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Autore: Kim NaNa    25/04/2014    4 recensioni
Storia momentaneamente sospesa
Un regno incantato: Nymphas.
Una lotta cruenta.
Due giovani amanti.
Una figlia da proteggere.
Dei segreti da svelare.
L'incontro tra odio e magia, tra amore e vendetta.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mamoru/Marzio, Nuovo personaggio, Setsuna/Sidia, Usagi/Bunny | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Sul pianeta blu. - 18 anni dopo. -
 
Una leggera brezza invernale sfiorò la morbida chioma dorata che giaceva addormentata su un piccolo letto a baldacchino.
Il profumo dell’imminente pioggia pervase tutte le stanze dell’orfanotrofio White Moon mentre due occhi di zaffiro si dischiudevano alla luce di quel grigio mattino.
Lentamente sgattaiolò dalle coperte, sedendosi dinanzi alla sua specchiera.
Rimirò la sua candida carnagione, strofinando gli occhi ancora assonnati e cominciò a pettinare i lunghi e lucenti capelli color del sole.
E tra un colpo di spazzola e uno sbadiglio soffocato, di nuovo le tornò alla mente quella dolce melodia che l’accompagnava dalla nascita:
 
Non devi piangere, mio dolce amore…
La Luna ti veglierà…
Fa’ che il mio canto ti resti nel cuore…
Così insieme a te crescerà.(*)
 
