Si accorse a stento
dell’aprirsi della porta scorrevole alle
proprie spalle.
«sei qui da cinque giorni.
È il caso che ti riposi».
«sto bene. Posso
continuare».
Aveva la voce roca per il parlare e
leggere ad alta voce
quasi continuo, e due occhiaie da far paura. Al di là di
quel che diceva per
Michael Connors, anzi Michael Lancaster, stare sveglio per cinque
giorni e sei
notti non era stato esattamente semplice. Ma non avrebbe mai lasciato
quel
posto accanto al letto di sua moglie, così come non
l’aveva lasciato Howard
Lancaster fino a poco prima.
«Michael…non era
esattamente una proposta».
«voi…»
«“tu”».
Breve sospiro nervoso del soldato che
non si era ancora
abituato all’idea.
«non…dormi…da dieci giorni.
Dal giorno del
matrimonio. Io nei primi cinque ho dormito qualche ora,
tu…»
«anche».
Mentiva, ovvio che mentiva.
Da quando sua figlia aveva avuto quel
tragico incidente
cadendo dalla gradinata e battendo duramente la tempia contro la base
della
ringhiera in marmo, Howard H.R.J. Lancaster non aveva chiuso occhio.
Avrebbe dovuto essere un giornata
magica, invece si
era trasformata in una giornata tragica. E lui non sapeva ancora
perché.
Era quello a farlo impazzire, non
sapere il vero perché
sua figlia era in coma da dieci giorni.
Vero, era stato un incidente. Vero,
la colpa della rottura
di un tacco non di poteva dare a nessuno, erano cose che capitavano, ma
in quel
caso aveva quasi comportato la morte di sua figlia.
Dove stava andando quando era
caduta?! Dove? Perché
era andata in quella direzione?!
A detta dei dottori della sua clinica
era viva solo e
soltanto grazie alla sua tempra di chojin, in caso contrario quella
botta
l’avrebbe fatta fuori sul colpo. E non si sapeva
né quando si sarebbe
risvegliata né in che condizioni sarebbe stata se, quando,
l’avesse fatto.
Aveva subito un trauma cranico spaventoso, avrebbe necessitato di
un’operazione, ma prima di poter agire bisognava che
l’ematoma che si era
creato si riducesse ancora un po’ prima di poter essere
aspirato, e quel
dannato versamento ci stava mettendo più del previsto a
riassorbirsi, troppo
più del previsto e…e ogni ora che
passava aumentava il rischio di un danno
forse permanente, di non si sapeva quale entità.
E lui, che di solito era quello che
“poteva”, stavolta non
poteva.
Con tutte le risorse che aveva a
disposizione, Howard
Lancaster non poteva fare niente di più di quel che lui, i
dottori e
Michael stavano già facendo.
Si era sentito impotente, e non gli
era piaciuto. Per quel
motivo, resosi conto di non poter fare di più, appena poco
prima aveva deciso
di chiedere aiuto a qualcuno dei suoi soci in affari…
«ci sono
novità?» Howard annuì lentamente. Una
scintilla di
vita comparve in volto all’americano «di che si
tratta?!»
«una
mia…amica…sembra possa fornirci un ritrovato che
dovrebbe
aiutare Hammy a risvegliarsi. Una medicina estremamente
all’avanguardia delle
sue parti».
Michael adesso era tanto speranzoso
quanto scettico. Un
cinquanta e cinquanta. «vorrei che fosse vero ma io nelle
cure miracolose non
ci ho mai creduto».
«ogni minuto che passa mia
figlia rischia un danno
permanente. Per far ridurre quell’ematoma tenterei anche un
rito sciamanico,
se pensassi che possa funzionare. Con tutti i mezzi che possiedo, io
non posso
fare più di così…ma
“così” non basta. E forse è
già tardi. Michael» lo guardò
«tu sei suo marito, e adesso per sottoporla a questa nuova
terapia mi serve la
tua autorizzazione».
Lui che doveva
dare l’autorizzazione al suo capo!
Pareva che il mondo si fosse
rovesciato.
«qualunque cosa
purché Emerald si risvegli ma…di cosa si
tratterebbe?»
Howard stesso sembrava combattuto.
«da quel che ho capito è
un…fluido vitale…che aiuta a rigenerare
rapidamente i tessuti.
Autorigenerativo. Mandandone in circolo ad Emerald metà
della dose completa che
ci sarà data, potremo mandargliene in circolo la stessa
quantità mezz’ora dopo
senza che questo si esaurisca mai…»
Michael pensò che quella
potesse essere solo una bufala di
qualcuno che voleva approfittarsi di quella situazione per guadagnare
un
mucchio di soldi. «io ci credo poco. Che vuole in cambio
questa…amica?»
«niente.
Anche perché sinceramente dubito di avere
qualcosa che possa interessarle».
Sempre più assurdo.
«…sul
serio?»
