Sai,
devo dire che non ci ero arrivato. Credevo davvero che avessi rubato il
Prototipo per venderlo, magari su commissione. Ma a pensarci bene un mutaforma
non avrebbe potuto agire diversamente ».
Il suo
tono di voce si era fatto notevolmente più grave e la sua espressione più truce.
Non sembrava furia, però; pareva più consapevolezza della situazione. In alto i
velivoli volteggiavano al di là della nuvola nera, costantemente rigenerata da
Charmeleon in groppa a Swellow.
«
Volevi nasconderti nella scuola, e uno strumento in grado di identificarti era
il tuo più grande pericolo. Perché prendere anche il progetto, però? ».
« Per
te ».
« Per
me? ».
Zoroark
annuì « Ho sempre saputo che saresti stato tu a smascherarmi per primo. Nel
progetto si parlava spesso della nostra capacità di trasformarci in esseri
umani. Temevo avrebbe acceso un campanello d'allarme, che avresti capito che il
fuggitivo era un mutaforma ».
Il
ritmo che Bellocchio teneva con le parole era lento ma serrato, senza concedere
una tregua al silenzio « Quel carcere è un carcere per umani. Che cosa ci facevi
là dentro? ».
« L’hai
già intuito, no? Non sono mai stata in quel carcere ».
« E
allora spiegami, perché non capisco. Quanto della storia del fuggitivo è vera?
Perché il governo ha sparso questa voce? ».
« Credi
che ne sappia qualcosa? ».
Bellocchio la scrutò negli occhi e la sua bocca si distorse per un breve attimo
in una smorfia nervosa che ricordava un ghigno bieco e senza emozione.
« Sì ».
« Ehi,
è vero quello che dice? ».
« Sì! »
esclamò esasperato il militare « Troppe interferenze, non vedo gli altri
elicotteri! Se entriamo in quella nuvola rischiamo di non uscirne vivi! ».
« Ma
porca miseria, non riesci a riparare quel radar? » lo esortò il pilota «
Sappiamo che usa le frequenze del Supersuono, dovresti poterle isolare, no? ».
« È
quello che sto facendo, genio, ma non è roba da poco! Questi scanner non sono
esattamente una lavagnetta magnetica, eh! ».
«
Quanto ti ci vuole? ».
« E che
ne so? Ti sembra una cosa che faccio tutti i giorni? » lo attaccò l’uomo mentre
cercava di far stare ferme le mani tremanti « Un minuto, forse qualcosa di più.
È il minimo che posso garantire ».
L’aviatore batté i pugni sulla console dei comandi, furibondo. Bryonia questa
volta l’avrebbe ammazzato di sicuro.
« Ci
sono così tante cose che non sai, Bellocchio. Così tanti dubbi che tieni
nascosti » Zoroark pareva quasi compatirlo con sincerità, senza deriderlo «
Dipende da te, sai? ».
«
Che cosa dipende da me ».
« Il
ritorno delle Guerre di Kalos ».
Il
giovane sussultò « Le Guerre di Kalos sono finite millenni fa ».
Il
Pokémon in risposta gli rivolse uno sguardo ambiguo, una specie di cenno
d’assenso. Bellocchio non riuscì a interpretarlo.
« Sono
stati loro a mandarti, vero? » la interrogò indicando con un braccio gli
elicotteri sopra il Liceo « La polizia non ha messo il minimo impegno nella
cattura, e hai dovuto bloccare personalmente Saul là sotto perché evitasse di
farsi troppe domande. Non vogliono catturarti, o per meglio dire non volevano ».
« Sei
molto perspicace. Avevo ragione a temerti » convenne la volpe « Ma ormai nulla
ha più importanza. Siamo all’epilogo, almeno per me ».
« Dimmi
perché, Zoroark. Perché sei stata mandata qui? ».
« Per
seminare in vista della mietitura. Hanno grandi piani, sai. Verrà il giorno in
cui li scoprirai, e quello » il
Pokémon interruppe per un istante la risposta, ponendo un accento particolare
sulla parola « sarà il giorno in cui tutto cambierà ».
