Anime & Manga > Dragon Ball
Segui la storia  |       
Autore: _Arika_    18/07/2008    4 recensioni
-Conosci i Sayan?
Lektar sembrava leggere i miei pensieri. Mi scrutava in attesa che dentro di me prendessi una decisione.
Decisi di mantenere una linea il più corretta possibile.
-Non credo di poterti dire davvero come li conosco- dissi –Però vengo da talmente avanti nel tempo che non credo di poter essere un pericolo per voi. Io non sono una Sayan, se questo può tranquillizzarti, ma sono sicura che l’avessi già capito. E’ anche vero quanto ho detto prima, e cioè che la mia razza è molto debole, quindi non credo di poter essere un pericolo. E in ogni caso io NON VOGLIO, essere un pericolo.
Lektar si avvicinò di nuovo e si risedette sul cubo bianco.
–Quindi li conosci da vicino, se dici che è per via del divario temporale che non puoi essere un pericolo.
Anuii lentamente. –Li conosco bene. Ma nel mio mondo credo che loro siano molto diversi da come credo siano nel vostro.
-Sono esseri crudeli e sanguinari?
-No.
-Allora sì, sono molto diversi.
Genere: Drammatico, Avventura, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Nuovo personaggio, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

LA GUERRA DEI MONDI



DISCLAIMER: Vegeta, Bulma, Crilin e Yamcha sono personaggi del manga Dragon ball di Akira Toriyama. Gli altri protagonisti della storia sono invenzione della fantasia dell'autrice. La presente storia non persegue scopo di lucro, e ogni riferimento a fatti o persone realmente esistenti è puramente casuale.

Non si dichiara intesa nessuna violazione delle norme riguardanti il diritto d'autore.

E' possibile utilizzare personaggi, trama o parti del testo solo con il consenso dell'autrice.



CAPITOLO 1- INDIETRO


Le fiamme lambiscono il terreno divorando piante e arbusti. Il quinto sole splende alto e sembra voler mostrare all'universo l'accaduto.

Due cadaveri riversi in terra, con le code tagliate che ancora si agitano debolmente, fissano la città verso cui erano diretti quando il colpo li ha raggiunti.

Riverso in terra ma ancora vivo, Vegeta chiude gli occhi nel tentativo di pensare.

I rumori gli giungono alle orecchie propagandosi nel terreno e sono rumori di passi deboli.

Uno scienziato si avvicina e lo prende per i capelli. Gli solleva il volto in posizione innaturale.

-Respira ancora- Vegeta lo sente dire, in direzione di altri passi che ora si avvicinano anche loro.

Lo scienziato è giovane ma ha mani esperte, lascia ricadere il volto in terra e col lo stesso gesto gli solleva un braccio. L'arto ricade con un tonfo e Vegeta vorrebbe urlare ma ha la bocca paralizzata.

Solo un gemito strozzato gli esce dalla gola imprigionata nel corpo immobile e impotente.

-Il disgregatore di particelle ha funzionato perfettamente- dice ancora lo scienziato. -E' cosciente ma il corpo non dà segno di potersi muovere.

Vegeta vorrebbe alzarsi e strappargli la testa con un morso. Con un ultimo tentativo prova a issarsi sulle gambe, ma è come se il corpo fosse fatto d'acqua. Niente risponde ai suoi comandi.

Lo scienziato dice ad altri uomini di sollevarlo e portarlo dentro.

Dentro dove ha paura di saperlo.

Sente le voci gentili ma fredde come il ghiaccio.

-Potrebbe sempre tornarci utile.


---


La macchina del tempo non era per niente lo scherzo che pensavo quando Trunks mi aveva portato la copia del progetto.

-Mia madre me l'ha dato prima di partire- aveva detto allungandomi un cilindro nero di quelli per i progetti delle case -ha detto che ci ha messo anni a capire come costruirla e risparmiarti la fatica poteva essere una buona idea.

Avvitai l'ennesimo ingranaggio e uno schizzo d'olio mi colpì in centro al petto.

Il progetto era ben chiaro, il metterlo in pratica lo era meno.

Fuori dal laboratorio il sole splendeva nel cielo limpido di un nuovo inizio maggio. Dalla finestra alle mie spalle la luce entrava come a voler illuminare quell'invenzione degli dei.

Mi sedetti sul poggia piedi della scala e mi scostai con il polso una ciocca di capelli dalla fronte.

-Uff...

Guardando quella macchina dalle fattezze familiari, il pensiero volò a Trunks e alla sua impresa come un passaggio logico e necessario.

Riconoscevo che l'essere felice mi aveva resa meno altruista della me stessa del futuro.

