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Autore: _Cthylla_    19/04/2014    3 recensioni
Dopo un matrimonio tanto voluto da una parte quanto osteggiato dall'altra, e soprattutto dopo l'incidente di Emerald, eccoci di nuovo qui con la nostra neo sposina in coma.
Si risveglierà?
E se si...sarà quella di prima?
Dal Cap.3:
Lionel bevve un abbondante sorso dal bicchiere. «secondo me è sbagliato il principio di fondo, in quello che dici. Chi può dire che, Warsman o non Warsman, mia nipote non sarebbe caduta lo stesso, magari per motivi diversi? O che non le sarebbe successo qualcosa di analogo che avrebbe portato comunque alla situazione attuale?» i due uomini si guardarono nei loro occhi verde smeraldo, nel soppesare quel che il più vecchio stava dicendo «quando succedono cose come questa è normale per un padre cercare dei colpevoli, tanto più per uno “innamorato” di sua figlia come sei tu. Se a Sebastian capitasse qualcosa del genere probabilmente reagirei alla stessa maniera. Ma in realtà non ci sono colpevoli qui, se non la sfortuna o il destino ingrato, se preferisci chiamarlo in questo modo».
Howard guardava l’orizzonte con aria pensierosa. «tu sai che non credo molto nel destino».
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kevin Mask, Nuovo personaggio, Robin Mask, Un po' tutti, Warsman/Lord Flash
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di smeraldo'
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Si accorse a stento dell’aprirsi della porta scorrevole alle proprie spalle.

«sei qui da cinque giorni. È il caso che ti riposi».

«sto bene. Posso continuare».

Aveva la voce roca per il parlare e leggere ad alta voce quasi continuo, e due occhiaie da far paura. Al di là di quel che diceva per Michael Connors, anzi Michael Lancaster, stare sveglio per cinque giorni e sei notti non era stato esattamente semplice. Ma non avrebbe mai lasciato quel posto accanto al letto di sua moglie, così come non l’aveva lasciato Howard Lancaster fino a poco prima.

«Michael…non era esattamente una proposta».

«voi…»

«“tu”».

Breve sospiro nervoso del soldato che non si era ancora abituato all’idea. «non…dormi…da dieci giorni. Dal giorno del matrimonio. Io nei primi cinque ho dormito qualche ora, tu…»

«anche».

Mentiva, ovvio che mentiva.

Da quando sua figlia aveva avuto quel tragico incidente cadendo dalla gradinata e battendo duramente la tempia contro la base della ringhiera in marmo, Howard H.R.J. Lancaster non aveva chiuso occhio.

Avrebbe dovuto essere un giornata magica,  invece si era trasformata in una giornata tragica. E lui non sapeva ancora perché.

Era quello a farlo impazzire, non sapere il vero perché sua figlia era in coma da dieci giorni.

Vero, era stato un incidente. Vero, la colpa della rottura di un tacco non di poteva dare a nessuno, erano cose che capitavano, ma in quel caso aveva quasi comportato la morte di sua figlia.

Dove stava andando quando era caduta?! Dove? Perché era andata in quella direzione?!

A detta dei dottori della sua clinica era viva solo e soltanto grazie alla sua tempra di chojin, in caso contrario quella botta l’avrebbe fatta fuori sul colpo. E non si sapeva né quando si sarebbe risvegliata né in che condizioni sarebbe stata se, quando, l’avesse fatto. Aveva subito un trauma cranico spaventoso, avrebbe necessitato di un’operazione, ma prima di poter agire bisognava che l’ematoma che si era creato si riducesse ancora un po’ prima di poter essere aspirato, e quel dannato versamento ci stava mettendo più del previsto a riassorbirsi, troppo più del previsto e…e ogni ora che passava aumentava il rischio di un danno forse permanente, di non si sapeva quale entità.

E lui, che di solito era quello che “poteva”, stavolta non poteva.

Con tutte le risorse che aveva a disposizione, Howard Lancaster non poteva fare niente di più di quel che lui, i dottori  e Michael stavano già facendo.

Si era sentito impotente, e non gli era piaciuto. Per quel motivo, resosi conto di non poter fare di più, appena poco prima aveva deciso di chiedere aiuto a qualcuno dei suoi soci in affari…

«ci sono novità?» Howard annuì lentamente. Una scintilla di vita comparve in volto all’americano «di che si tratta?!»

«una mia…amica…sembra possa fornirci un ritrovato che dovrebbe aiutare Hammy a risvegliarsi. Una medicina estremamente all’avanguardia delle sue parti».

Michael adesso era tanto speranzoso quanto scettico. Un cinquanta e cinquanta. «vorrei che fosse vero ma io nelle cure miracolose non ci ho mai creduto».

«ogni minuto che passa mia figlia rischia un danno permanente. Per far ridurre quell’ematoma tenterei anche un rito sciamanico, se pensassi che possa funzionare. Con tutti i mezzi che possiedo, io non posso fare più di così…ma “così” non basta. E forse è già tardi. Michael» lo guardò «tu sei suo marito, e adesso per sottoporla a questa nuova terapia mi serve la tua autorizzazione».

