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Autore: NoceAlVento    16/04/2014    3 recensioni
Cosa succede a Kalos? Forze oscure agiscono nell'ombra, perseguendo i loro ignoti obiettivi ai danni di innocenti; misteriosi frammenti di una gemma celeste sono apparsi nella regione dal nulla; una ragazza, anche se non ancora non lo sa, è stata tenuta sotto segreta osservazione per tutta la sua vita. E in tutto ciò c'è Bellocchio, appena precipitato da un'aeronave in fiamme e portato a scoprire che cela un passato lontano a Kalos, anche se non l'ha mai vista in vita sua. Nuovi capitoli ogni due settimane!
 
***
 
« Ehi, non mi hai detto come ti chiami! ».
« Bellocchio ».
« Bellocchio chi? ».
« Cos’ho appena detto riguardo le domande stupide? ».
« Ma ti chiami davvero così? ».
« Ma certo che no! Chi mai si chiamerebbe Bellocchio, è un nome ridicolo! ».
Genere: Avventura, Comico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Previously on LKNA: un rapitore è evaso dal Carcere di Luminopoli ed è scappato verso sud, venendo incastrato però da un embargo a Novartopoli escogitato dalla polizia di Kalos per catturarlo. Bellocchio, Serena, Calem, Trovato, Tierno e Shana si infiltrano nel Liceo per Allenatori locale, dove si presume il fuggitivo sia nascosto, in un tentativo di catturarlo. Nella medesima scuola si aggira anche Ada, studentessa di Tecnologie Applicate e compagna di stanza del gruppo; insieme organizzano un'indagine notturna sul furto del Prototipo, misterioso progetto in grado di riconoscere Pokémon camuffati, e avvistano per un breve istante il criminale. Il giorno seguente le cose migliorano: Tierno riconosce nel bidello Dom il loro uomo e i sette riescono a fargli portare con sé un localizzatore per evitare che fugga. Piccolo problema: anche Dom lo sa. E non è da solo.

 

 

 

 

 

 

Venerdì, ore 23:32

La stanza era scura, solo fiocamente illuminata da piccoli faretti incastonati nel soffitto a specchio. Il sobrio arredamento comprendeva: un lungo tavolo in mogano cinto in una cornice nera come la pece e protetto da un ripiano di vetro senza l'ombra di un graffio; cinque sedie in pelle per lato più due ai capi; uno schermo televisivo pervaso da un filtro azzurrino inquadrato nel muro e sintonizzato su una frequenza statica; un solitario quadro del tardo ottocento accantonato in un angolo, per non importunare con la sua grazia un luogo così tetro.

« Buonasera, signorina Bryonia ».

« Buonasera, signor D. ».

L'uomo si collocò sulla poltrona in preda al nervosismo più invadente. Si trovava al limitare sinistro del ripiano, invischiato in un incontro cui non avrebbe voluto partecipare. Di fronte a lui sedeva una procace fanciulla di circa trent'anni dai corti capelli corvini, vestita come lui in giacca e cravatta per l'occasione. Per quanto la sua figura lo mettesse in soggezione cercò di concentrarsi su di lei per non dover pensare al terzo invitato, rigidamente appollaiato trasversalmente ai due a capo del tavolo.

« Mi scusi per l'ora tarda, ma si tratta di una questione di massima rilevanza. Ha portato ciò che le ho chiesto? ».

« C-certamente » balbettò il signor D., rovesciando sul piano una cascata di documenti densi di grafici a dispersione e linee di tendenza « Tutto il necessario. Se non risulto inopportuno, potrei chiedere… perché ne ha bisogno ora? ».

« Sarò molto schietto con lei » chiarì Bryonia « Sono sorti alcuni intoppi di natura aleatoria nel nostro esperimento. Avevamo assoluta emergenza di valutare i risultati correnti ».

« Capisco, senz'altro. Se ne avesse necessità possiamo organizzare un secondo incontro, per spiegarle con maggiore precisione la mia relazione di quanto l'ora attuale ci consenta… ».

« No, forse non mi sono spiegata, signor D. » la giovane sospinse via i fogli sul tavolo con noncuranza « Noi abbiamo bisogno di un responso ora ».

« Ah… » l'uomo si sentì pugnalato allo stomaco. Aveva perso il sonno e trascurato la propria famiglia per consegnare quei file in tempo, e ora venivano liquidati come semplice burocrazia « Beh, un responso di che genere? ».

« La Cavia ci ha informati oggi che alcuni civili indipendenti stanno indagando sulle sue azioni ».

Il signor D. sobbalzò sulla sedia in pelle, avvertendo il proprio cuore aumentare i battiti « Ciò può essere estremamente pericoloso ».

Bryonia annuì; ma era un cenno privo di approvazione, una condiscendenza asettica « Quindi? ».

« Il mio più caldo suggerimento è terminare subito l'esperimento. Se un incidente simile dovesse ripetersi o ispirare emulazioni di sorta, manderebbe un fumo sia questa fase che le successive ».

« Questo lo sappiamo bene, ma il mio assistito voleva esporle dei dubbi in proposito ».

« Lei può garantire di aver raccolto dati adeguati agli scopi che si era prefisso? ».

La voce cruda e tagliente del terzo invitato perforò le orecchie del signor D. come un coltello rigirato dritto nei suoi timpani. Per tutto il meeting aveva cercato di non incontrarne la sagoma ossuta, ma dopo essere stato da lui interrogato non poteva più esimersi. Gli rivolse uno sguardo timoroso, incontrandone la faccia. Non gli occhi, non sarebbe stato possibile.

« Io… Io… Sì, non ho più bisogno della Cavia. Gli esiti sono stati molto… Lasciano ottime speranze per il futuro della vostra missione ».

