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Autore: koopafreak    14/05/2014    7 recensioni
Una serie di episodi indipendenti l'uno dall'altro e di estensione variabile dedicati ai miei regnanti preferiti. Alcuni di essi saranno frutto della mia fantasia, altri tratti direttamente dalla serie originale e presentati attraverso gli occhi dei protagonisti. Ognuno abbraccerà sfumature diverse e mi limito ad indicare la raccolta come generale perché non mi è possibile conciliarli tutti sotto un unico genere. Forse appena un pizzico, giusto una spolverata di BowserxPeach qua e là.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Bowser, Peach, Sorpresa
Note: Cross-over, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~Dedicata a Bambolina Blackmetal 94

Peach sollevò la testa e batté le palpebre osservando quella buffa creatura al centro della stanza che doveva essersi introdotta dalla finestra della sua cameretta mentre lei stava dormendo. Lo strano essere bitorzoluto gracchiò una seconda volta mostrando gli sporadici dentini affilati.

« Mi hai sentito, Principessa? Sono Bowser il Terribile e sono qui per rapirti! » ribadì il concetto rialzando i braccini e flettendo gli artiglietti senza ottenere per la seconda volta la reazione sperata. E ci si era anche allenato per tutto il tragitto per azzeccare il tono di voce perfetto, invece quella poppante stava lì stesa sul suo lettino limitandosi ostinatamente a fissarlo; né un gridolino né un qualunque segno di paura o spavento a ricompensarlo per la sua entrata in scena impeccabilmente malvagia. Il dramma dell'attore incompreso.

Poi l'intuizione lo folgorò: quella marmocchia non aveva alcun timore di lui. O era incredibilmente coraggiosa oppure era incredibilmente stupida.

La bimba si stropicciò gli occhi ancora confusa per essere stata ridestata così bruscamente dal suo sonnellino pomeridiano e si rizzò a sedere sul pannolino per risistemarsi la sua coroncina sopra i boccoli morbidi.

« Hai fegato per non tremare di terrore di fronte al signore supremo dei malfattori, te lo concedo. » Un ego già così grande in un corpo così piccolo insomma.

Peach emise un pigolio disinteressato nella sua totale inconsapevolezza di lattante spalancando la bocca in uno sbadiglio liberatorio, poi cominciò a setacciare con le manine dietro il cuscino e tra le copertine con nuvolette e sfavillotti colorati. Dov'era finito il suo ciuccio?

« Adesso però tu devi venire via con me. Sei mia prigioniera! »

Ah, eccolo qui.

Il giovane koopa si arrampicò lesto sulle sbarre del lettino dando prova di un'agilità insospettabile sotto quell'aspetto goffo col carapace puntuto e rimase appollaiato sulla sponda, l'originaria spavalderia trattenuta da un filo di incertezza, prendendosi qualche secondo per ragionare su come cacciarla fuori di lì. Solo quando la vide meglio da vicino realizzò quanto sembrasse fragile con addosso solo un vestitino di tessuto sottile e pizzi inutili che non l'avrebbe protetta nemmeno dalle zanzare o dal vento: una scoperta quasi sconvolgente per lui che Madre Natura aveva già provveduto a rifornire di tutte le armi naturali necessarie appena uscito dall'uovo. Ignorava a quale specie appartenesse perché aveva visto che i toad avevano il cappello di un fungo in testa e questa qui, a dispetto delle sue previsioni, non era affatto una principessa-fungo ma restava comunque patetica e debole. D'altro canto era la prima che aveva incontrato in vita sua, ma se erano tutte così allora non c'era da sorprendersi che nelle storie che gli leggeva Kamek fosse così semplice rapirle.

Il lettino tremò bruscamente e Peach si girò curiosa trovandosi a pochi centimetri dal muso dello strano essere intento a studiarla circospetto con le folte sopracciglia che quasi nascondevano gli occhietti neri sotto un piglio indagatore. Benché quel buffo ciuffetto rosso sul capo non c'entrasse nulla, le squame, il guscio ed il nasone le ricordavano vagamente uno yoshi perché non sapeva proprio a quale altra creatura paragonarlo, ma ne aveva visti parecchi di quei dinosauretti simpatici e quest'altro non aveva la più pallida idea di cosa fosse. Se era anche lui uno yoshi, era certamente il più brutto che le si fosse mai presentato davanti.

Entrambi si scrutarono per un lungo momento con pari perplessità.

Una domestica del castello infilò la testa bulbosa oltre l'uscio per una controllatina di routine localizzando all'istante l'intruso in bilico sul bordo della culla, gli artigli del mostriciattolo così orrendamente vicini alla pelle delicata della piccina. La porta di spalancò con un grido d'allarme e la toad fece per entrare mitragliandolo di domande: Chi era? Che voleva? Come era entrato? Cosa credeva di fare? Perché dava tutte queste confidenze alla loro Principessa? Non era mica un delinquente?

Bowser le sputò una pallottola incendiaria sulla cuffietta della divisa e quella fuggì via urlando e lasciandosi alle spalle un serpentone di fumo per il corridoio.