Lui che doveva dare l’autorizzazione al suo capo!

Pareva che il mondo si fosse rovesciato.

«qualunque cosa purché Emerald si risvegli ma…di cosa si tratterebbe?»

Howard stesso sembrava combattuto. «da quel che ho capito è un…fluido vitale…che aiuta a rigenerare rapidamente i tessuti. Autorigenerativo. Mandandone in circolo ad Emerald metà della dose completa che ci sarà data, potremo mandargliene in circolo la stessa quantità mezz’ora dopo senza che questo si esaurisca mai…»

Michael pensò che quella potesse essere solo una bufala di qualcuno che voleva approfittarsi di quella situazione per guadagnare un mucchio di soldi. «io ci credo poco. Che vuole in cambio questa…amica?»

«niente. Anche perché sinceramente dubito di avere qualcosa che possa interessarle».

Sempre più assurdo.

«…sul serio?»

«ti sembra che adesso sia in vena di mettermi a scherzare?»

«no. Solo che mi sembra incredibile».

«la cosa è questa: l’ematoma si sta riducendo troppo lentamente. Ogni minuto che passa Hammy rischia di non tornare più quella di prima, o perfino…di finire in un coma più profondo di questo, se non facciamo in fretta. Noi possiamo decidere di non tentare questa terapia o provare. E se non dovesse funzionare perlomeno avremmo tentato. Non le sarà nocivo, Michael, se pensassi che potesse esserlo non avrei nemmeno preso in considerazione la cosa».

L’americano strinse la mano sinistra di Hammy. Lei era pallida come le lenzuola del letto in cui giaceva.

«facciamolo».

Forse era bene tentare…perché per quanto ne sapevano poteva essere già compromessa, e a quel punto tutto ciò che potevano fare era limitare i danni.

 

 

:: Tokyo ::

 

 

«…grazie. Si, io…si. Lo dirò anche a lui. Va bene. A risentirci» Kevin terminò la chiamata.

«quindi…?»

Il ragazzo scosse la testa.

Warsman chiuse gli occhi con un sospiro nervoso.

Dieci giorni di coma ed Emerald non si era ancora ripresa, maledizione…e quel sospiro era il massimo che gli era consentito dare a vedere, mentre il senso di colpa lo rodeva come un tarlo rode il legno.

Per il russo la colpa di quel che era successo era stata sua. Sua e basta. Lui aveva messo quella canzone, lui l’aveva attirata lì, e lei era caduta, e aveva battuto la testa e…

Aveva passato i quattro giorni successivi nel motel dell’altra volta, non solo perché non se l’era sentita di tornare a Tokyo ma anche perché temeva di portare di nuovo un esercito nel quartiere dove abitava Kevin ed il ragazzo vedesse…vedesse e capisse di chi era la colpa…

Aveva pensato che se proprio doveva essere preso, non voleva che Kevin subisse un altro shock. E se rimaneva a Londra, gli uomini di Lancaster avrebbero fatto meno strada.

Si era sentito così male che aveva pensato di presentarsi nella tenuta e dichiarare che la colpa era sua, per alleggerirsi la coscienza. Lo avrebbero ammazzato ma forse se lo meritava perché con le sue azioni aveva quasi perduto la persona che non avrebbe mai voluto perdere, e ancora non si sapeva se valesse o meno la pena di anteporre quel “quasi”…

Poi aveva cambiato idea. Non era andato. Forse era qualcosa che aveva voluto credere per pura e semplice comodità ma non pensava che Emerald avrebbe voluto che lui andasse a farsi uccidere.

E in quei quattro giorni nessuno era venuto.

In fondo se anche i due piccoli bastardi -Zachary Connors e Sebastian Lancaster- avessero parlato di lui, avrebbero potuto solo dire di averlo braccato per poi averlo visto andare via.

Idem per Janice Lancaster che pur essendo la moglie di quello che secondo lui era il vero mostro si era rivelata una donna con un grande cuore visto che gli aveva medicato le ferite per poi lasciarlo andare.

«lady Janice mi ha detto di dirlo anche a te».

Quando Flash gli aveva raccontato di com’erano andati i fatti -decidendo di astenersi dal dirgli che Hammy era caduta “per colpa sua”- Kevin lì per lì si era stupito del gesto di Janice. Ma lo stupore gli era passato presto, perché che quella donna fosse una persona buona come il pane -antipatia verso i tedeschi a parte- lui già lo sapeva. Solo che…wow. Lo era stata anche con “la bestia”.

«la prossima volta che la senti ringraziala da parte mia. Dieci giorni…»

Di pensieri il russo ne aveva avuti tanti, di più e di meno razionali, uno dei quali era stato “ma va’ a vedere che quella puttanella lo fa apposta a farmi stare così!”…ovviamente si era reso conto subito dopo dell’assurdità di tale pensiero.

Ma il fatto era che non poteva credere che Hammy stesse davvero in quel modo. Era fin troppo resistente, quella lì, glielo aveva dimostrato. Se fosse morta per un tacco rotto sarebbe stato assurdo…era sopravvissuta alla Scuola di Ercole, era sopravvissuta al proiettile sparatole per errore dal suo stesso padre, era sopravvissuta a lui stesso, e volevano fargli credere che sarebbe andata a finire in quel modo?! No!!!

