Si
permetteva di rado di arrivare per ultimo quando il capitano Yamamoto
convocava
un’assemblea; tuttavia, quella mattina, quando
varcò con passo tranquillo le
due enormi porte spalancate, sentì gli sguardi di tutti gli
altri dodici
capitani – schierati ordinatamente gli uni di fronte agli
altri, come avversari
pronti a fronteggiarsi – posarsi su di lui quasi
all’unisono. Concesse
ad ognuno di loro un’occhiata
distratta, salutandoli con un serio e rispettoso cenno del capo, mentre
senza
dire una parola raggiungeva il proprio posto, tra l’imponente
capitano Kyoraku
e la minuta Retsu Unohana della Quarta Brigata.
Le
grandi lanterne illuminavano abbondantemente l’intera sala
delle assemblee,
l’ampio salone che si estendeva nel cuore della caserma della
Prima Squadra e
che era sede decisionale dell’intero Gotei Tredici. Gli haori
bianchi
affiancati portavano impressi i numeri caratteristici di ogni singola
brigata,
pendendo dalle spalle di quegli shinigami che conservavano nel loro
portamento un’autorità
superiore a qualsiasi altra. Ogni volta che Byakuya entrava in quella
sala, con
l’adunanza al completo, l’ondata di reiatsu che lo
investiva era a malapena
sopportabile: un malessere che tutti cercavano di affievolire limitando
l’emanazione, ma che tuttavia sembravano patire in ugual
misura.
Qualcuno
tossì attutendo il rumore nel palmo della mano, qualcun
altro si schiarì la
voce, Toushiro Hitsugaya incrociò le braccia con aria
contrariata, un basso ringhio
parve scuotere la maschera di legno che nascondeva il volto del
misterioso
capitano Komamura. Byakuya intravide con la coda dell’occhio
il lento movimento
del capitano dell’ottava compagnia che spostava appena
l’ampio cappello di
paglia ed il tic nervoso che di tanto in tanto coglieva la palpebra
sinistra di
Mayuri Kurotsuchi, distorcendo il suo sorriso statico ed artificiale.
Sin
dalla prima volta che vi era entrato, indossando il mantello che lo
identificava
come il neo eletto comandante della Sesta Brigata, Byakuya aveva
percepito l’atmosfera
pesante che costantemente permeava la sala: molte delle
personalità presenti non
riuscivano a stare insieme nella stessa stanza per più di
qualche istante senza
iniziare una contesa. Era una tensione fastidiosa ed irritante da cui
lui non
si era mai fatto influenzare, limitandosi ad ascoltare in un dignitoso
silenzio.
L’uomo
che aveva tossito poco prima fu colto da un improvviso e più
violento attacco
di tosse; un sopracciglio assottigliato del Capitano Ichimaru si
inarcò in un’espressione
impietosita, mentre lui prendeva il respiro e rompeva quel silenzio
scomodo:
«
Nya, » miagolò, con voce acuta «
accidenti, Juusantai
taichou. Dovrebbe riguardarsi di più, o
finirà per ammalarsi di nuovo. Non
dovrebbe strafare, con l’età che ha.»
Juushiro
Ukitake ci mise qualche istante prima di riprendersi del tutto;
respirò
profondamente e deglutì, poi tornò composto, con
un sorriso tranquillo ad
illuminargli le labbra pallide. Il volto smunto portava ancora i segni
della
sua persistente malattia: pochi giorni prima aveva subito una ricaduta
dalla
qualche ancora faticava a risollevarsi.
«
Ti ringrazio, Ichimaru. Ora sto bene.» gli rispose, con tono
grato,
massaggiandosi la nuca, la mano che si insinuava fra i lunghi capelli
bianchi «
Mi spiace di arrecarvi disturbo.»