Da sempre quella melodia l’accompagnava.
Qualunque cosa facesse, quel dolce canto le tornava alla memoria invadendo il suo cuore di un rassicurante calore.
Ma chi glielo aveva insegnato?
Nessuno conosceva quel canto al White Moon.
«Madre… è forse questa melodia l’unico ricordo che mi resta di te?»
Dagli occhi cerulei della fanciulla scese una lacrima silente.
Un leggero picchiettio alla porta la distolse da quel malinconico pensiero, riportando la sua attenzione sui suoi capelli.
«Avanti.»
Una donna dai lungi capelli scuri e dai penetranti occhi porpora entrò nella stanza, sorridendo.
«Ben alzata Usagi. Posso aiutarti a spazzolare i tuoi morbidi capelli?»
Usagi arrossì e porse lentamente la spazzola alla donna.
«Certo, signorina Setsuna.»
Setsuna Meio era la direttrice dell’orfanotrofio White Moon.
Taciturna e meticolosa, adorava i bambini e le piaceva prendersi cura di tutti i giovani, accolti in quella grande casa, come fossero figli suoi.
Per Usagi, la signorina Setsuna, era stata l’unica madre che avesse mai avuto.
Era orfana. Non aveva nessuno al mondo e ogni qualvolta chiedeva notizie dei suoi genitori, la direttrice le accarezza dolcemente il capo, sussurrando:
«Non ora, piccola Usagi. Non sei ancora pronta per affrontare la verità. Ti svelerò ogni cosa quando verrà il momento.»
Ma quando sarebbe arrivato il momento?
«Signorina Setsuna…»
Le tremò la voce e distolse lo sguardo dallo specchio per evitare d’incontrare gli occhi penetranti della direttrice.
«…quando potrò sapere chi erano mia madre e mio padre? Perché non mi è concesso uscire liberamente da qui senza indosso un mantello nero con cappuccio? E poi… perché canto sempre la stessa dolce, incantevole melodia? La prego signorina, mi dica chi sono realmente?»
Setsuna continuò a districarle i morbidi fili di grano, inspirò e prese a parlare.
«Bambina mia… ci sono cose che è meglio non conoscere. Il tuo animo è estremamente sensibile e potrebbe soffrirne troppo… e io non voglio che tu soffra.»
Le posò un bacio sui capelli, ma d’un tratto Usagi le gettò le braccia al collo, singhiozzando.
«La prego, signorina… mi dica la verità! Io ho bisogno di sapere! Io devo sapere!»
Stettero così, l’una stretta all’altra, confondendo le proprie sincere lacrime in quell’abbraccio carico di affetto.
«Adesso calmati, bambina mia e asciugati le lacrime, detesto vederti piangere.» Setsuna la osservò dallo specchio; Usagi si teneva stretta a lei, nascondendo quei capelli divenuti ormai motivo di sconforto.
«Guardami, Usagi.» Disse « E ascoltami bene. Forse è giunto il momento che tu sappia la verità… »
Il cuore di Usagi tremò.
Il momento era arrivato. Le sue domande avrebbero avuto, finalmente, una risposta.
«Usagi, tu sei figlia di un amore proibito…» Proclamò con voce ferma. «Tua madre era la bella e fiera Ninfa Selene mentre tuo padre era un giovane terrestre. Lucas era il suo nome.»
Al suono di quelle parole Usagi allargò un ingenuo sorriso.
«Mia madre una Ninfa? Signorina Setsuna, pensa davvero che io possa credere a una simile sciocchezza? Tsè! Ninfe! Se non me lo vuole raccontare non importa, troverò un altro modo per conoscere il mio passato.»
Setsuna la guardò con fare materno e la strinse dolcemente al petto.
«Piccola mia… so quanto possa sembrarti assurdo tutto questo, ma durante questi diciotto anni non ti ho mai mentito. Ho preferito tacere pur di non farti vivere una vita all’insegna della menzogna. Sai, Usagi… neanche io sono una terrestre. Io appartengo alla stirpe degli Elfi e quasi vent’anni addietro, insieme alle Ninfe, abitavamo sul pianeta Nymphas. Era un posto incantato e protetto dalla benevolenza della potente Luna. Non conoscevamo la guerra, la paura, il dolore, la morte… vivevamo in pace tra i canti idilliaci delle suadenti Ninfe e la bontà dei coraggiosi Elfi. Ma un giorno l’uomo arrivò sulla Luna e si impadronì di quel luogo sacro violandolo e devastandolo e in breve tempo scoprì il nostro pianeta. Accecati da un acerrimo desiderio di potere, i terrestri diedero inizio ad una battaglia sanguinosa contro gli abitanti di Nymphas e dopo aver lottato con tutte le nostre forze capitolammo. I pochi sopravvissuti della nostra specie furono condotti qui sulla Terra, non prima, però, che la divina Luna ci donasse la facoltà di non provare odio. Tra ingiustizie ed angherie Elfi e Ninfe cercarono la via del dialogo con i terrestri, riuscendo così a instaurare un lieve rapporto amichevole con quegli uomini che, privi di una strana e devastante forza malefica, si rivelarono allegri e di buon cuore.»
Sul volto etereo della dolce Usagi, palesava un’accentuata smorfia di stupore.
«Nymphas…» mormorò.
«In quegli anni di tregua e serena coabitazione, tua madre, Selene, si innamorò di Lucas, un giovane terrestre dalla lucente capigliatura dorata e dall’animo forte e coraggioso. Ma, ahimè, su Nymphas vigeva l’obbligo di non poter aver contatti di nessun genere con esseri non appartenenti agli abitanti del nostro pianeta. E quando tua madre scoprì di aspettare te, fu la gente del nostro popolo a ribellarsi. Selene e Lucas furono separati e il loro amore vide il tramonto alla stregua di una violenta battaglia che vide perire la regina della Terra: Beryl. Tua madre fu imprigionata in una grotta circondata dalle acque, sulle quali, ogni notte si specchiava la regale Luna e in quella totale solitudine ti diede alla luce, allevandoti per i primi mesi, con amore e devozione…»
Due piccole gemme di cristallo rigarono il volto della fanciulla dai capelli dorati.
«La melodia… Setsuna, quella melodia che ho sempre cantato in questi anni… era mia madre che me la cantava?!»
«Sì, bambina. In quella melodia sono racchiusi i ricordi di quando eravamo felici su Nymphas e la speranza di poter, un giorno, ritornare al nostro antico splendore presso quel pianeta che ci è rimasto nel cuore.»
Usagi balzò in piedi, sciogliendosi dall’abbraccio.
Passeggiava nervosamente nella sua stanza con le lacrime che continuavano a scenderle lungo le guance.
«Perché, allora, sono cresciuta qui? Dov’è adesso mia madre?»
La signorina Setsuna volse lo sguardo oltre la finestra, perdendosi tra le copiose gocce di pioggia che scaturivano dal cielo.