Il koopa emise una risatina intrisa di perfidia e decise di darsi una mossa con questo sequestro considerato che aveva ormai perso l'effetto sorpresa a restarsene lì imbambolato. Prese l'orlo della copertina colorata, la gettò addosso alla bimba per afferrarla senza che le unghie facessero danni e saltellò compiaciuto sulla sua mini Clown Car fuori dalla finestra col bottino tra le zampe. Quando il clamore si sparse per le stanze della reggia reale loro due erano già lontani, sorvolando le lande erbose tra le nuvole più basse.

« Bwahahahah! Mi riescono bene i rapimenti » si autoglorificò il principino con un sorrisone da tagliargli il musetto a metà.

La bambina si mosse ancora nella sua presa e spinse il viso fuori dal bozzolo di stoffa guardandosi intorno. A dispetto della situazione Peach, troppo piccola per comprendere effettivamente cosa stava accadendo, era rimasta piuttosto tranquilla e reagiva per empatia alla presenza più vicina al momento: se lui era calmo allora nemmeno lei aveva motivo di agitarsi.

Bowser avvertì la testolina della principessa premere sotto il mento e sciolse quell'abbraccio non inteso come tale, permettendole di muovere qualche passo incerto poggiando le mani sulle pareti del velivolo. In confronto al giovane drago lo svantaggio fisico era evidentissimo. Il principino era più grande non solo per età (sebbene con un leggero scarto), ma era anche molto più intraprendente rispetto ad un cucciolo umano che avrebbe avuto i suoi stessi anni poiché i koopa per ovvie questioni di specie erano assai più precoci nel loro percorso di crescita psicofisica. Intraprendente non era sinonimo di riflessivo infatti e Bowser si ritrovò a chiedersi cosa farsene ora della sua preda, dato che si era dimenticato di considerare precedentemente questa seconda parte del piano.

Il rapimento era stato portato a termine con successo e poteva reputarsi alla stregua dei malvagi nelle fiabe malvagie con un malvagio lieto fine che amava ascoltare prima di fare sogni malvagi e dopo essersi abbuffato di biscotti e latte di mucca malvagia. Solo che adesso lo aveva fatto per davvero e c'era per davvero una principessa da sbarbarsi.

Osservò il valido esemplare di sangue reale in questione sporgersi precariamente oltre il bordo della mini Clown Car con metà del corpo già penzolante nel vuoto ed il posteriore per aria... Anche quella poteva essere una soluzione.

Bowser la riagguantò per una caviglia prima che la potenziale suicida precipitasse beatamente di sotto. Alla fine restava sempre il suo trofeo di caccia.

« Ti sfarfalla il cervello? Guarda che non rimbalzi se vai giù. »

La pargola alzò il viso e non fece altro che fissarlo dietro il suo silenzio lasciandolo nel dubbio se avesse recepito o meno il messaggio.

Bowser non ricordava di aver mai visto degli occhi tanto... grandi. E la cosa che gli creava ancora un segreto disagio era come colei che era la sua prigioniera continuasse a non mostrare il ben che minimo accenno di paura per lui, nemmeno un pochino.

Fece rotta verso casa senza perderla di vista onde evitare un alleggerimento imprevisto della zavorra. Al suo rientro Kamek gli corse incontro anelante e con gli occhiali di sghimbescio sul becco.

« Principe Bowser! Vi abbiamo cercato in lungo e in largo fino ad ora. Perché non avete lasciato detto dove vi eravate cacciato?! » lo rimproverò lo stregone e suo tutore con le mani sulle ginocchia a riprendere fiato.

« Perché io sono il Principe e posso fare quel che voglio! » sbottò il koopa con una strafottenza da ceffoni che nessuno avrebbe mai osato elargirgli. Un errore che tutti, Kamek al primo posto, scontavano ogni giorno.

« Questo non vi esime dall'andarvene per i fatti vostri senza avvertire. Non potete sparire così quando vi pare. » Un occasionale barlume di fermezza dava al magikoopa la forza di volontà per non farsi bisfrattare come d'abitudine dopo aver perso la pazienza per l'ennesima delle sue bravate.

Tuttavia Bowser aveva già finito di concedergli la cortesia di ascoltarlo, si chinò dietro il bordo della sua vettura e balzò fuori stringendo tra le zampe il risultato della più recente.

Kamek trasalì nel vedersi un secondo paio di pupille puntato addosso. « Dove l'avete raccattata? »

« L'ho rapita » rispose con una nota di orgoglio mettendo giù la sua preda per farne mostra di fronte ai suoi sottoposti.

Peach sgusciò fuori dalla copertina e si guardò intorno per le mura pietrose e tetre del castello, respirando quel sottile odore di zolfo e ricambiando le occhiate sbigottite dei soldati.

Nonostante le apparenze iniziali che potevano ingannare, lo stregone era il secondo al comando in quanto mentore del futuro re e dotato di una mente astuta che lo distanziava di gran lunga dai suoi colleghi a corte. Diverse delle sue fonti d'informazione personali erano installate in segreto nei reami circostanti affinché persino i piccoli sviluppi che potevano essere trascurati all'occhio onnisciente della sua sfera non restassero nell'ombra. Con l'unico che toccava i confini della Terra Oscura invece non vi era sorta la necessità perché la notizia di una nuova erede al trono ancora riecheggiava da un estremo all'altro delle terre conosciute.