«
Zoroark, non muovere un passo e alza le
mani! Chiunque sia stato a fermarci, allontanati dal fuggitivo e non ti sarà
fatto nulla di male! » gridò qualcuno attraverso un altoparlante. Bellocchio
alzò lo sguardo con un guizzo per guardare fissamente un esercito di velivoli
che si erano fatti strada attraverso il Muro ormai diradato, patchando il
sistema radiorilevatore che aveva provvisoriamente mandato in palla poco prima.
Un faro
luminoso si accese su uno di essi, puntando dritto il Pokémon di fronte a lui.
Mosse qualche passo indietro cercando di assecondarli mentre Zoroark veniva
avvolta in una bolla di contenimento. Riuscì per un ultimo istante a incontrare
i suoi occhi, celesti come quelli di Ada.
«
Addio, Bellocchio » gli disse lei « È stato un onore incontrarti di nuovo ».
Alle
ultime due parole l’uomo sgranò gli occhi in un’espressione di sorpresa mentre
la sfera e il suo prigioniero scomparivano in un lampo di luce. Gli elicotteri,
tanto vicini da fare svolazzare il suo cappotto con gli spostamenti d’aria
causati dalle pale, ripresero quota e si allontanarono in gruppo verso
Luminopoli. Presto tornò la quiete, salvo per i discorsi ovattati degli abitanti
di Novartopoli ai piedi della scuola.
Lassù,
invece, c’era solo Bellocchio, i suoi dubbi e le sue domande; e l’unica creatura
che avrebbe potuto rispondervi si era appena dissolta davanti a lui.
Domenica, ore
10.01
Il
Liceo quella mattina aveva un che di diverso, di più malinconico. Forse era
perché di domenica gli studenti non lo frequentano, lasciandolo alla mercé di
stanchi professori in giacca di tweed. Però c’era dell’altro, qualcosa che
andava al di là della giornata di sole, al di là degli uccellini cinguettanti.
Un malumore di sottofondo, come un disco incastrato su un suono statico appena
percettibile.
Craig
osservò quello strano uomo pervaso da sentimenti contrastanti. Era bizzarro,
intrattabile a volte, difficile stabilire cosa gli passasse per la mente; ma era
trasparente, sincero.
«
Sicuro di non voler restare? Ci farebbe comodo qualcuno per la Supercoppa ».
« La
ringrazio, ma ho fatto il mio tempo qui. E poi il professor Wall non sarebbe
felice di sapere che qualcuno l’ha rimpiazzato ».
« Molto
bene. Allora arrivederci » lo salutò l’uomo con un sorriso e una stretta di
mano. Bellocchio ricambiò la seconda, ma le sue labbra erano inerti. Craig non
lasciò la presa, trattenendolo per un braccio.
« Ehi…
Tutto bene? ».
Il
giovane annuì « Io sto sempre bene ». Quindi si incamminò verso il giardino
della scuola, al centro del quale troneggiava la fontana sfavillante nel
chiarore mattutino. Si attardò, sedendosi infine sul muretto in mattoni
circostante, proprio dove quarantott’ore prima aveva parlato con Ada di
quell’enigmatica raccolta di istantanee d’epoca.
Non era
tanto l’idea che se ne fosse andata a farlo stare male, e nemmeno la
consapevolezza di non sapere perché fosse stata inviata. Niente di tutto ciò:
era il fatto che una vera Ada Delaware non era mai neanche esistita. La ragazza
oppressa dal padre che sognava di diventare una saggista mitologica era solo una
copertura, un’invenzione. L’empatia che provava verso di lei, allora, quella che
cos’era? Un’invenzione anche quella? Era parte dello spettacolo?
Bellocchio alzò lo sguardo stanco per notare una sagoma che veniva verso di lui
in controluce. Anche in quella situazione, comunque, non faticò a riconoscerla:
era Tierno, e sembrava anche più afflitto di lui.
Dapprima non lo guardò in faccia, aspettandosi che a sua volta lo ignorasse;
invece gli si sedette accanto e insieme fissarono gli occhi sull’orizzonte
celato dagli alberi della campagna. Vi furono minuti di silenzio contemplativo,
almeno finché il ragazzino non li interruppe porgendogli un panno logoro. Anche
la sua voce appariva molto più spezzata del solito, meno allegra.