« La nostra missione » lo corresse l'uomo senza volto, lasciando intendere con un cenno del capo che anche lo studioso era incluso nella sua modifica della frase « Molto bene, allora. Signorina Bryonia, proceda come crede ».

 

 

 

Episodio 1x10

Reazioni collaterali

 

 

 

Sabato, ore 20:14

« Zefane… Attenzione! Campo aperto! Può andare Gamy che è velocissimo… Gamy… In area di rigore… Gamy… Gamy… PALO! Non è finita… Mendes… Doppio passo… Mendes la mette in mezzo… E qui forse c'era fallo di mano di Medimo…! ».

« Per tutti i sacchi! » imprecò Bellocchio gettando a terra il suo taccuino in preda a un attacco d'ira. D'istinto si voltò verso il suo vice che, chiuso in giacca e cravatta, osservava pensieroso la situazione scuotendo la testa. « Che poi chi è Gamy? » gli domandò.

« Il numero 19 » rispose Craig.

« Ehi, 19! La prossima volta che sbagli il golden gol in questo modo ti spedisco alle cave di Mineropoli a spalare carbone per tutta la vita, mi hai sentito? » inveì Bellocchio, rivolgendosi poi al resto dei giocatori in campo « Su, su, niente panico! Dai, dai, dai! Facciamola girare! ».

Lo Stade de Neuvartault era gremito fino all'orlo e cori assordanti si levavano dalle due curve: una, trionfante di colori rossoneri, accoglieva i tifosi del Liceo di Novartopoli, mentre dall'altra parte vi era la massa bianconera in trasferta da Luminopoli. I due schieramenti erano inchiodati al finire del primo supplementare sull'1-1 fin dal trentottesimo minuto del secondo tempo, quando un rigore dubbio finalizzato da Gommi aveva pareggiato i conti aperti al quattordicesimo da Martin su tiro dalla distanza deviato.

« Ehi, tu! » gridò a un tratto Bellocchio all'indirizzo della panchina avversaria e del loro coordinatore « Mi spieghi a che gioco stai giocando? Non è consentito tenere più di due difensori come centrali, lo sanno tutti! ».

« Ma ghe gosa sdai digendo! Ma sei agghiaggiande! ».

« E parla la nostra lingua, che non si capisce niente! » commentò esasperato prima che il quarto uomo lo riportasse all'ordine. Gettò uno sguardo distratto al campo di gioco, dove il loro Andrea Béria era pressato troppo stretto per costruire un'azione produttiva.

« Alla fine l'hai invitata Silvia al ballo? ».

« Non credo che questo sia il momento migliore per parlarne, non crede? » denotò Craig « E poi come fa a sapere che volevo invitarla? Lei mi ha interrotto proprio quando stavo per chiederglielo ».

« Niente domande stupide ».

Il professore sospirò rassegnato « In ogni caso sì, io–– ».

« Ehi, ehi, arbitro! Quello è rigore! Non fare l'infame, santo cielo, ho già i miei stessi giocatori a rovinarmi! » lo interruppe Bellocchio inveendo contro il direttore di gara, che in risposta fischiò una punizione dal limite in favore del Novartopoli. L'allenatore strapazzò Craig in preda a convulsioni, riprendendo poi a urlare verso i suoi giocatori « Ehi, ehi! La tira il 21, mi sono spiegato? Chi prova a prendergli la battuta lo chiudo negli spogliatoi appena fischia la fine! ».

« Potrebbe essere l'ultima occasione di questo primo supplementare… I minuti di recupero sono finiti ora, ma pare che l'arbitro lascerà battere la punizione… Si prepara Béria, potrebbe provare la maledetta… Ecco il fischio, parte Béria… Incredibile Vercoutre! ».

« Ma porco Grumpig! ».

« La palla resta lì… Rete! Rete! Incredibile! Proprio lui! Non sbaglia! Darvill ha segnato sulla ribattuta! 2-1 per Novartopoli, e per il golden gol finisce la partita! Il Liceo di Novartopoli ha vinto la Coppa di Kalos, un trofeo che non arrivava da… ».

La sezione di casa dello Stade eruttò in un'esultanza assordante, trascinando con sé anche giocatori e staff tecnico. Lo speaker dell'impianto imbracciò il microfono con intensità inusitata « Ha segnato per noi, con il numero 10, Calem… ».

« … Darvill! ».

Bellocchio prese a saltare per tutta la panchina, abbracciando il suo allenatore in seconda; solo dopo, nel mezzo della celebrazione generale, gli venne in mente di chiedere « Ma poi, chi è questo Darvill? ».

« Il numero 10! Come fa a non ricordarselo, l'ha messo lei in squadra! ».

L'uomo assunse un'espressione ancora più confusa, al che Craig rammentò come usava chiamarlo.

« … Il bimbolin ».

« Ah! E dille prima le cose! ».

 

 

Sabato, ore 20:28

« Grandissimi, ragazzi! Ottima partita da parte di tutti! Grande punizione, 21! » accennò Bellocchio mentre in smoking nero e papillon abbinato passeggiava lungo il perimetro dello spogliatoio, battendo il cinque con chi capitava e assaporando il gusto della vittoria mentre fuori risuonavano le fanfare. Finito il giro di routine alzò la mano in segno di saluto « Ci vediamo al ballo, come sapete la premiazione si terrà là! ».

Quindi uscì dalla porta. Non appena iniziò a salire le scale per giungere al corridoio principale, tuttavia, si scontrò con qualcuno in abito da cocktail che correva nella sua direzione con la foga di chi fugge per salvarsi la pelle.

« Ah! Dritto in faccia! ».

« Bellocchio! » esclamò Serena sollevata « Per fortuna ti ho trovato fuori, avevo paura di dover entrare ».

« Avrei avuto paura anche io. Hai seguito la partita? ».

« Sì, sì, molto bravo, ma abbiamo problemi più incombenti ».