« Avete rapito la Principessa Peach del Regno dei Funghi. » Ogni dettaglio del suo aspetto corrispondeva alla descrizione e, se vi fossero stati ancora dubbi, il diadema sui boccoli biondi ne era la prova inconfutabile.

« Ah, allora è così che ti chiami. » Il koopa abbassò il muso sull'infante che si ritrasse intimidita dal volto occhialuto di Kamek e gli si premette contro per essere rassicurata. Si trattenne a stento dal mostrare la sua sorpresa quando sentì le piccole dita calde chiudersi intorno alle sue. Del resto lui era l'unico con cui aveva passato più tempo in quell'ambiente tutto nuovo in mezzo a quelle facce tutte nuove.

« Ora che l'avete portata nella vostra dimora, cosa volete dettare nella richiesta di riscatto da inviare a Fungopoli? » Che il suo padroncino avesse cominciato a salire i suoi primi gradini nel glorioso percorso del Male era una buona notizia, ma attualmente sorgeva un notevole inconveniente: il frutto del sequestro era solo una lattante, non una principessa già cresciuta e fisicamente autonoma. Ergo più problemi a cui loro non potevano far fronte, né tantomeno vi era la voglia, essendo già impegnati con un terremoto di koopa. Meglio levarsela di torno il prima possibile.

« Riscatto? Cioè gliela restituiamo in cambio di qualcos'altro? »

« Vil denaro, preziosi, dolciumi... Tutto quello che stuzzica la vostra avidità. Di norma dopo un rapimento si pretende un riscatto » Kamek si sentì in dovere di precisare.

« Sono andato lì apposta per prenderla. Perché dovrei riportargliela indietro? » Una logica che evidentemente Bowser non condivideva.

« Ma... cosa vorreste farne dunque? Non possiamo certo tenercela. »

« E perché no? L'ho rapita io. Adesso è mia. » Il senso di possesso del principino prepotente e viziato aveva già affondato le grinfie sul bottino della sua ultima bricconata ed era ben deciso a non mollarlo, specialmente se questi percepiva l'intenzione altrui di sottrarglielo.

« Altezza, i cuccioli umani, o bambini se preferite, sono estremamente delicati. La Principessa necessita di cure a cui noi non siamo in grado di provvedere. Temo che non ci siano alternative migliori questa volta. » Kamek non si stupì affatto del baluardo di monumentale cocciutaggine che gli era appena stato eretto davanti ed il suo tono si era già colorito di una nota di rassegnazione. A parole non c'era verso di far ragionare il sovrano in erba e come al solito sarebbe servita l'esperienza per consentire ad una stilla di buonsenso di entrare in quella testa dura.

« Be', io sono il Principe e decido io se e quando sarà il momento di ridargliela. E non è ora! » Bowser era irremovibile. Il fatto che la piccina gli avesse tenuto stretta la mano per tutto il tempo aveva in qualche modo fomentato subconsciamente la sua contrarietà alla riconsegna. « Voglio andare a giocare! » decretò autoritario marciando dritto verso i suoi alloggi e costringendo il magikoopa a scansarsi.

Peach si lasciò condurre obbediente procedendo incerta sulle scarpine rosa poiché le sue competenze deambulatorie erano ancora alquanto scarse, ma la presa che l'aiutava a reggersi in piedi era salda e riusciva a star dietro allo yoshi bruttino con un po' di impegno. Tuttavia i primi sentori di disagio avevano già iniziato a rosicchiare i confini della sua coscienza ed il repentino distacco dal contesto familiare stava per essere pian piano accusato. Anche se il contatto col principino le trasmetteva una sorta di conforto essendo l'unico appiglio emotivo che aveva al momento e per istinto vi si affidava ciecamente, molto presto la bimba avrebbe reclamato il bisogno di avere il calore di casa sua intorno a lei e, in completa sincerità, aveva pure iniziato ad avvertire un buco nello stomaco dopo essere stata svegliata ed inconsapevolmente sballottata da un regno all'altro.

Tutto ciò Kamek se lo immaginava nitidamente e non aspettava altro che la sua reazione naturale a dissuadere il giovane monarca dal proprio capriccio. Ovviamente li avrebbe tenuti d'occhio per assicurarsi che non sarebbero incorsi in incidenti spiacevoli, perché solo un lunatico avrebbe potuto affidare una bambina così piccola ad un tipino del tatto di un panzer come il suo padroncino senza almeno sorvegliarlo. Anche se ora sembrava così inspiegabilmente mansueto rispetto al suo solito.

Il mago e le reclute presenti osservarono muti il Principe congedarsi assieme alla nuova ospite per mano.

« Okay, non avete più scuse per poltrire. Filate alle vostre postazioni! » scattò prima di affrettarsi all'inseguimento del dinamico duo. Certamente questo incontro avrebbe comportato un interessante diversivo dal solito trantran al castello.