«si riprenderà, Warsman. Deve riprendersi».

Anche perché lui, Kevin, non intendeva mica arrendersi anche se lei era sposata. Eh no. Lui voleva lottare ancora, il matrimonio non era più un incastro definitivo, esisteva sempre il divorzio, volendo. E se davvero l’americano aveva perfino rinunciato ai diritti sul suo patrimonio, non avrebbe avuto nemmeno problemi in tal senso.

«si…ma se, o quando, si riprenderà, come sarà? Un colpo come quello avrebbe potuto ucciderla».

Timori fondati, ma Kevin cercava di pensare positivo.

«maledizione, non metterti a fare il menagramo! Cristo! …e se anche avesse qualche problema…beh…fosse paralitica, suo padre troverebbe il verso di farla tornare a camminare, dovesse anche sostituirle gli arti con delle protesi biomeccaniche. Se si svegliasse cieca, troverebbe il modo di riparare o sostituire quel…quel che non funziona…e farla tornare a vedere. Se si svegliasse sorda idem. Troverebbe il modo di farla tornare com’era…o quanto più possibile gli va vicino. Non è quello che “I can”, lui?!»

Anche Kevin non aveva mica tutti i torti.

A quel punto non rimaneva che sperare.

 

 

:: Londra ::

 

 

«…infuso».

«Gabrijela…grazie».

«di niente».

Dopo la tragedia Lionel Charles Eirik John Lancaster e famiglia avevano deciso di rimanere lì a sostegno, trovando una accoglienza calda per quanto possibile. Il loro era un gesto che era stato apprezzato, naturalmente, ed era in particolar modo Janice a trarne beneficio.

Era andata a trovare Hammy diverse volte, ovviamente, ma in tutti quei giorni nonostante ci avesse provato non era riuscita a convincere il marito a tornare a casa; lui sarebbe rimasto lì finché Emerald non si fosse svegliata. Ovviamente la chiamava tre volte al giorno tutti i giorni, ma non era la stessa cosa che averlo vicino.

Le aveva detto di restare a sua volta in clinica, ma Janice non ce la faceva. Odiava gli ospedali, li aveva sempre odiati da quando a cinque anni l’avevano lasciata per errore tre ore sola con suo nonno, degente da mesi…”sorridi”, le dicevano in quel periodo, “che nonno vuole vederti allegra, Jannie”. Dopo quelle tre ore erano tornati trovando lui morto, e Janice a tremare…con un sorriso stentato sul volto, perché le avevano detto di sorridere e lei era una bambina obbediente…

«tu…voialtri probabilmente avete le vostre cose in sospeso a Belfast, e…»

«Janice, tranquilla. Non siamo persone che fanno vita mondana, viviamo di rendita, e al momento la nostra presenza serve qui» disse Lionel con quella sua voce molto profonda e altrettanto rassicurante «la tua…la nostra famiglia ha subito una disgrazia, e vogliamo dare a te e mio cugino tutto il sostegno possibile. Anche se lui non torna mai a casa».

«però apprezza. Lo giuro».

«lo so».

«però vostro figlio sta saltando le lezioni…»

«la famiglia è più importante di una lezione di danza. E comunque così facendo dà anche conforto al fratello dello sposo che è voluto rimanere qui».

Ovviamente anche Zachary era rimasto. I suoi genitori invece erano ripartiti due giorni dopo l’incidente.

Per la prima volta, quando i suoi genitori il primo giorno avevano detto che sarebbero ripartiti quello seguente, si era visto uno Zeke senza quel suo sorriso un po’sereno e un po’da Gioconda, ma con un’aria glaciale da far paura nel dire ai suoi che ”possibile che riteniate il lavoro più importante del fatto che Michael stia male? A questo punto mi chiedo che razza di persone siete”.

Aveva detto loro così e se n’era andato via dalla stanza. E dopo avere ottenuto da Janice il permesso, il giorno seguente aveva detto loro di spedire tutta la roba che aveva lasciato a Washington lì a Londra. A casa con i suoi, dopo quello, non ci voleva tornare. In seguito magari sarebbe andato ad abitare altrove, ma intanto l’importante era andare via da casa propria.

«vero, soprattutto visto che il ragazzo pare aver deciso di rompere i rapporti con i genitori. Ho cercato di dirgli di rifletterci su, ma era più che convinto. E non mi andava di lasciarlo in mezzo ad una strada» disse Janice.

«capisco» Gabrijela bevve un po’del proprio infuso. «vedrai, andrà tutto a posto».

«lo spero…lo spero tanto. Vorrei solo che Howie ogni tanto tornasse anche qui. Non è solo Hammy ad avere bisogno di lui, anche io ce l’ho! E mi sento anche egoista a dire questo poi, perché quella in coma non sono io!»

Gabrijela le accarezzò con dolcezza i capelli. «è comprensibile anche questo. Su, su…come ti ho detto, vedrai che andrà tutto bene».

   
 
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