L'uomo sporse la testa oltre la sagoma della ragazza, controllando chi avesse al seguito « Non vedo gli altri ».

« Sono già al ballo per conto loro » si affrettò a spiegare Serena « Non sanno che sono qui ».

« Brutto segno ».

« Pessimo. Il notiziario online del PSS dice che ci sono elicotteri partiti in serata da Luminopoli ».

Bellocchio rielaborò mentalmente l'informazione « Elicotteri… Devono essere per il Fuggitivo. Ma per quale ragione? ».

« Non ne ho idea, hanno abbastanza forze di polizia già a Novartopoli. Forse hanno paura che fugga » ipotizzò la giovane « Per questo credo dovremmo accertarci che non lo faccia. Dopotutto possiamo localizzarlo ».

« Dov'è ora? ».

« Trovato mi ha prestato il suo PSS, ecco… Vedi, qui c'è il nostro amicone » proseguì indicando un puntino lampeggiante sulla mappa.

« Non sembra molto lontano dal Liceo, in linea teorica dovremmo riuscire a raggiungerlo in tempo » osservò Bellocchio. Quasi nell'istante in cui pronunciava quelle ultime parole la porta dello spogliatoio si spalancò nuovamente, aprendo strada a una sfilata di ragazzi in abito elegante che si dirigevano sul campo per lasciare lo stadio. Tra di essi l'uomo ne individuò uno in camicia bianca e cravatta che stava tentando in tutti i modi di passare inosservato.

« Come siamo eleganti oggi! ».

« Sta zitto, Dottor… » Calem osservò il suo aguzzino « … Cravattino ».

« Congratulazioni, sei stato veloce. Purtroppo questo non ti eviterà una corsa insieme a noi all'inseguimento del fuggitivo ».

A quelle parole il ragazzo mutò espressione in una più seria « Come? Che sta succedendo? ».

 

 

Sabato, ore 20.44

Era uno spiazzo, nulla più e nulla meno. Nessun'anima viva in giro, poiché chi aveva abbandonato lo Stade de Neuvartault si era recato al ballo e non in un largo isolato della cittadina. Nei paraggi non si notavano nemmeno volanti della polizia. Serena non si fidava: controllò il PSS quattro, cinque, sei volte, ma il segnale puntava dritto lì.

« Io… Io non capisco » balbettò confusa « Dovremmo starlo calpestando proprio ora ».

Bellocchio diede un'occhiata allo schermo: l'indicatore del localizzatore e quello del loro strumento effettivamente combaciavano alla perfezione. Il posto era quello.

« Lo siamo ».

« Che vorrebbe dire? » domandò Calem.

« Siamo sopra il nostro amico. Il PSS non sta sbagliando nulla ».

« Ma davvero? Perché io non vedo nessun criminale in fuga in questo momento ».

« Devi ampliare gli orizzonti » replicò Bellocchio battendo i tacchi per terra « Chi stiamo cercando si nasconde sottoterra, nel Nido ».

I due compagni si batterono la testa quasi all'unisono, sorpresi di non esserci arrivati. Era ovvio, troppo ovvio, e avevano trascurato l'ipotesi come bambini inesperti.

Bellocchio non perse tempo e prese da parte Serena, fissandola negli occhi « Ascoltami bene, devi tornare ora al Liceo ».

« Come? Adesso? » la ragazza lo scrutò offesa « Credi che sarei d'intralcio? Vuoi portare lui anziché me? ».

« Il tuo compito è molto più importante. Guarda l'indicatore, Serena ».

« Non capisco ».

« È fermo » evidenziò l'uomo « Quegli elicotteri sono andati sul notiziario, non è possibile che non ne sia a conoscenza. Perché non sta scappando? ».

« Pensi che abbia scoperto la spia? ».

« Anche. Ma penso soprattutto che nessuno resta fermo ad attendere la propria sorte. Se tu fossi un criminale e fossi a minuti dalla tua cattura certa, che cosa faresti? ».

« Io… Io non lo so, forse prenderei… ». Serena afferrò, in un lampo, ciò che il suo amico aveva già elaborato « … un ostaggio. Sono tutti nella hall, nessuno si accorgerebbe se un estraneo entrasse! ».

Non vi fu necessità di altre parole: la ragazza fece inversione di marcia e si precipitò a perdifiato verso la scuola.

« Ha cinque minuti » commentò Bellocchio voltandosi verso Calem « Seguimi ».

I due raggiunsero il tombino più vicino, calandosi nel sistema fognario di Novartopoli e rintracciando l'accesso più vicino per il quartiere sotterraneo. Con loro sbigottimento l'intera area era deserta, laddove si sarebbero attesi un dispiegamento delle forze di polizia allertate per un imminente arresto. Seguirono il segnale attraverso il labirinto fino a una piccola casupola apparentemente disabitata, se non per il particolare che era stata barricata dall'interno.

« Sai cosa fare, spero ». Il tono di Bellocchio era molto più gutturale del solito, se ne poteva percepire la gravità.

« Nessun problema, Dottor Cravattino » replicò Calem con una punta di sarcasmo « Charmeleon, Nitrocarica! ».

Una corona di fuoco avvolse la sagoma del Pokémon, che spiccò uno scatto in avanti sfondando la porta. I due fecero immediata irruzione all'interno dell'abitazione che, ora fumosa, li mise in stato d'allerta. Una volta che la visuale tornò ottimale individuarono un uomo imbavagliato e legato a una sedia. Se non era morto, poco mancava, visto che era sudato e smunto.

Bellocchio gli si avvicinò e gli sfilò la banda che aveva premuta contro la bocca, consentendo sia la facoltà di parola sia una migliore possibilità di identificarlo. Era il bidello incriminato, sì. Ma era anche qualcun altro.

« Saul? » sobbalzò strabuzzando gli occhi.