«
Prendi ».
Lo
esaminò: era uno straccio violaceo consumato dall’uso prolungato. « Cos’è? ».
« È
quello che abbiamo usato quando dovevamo spiare il bidello. Tienilo tu, così ti
ricorderai di quel giorno ».
Il
giovane ringraziò con una mezza smorfia e lo ripose nella tasca interna del suo
cappotto. Avrebbe preferito non ricordare, per la verità.
« Ieri
io e Ada abbiamo ballato ».
Bellocchio si sorprese che la chiamasse ancora con il suo nome. Ma comprese che
non era il caso di puntualizzare, anche perché personalmente detestava farlo.
Non osava concepire di essere stato per tutto quel tempo l’oggetto di un
raggiro.
« Com’è
stato? ».
Tierno
sospirò « Non avevo mai ballato prima. Non avevo mai provato nulla di simile
prima ».
L’uomo
espresse un cenno di assenso, senza però dire nulla, anche perché non avrebbe
avuto nulla da dire persino volendo.
«
Secondo te è stato vero? ».
Già,
chissà. Proprio la domanda che si stava facendo lui. Ma la sua risposta era
troppo amara per poterla riferire a un dodicenne speranzoso. Ogni tanto la
verità va sacrificata.
« Mi
chiamo Bellocchio. Ho ventisette anni. Ho viaggiato in lungo e in largo per
regioni sconosciute, e ho incontrato migliaia di persone. E tre giorni fa,
mentre tu origliavi dalla porta della camera il nostro dialogo, mi sono sentito
per la prima volta veramente attaccato a qualcuno ». Alzò la testa al sole per
poi rivolgersi direttamente a Tierno « Come poteva non essere vero? ».
« Lo
penso anche io » concordò lui « Trovato ha detto che Zoroark…
diventa la maschera, mi pare. Credo
voglia dire che imita il personaggio fino a comportarsi come farebbe lui ». Si
interruppe, girandosi a sua volta verso l’interlocutore « Secondo te esiste una
vera Ada, da qualche parte? ».
Bellocchio sorrise all’idea « Magari sì. Da qualche parte, chissà, esiste una
ragazza di nome Ada Delaware che vuole diventare una scrittrice contro la
volontà del padre. È un bel pensiero. Magari un giorno… ».
Si
fermò di colpo. Un campanello era risuonato nella sua mente, flebile eppure
distinto. Un’incongruenza che aveva nascosto. Fin da subito quel nome gli era
sembrato familiare, senza capire per quale ragione.
Anzi,
no, non fin da subito. Non aveva annotato nulla la prima sera, lì Ada era una
ragazza qualunque. La pulce gli era saltata addosso dopo. Dopo…
«
Aspettami qui » ordinò a Tierno prima di correre a perdifiato dentro
all’edificio. Non si prese nemmeno un istante per riposare, temendo che la
soluzione potesse sfuggirgli di mano per l’ennesima volta, come sabbia nel
deserto. Non poteva permetterlo.
Ci sono
giorni speciali. Giorni da ricordare, in cui tutto va come deve andare. E anche
se all’inizio sembra che sia ancora notte fonda, arriva sempre l’istante in cui
un raggio sfiora la pelle dal confine tra cielo e terra rivelando la più
brillante delle aurore. Giorni in cui ci si sente in fiamme, perché ogni cosa
acquista un senso.
Ala
nord, secondo piano, in fondo al corridoio. Bellocchio quasi sfondò la porta
dell’aula vuota per la foga, gettandosi tra i cassetti della scrivania in cerca
di un libro. Infine lo trovò, sfilandolo con la gioia di un bambino ed
esaminandolo attentamente due, tre, dieci volte, per esserne sicuro, prima che
un sorriso si riaccendesse sul suo volto. Perché certi giorni sono tanto
meravigliosi da risultare incredibili finché non ti capaciti della loro
esistenza.
In
certi giorni a tutti è data l’opportunità di sorridere, alla fine.
TRATTEGGI STORICI, VOL. 1
DALLA PREISTORIA ALLA CIVILTÀ ARDECA
di Antoine Delaware