«ti sembra che adesso sia
in vena di mettermi a scherzare?»
«no. Solo che mi sembra
incredibile».
«la cosa è
questa: l’ematoma si sta riducendo troppo
lentamente. Ogni minuto che passa Hammy rischia di non tornare
più quella di
prima, o perfino…di finire in un coma più
profondo di questo, se non facciamo
in fretta. Noi possiamo decidere di non tentare questa terapia o
provare. E se
non dovesse funzionare perlomeno avremmo tentato. Non le
sarà nocivo, Michael,
se pensassi che potesse esserlo non avrei nemmeno preso in
considerazione la
cosa».
L’americano strinse la mano
sinistra di Hammy. Lei era
pallida come le lenzuola del letto in cui giaceva.
«facciamolo».
Forse era bene
tentare…perché per quanto ne sapevano poteva
essere già compromessa, e a quel punto tutto ciò
che potevano fare era limitare
i danni.
:: Tokyo ::
«…grazie. Si,
io…si. Lo dirò anche a lui. Va bene. A
risentirci» Kevin terminò la chiamata.
«quindi…?»
Il ragazzo scosse la testa.
Warsman chiuse gli occhi con un
sospiro nervoso.
Dieci giorni di coma ed Emerald non
si era ancora ripresa,
maledizione…e quel sospiro era il massimo che gli era
consentito dare a vedere,
mentre il senso di colpa lo rodeva come un tarlo rode il legno.
Per il russo la colpa di quel che era
successo era stata sua.
Sua e basta. Lui aveva messo quella canzone, lui
l’aveva attirata lì, e lei
era caduta, e aveva battuto la testa e…
Aveva passato i quattro giorni
successivi nel motel
dell’altra volta, non solo perché non se
l’era sentita di tornare a Tokyo ma
anche perché temeva di portare di nuovo un esercito nel
quartiere dove abitava
Kevin ed il ragazzo vedesse…vedesse e
capisse di chi era la colpa…
Aveva pensato che se proprio doveva
essere preso, non voleva
che Kevin subisse un altro shock. E se rimaneva a Londra, gli uomini di
Lancaster avrebbero fatto meno strada.
Si era sentito così male
che aveva pensato di presentarsi
nella tenuta e dichiarare che la colpa era sua, per alleggerirsi la
coscienza.
Lo avrebbero ammazzato ma forse se lo meritava perché con le
sue azioni aveva
quasi perduto la persona che non avrebbe mai voluto perdere, e ancora
non si
sapeva se valesse o meno la pena di anteporre quel
“quasi”…
Poi aveva cambiato idea. Non era
andato. Forse era qualcosa
che aveva voluto credere per pura e semplice comodità ma non
pensava che
Emerald avrebbe voluto che lui andasse a farsi uccidere.
E in quei quattro giorni nessuno era
venuto.
In fondo se anche i due piccoli
bastardi -Zachary Connors e
Sebastian Lancaster- avessero parlato di lui, avrebbero potuto solo
dire di
averlo braccato per poi averlo visto andare via.
Idem per Janice Lancaster che pur
essendo la moglie di
quello che secondo lui era il vero mostro si era
rivelata una donna con
un grande cuore visto che gli aveva medicato le ferite per poi
lasciarlo
andare.
«lady Janice mi ha detto di
dirlo anche a te».
Quando Flash gli aveva raccontato di
com’erano andati i
fatti -decidendo di astenersi dal dirgli che Hammy era caduta
“per colpa sua”-
Kevin lì per lì si era stupito del gesto di
Janice. Ma lo stupore gli era
passato presto, perché che quella donna fosse una persona
buona come il pane
-antipatia verso i tedeschi a parte- lui già lo sapeva. Solo
che…wow. Lo era
stata anche con “la bestia”.
«la prossima volta che la
senti ringraziala da parte mia.
Dieci giorni…»
Di pensieri il russo ne aveva avuti
tanti, di più e di meno
razionali, uno dei quali era stato “ma va’ a vedere
che quella puttanella lo fa
apposta a farmi stare così!”…ovviamente
si era reso conto subito dopo
dell’assurdità di tale pensiero.
Ma il fatto era che non poteva
credere che Hammy stesse davvero
in quel modo. Era fin troppo resistente, quella
lì, glielo aveva
dimostrato. Se fosse morta per un tacco rotto sarebbe stato assurdo…era
sopravvissuta alla Scuola di Ercole, era sopravvissuta al proiettile
sparatole
per errore dal suo stesso padre, era sopravvissuta a lui
stesso, e
volevano fargli credere che sarebbe andata a finire in quel modo?! No!!!
«si riprenderà,
Warsman. Deve riprendersi».
Anche perché lui, Kevin,
non intendeva mica arrendersi anche
se lei era sposata. Eh no. Lui voleva lottare ancora, il matrimonio non
era più
un incastro definitivo, esisteva sempre il divorzio, volendo. E se
davvero
l’americano aveva perfino rinunciato ai diritti sul suo
patrimonio, non avrebbe
avuto nemmeno problemi in tal senso.