Delle possibili ripercussioni da parte del Regno dei Funghi, una volta che avessero intuito chi vi era dietro il sequestro, nemmeno un'anima lì vedeva la ragione di preoccuparsene: i toad erano un popolo che aveva profonde radici nell'ottusità di un'esistenza pacifica, tanto che le forze belliche di cui disponevano sembravano una barzelletta in confronto alle risorse della Terra Oscura che non erano nemmeno a metà strada dal finire di perfezionarsi. Piuttosto avrebbero pagato qualsiasi riscatto loro imposto se avessero fiutato il rischio di sacrificare una sola vita nel riprendersi la Principessa Peach.


Gli occhioni limpidi si spalancarono al loro massimo dalla meraviglia ritrovandosi in una stanza assortita di così tanti balocchi che era impossibile contarli. La tappezzeria allegra delle pareti era abbondantemente decorata da centinaia di scarabocchi fatti con pastelli a cera che continuavano il loro intricato percorso fin sopra l'arredamento come se tutto fosse stato un gigantesco quadro da colorare. I giocattoli erano disseminati ovunque; quelli che non erano sparsi sul pavimento spuntavano da sotto i mobili, da cassetti e bauli. Moltissimi formavano dei cumuli disordinati agli angoli della camera e parecchi erano rotti mentre altri dall'aspetto praticamente nuovo, dando l'impressione che non fossero mai stati toccati. Eppure là in mezzo a quella baraonda la sensazione di vuoto non poteva essere più acuta: tante cose e tanto spazio per un bambino soltanto?

« Allora, a cosa mi va di giocare? » Bowser la lasciò andare e scostò qualche gingillo sulla strada con una pedata guardandosi intorno per trovare ispirazione.

Era la prima volta che aveva un vero compagno di svago e non qualcuno costretto da Kamek per fargli sfogare la sua carica distruttiva, nessuno dei quali poi aveva più avuto il coraggio di ripetere l'esperienza e lui si ritrovava di nuovo a giocare per conto suo...

Si voltò verso la sua principessa, cioè Peach, per pianificare meglio qualcosa anche alla sua portata ma realizzò con una certa delusione che la bambina poteva prestarsi a ben poco. Oltre a convertire ossigeno in anidride carbonica e reggersi a malapena in piedi non sembrava neanche lontanamente capace di fingersi un avversario accettabile per le sue simulazioni di battaglia. L'unica principessa da rapire praticamente inutile nel raggio di miglia e miglia se l'era presa lui.

Peach si chinò rischiando di sbattere la fronte per terra col suo equilibrio barcollante e raccolse il pupazzetto di un calamako con grandi pupille tonde e tentacoli ciondolanti. Lo studiò per un secondo intrigata dall'aspetto di quell'animaletto singolare e gli angoli delle labbra si mostrarono in un sorriso di simpatia dietro il ciuccio.

Bowser avrà dedicato a quel peluche non più di tre secondi della sua attenzione prima di dimenticarselo completamente nel suo deposito di cianfrusaglie, e non era neanche lontanamente tra i più belli che aveva. Eppure osservando come Peach sembrava goderselo, stringendolo forte tra le braccia come se fosse stata la cosa più preziosa al mondo, tutti gli altri giochi avevano inspiegabilmente perso qualsiasi importanza agli occhi del principe mentre un impeto di velenosa invidia lo assaliva.

« Ehi, questo è mio! » esclamò strappandoglielo dalle mani.

Innescò un meccanismo di difesa che mai avrebbe potuto prevedere.

Dopo un attimo di attonita sorpresa per quel gesto violento, Peach alzò lo sguardo sul suo muso con un'espressione profondamente tradita per la sua cattiveria. A quella vista il koopa avvertì lo stomaco accartocciarsi e per la prima volta in vita sua provò un disagio che non seppe descrivere. Poi la bimba esternò a pieni polmoni il proprio dispiacere costringendolo ad arretrare spaventato dal volume del suo lamento e schermandosi col pupazzetto.

« Smettila! » fu la reazione più spontanea e più sbagliata cercando di sovrastare le urla che avrebbero suscitato l'ammirazione di un mega boo.

La principessina pianse più forte mentre altre lacrime rigavano le guance arrossate e lasciavano il loro segno sul colletto del vestitino.

Bowser messo alle strette provò a restituirle l'oggetto ma fu inutile. Peach non volle saperne ormai e pareva che nulla l'avrebbe calmata a quel punto. Il koopa constatò amareggiato che esisteva effettivamente un essere vivente che non sottostava al suo volere e andò nel panico.

« Agh! Fatela stare zitta, non la sopporto più! » si spazientì coprendosi le orecchie e digrignando i denti sotto i lineamenti corrucciati per l'esasperazione. Individuò sopra uno dei giochini disseminati sul pavimento quella specie di tappo col manico che sino ad allora aveva egregiamente ottemperato al suo compito e, in un ultimo tentativo disperato, lo rimise al suo posto in bocca alla bambina.

I vagiti si attenuarono in singhiozzanti sussulti e poco a poco anche gli occhi smisero di gocciolare. Peach si strofinò le gote accaldate e appiccicose a causa delle lacrime salate e se ne rimase lì a riprendere fiato, provata dallo sfogo, tenendo il capo chino come se la coroncina fosse diventata pesante tutto d'un tratto e tirando su col naso.