Il mineralista si destò in stato confusionario fino a che non riconobbe in chi gli stava davanti la stessa persona che l'aveva perseguitato tre giorni prima: a quel punto la paura ebbe la meglio, facendogli produrre un balzo all'indietro e ribaltando su un lato la sedia cui rimaneva ancorato.

« Come? » lo interrogò Calem « Credevo si chiamasse Dom ».

« Lo credevo anche io, non mi ero accorto della somiglianza. Evidentemente era sotto copertura esattamente come noi » commentò Bellocchio « Allora, come preferisci che ti chiamiamo? ».

L'uomo, ansimante, sputò a terra prima di rispondere « Dom è solo uno pseudonimo ».

« Vada per Saul, allora ».

« Non capisco, l'hai già incontrato? » domandò il ragazzo.

« Alla mia prima visita al Nido. È lui che mi ha detto dove si nascondeva il Fuggitivo, e a quanto pare è stato onesto come proclamava. Si è solo scordato di dirmi che chi cercavo era lui ».

« Sai essere davvero ottuso per uno che è pure riuscito a estorcermi qualcosa » ringhiò l’uomo a terra, contorcendosi tra le corde.

Bellocchio si chinò fino a squadrarlo dritto nelle pupille, senza battere ciglio « Parole grosse per uno che fino a poche ore fa implorava pietà come un agnellino. Forse vuoi che ti ricordi perché lo facevi? ».

Saul fu percorso da un brivido lungo la schiena e, scuotendo la testa come poteva, abbassò decisamente i toni « No, no, senti, cerchiamo di rimanere civili, dai. Hai preso il pesce sbagliato, tutto qui, non sono evaso da nessun carcere ».

Calem scoppiò in una breve risata, avvicinandosi a sua volta al prigioniero « E immagino che la polizia ti abbia messo la sedia all'angolo perché sei stato un cattivo bambino, giusto? ».

« La polizia? Ma di che diamine parlate? È stato il vostro amato fuggitivo a farmi questo! Sto così da un giorno ormai, mi ha mollato qui con il vostro trasmettitore del–– ».

Bellocchio inarcò un sopracciglio « Aspetta, vuoi dire che tu conosci quello vero? ».

« Certo che lo conosco, santo cielo. Perché credi che mi trovassi nella scuola? Ero il suo proxy per evitargli di esporsi ».

« E dov'è ora? ».

« Quale parte di “sto qui da un giorno” non ti è chiara? » Saul si agitò ancora di più, in un tentativo di liberarsi, ma constatò che non ne era minimamente in grado.

« È al ballo, è sicuro » affermò Calem.

« Lo penso anche io. Ora stammi bene a sentire, Saul, rispondi alla prossima domanda e ti lascio andare » Bellocchio reclinò il capo, incrociando diagonalmente lo sguardo dell'interrogato « Chi è il Fuggitivo? ».

« Ma cosa ne so, io non… ».

« Santo cielo, dimmi che aspetto ha! Devo trovare il modo di riconoscerlo, non credi? ».

« Ma secondo te che ne so io dopo un giorno di tempo che forma ha ora? ».

 

 

Sabato, ore 20.46

« Earth angel, earth angel, will you be mine? My darling dear… ».

Il refettorio del Liceo era stato addobbato a festa mediante l'installazione di filamenti di luci bianche lungo tutto il soffitto, nonché di gruppi di riflettori multicolore agli angoli. Voci dell'ultimo minuto avevano parlato di una sfera specchiata, ma si erano rivelate infondate; del resto, l'ambiente era già così sufficientemente somigliante a una discoteca.

« Oh, un lento! » esclamò Trovato non appena udì i primi accordi di Earth Angel. La banda della serata, arroccata in cima alla piramide a gradoni contro la parete, doveva aver diramato precise direttive agli studenti, perché la pista da ballo si riempì istantaneamente di decine e decine di coppie.

« I fell for you, and I knew the vision of your loveliness… ».

Tierno si asciugò il sudore dalla fronte con la manica della giacca. Bellocchio aveva impiegato ore a cercare nel suo fantomatico armadio segreto un abito che gli andasse bene e alla fine l'opzione era caduta su un frac bianco. Sembrava un Abomasnow, salvo il fatto che stava soccombendo dal caldo.

« Su, su, su, Tiernooo~ » lo stuzzicò Shana alle spalle « Ada è laggiù sola soletta… ».

« Ma smettetela! Insomma, vi rendete conto che sarei ridicolo? Non so nemmeno ballare! ».

« Guarda il lato positivo » gli fece notare Trovato « Stanno per prendere il Fuggitivo. Questa gente non la vedrai mai più in vita tua dopo stanotte ».

« Eh, già… Facile per voi parlare, Serena e Calem vi hanno dato buca ».

« Oh, ehi, ma chi è quello? Bellocchio… ? Perché sta andando dritto verso Ada? ».

« Cosa? » Tierno trasalì e, senza pensarci due volte, balzò verso la sua accompagnata come un felino che insegue la sua preda, rendendosi conto soltanto dopo di essere stato raggirato. Shana, soddisfatta, ghignò beffarda.

« Oh, avanti, è molto sleale da parte tua » la riprese Trovato.

« I'm just a fool, a fool in love with you… ».

Il ragazzo la raggiunse con il cuore che batteva a mille. Si guardò attorno, rendendosi conto che se mai c'era stato un Bellocchio in quella stanza si era dileguato prima di essere a una distanza ragionevole da lei. Strinse il pugno, sul punto di tornare indietro.

« Ciao, Tierno! ».

Il saluto lo colse completamente di sorpresa. Ricambiò incerto, incontrando l'espressione gentile di Ada. Era un poco più alta di lui, eppure non lo scrutava con aria di superiorità come sarebbe stato naturale. Ora o mai più.

« Ti andrebbe di ballare? ».

