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Autore: Ethelweiss    21/07/2008    1 recensioni
Sette bambine che non ricordano il loro volto si risvegliano su un altare sacrificale. Le loro menti si incontreranno aldilà della morte e della vita. Coloro che hanno sempre evitato la vita, conosceranno la morte ed il dubbio in tutte le sue forme.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Acqua

Mi lasciarono andare. Avevo caldo. Molto caldo. Ero calda e palpitante. La mia gola era in fiamme. Più che in fiamme. Il mio stomaco si contorceva incessantemente.

Mi alzai e mi diressi di corsa verso il vecchio lavatoio. Vomitai l’anima, a scatti violenti e laceranti. Una di loro corse verso di me e mi sollevò con forza i capelli. Continuai a gettare conati bollenti nel lavello per qualche minuto, finché nuove lacrime salirono ai miei occhi ed il naso cominciò a gocciolare copiosamente.

Uno strozzato gemito mi avvertì della fine. Rimasi a testa in giù ancora per un attimo, fissando ciò che fino ad ora aveva vagato nelle mie piccole interiora.

Acqua.

Acqua.

C’era l’acqua.

La corrente ci separa, ultimo ostacolo da superare, ultima prova da affrontare per ricevere il premio finale. Non sento urla. Siamo tranquilli. Sono tranquilla. L’acqua era deliziosamente gelida.

Mi trascinò per un po’, poi cacciai la testa sotto. Tutto di me era acqua. Io ero acqua. Io ero corrente. Io ero risacca, ero onda. Fino a quando persi il respiro, la determinazione non mi abbandonò. Ma poi, eccolo, inevitabile. L’istinto di sopravvivenza fatica ad abbandonarci.

-Voglio vivere.-

-No, non lo vuoi, non puoi più.-

-io voglio vivere. Voglio respirare. Voglio amare. L’aldilà non esiste. Vivere ora.-

-No, zitta, la vita è tormento e dannazione. Là, è meglio di qua. –

-Ma io…-

Cercare di raggiungere la luce, la luce, la luce, la luce buona, la luce vitale, non gli abissi oscuri… il tempo è scaduto, la carezza vitale mi abbandona… ho davvero amato e vissuto… ed ho scelto il dubbio…. Ho scelto… il mio castigo….

 

Acqua. Acqua. Avevo vomitato la morte. Se davvero avevo sconfitto la morte, cosa ero? Stavo vivendo una pallida imitazione della vita, o davvero ero scesa nell’ade, buttando la posta in gioco? Acqua. Acqua.

-Va meglio?- mi chiese la piccola.

-Mmm.. mm..-  passai la manica logora sulla bocca.

-è normale, dopo tutto questo… ci sentiamo tutte un po’…-

-Un po’, Cat? Un po’? Io vorrei uccidermi di nuovo, qui, ADESSO, vorrei essere in pace, vorrei il nero ed il buio, ma, che cazzo, non posso riposare!!! Perché DIO MI VUOLE QUI?- ululò la biondina.

-Dio non esiste, idiota- sussurrò Carolina. –Dio non esiste. Noi siamo sole. Noi siamo sole. Nessuno ci aiuterà mai. Questa è la morte. Questo è l’inferno. Tutto ciò è fine. Siamo scese qua per vivere un’eternità di dolore, dietro ogni porta c’è dolore, c’è l’infinità di sofferenza. Dio è solo qui- le afferrò la testolina-tu odi il tuo dio per non averti presa con sé. Tu odi te stessa per non avere trovato la forza di continuare. Ma, vedi, mia piccola amica, il tuo dio non esiste. Il tuo dio è sempre stato solo una figura obbediente alle tue risorse, ed ora che ha mancato la sua ultima promessa, il tuo odio ti sta trascinando qui. Con noi. Sei morta, amore mio, ti sei uccisa, e questo è ciò che hai trovato sotto la botola in cantina. -  scaraventò il corpicino a terra, dura e bellissima. Carol era morta dentro prima di esserlo fuori.

Maria riprese a piagnucolare, devastata e vuota.

-Sei perfida. Sei peggiore di quanto immaginassi. – la accusò Vera, in un tono di rimprovero da vecchia signora.

-Oh, davvero? E cosa pensi di fare, lurida vecchia, uccidermi forse? IO SONO MORTA! Tu sei morta! Perciò riponi quello sguardo con me, anima in pena, perché questo è soltanto l’assaggio di ciò che stiamo per patire!- ghignò Carol, deliziosamente folle.

-Cosa te lo fa pensare? – chiese Costanza, che finora era rimasta muta ad osservare.

-Come?-

-Cosa ti fa pensare che stiamo per soffrire?- ripetè timidamente.

Carol sorrise di nuovo, sicura e ferma.

-Bambolina, bella bambolina, non dirmi che non hai sentito chi sussurra dietro le tende quando hai aperto quei bei occhietti azzurri e hai scoperto che, oh oh, non eri tra le nuvole con ali e aureola a suonare la tua arpa, ma eri finita in un blutto, blutto sogno cattivo!!!-

Tutte noi ci guardammo. Vidi il panico serpeggiare di volto in volto, i piccoli occhi spalancarsi per l’orrore, e un comune senso di rinnovata paura.

-Volete dire che…-

-Sentite anche voi…-

-Quello che…-

-Le finestre! Le finestre! Non sono riuscita ad avvicinarmi…-

Ci voltammo tutte quasi istantaneamente verso la grande tenda. Corremmo con tutta la forza che le gambe ci permettevano, ed io mi aggrappai alla tenda, provando di nuovo un disagio fisico, uno sgradevole rimestio nelle interiora, finché non sgusciai aldilà di essa, annegando nuovamente nel mare di panno. E vidi.

-Cosa vedi, Flora?-

-Dove siamo? In collina, su una roccia… dove ci troviamo?-

-Flora?-

-Cosa vedi?-

E vidi. Vidi. Non credevo. Tutti i miei insegnamenti si rifiutavano di credervi. Ma fu così che accettai ciò che vi era aldilà della finestra. Ho sempre rinnegato gli insegnamenti che ho ricevuto.

Deglutii.

-Nulla.-

 

 

 

 

 

 

 

 

Di nuovo polvere. Polvere bianca. Ma niente nuvole. Niente ali e niente arpe, niente tonache svolazzanti. Eravamo sedute sul davanzale, a fissare il nostro presente.

Un vuoto.

Nessuna ebbe il coraggio di dire nulla. Non c’era bisogno di parole. Tutto quello che c’era da dire aleggiava nell’atmosfera di eternità davanti a noi. Era bella. Tiepida, accogliente. Era il coma. Era il punto di non ritorno. Era il tunnel. Non era buio.

Il tunnel era bianco.

Soprattutto. Non c’era alcuna luce. La luce sembrava non esistere. Forse non esisteva davvero. Il castello costituiva una bolla a parte. In viaggio. In arrivo. O in partenza. Oppure, per sempre ferme. Per sempre timide boe galleggianti nel mare dell’oblio.

Tenendoci tutte per mano, cominciammo a cantare.

La nota aria salì alle nostre gole prima che avessimo il tempo di realizzare ciò che stavamo motivando. La canzone si chiamava Greensleeves.

Alas my love you do me wrong
To cast me off discourteously;
And I have loved you oh so long
Delighting in your company.
Greensleeves was my delight,
Greensleeves my heart of gold
Greensleeves was my heart of joy
And who but my lady Greensleeves.

Greensleeves, Greensleeves significava La Vita.

  
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