Avevo aspettato anni prima di costruire quella macchina, presa com'ero dall'abituarmi al pensiero che in un'altra dimensione sarei stata sola dopo lo scontro con i cyborg, e invece Vegeta e i miei amici erano tutti sani e salvi.

O meglio, quasi tutti.

Ma un giorno di pochi mesi prima, scartabellando nell'archivio per cercare non so più che cosa quel foglio dall'alto di uno scaffale mi era caduto in testa. L'avevo preso con noncuranza per ricacciarlo nuovamente nell'armadio ma quando l'occhio mi era caduto sulla dicitura del titolo "macchina del tempo" mi ero fermata.

Guardai fuori dalla finestra una rondine che passava.

Già, per anni mi ero dimenticata di quel progetto.

E il ricordo di Trunks mi aveva riscossa come una folata di vento gelido.

Gli occhi dell'altro Trunks erano così tristi e così pieni di speranza che il solo pensiero bastava a intenerirmi.

Non fosse stato lui a darmi quel progetto, riconobbi che mai avrei costruito una macchina per salvare un mondo che non era il mio.

Ma il non ricambiare quel gesto d'amore era così meschino che persino io non potevo esservi indifferente. Il nostro mondo era ancora in piedi grazie a una me stessa che aveva imparato a vedere più in là della propria casa.

Della propria dimensione, persino.

Quindi a febbraio di cinque anni dopo la partenza di quel mio figlio che mio non era, mi ero chiusa in quella stanza con il progetto e la determinazione di chi sa di star facendo la cosa giusta.

E quel giorno era la fine dell'avventura.

O per lo meno della costruzione.

-Finalmente...

Dalla tasca della tuta estrassi una sigaretta e l'accesi guardando fuori.

Il giardino silenzioso diceva che non era ancora l'una e mezza. Avrei sentito Trunks chiedere cosa c'era da mangiare, se fosse già stata l'ora della pausa pranzo prima del pomeriggio di dopo scuola.

Scesi dalla scale e uscii dal laboratorio.

Un leggera sensazione mi fece voltare poco prima che lui parlasse.

-Devo ripeterti per la millesima volta che quella roba ti distruggerà i polmoni?- disse Vegeta passandosi un asciugamano sui capelli bagnati che avevano sempre rifiutato phon e pettine.

Guardai la sigaretta e mi resi conto della stanchezza che avevo in corpo dal poco entusiasmo che provavo.

-Questa me la devi far passare. Sto festeggiando la fine dell'impresa.

Vegeta si avvicinò fermandosi sulla soglia del laboratorio. -L'hai finita?

Anuii continuando a guardare la sigaretta che fumava. -Già...finalmente...

Il mancato sonno dei tre giorni precedenti mi stava calando addosso come il sipario di un teatro.

Smisi di guardare la sigaretta solo quando sentii due braccia forti cingermi fianchi e gambe per sollevarmi dal pavimento.

-Che fai?-domandai con voce flebile.

Vegeta si incamminò nel corridoio e riconobbi l'umido della asciugamano sulla sua spalla sotto la mia testa. Piccole gocce d'acqua mi cadevano sulle braccia. La sigaretta cadde in terrà e lì restò.

-Ti porto a letto. Sembri un cadavere che cammina.

Mi stava portando in braccio fino in camera da letto. Era una scena che poteva essere di un film. Ancora più improbabile pensarla su di noi.

Se l'altro Trunks ci avesse visto non avrebbe creduto ai propri occhi.

Ed era grazie a lui e a un'altra me se tutto ciò stava accadendo.

-Il cavallo bianco dove l'hai parcheggiato?-mormorai.

Immaginai lo sguardo di Vegeta chinarsi su di me. -Cosa?

Appoggiai la testa contro il suo petto. Con l'orecchio destro sentii il cuore battere.

-Niente, era una battuta stupida.

Abbandonata a quel suono dolce, mi addormentai tranquillamente.



---



Trunks posò la cartella di scuola sul divano urlando un -Mamma! Sono a casa!- in direzione della cucina. Si sfilò la giacca leggera dalla vita e l'appese ad una sedia.

-MAM...

-Zitto Trunks!

Trunks si zittì vedendo Vegeta comparire all'improvviso sulle scale.

-Rimettiti la giacca- disse Vegeta, infilandosi la maglia di una tuta. -Tua madre è di sopra che dorme e sono tre giorni che non chiude occhio. Andiamo fuori a pranzo.

Vegeta uscì all'aperto senza aspettare il figlio. Giunto in cortile si fermò e guardò l'albero cui stava appoggiato il giorno in cui aveva salutato l'altro Trunks.

La macchina era finita.

E lui era ancora lì.