«
Nessun disturbo, capitano.» borbottò con voce
cavernosa Kenpachi Zaraki, senza
guardarlo, con le braccia conserte ed espressione vacua; un sorriso
grottesco apparve
sulla sua bocca, mentre la cicatrice che gli solcava il volto si
increspava in
maniera inquietante « Piuttosto dovremmo lamentarci alquanto
del ritardo del
nostro qui presente signor capitano di
sangue blu.»
Byakuya
dischiuse gli occhi, squadrandolo appena da sotto le lunghe ciglia
nere. Quel
breve scambio di sguardi fece in modo che il Capitano
dell’Undicesima
allargasse il sorriso, mugugnando:
«
…Il signorino Kuchiki oggi è meno incline del
solito a sopportare le
provocazioni. Sarà per qualche problema in
famiglia?»
«
Suvvia, Zaraki–san…»
si intromise a
voce bassa e conciliante il capitano Unohana, sorridendo in quella
maniera che
riusciva silenziosamente a tenere a bada chiunque – anche i
più arroganti ed
agguerriti membri dell’undicesima divisione –
« Non siate aggressivo con il
capitano Kuchiki. Può capitare a tutti di arrivare in
ritardo, non è vero?»
Byakuya
si rifiutò di sprecare fiato per rispondere alle petulanti
ingiurie di Zaraki e
si limitò ad ignorarlo, abbassando nuovamente il capo;
questo fu sufficiente a
zittire il ghignante capitano numero undici, anche se come sempre, non
avrebbe
mai ammesso la sconfitta.
«
Siamo venuti qui a perdere tempo o c’è un
motivo?» sbottò tagliente la piccola
Soi Fon della Seconda Brigata – e comandante delle Forze
Speciali. Lo shihakusho
e l’haori attillati mettevano in risalto il suo fisico magro
ed allenato,
mentre i cerchi dorati che le decoravano i capelli tintinnavano ad ogni
suo
movimento, all’estremità di due lunghe e sottili
trecce.
«
Chiedo venia, piccola comandate Fon!» intonò
ancora Ichimaru, sollevando una
mano, con un tono che sconfinava nello scherno in maniera fin troppo
palese «
Non era nostra intenzione infastidirti.» la giovane shinigami
ebbe un fremito,
ma riuscì a controllarsi con facilità.
«
Silenzio.» il suono imperioso di quella voce fece
repentinamente ammutolire i
capitani. Genryuusai Yamamoto si alzò in piedi dal suo
seggio, poggiando
entrambe le mani in cima al suo nodoso e spesso bastone. La barba
bianca gli
ricadde sul petto lunga e folta, intrecciata con un nastro viola.
L’anziano
shinigami fece qualche passo tra le due file allineate:
«
Non vi ho convocati perché litighiate.»
lì ammonì, aprendo appena gli occhi,
mentre il volto veniva solcato da profonde rughe
d’espressione « Come vi ha
giustamente fatto notare il Capitano Soi Fon, nessuno di noi ha tempo
da
perdere.» il suo cipiglio accusatore si spostò
velocemente da Ichimaru a Zaraki
« Mi sbaglio, forse?»
«
Nossignore! » rispose prontamente Gin, con un sorriso
divertito stampato sulle
labbra, mentre Kenpachi si limitava a sbuffare, distogliendo lo sguardo.
«
Bene.» la voce roca di Yamamoto tornò atona,
mentre si voltava lentamente per
tornare al suo seggio « Preferirei non dovervi più
richiamare.»
Mentre
osservava con poca partecipazione la figura del Capitano Generale che
occupava
nuovamente il proprio scranno, Byakuya colse appena il bisbiglio
tranquillo che
sfuggì dalle labbra incurvate di Shunsui Kyoraku:
«
Più il tempo passa, e più il vecchio Yama diventa
spaventoso.»
Byakuya
sbatté le palpebre, tornando a focalizzare la sua attenzione
altrove: la cosa
non gli interessava.
«
Dunque, proseguiamo con l’ordine del giorno.