«In una notte di plenilunio, uomo di nome Kunzite si recò presso la grotta e, approfittando del sonno di Selene, ti portò via conducendoti in questa casa, un tempo abitata dal generale Zoisite, che io ho trasformato in orfanotrofio. Di tua madre non si seppe più nulla. C’è chi dice che si sia lasciata annegare tra le acque cristalline di quel luogo silenzioso, chi asserisce di averla vista avvolta in una luce argentea prima di scomparire in direzione della Luna.»
Gli occhi tristi e melanconici della direttrice tornarono a posarsi in quelli azzurrini di Usagi.
Era scossa dai singhiozzi e il candore della sua morbida pelle riluceva nel buio di quella camera.
Lentamente Usagi le si avvicinò e dopo essersi accovacciata per terra, posò la sua testa sulle gambe di quell’affettuosa donna.
«Setsuna… allora sono davvero sola al mondo. Ma spiegami, perché non mi hai mai permesso di superare i cancelli del White Moon, perché devo sempre indossare un mantello scuro e coprirmi sempre il capo? Perché non posso cantare dinanzi agli altri?»
Setsuna cominciò ad accarezzarla e, lieta del calore che percepiva da quel fragile corpo, proseguì il suo racconto.
«L’ho fatto solo per proteggerti. Crescendo ho notato quanto, il tuo dolce viso, somigliasse a quello della tua cara madre e come la tua chioma color del sole ricordasse quella del giovane Lucas. Ho preferito tenerti custodita nella mia casa per evitare che uomini pieni di rancore potessero farti del male. E poi il tuo canto… la dolce melodia che sprigioni con la tua musicale voce, ricorda i canti fatati delle Ninfe che, negli anni di pace, hanno incantato molti esseri umani. Usagi, bambina mia… quando ti ho avuto per la prima volta tra le braccia, avevi solo otto mesi. Eri un batuffolo dagli color del cielo e il sorriso sempre sulle labbra; sola e senza famiglia. Ti ho allevata come se fossi la mia bambina e ho cercato di preservarti da ogni male. Perdonami per non averti svelato prima le tue origini… ma… io ti voglio bene e non vorrei ti accadesse mai nulla di spiacevole.“
Strinse amorevolmente quella morbida capigliatura, lasciando che delle calde e sincere lacrime le solcassero il viso.
Per la prima volta, dopo anni, Usagi conobbe il lato fragile di quella donna che aveva sempre creduto forte e impassibile. Meravigliata e stupita si alzò con estrema cautela e la guardò negli occhi.
Le sorrise e le gettò le braccia al collo.
«Setsuna, tu sei l’unica madre che io abbia mai avuto. Ti ho sempre considerato tale, mi hai amata, allevata, curata e custodita e io ti voglio bene proprio come una figlia farebbe con la sua vera madre.»
La signorina Setsuna la strinse più forte, affondando il volto pieno di lacrime nei biondi capelli della fanciulla.
Restarono a lungo così.
L’una stretta a l’altra, perse in quel dolce tepore che solo una madre sapeva donare.
Quando sciolsero quella calda unione, fuori la pioggia aveva cessato di battere.
«Va’ bambina. Indossa il tuo mantello e percorri le strade di Crystal City. Ma sta’ attenta. Tu sei il frutto proibito di un amore contestato… e gli esseri umani sono in grado di odiare anche qualcuno che brilla di innocenza come te.»
Gli occhi cerulei di Usagi s’illuminarono. Corse da Setsuna, saltellando in preda alla gioia.
Oltre il cancello del White Moon c’era la vita, un’altra vita e lei aveva sempre desiderato poterla conoscere.
Indossò un lungo mantello purpureo, adagiò il cappuccio sui capelli color grano e dopo aver baciato Setsuna su una guancia, raggiunse il cancello d’ingresso correndo.
Aprì l’imposta di ferro argentato guardando prima dietro di sè.
La direttrice la osservava da dietro la finestra della sua camera. Usagi sorrise e la salutò agitando la sua piccola mano.
Oltrepassò il cancello e quella dolce melodia le tornò prepotente alla memoria, come se supplicasse d’essere musicata.
«Madre…» Usagi indirizzò il suo sguardo verso il cielo plumbeo e sottovoce intonò quella tanto cara nenia che le riscaldava il cuore.
«Chi sei tu, che delizi il cielo dolente con una tale dolce melodia?»
Quella inaspettata e profonda voce maschile la fece sussultare. Timorosa e spaventata, alzò piano il capo verso la figura che era apparsa, improvvisamente, sul suo cammino.
Ebbe un fremito il cuore di Usagi quando incontrò lo sguardo di quell’uomo.
Mai aveva visto degli blu così magnetici e luminosi.
Mai aveva visto un volto così volitivo e affascinante.
Lento le cadde il cappuccio dalla testa, mostrando allo sconosciuto viandante, quella chioma che avrebbe dovuto tenere nascosta.
Come rapito da una forza superiore, l’uomo le si avvicinò adagio senza mai distogliere lo sguardo da quei languidi occhi azzurrini.
E quando furono l’uno dinanzi agli altri, occhi negli occhi, lui le afferrò la mano e baciò il dorso inchinandosi con fare cerimonioso.
«Sono il principe ereditario Mamoru Chiba, milady. Lieto di averla incontrata in questa uggiosa giornata.»
Usagi non parlò. Restò a guardarlo senza riuscire a staccare lo sguardo da quegli occhi blu come l’oceano che aveva sempre visto sui libri. E fu allora che lo sentì.
Il suo cuore.
Batteva più in fretta e lo sentiva dimenarsi nel suo petto come mai prima aveva fatto.
Cos’era quello sfarfallio che avvertiva nel suo addome?
Cosa le stava accadendo?
Era da questa nuova, ma piacevole sensazione che Setsuna voleva proteggerla?
Usagi non seppe rispondersi e continuò a rimirare, estasiata, quegli occhi di zaffiro che non smisero di sorriderle.

 
Note: (*) liberamente ispirata al canto conosciuto nel movie animato Il principe D’Egitto della DreamWorks Animation.

NdA: Vorrei innanzitutto ringraziare tutte coloro che hanno letto il capitolo precedente, le ragazze che hanno recensito e quelle che hanno inserito questa mia fic tra le preferite/ricordate/seguite.
La storia comincia, pian piano, a prendere forma e spero di entusiasmarvi anche inseguito.
Se avete consigli, annotazioni da fare, non esitate a scrivermi.
Spero di avervi offerto una lettura piacevole. ^^
Con affetto,


Kim Nanà
 
   
 
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