Bowser la fissò ancora incredulo di un contraccolpo così potente, ma non era stato solo quello ad avergli portato via la parola. Nessuno si era mai preso la briga di avergli insegnato l'obbligo morale di porre rimedio ad un torto verso il prossimo in quanto, come futuro dominatore incontrastato delle tenebre, tali inezie sentimentali non erano comprese nella sua formazione personale; né lui da parte sua era mai giunto ad avvertirne la necessità quando malefatte e dispetti erano la sua forma di intrattenimento preferita. Questa volta però il principino stava sperimentando lo sconcerto dell'insoddisfazione derivata da una sua villania tra le più elementari e per la quale si era invece ritrovato all'improvviso a dubitare delle sue giuste e malvagie ragioni.

Se a Bowser fosse stato perlomeno spiegato il concetto del pentimento, avrebbe saputo dare un nome a quella sensazione sgradevole che gli premeva sul torace e che non sapeva placare. Era come se un po' della tristezza di Peach gli fosse rimbalzata addosso e gli fosse rimasta appiccicata. E non se ne voleva andare.

La bambina alzò gli occhi umidi su di lui, forse in attesa della sua prossima mossa.

Pensandoci meglio, la questione del pupazzo sembrava così sciocca adesso.

Prendendosi qualche secondo per sincerarsi che nessun'altra entità senziente avrebbe assistito a quell'aberrante manifestazione di generosità che mai prima di allora le pareti del castello avevano testimoniato, le porse il calamako girando il muso di lato con fare vago.

« To', tanto ne ho di meglio. »

Dopo qualche attimo di incertezza le manine di Peach accettarono timidamente il regalo. Quando gli scivolò via dalle grinfie senza opporre resistenza, Bowser si sentì inspiegabilmente più leggero mentre buona parte di quel senso di oppressione se ne era andata insieme al peso irrilevante del peluche.

La principessina guardò il piccolo dono e poi lui. Pace era fatta, ma non era certa di poter ricominciare a fidarsi. Per di più il dispendio di energie a causa del pianto aveva contribuito ad acuire il languore in fondo allo stomaco che, data la sua giovanissima età, non era propensa a tollerare tanto a lungo e adesso le scorte della sua sopportazione erano prossime dall'estinguersi.

Bowser, dopo un tale gesto di magnanimità, si era aspettato come minimo che ogni cosa sarebbe tornata allo stato precedente, tutti felici e contenti a decidere quale gioco fare, invece Peach non sembrava così risollevata quanto lui aveva sperato. Anzi, aveva l'aria di una che a breve avrebbe ricominciato a frignare.

Il principino fece la cosa più logica: « Kamek! ».

Il desiderato magikoopa saltò fuori da dietro lo stipite della porta dove li aveva tenuti d'occhio per tutto il tempo. « Sì, Altezza? » Il suo stupore per il gesto a cui aveva appena assistito lo aveva distratto dal realizzare che l'insolità rapidità con cui aveva risposto al richiamo avrebbe potuto insospettire Bowser.

Fortunatamente questi parve non farci caso, più interessato ad altro al momento. « Ha qualcosa che non va. Aggiustala » gli disse indicandola con un artiglietto.

A Kamek non servivano capacità di legilimanzia per capire quale fosse il problema. Anche il suo padroncino quando era più piccolo ed aveva orari biologici rigidissimi per allora doveva già aver consumato il suo spuntino, o i vetri del castello si sarebbero crepati sotto la pressione dei suoi strilli. Diede istruzioni alla prima recluta a tiro sull'indispensabile da portargli quanto prima ed il paragoomba restò a fissarlo ammutolito per un paio di secondi processando il messaggio.

« E dove lo rimedio un biberon qui intorno? » domandò corrugando le spesse sopracciglia con un'espressione vagamente basita.

Mai prima di quell'occasione tale oggetto era stato nominato, figurarsi visto al castello della Terra Oscura. Bowser era in grado di sbranare una bistecca già dal suo primo giorno dopo la schiusa ed il latte era uno sfizio che si concedeva di tanto in tanto, solo dopo essere stato assicurato che la mucca da cui era stato munto era feroce. Non un alimento estraneo dunque, ma di cose simili giammai se ne era parlato.

« Fatti venire in fretta un'idea » lo congedò lo stregone con indifferenza. « Ma tu prova a tornare senza... »

Non dovette attendere molto per fortuna grazie ai consigli di qualche anonimo tra le fila dei tipi timidi che avevano saputo indirizzare il soldatino ignaro.

Quando Kamek afferrò il contenitore cilindrico sbuffò imbronciato. Ti pareva se non gli veniva pensato da solo di scaldarlo... Mormorò qualche parola poco lusinghiera mischiata ad un leggero incantesimo per portare il latte ad una temperatura accettabile per la bimba che aveva localizzato il biberon e lo puntava fisso ai suoi piedi.

Una volta pronto lo consegnò a Peach che si servì da sola, lasciandosi cadere sul posteriore col pupazzetto in grembo.

Bowser la osservava scettico. « Non mangiano altro le principesse? »

« Non finché sono in così tenera età. » Poi gli avrebbe anche spiegato che le principesse non costituivano una specie a sé stante. Almeno non in pratica.