« Volentieri! » rispose lei con un risolino. Tierno le offrì la mano, portandola poi con sé fino alla densa pista ballo, dentro la quale riuscì a fatica a ritagliarsi uno spazio per loro due.

I primi passi furono strani. Lui non era in grado di tenere il ritmo, e in più ci si era messo un fastidioso tremolio alla gamba sinistra. Dopo un po' si era reso conto che si trattava del suo PSS, ma chi lo chiamava ora, nel momento più importante della sua vita? Alzò gli occhi incrociando quelli celesti di Ada, e nel terrore gli parve di scorgervi una traccia di noia.

« Ti vergogni di me, vero? ».

La sua cadenza rallentò in risposta al timore, ma non quella di lei. Lei proseguì imperterrita, rivolgendogli il suo solito, affabile sorriso.

« Se mi fossi vergognata di te non avrei accettato il tuo invito ».

La chiamata in arrivo terminò in quell'istante. Tierno lo interpretò come un segnale, anche se non era ancora certo di cosa; il suo passo si fece più sicuro di prima, e intorno a sé avvertì ogni altra coppia scomparire: dapprima solo quelle più vicine, poi lentamente tutta la stanza si era fatta vuota all'interno della sua mente. C'erano solamente loro due, illuminati da un faro di luce intensa, che danzavano una canzone doo-wop degli anni '50 senza domandarsi nemmeno se i loro movimenti fossero giusti o sbagliati, mentre fuori di lì turbinava l'inferno del mondo.

Un fragoroso rumore di elicotteri tramutò d'un tratto l'etereo silenzio in un vociare persistente e angoscioso. La musica si interruppe, così come i balli, e tutti alzarono il capo al soffitto, come se ciò potesse aiutarli a capire meglio. Tierno aggrottò la fronte prima di cercare con lo sguardo i suoi amici mentre il suono proseguiva.

« Ti chiedo perdono ».

Il ragazzo si voltò verso Ada, che si era allontanata da lui isolandosi. « Come? ».

Fece per avvicinarsi a lei, ma ricercando i suoi occhi rassicuranti notò che in essi si era accesa una luce diversa, più sinistra. La ragazza si piegò ed emise un urlo, anche se di un urlo aveva ben poco: era un verso animalesco, dalle tonalità selvagge. Tierno osservò terrorizzato ciò che ne seguì: da ogni punto della sua pelle iniziò a crescere una peluria scura mentre il volto veniva orribilmente sfigurato e le orecchie stirate. In neanche un minuto la graziosa giovane con cui aveva ballato era divenuta una demoniaca volpe bipede.

Trovato accorse verso Tierno per soccorrerlo, ma quello lo fermò a metà strada. Nel silenzio generale tese la mano tremante verso la creatura. Non poteva essere, non dopo ciò che avevano appena trascorso insieme. « A-Ada? » domandò balbuziente.

« Zooooooorrrrr~! » ruggì in risposta, questa volta con anche maggiore violenza. Nel refettorio tuonarono grida di terrore mentre il ballo di primavera si trasformava in un caos informe. Trovato trascinò indietro Tierno, entrato in uno stato di catalessi indotta.

« Io… Io non capisco… ».

« Stai indietro! » esclamò il primo lanciando la Poké Ball contenente Chespin « Quello è uno Zoroark, non è più Ada ».

Shana imitò il suo compagno di viaggio, chiamando in causa Fennekino. I due Pokémon si schierarono l'uno accanto all'altro, pronti ad attaccare; in risposta Zoroark li allontanò con i suoi artigli, tenendoli a debita distanza.

« Presto, usa Braciere! ».

L'attacco andò a segno, scalfendo però a malapena la Mutevolpe. Le sue falangi, in risposta, furono avvolte da un alone oscuro, preparandosi a scagliare un Nottesferza. La tecnica si infranse tuttavia contro una barriera invisibile eretta appena prima.

« Vi lascio soli un attimo e combinate questo? » esclamò Serena accorrendo in difesa dei tre ragazzini. La Protezione di Ralts, teletrasportatosi in mezzo tra Zoroark e la coppia Fennekin-Chespin, andò in frantumi sotto la brutalità del colpo, ma riuscì comunque ad assorbirlo.

« Serena! Dove diamine eri finita? ».

« È una lunga storia. Questo coso da dove salta fuori? ».

Trovato faticò a trovare le parole adatte « Quella è Ada ».

La ragazza non ebbe modo di domandare spiegazioni: il suo PSS annunciò una chiamata in entrata e sul display comparve il nome di Calem. Rispose in preda al nervosismo e portò lo strumento all'orecchio.

« Senti, non è per dire, ma hai scelto davvero il momento sbagliato ».

« Non c'è tempo da perdere, Serena, abbiamo scoperto una cosa fondamentale! ».

« Riguarda per caso uno Zoroark? ».

Un ruggito assordò per un attimo i presenti; quindi il Pokémon, un secondo prima apparso sul punto di attaccare, si dileguò in direzione delle scale che conducevano ai piani superiori.

« No, no, no! » inveì Serena, il PSS sempre stretto tra mano e testa, mentre partiva al suo inseguimento « Karen, con me! ».

« Ehi, sei sempre lì? Hai parlato di Zoroark? ».

« Ce n'è uno, anzi, una che sta andando in giro per il Liceo a fare casino ».

« Devo dedurre che il Fuggitivo si è palesato? ».

« Come? Mi stai dicendo che Zoroark è il Fuggitivo? ».

« Parole del Dottor Cravatta, non mie. Ha detto che sarebbe andato verso il tetto, è vero? ».

Serena, per quanto a corto di fiato, trovò la forza di analizzare i movimenti di chi le stava davanti: in effetti saltava lungo la rampa principale, la cui destinazione finale era proprio quella.

« Dov'è Bellocchio ora? ».

« Non ne ho idea, ha detto che stava andando al Laboratorio D! ».