Gli sembrava passato un secolo da quei giorni, forse perchè nella tranquillità di sapere di avere ancora tutto il tempo a disposizione le giornate erano scorse un po' più lente. Per contro i tre anni in attesa di C17 e C18 erano stati lunghi un giorno, scanditi da orari massacranti e giornate tutte uguali. Non ricordava nulla di quei tre anni, a parte le parentesi del tempo passato in compagnia di Bulma, mentre di quei 5 anni ricordava molte cose. Infinite gite al mare, in montagna, giri alle giostre. Persino un giro per negozi, che non avrebbe ripetuto.

Con un moto di finta stizza Vegeta scacciò il pensiero delle vacanze con la famiglia.

In quel momento Trunks uscì saltellando e si chiuse alle spalle la porta a vetri.

-Andiamo allo zoo?-chiese avvicinandosi, con aria speranzosa.

Vegeta pensò a quanto quel bambino sembrasse un altro rispetto a Lui.

-Va bene. Ma non pensare di entrare nella gabbia dei leoni come l'altra volta.

Padre e figlio si avviarono nel vialetto.

Un consueto ritratto familiare.



---



Il locale in cui mi sveglio è buio e asettico come solo una prigione di Eos può essere.

Sono coricato su qualcosa che sembra acciaio. Caviglie e polsi fermati da quattro anelli impernati nel piano grigio. Sul mio corpo avverto delle fasce, ma la luce che ho puntata dritta in faccia mi impedisce di vedere.

Nel locale sono solo.

Le ossa sembrano rispondermi.

Ma adesso il problema non sono loro.

Sono davvero incatenato.



---



Quel pomeriggio dormii profondamente e feci dei sogni che non ricordo.

Erano le sette e mezza quando il torpore mi abbandonò e aprii gli occhi vedendo il soffitto della camera da letto.

Indossavo la canottiera e un paio di pantaloncini di quelli che Vegeta utilizzava per allenarsi. Doveva avermi svestita e rivestita con quel che c'era in giro, nel timore di svegliarmi col rumore delle ante dell'armadio.

Mi stiracchiai sbadigliando con un sorriso sulle labbra.

Era davvero bella, la mia vita.

Ero tentata di non alzarmi ma il pensiero di rimanere sveglia per la notte intera mi spinse a trascinarmi giù dal letto e buttarmi sotto la doccia.

Lasciai che l'acqua calda lavasse via ogni residuo di sudore, stanchezza e sonno. Sotto il getto dell'acqua bollente sollevai il viso e chiusi gli occhi.

Chi ci avrebbe mai scommesso, che dopo sette anni saremmo stati ancora lì?

Probabilmente nemmeno io ci avrei scommesso, quando ero rimasta incinta, infatti, non avevo neanche considerato l'idea di chiedere a Vegeta quale fosse il suo cognome.

Era chiaro che quel figlio sarebbe stato solo mio.

E il tempo aveva deciso che il mio pensiero era un errore.

Mi vestii con calma già sapendo che Vegeta doveva aver portato Trunks in giro. In casa non si sentiva alcun rumore. Pensare a Vegeta con Trunks al parco mi faceva ridere e sorridere al tempo stesso.

Una scena così assurda che era troppo bella per non pensarci.

La macchina del tempo era ancora lì, con la scala montata al lato e il mozzicone di sigaretta nel corridoio dell'entrata.

Mi avvicinai a piedi scalzi.

Vista da sotto non c'è che dire, era quanto di più bello la mentre umana potesse mai pensare. E saperne le potenzialità la rendeva davvero la macchina degli dei.

Gohan si era proposto di utilizzarla al più presto una volta ogni 6 mesi, l'avrebbe fatto più spesso ma quelli erano i tempi di ricarica. Chichi non aveva acconsentito, ma su quella storia il figlio non aveva accettato nè ma nè se.

Decisi di chiudere il portello e dare una pulita all'abitacolo, cosicchè fosse pulita e pronta già per l'indomani.

Lasciandomi scendere sul sedile presi uno straccio e una soluzione lucidante per il vetro.

Non mi accorsi della macchia d'olio che aveva lasciato sul bordo della chiusura un residuo nero e scivoloso. Solo quando il mio piede perse aderenza e caddi in avanti aggrappandomi al portello circolare, mi resi conto della macchia.

Ma in quel momento tutto divenne buio e svenni.



--



Jasper stava attraversando la landa verde verso la città del Blu, quando la macchina apparve dal nulla e si schiantò a terra con un tonfo sordo.

Dopo alcuni secondi di silenzio, Jasper si avvicinò sperando che non fosse un altro Sayan.

Ne aveva già visti troppi un giorno solo.

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Dragon Ball / Vai alla pagina dell'autore: _Arika_