« E quando gli spuntano le zanne? » Aveva appurato che Peach possedeva dei dentini a malapena visibili che non avrebbero impressionato una mosca.

« Gli essere umani non posseggono zanne, Sire. E nemmeno gli artigli, o gli aculei. »

Il giovane sovrano divenne curioso. « Sono tutti così deboli? »

« Gli umani crescono molto più lentamente rispetto ad un koopa, Altezza, ma anche da adulti non saranno mai lontanamente degni di confrontarsi con voi. »

Bowser annuì dondolandosi sui piedi compiaciuto a quella rivelazione. Nulla di cui meravigliarsi quindi se i toad, gli individui più smidollati e pusillanimi tra i regni vicini, avevano scelto proprio un umano per guidarli. Vi era però qualcosa in Peach che continuava ad attirare il suo interesse nonostante la sua patetica condizione, una sorta di sottile simpatia difficile da spiegare sotto quell'altezzoso disprezzo per la sua fragilità.

La principessina si staccò dal biberon ormai vuoto con un 'pop', lo lasciò a terra e si rimise a posto il ciuccio, palesemente più vivace e allegra rispetto a qualche minuto fa strizzando il buffo calamaretto tra le braccia.

« Perché si tiene quel tappo in bocca per tutto il tempo? » chiese ancora Bowser che non coglieva il senso di tale bislacca abitudine. Per un momento il cervello gli proiettò l'immagine di un centro abitato dove tutti gli umani giravano alla luce del sole con quell'aggeggio in faccia.

« Aiuta i bambini a restare tranquilli, Vostra Tempestosità. Un po' come voi coi lecca-lecca, per quel poco che durano. »

Il magikoopa pronunciò le ultime parole con una nota di rammarico che al giovane monarca non sfuggì. Storse il naso e poi gli fece un versaccio molto simile alla smorfia di un boo mentre l'altro era uscito un attimo per appioppare il biberon vuoto a qualcuno.

Peach lo vide e ridacchiò.

Bowser lo rifece.

Peach rise più forte.

Si installò un'immediata complicità e lo scherzo divenne rapidamente un gioco. Il principino era bravissimo a fare le smorfie, già gli venivano naturali e in più ci si era allenato parecchio per deridere le vittime dei suoi misfatti e sembrava che la bambina ne trovasse una più spassosa dell'altra. Si stupì di quanto poteva essere effettivamente divertente far ridere qualcuno. Vi era un che di appagante in quel suono che contagiava anche lui facendolo sentire apprezzato mentre il vuoto della stanza si riempiva dell'ilarità della principessina. Quando finì di esibire tutto il suo repertorio massaggiandosi le guance intorpidite a furia di tirarle, Peach batté le manine entusiasta come se avesse assistito ad uno spettacolo di cabaret.

Curiosamente tutto divenne più facile da lì in poi. Lui aveva un'idea, Peach lo seguiva imitandolo, dal rotolarsi dalle cataste di giocattoli al demolire costruzioni intere di mattoncini che riergevano istantaneamente con l'ausilio della magia. Se il marasma era già stata in partenza la condizione assoluta di quella stanza, i due compagni di svago avevano saputo addirittura fare di meglio. In realtà era Bowser a fare gran parte del lavoro, ma era particolarmente motivato dalla collaborazione della bambina le cui risa ritempravano la sua smania devastatrice e lo caricavano di una gagliardia tutta nuova.

Lo stregone si mantenne discreto in disparte, osservando interessato come la principessina si fosse incredibilmente adattata al nuovo ambiente e quella sorta di alchimia che si era creata tra lei ed il padroncino. In genere era abituato a udire soltanto le risate di quest'ultimo durante le attività ricreative, in forte contrasto con le grida di terrore dei soldati sorteggiati per trastullarlo finché riuscivano a resistere. Si domandò se i toad si fossero effettivamente accorti della grinta che quella piccoletta conciata come una bambolina da esposizione aveva tenuto nascosta in sé per tutto il tempo sotto il loro stesso naso. Si trattava per caso di un inganno ben studiato oppure erano così svampiti, come lui era convinto, da non aver mai neanche vagamente ventilato il sospetto che la mocciosa avesse molta più sostanza di quanto mostrava a prima vista dietro orpelli e pizzetti?

Quando Bowser ebbe l'alzata d'ingegno di andarsene a scorrazzare per il castello a bordo del suo slittino che aveva efficacemente agganciato alla coda anellata di uno dei categnacci da guardia, Kamek finì col perdere di vista entrambi. Ma a giudicare dal volume delle loro risa e gli strilli dei passanti che si diffondevano sfrecciando per i corridoi, non avevano smesso di spassarsela neanche per un secondo.

Li ritrovò più tardi, seguendo le indicazioni dei testimoni che avevano rischiato per un pelo di venire travolti, ad oziare nelle stanze private del sovrano dopo aver speso gran parte delle energie a seminare il panico per la fortezza reale.

Kamek si fermò sulla soglia alzando appena il mento con sorpresa. I due principini sedevano sul divano a guardare uno dei cartoni preferiti del koopa, la piccolina accomodata con la schiena contro il pancino liscio e la testa sotto il musetto, mentre questi puntava un artiglio su un punto preciso dello schermo spiegandole con tono da intenditore qualche passaggio della storia che doveva essere essenziale o perché quel personaggio era più interessante degli altri, oltre al fatto che fosse Il Malvagio. Peach doveva essersi appisolata già da un po' abbracciando il calamako ora suo, ma il koopa parve non avervi fatto caso.