« Il giorno in cui agirà secondo uno schema logico sarà il giorno della sua morte! ». La ragazza scorse la targa del piano corrente: terzo. C'erano quasi.

« Senti, ma toglimi una curiosità, chi era alla fine il Fuggitivo? Cioè, che forma aveva Zoroark? ».

Quelle parole le pesarono più di ogni altra cosa in quella serata « Era Ada ».

« Cosa? ».

Serena alzò la testa appena in tempo per scorgere la volpe che con un Urtoscuro aveva divelto l'architrave della porta per il tetto subito dopo averla varcata. La giovane, in un tentativo di frenare, inciampò in uno dei gradini, finendo con il ginocchio contro lo spigolo e lasciando inavvertitamente cadere il PSS ancora acceso giù per la tromba delle scale appena percorse.

Attraverso il minuscolo spiraglio lasciato dalle macerie riuscì a guardare oltre: il tetto era illuminato da luci a terreno e Zoroark si era fermata esattamente nel centro, mentre sopra di lei si stavano affollando almeno mezza dozzina di elicotteri con i fari a loro volta puntati sul Pokémon.

Il primo pensiero della ragazza fu che avevano vinto. Ma a ripensarci, il loro obiettivo sapeva che l’avevano ormai rintracciata. Perché si era esposta in quel modo?

 

« Wolf 5, bersaglio agganciato ».

« Qui Wolf 1, ricevuto » scandì il militare nel microfono della comunicazione interna. Si sporse oltre i sedili posteriori per parlare al pilota « Prepara il flusso di contenimento ».

Quello annuì senza replicare, iniziando a manovrare pulsanti sulla console di comando. Le eliche del velivolo giravano meccanicamente mantenendoli ad alta quota; il giovane gettò uno sguardo al radar per tenere sotto controllo gli altri elicotteri in movimento.

« Flusso pronto all’uso » annunciò l’aviatore « Appena abbiamo l’autorizzazione procedo ».

Il secondo passeggero ghignò mentre prendeva nuovamente in mano il ricevitore « Wolf 1 alla Base, richiediamo l’autorizzazione per l’impiego del flusso di contenimento. Il bersaglio è già agganciato ».

Attese trepidante la replica, ma questa tardava ad arrivare. « Allora? » lo incalzò il pilota.

« Non rispondono. Wolf 1 alla Base, ripeto, è richiesta l’autorizzazione per il resbeam ».

Di nuovo dall’altro capo del filo si udì solo un rumore statico, come un’interferenza.

« Come sarebbe a dire non rispondono? ».

« Anche il radar è impazzito! È come se qualcosa stesse mandando in tilt la strumentazione! Il sistema di guida automatica è attivo? ».

« Sto usando il manuale. Dannazione, questo complica le cose ».

« Ma scusa, che ti importa dell’autorizzazione? » proruppe irritato il militare « Usalo e basta, credi che non ce la darebbero? ».

« Non se ne parla, ci sono procedure da–– che cosa diamine è quello? ».

Il giovane si gettò contro il sedile anteriore del velivolo per vedere di persona dal vetro frontale. Sgranò gli occhi per lo sbigottimento: un’immensa nuvola di smog nero si stava addensando con velocità e connotati innaturali fino a chiudere l’intero Liceo sotto una cappa impenetrabile. Una voce amplificata risuonò per buona parte di Novartopoli, beffarda e determinata.

« Buonasera a tutti! ».

 

Quando quel suono giunse alle sue orecchie, Serena andò d’istinto in giubilo. L’aveva atteso per molto, forse troppo in quella nottata infernale, ma alla fine era arrivato. Con rinnovata fiducia premette la guancia contro i frantumi della porta, individuando una figura che si stava facendo strada sul tetto con qualcosa in mano.

« Coraggio, avanti con quel Muro di Fumo! » gridò Bellocchio all’indirizzo di una sagoma che svolazzava ininterrottamente sopra l’edificio: uno Swellow che stava trasportando un Charmeleon sul suo dorso, gentile concessione di Calem. Quindi avvicinò nuovamente la bocca al megafono, rivolgendosi agli elicotteri fluttuanti « Spero stiate trascorrendo una piacevole serata! Non vi preoccupate, non è nulla di tossico, ma non vi suggerirei di andarci dentro: il Supersuono ha messo fuori uso i vostri sistemi di rilevamento, e non vorrei finire schiacciato dai relitti di un paio di velivoli poco avveduti! ».

« Bellocchio! » lo chiamò Serena dall’interno « Che diamine stai facendo? ».

« Il solito, improvviso! » rispose sorridente « Voglio solo fare due chiacchiere con Zoroark, se non vi spiace! Vi prometto che poi potrete averla tutta per voi! ».

« Sei andato anche oltre le mie aspettative. Congratulazioni ».

Bellocchio si voltò: alla sua sinistra un’affusolata sagoma volpina lo stava scrutando a qualche metro di distanza. Il suo torace a stento si gonfiava al ritmo del suo respiro: segno che tante cose poteva essere in quel momento, ma non nervosa.

« Quelli sono elicotteri governativi, per caso? » domandò alzando lo sguardo al cielo.

« Proprio così ».

« Sarà divertente vedere che mi faranno dopo ». L’uomo tornò a guardare Zoroark e il suo consueto sorriso scomparve completamente dal volto. Serena non l’aveva mai visto così serio, forse nemmeno nel nido dei Beedrill.

« Sai, devo dire che non ci ero arrivato. Credevo davvero che avessi rubato il Prototipo per venderlo, magari su commissione. Ma a pensarci bene un mutaforma non avrebbe potuto agire diversamente ».

Il suo tono di voce si era fatto notevolmente più grave e la sua espressione più truce. Non sembrava furia, però; pareva più consapevolezza della situazione. In alto i velivoli volteggiavano al di là della nuvola nera, costantemente rigenerata da Charmeleon in groppa a Swellow.