«si…ma se, o
quando, si riprenderà, come sarà? Un colpo come
quello avrebbe potuto ucciderla».
Timori fondati, ma Kevin cercava di
pensare positivo.
«maledizione, non metterti
a fare il menagramo! Cristo! …e
se anche avesse qualche problema…beh…fosse
paralitica, suo padre troverebbe il
verso di farla tornare a camminare, dovesse anche sostituirle gli arti
con
delle protesi biomeccaniche. Se si svegliasse cieca, troverebbe il modo
di
riparare o sostituire quel…quel che non
funziona…e farla tornare a vedere. Se
si svegliasse sorda idem. Troverebbe il modo di farla tornare
com’era…o quanto
più possibile gli va vicino. Non è quello che
“I can”, lui?!»
Anche Kevin non aveva mica tutti i
torti.
A quel punto non rimaneva che sperare.
:: Londra ::
«…infuso».
«Gabrijela…grazie».
«di niente».
Dopo la tragedia Lionel Charles Eirik
John Lancaster e
famiglia avevano deciso di rimanere lì a sostegno, trovando
una accoglienza
calda per quanto possibile. Il loro era un gesto che era stato
apprezzato,
naturalmente, ed era in particolar modo Janice a trarne beneficio.
Era andata a trovare Hammy diverse
volte, ovviamente, ma in
tutti quei giorni nonostante ci avesse provato non era riuscita a
convincere il
marito a tornare a casa; lui sarebbe rimasto lì
finché Emerald non si fosse
svegliata. Ovviamente la chiamava tre volte al giorno tutti i giorni,
ma non
era la stessa cosa che averlo vicino.
Le aveva detto di restare a sua volta
in clinica, ma Janice
non ce la faceva. Odiava gli ospedali, li aveva sempre odiati da quando
a
cinque anni l’avevano lasciata per errore tre ore sola con
suo nonno, degente
da mesi…”sorridi”, le dicevano in quel
periodo, “che nonno vuole vederti
allegra, Jannie”. Dopo quelle tre ore erano tornati trovando
lui morto, e
Janice a tremare…con un sorriso stentato sul volto,
perché le avevano detto di
sorridere e lei era una bambina obbediente…
«tu…voialtri
probabilmente avete le vostre cose in sospeso a
Belfast, e…»
«Janice, tranquilla. Non
siamo persone che fanno vita
mondana, viviamo di rendita, e al momento la nostra presenza serve
qui» disse
Lionel con quella sua voce molto profonda e altrettanto rassicurante
«la tua…la
nostra famiglia ha subito una disgrazia, e vogliamo dare a te e mio
cugino
tutto il sostegno possibile. Anche se lui non torna mai a
casa».
«però apprezza.
Lo giuro».
«lo so».
«però vostro
figlio sta saltando le lezioni…»
«la famiglia è
più importante di una lezione di danza. E
comunque così facendo dà anche conforto al
fratello dello sposo che è voluto
rimanere qui».
Ovviamente anche Zachary era rimasto.
I suoi genitori invece
erano ripartiti due giorni dopo l’incidente.
Per la prima volta, quando i suoi
genitori il primo giorno
avevano detto che sarebbero ripartiti quello seguente, si era visto uno
Zeke
senza quel suo sorriso un po’sereno e un po’da
Gioconda, ma con un’aria
glaciale da far paura nel dire ai suoi che ”possibile che
riteniate il lavoro
più importante del fatto che Michael stia male? A questo
punto mi chiedo che
razza di persone siete”.
Aveva detto loro così e se
n’era andato via dalla stanza. E
dopo avere ottenuto da Janice il permesso, il giorno seguente aveva
detto loro
di spedire tutta la roba che aveva lasciato a Washington lì
a Londra. A casa
con i suoi, dopo quello, non ci voleva tornare. In seguito magari
sarebbe
andato ad abitare altrove, ma intanto l’importante era andare
via da casa
propria.
«vero, soprattutto visto
che il ragazzo pare aver deciso di
rompere i rapporti con i genitori. Ho cercato di dirgli di rifletterci
su, ma
era più che convinto. E non mi andava di lasciarlo in mezzo
ad una strada»
disse Janice.
«capisco»
Gabrijela bevve un po’del proprio infuso. «vedrai,
andrà tutto a posto».
«lo spero…lo
spero tanto. Vorrei solo che Howie ogni tanto
tornasse anche qui. Non è solo Hammy ad avere bisogno di
lui, anche io ce l’ho!
E mi sento anche egoista a dire questo poi, perché quella in
coma non sono io!»
Gabrijela le accarezzò con
dolcezza i capelli. «è
comprensibile anche questo. Su, su…come ti ho detto, vedrai
che andrà tutto
bene».