Bowser si accorse di avere compagnia ed interruppe il suo monologo. « Che c'è? » domandò inaridendosi all'istante del suo buon umore per quell'indesiderata intromissione.

« È ora di prendere accordi col Regno dei Funghi, Vostra Malevolenza. Non possiamo procrastinare oltre. » Fuori il sole aveva quasi terminato di ritirarsi lentamente nel suo crepuscolo. « Qual è il vostro prezzo per la Principessa Peach? »

L'espressione del koopa si indurì e proferì una cifra che ottenne in risposta il ticchettio degli occhiali del suo tutore finiti per terra.

Nessun reame avrebbe mai potuto permettersi di sborsare tanto.

« Siate ragionevole » insistette risistemandoseli sul becco. Sapeva che lo stava facendo apposta.

Bowser tornò a fissare lo schermo coi lineamenti contratti in un broncio testardo. Non gliela avrebbe ridata in alcun caso.

« Altezza, i bambini piccoli come la Principessa non possono restare troppo tempo separati dal loro nucleo d'origine da cui dipendono completamente e nessuno qui può sostituire chi se ne è preso cura fino ad oggi. Più a lungo si protrarrà l'allontanamento più soffrirà e sarà lei infine ad implorarvi di farla tornare a casa sua. Non potete impedire che accada, è fondamentale che comprendiate. La cosa più saggia adesso è stabilire contatti col castello di Fungopoli e dettare le vostre condizioni che i toad accetteranno senza un secondo pensiero. Condizioni esaudibili, Sire » ribadì il magikoopa con una punta di benevola severità. Kamek non agiva solo su fredda logica, ma considerava con grande riguardo i sentimenti del suo padroncino e protetto che era intenzionato a tutelare da un'amara delusione.

Contro ogni iniziale previsione era nato un legame tra l'inesperto sovrano e quella marmocchia, purtroppo non destinato a durare ed era meglio evitare che Bowser le si affezionasse troppo. D'altronde avrebbe finito per dimenticarsela nel giro di qualche dì, quando avrebbe trovato un altro passatempo per colmare i suoi momenti di noia. Peach invece era troppo giovane per poter preservare i ricordi di quella giornata impressi nella memoria e si sarebbe lasciata tutto addietro nell'attimo in cui l'avrebbero restituita alla sua famiglia. Che avessero potuto continuare a vedersi liberamente era impossibile, di certo non dopo questo esordio coi vicini e neanche in un contesto più roseo la distanza tra loro si sarebbe ridotta.

Il Principe sarebbe diventato ogni giorno più forte, più temerario, inarrestabile al comando delle truppe che avrebbe radunato e addestrato per espandere il suo dominio fin dove posava lo sguardo, mentre lei sarebbe stata preparata a dovere per fiorire nella creatura graziosa che prometteva e per regnare su un popolo di pacifisti senza spina dorsale che non sapevano nemmeno come si imbracciava una picca. I punti che li accomunavano si potevano elencare su di un pugno chiuso. Erano l'incarnazione di due ideologie che non potevano coesistere se non nel caso in cui una sarebbe inevitabilmente caduta sotto il peso dell'altra.

Bowser teneva le labbra serrate insistendo imperterrito col suo sciopero del silenzio e Kamek comprensivo gli concesse del tempo per riflettere e passare gli ultimi momenti con lei. Frattanto sarebbe andato a stendere la bozza della richiesta di riscatto.


Le immagini continuavano a scorrere sullo schermo, ma la mente del koopa era altrove. Era stata la giornata più divertente della sua vita ed era passata così in fretta che già bramava quella ventura per ricominciare. Se Peach non gli fosse praticamente crollata dal sonno tra le braccia, avrebbe continuato volentieri anche tutta la notte. Per quale ragione avrebbe dovuto rendergliela? Non avevano nulla che lui già non possedeva e se non erano stati capaci di tenersela stretta allora non la meritavano. Di sicuro nascondevano una principessa di scorta da qualche parte, visto come era stato oscenamente facile soffiargliela. E se poi, una volta restituita, gliela avesse rubata qualcun altro? Nemmeno a parlarne. Per quanto lo riguardava, potevano pure stare freschi che l'avrebbero rivista.

Però...

Le parole di Kamek tornarono a galla. Naturalmente il mago non rivestiva alcuna autorità agli occhi di Bowser, ma almeno ogni tanto questi si degnava di ascoltare ciò che aveva da dirgli e dovette arrendersi all'evidenza che esse sottolineavano: Peach era troppo piccola. Sapeva a malapena rimanere in piedi da sola, figurarsi badare a se stessa. Se trattenerla lontano dai suoi insostituibili toad le avesse fatto davvero male, tutte le belle prospettive dei giorni a seguire che avrebbero trascorso insieme si annullavano lasciando il posto a quell'odiosa sensazione al torace che si rifaceva viva una seconda volta a tormentarlo. E l'idea di trovarsi nuovamente i timpani massacrati dalla veemenza del suo pianto non lo allettava affatto.