« Volevi nasconderti nella scuola, e uno strumento in grado di identificarti era il tuo più grande pericolo. Perché prendere anche il progetto, però? ».

« Per te ».

« Per me? ».

Zoroark annuì « Ho sempre saputo che saresti stato tu a smascherarmi per primo. Nel progetto si parlava spesso della nostra capacità di trasformarci in esseri umani. Temevo avrebbe acceso un campanello d'allarme, che avresti capito che il fuggitivo era un mutaforma ».

Il ritmo che Bellocchio teneva con le parole era lento ma serrato, senza concedere una tregua al silenzio « Quel carcere è un carcere per umani. Che cosa ci facevi là dentro? ».

« L’hai già intuito, no? Non sono mai stata in quel carcere ».

« E allora spiegami, perché non capisco. Quanto della storia del fuggitivo è vera? Perché il governo ha sparso questa voce? ».

« Credi che ne sappia qualcosa? ».

Bellocchio la scrutò negli occhi e la sua bocca si distorse per un breve attimo in una smorfia nervosa che ricordava un ghigno bieco e senza emozione.

« Sì ».

 

« Ehi, è vero quello che dice? ».

« Sì! » esclamò esasperato il militare « Troppe interferenze, non vedo gli altri elicotteri! Se entriamo in quella nuvola rischiamo di non uscirne vivi! ».

« Ma porca miseria, non riesci a riparare quel radar? » lo esortò il pilota « Sappiamo che usa le frequenze del Supersuono, dovresti poterle isolare, no? ».

« È quello che sto facendo, genio, ma non è roba da poco! Questi scanner non sono esattamente una lavagnetta magnetica, eh! ».

« Quanto ti ci vuole? ».

« E che ne so? Ti sembra una cosa che faccio tutti i giorni? » lo attaccò l’uomo mentre cercava di far stare ferme le mani tremanti « Un minuto, forse qualcosa di più. È il minimo che posso garantire ».

L’aviatore batté i pugni sulla console dei comandi, furibondo. Bryonia questa volta l’avrebbe ammazzato di sicuro.

 

« Ci sono così tante cose che non sai, Bellocchio. Così tanti dubbi che tieni nascosti » Zoroark pareva quasi compatirlo con sincerità, senza deriderlo « Dipende da te, sai? ».

« Che cosa dipende da me ».

« Il ritorno delle Guerre di Kalos ».

Il giovane sussultò « Le Guerre di Kalos sono finite millenni fa ».

Il Pokémon in risposta gli rivolse uno sguardo ambiguo, una specie di cenno d’assenso. Bellocchio non riuscì a interpretarlo.

« Sono stati loro a mandarti, vero? » la interrogò indicando con un braccio gli elicotteri sopra il Liceo « La polizia non ha messo il minimo impegno nella cattura, e hai dovuto bloccare personalmente Saul là sotto perché evitasse di farsi troppe domande. Non vogliono catturarti, o per meglio dire non volevano ».

« Sei molto perspicace. Avevo ragione a temerti » convenne la volpe « Ma ormai nulla ha più importanza. Siamo all’epilogo, almeno per me ».

« Dimmi perché, Zoroark. Perché sei stata mandata qui? ».

« Per seminare in vista della mietitura. Hanno grandi piani, sai. Verrà il giorno in cui li scoprirai, e quello » il Pokémon interruppe per un istante la risposta, ponendo un accento particolare sulla parola « sarà il giorno in cui tutto cambierà ».

« Zoroark, non muovere un passo e alza le mani! Chiunque sia stato a fermarci, allontanati dal fuggitivo e non ti sarà fatto nulla di male! » gridò qualcuno attraverso un altoparlante. Bellocchio alzò lo sguardo con un guizzo per guardare fissamente un esercito di velivoli che si erano fatti strada attraverso il Muro ormai diradato, patchando il sistema radiorilevatore che aveva provvisoriamente mandato in palla poco prima.

Un faro luminoso si accese su uno di essi, puntando dritto il Pokémon di fronte a lui. Mosse qualche passo indietro cercando di assecondarli mentre Zoroark veniva avvolta in una bolla di contenimento. Riuscì per un ultimo istante a incontrare i suoi occhi, celesti come quelli di Ada.

« Addio, Bellocchio » gli disse lei « È stato un onore incontrarti di nuovo ».

Alle ultime due parole l’uomo sgranò gli occhi in un’espressione di sorpresa mentre la sfera e il suo prigioniero scomparivano in un lampo di luce. Gli elicotteri, tanto vicini da fare svolazzare il suo cappotto con gli spostamenti d’aria causati dalle pale, ripresero quota e si allontanarono in gruppo verso Luminopoli. Presto tornò la quiete, salvo per i discorsi ovattati degli abitanti di Novartopoli ai piedi della scuola.

Lassù, invece, c’era solo Bellocchio, i suoi dubbi e le sue domande; e l’unica creatura che avrebbe potuto rispondervi si era appena dissolta davanti a lui.

 

 

Domenica, ore 10.01

Il Liceo quella mattina aveva un che di diverso, di più malinconico. Forse era perché di domenica gli studenti non lo frequentano, lasciandolo alla mercé di stanchi professori in giacca di tweed. Però c’era dell’altro, qualcosa che andava al di là della giornata di sole, al di là degli uccellini cinguettanti. Un malumore di sottofondo, come un disco incastrato su un suono statico appena percettibile.

Craig osservò quello strano uomo pervaso da sentimenti contrastanti. Era bizzarro, intrattabile a volte, difficile stabilire cosa gli passasse per la mente; ma era trasparente, sincero.

« Sicuro di non voler restare? Ci farebbe comodo qualcuno per la Supercoppa ».

« La ringrazio, ma ho fatto il mio tempo qui. E poi il professor Wall non sarebbe felice di sapere che qualcuno l’ha rimpiazzato ».

« Molto bene. Allora arrivederci » lo salutò l’uomo con un sorriso e una stretta di mano. Bellocchio ricambiò la seconda, ma le sue labbra erano inerti. Craig non lasciò la presa, trattenendolo per un braccio.

« Ehi… Tutto bene? ».

Il giovane annuì « Io sto sempre bene ». Quindi si incamminò verso il giardino della scuola, al centro del quale troneggiava la fontana sfavillante nel chiarore mattutino. Si attardò, sedendosi infine sul muretto in mattoni circostante, proprio dove quarantott’ore prima aveva parlato con Ada di quell’enigmatica raccolta di istantanee d’epoca.

Non era tanto l’idea che se ne fosse andata a farlo stare male, e nemmeno la consapevolezza di non sapere perché fosse stata inviata. Niente di tutto ciò: era il fatto che una vera Ada Delaware non era mai neanche esistita. La ragazza oppressa dal padre che sognava di diventare una saggista mitologica era solo una copertura, un’invenzione. L’empatia che provava verso di lei, allora, quella che cos’era? Un’invenzione anche quella? Era parte dello spettacolo?

Bellocchio alzò lo sguardo stanco per notare una sagoma che veniva verso di lui in controluce. Anche in quella situazione, comunque, non faticò a riconoscerla: era Tierno, e sembrava anche più afflitto di lui.

Dapprima non lo guardò in faccia, aspettandosi che a sua volta lo ignorasse; invece gli si sedette accanto e insieme fissarono gli occhi sull’orizzonte celato dagli alberi della campagna. Vi furono minuti di silenzio contemplativo, almeno finché il ragazzino non li interruppe porgendogli un panno logoro. Anche la sua voce appariva molto più spezzata del solito, meno allegra.

« Prendi ».

Lo esaminò: era uno straccio violaceo consumato dall’uso prolungato. « Cos’è? ».

« È quello che abbiamo usato quando dovevamo spiare il bidello. Tienilo tu, così ti ricorderai di quel giorno ».

Il giovane ringraziò con una mezza smorfia e lo ripose nella tasca interna del suo cappotto. Avrebbe preferito non ricordare, per la verità.

« Ieri io e Ada abbiamo ballato ».

Bellocchio si sorprese che la chiamasse ancora con il suo nome. Ma comprese che non era il caso di puntualizzare, anche perché personalmente detestava farlo. Non osava concepire di essere stato per tutto quel tempo l’oggetto di un raggiro.

« Com’è stato? ».

Tierno sospirò « Non avevo mai ballato prima. Non avevo mai provato nulla di simile prima ».

L’uomo espresse un cenno di assenso, senza però dire nulla, anche perché non avrebbe avuto nulla da dire persino volendo.

« Secondo te è stato vero? ».

Già, chissà. Proprio la domanda che si stava facendo lui. Ma la sua risposta era troppo amara per poterla riferire a un dodicenne speranzoso. Ogni tanto la verità va sacrificata.

« Mi chiamo Bellocchio. Ho ventisette anni. Ho viaggiato in lungo e in largo per regioni sconosciute, e ho incontrato migliaia di persone. E tre giorni fa, mentre tu origliavi dalla porta della camera il nostro dialogo, mi sono sentito per la prima volta veramente attaccato a qualcuno ». Alzò la testa al sole per poi rivolgersi direttamente a Tierno « Come poteva non essere vero? ».

« Lo penso anche io » concordò lui « Trovato ha detto che Zoroark… diventa la maschera, mi pare. Credo voglia dire che imita il personaggio fino a comportarsi come farebbe lui ». Si interruppe, girandosi a sua volta verso l’interlocutore « Secondo te esiste una vera Ada, da qualche parte? ».

Bellocchio sorrise all’idea « Magari sì. Da qualche parte, chissà, esiste una ragazza di nome Ada Delaware che vuole diventare una scrittrice contro la volontà del padre. È un bel pensiero. Magari un giorno… ».

Si fermò di colpo. Un campanello era risuonato nella sua mente, flebile eppure distinto. Un’incongruenza che aveva nascosto. Fin da subito quel nome gli era sembrato familiare, senza capire per quale ragione.

Anzi, no, non fin da subito. Non aveva annotato nulla la prima sera, lì Ada era una ragazza qualunque. La pulce gli era saltata addosso dopo. Dopo…

« Aspettami qui » ordinò a Tierno prima di correre a perdifiato dentro all’edificio. Non si prese nemmeno un istante per riposare, temendo che la soluzione potesse sfuggirgli di mano per l’ennesima volta, come sabbia nel deserto. Non poteva permetterlo.

Ci sono giorni speciali. Giorni da ricordare, in cui tutto va come deve andare. E anche se all’inizio sembra che sia ancora notte fonda, arriva sempre l’istante in cui un raggio sfiora la pelle dal confine tra cielo e terra rivelando la più brillante delle aurore. Giorni in cui ci si sente in fiamme, perché ogni cosa acquista un senso.

Ala nord, secondo piano, in fondo al corridoio. Bellocchio quasi sfondò la porta dell’aula vuota per la foga, gettandosi tra i cassetti della scrivania in cerca di un libro. Infine lo trovò, sfilandolo con la gioia di un bambino ed esaminandolo attentamente due, tre, dieci volte, per esserne sicuro, prima che un sorriso si riaccendesse sul suo volto. Perché certi giorni sono tanto meravigliosi da risultare incredibili finché non ti capaciti della loro esistenza.

In certi giorni a tutti è data l’opportunità di sorridere, alla fine.

 

 

TRATTEGGI STORICI, VOL. 1

DALLA PREISTORIA ALLA CIVILTÀ ARDECA

di Antoine Delaware

   
 
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