Ma perché doveva essere così complicato? Lui non aveva mai avuto mica tutti questi problemi, nemmeno quando era appena uscito dall'uovo. Abbassò gli occhi sulla forma della principessina accoccolata contro il suo ventre col calamako perennemente stretto tra le braccia e si sentì come quando anche l'ultimo soldato si rifiutava di giocare ancora con lui. Comparò una manina della bimba con la propria, studiandone le evidenti differenze mentre le due parti in cui la sua volontà si era divisa consumavano un aspro conflitto alienandolo dal chiasso del televisore.

Alla fine maturò la sua decisone.

Non avvertì nessuno come di suo solito. Le sentinelle disposte per i corridoi e lungo le merlature lo osservarono mute e impettite camminargli di fronte con la prigioniera in braccio, scambiandosi qualche occhiata incerta dopo averlo visto sparire nel buio della notte verso la linea scura dell'orizzonte.

Lui l'aveva presa e solo lui l'avrebbe rimessa a posto. Non lo avrebbe permesso a nessun altro.

La luna era già alta quando aveva oltrepassato i confini della Terra Oscura e la temperatura era lievemente scesa. Peach d'istinto gli si strinse addosso in cerca di calore corrucciando il nasino e facendogli involontariamente dono di un abbraccio. Bowser ricordava a malapena l'ultima volta che ne aveva ricevuto uno, prima che suo padre sparisse dalla sua vita.

Sporse il musetto paffuto oltre il bordo ed osservò sprezzante plotoni di toad armati di stupidità e torce affannarsi a perlustrare ogni pertugio, ogni nascondiglio, ogni anfratto nel territorio alla disperata ricerca della loro amata bambina, troppo stolti per immaginare che il responsabile era venuto dall'alto e allo stesso modo stava facendo ritorno sulla scena del crimine. A nemmeno uno passò di mente di alzare per un secondo lo sguardo ed il koopa raggiunse imperturbato la finestra della cameretta rosa con la stessa spudorata facilità della prima volta. La peculiare abilità dei toad del non apprendere dai propri errori era sbalorditiva.

Peach si movicchiò leggermente quando il suo portatore atterrò sul pavimento della stanza con un salto, strofinando il viso sulle squame tiepide, ma dopo un pomeriggio di intensa attività il suo sonno era così profondo che non si ridestò.

La calò piano nella sua culla, inconsciamente rimandando finché gli era possibile il momento della separazione. Lo colse il desiderio improvviso di portarsi via qualcosa in ricordo di quella giornata, una sorta di scambio equivalente per il peluche che le aveva lasciato, ma in quella cameretta arredata con stomachevole sdolcinatezza non vi era nulla che trovasse per lo meno accettabile ai suoi gusti. Il suo sguardo cadde infine sul lenzuolino bianco in fondo al lettino. Ne strappò un lembo e se lo legò al collo a mo' di fazzolettone suggellando una promessa silente prima di sgattaiolare via ed impostare la rotta di casa.

Quello che aveva fatto ai toad non era un favore; aveva magnanimamente concesso loro soltanto di tenergliela un altro po', finché non fosse diventata più grande e più forte (si fa per dire, in quanto umana) in modo da poter tornare una volta per tutte al suo castello. Allora sarebbe venuto a rivendicarla.

Anzi, si sarebbe preso anche il suo regno, già che c'era, pensò convinto con un ghigno che prometteva una montagna di guai. Perché no? E il prossimo rapimento sarebbe stato spettacolare e in grande stile, così chiunque sulla faccia del Regno dei Funghi avrebbe saputo chi era Bowser, il Principe Koopa e prossimo Signore indiscusso e incontrastato delle Tenebre Eterne. E magari dopo lui e Peach avrebbero giocato a battaglia navale con vascelli veri devastando le aiuole dei giardini reali mentre banchettavano del gelato che avevano sgraffignato agli altri bambini e canzonavano tutti quelli che fuggivano terrorizzati dinnanzi a loro... Nel frattempo avrebbe ingannato l'attesa affinando la sua cattiveria ed avrebbe elaborato in segreto una lista intera di svaghi malvagi da attuare insieme, quando lei fosse stata finalmente pronta per raggiungerlo e riprendere a giocare da dove avevano interrotto.


Nota d'autrice:

Ne “Yoshi's Island DS”, che personalmente adoro con Baby Bowser bisbetico e linguacciuto come al solito, la storia del loro primo incontro è molto diversa sebbene a loro due non venga dedicata alcuna attenzione in particolare e questa si può considerare solo come una versione dei fatti puramente fan-made.
Ho voluto inserirvi un piccolo omaggio a “Mario & Luigi: Fratelli nel Tempo”, in cui Kamek convince Bowser a bere il suo bicchiere di latte dicendogli è latte di mucca feroce. Più ci penso e più mi viene da ridere. Lui sì che sa sempre come prenderlo per il verso giusto :]

Questa è stata senza dubbio la one shot più lunga della raccolta finora, per cui un grazie speciale a chiunque abbia avuto l'ardire e la pazienza di leggerla tutta.


Koopafreak

  
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