Ukitake.» esordì infine Yamamoto, tossicchiando
« Volevi proporre un’elevazione di grado. Di cosa
si tratta?»
Il
capitano della Tredicesima Divisione annuì debolmente,
facendosi avanti di un
breve passo, il volto contratto in una maschera sofferente:
checché ne dicesse,
era evidente che la malattia continuasse a tormentarlo anche in quello
stesso
istante. Ad ogni modo tentò di ergersi in tutta la sua
statura quando,
schiarendosi la voce, annunciò:
«
Volevo sottoporre al giudizio dell’assemblea una decisione
che mi sono
ritrovato a contemplare da qualche giorno a questa parte.» la
sua espressione
si indurì « La mia sottoposta Kuchiki Rukia
possiede uno shikai notevole. E’
mia intenzione elevarla al grado di quarto seggio della mia
brigata.»
Gli
occhi di Byakuya volarono rapidi e imperturbabili ad Ukitake;
sentì nuovamente
quello spasmo nervoso percorrergli le dita delle mani, ma rimase
immobile, in
ascolto.
Vi
fu un attimo di smarrimento e di completo mutismo prima che i capitani
esprimessero le loro opinioni: il primo a parlare fu Kyoraku,
sollevando
perplesso il bordo intrecciato del suo copricapo:
«
Uno shikai tanto forte da meritare un seggio nella brigata, Juushiro?
La
signorina Kuchiki è appena arrivata, mi sbaglio?»
Ukitake
annuì gravemente:
«
La signorina Kuchiki entrerà a far parte definitivamente
della mia divisione
tra una settimana. Tuttavia ho avuto modo di osservare le sue
capacità mentre si
allenava nel campo addestramento della mia caserma.» il suo
sguardo deciso si
spostò sulla piccola sagoma del capitano della Decima
Brigata « E’ una
zampakuto di ghiaccio come la sua, Hitsugaya,» poi
tornò a rivolgersi
all’intera assemblea « e se ben addestrata,
potrebbe raggiungere il livello di
capitano senza particolari difficoltà.»
Ichimaru
sghignazzò appena, esibendosi in un sorrisetto compiaciuto:
«
Che sorpresa, ne? La piccola Rukia
sfodera uno shikai che colpisce il capitano Ukitake a tal
punto...» si strinse
nelle spalle « perché un semplice seggio, allora?
Se il suo reiatsu è davvero
così straordinario, fai di lei una bella e promettente
luogotenente.»
Byakuya
rimase silenzioso, cercando di trattenere un improvviso e violento
impulso che
lo aveva quasi spinto a poggiare la mano destra sull’elsa di
Senbonzakura. Lo
mandava in bestia che l’argomento di conversazione fosse
Rukia, che tutti
parlassero di lei come se lui non fosse presente ad ascoltarli, e che
Ichimaru
si riferisse a lei con così poco rispetto. Tuttavia non
diede alcun segno di
fastidio e continuò ad ascoltare.
«
L’idea del luogotenente non è malaccio,»
interloquì ancora Kyoraku, un attimo prima
di volgersi in direzione del vicino capitano della Sesta Brigata
« Capitano, il
posto di ufficiale aiutante nella tua divisione è vacante,
nevvero?»
Un
profondo grugnito di disapprovazione provenne da Kenpachi Zaraki:
«
«
Byakuya.» il richiamo di Ukitake gli fece alzare lo sguardo
immediatamente; sentire
che il proprio nome non veniva affiancato dal titolo onorifico non
smetteva mai
di sorprenderlo. Tuttavia non ribatteva quando era Juushiro a chiamarlo
in maniera
confidenziale: anche se il suo volto gioviale suggeriva
tutt’altro, il
tredicesimo capitano lo aveva accompagnato durante la sua crescita ed
il suo
tirocinio, e si era inginocchiato profondamente nel giurargli
fedeltà quando, durante
la cerimonia che aveva investito Byakuya del ruolo di nuovo
capofamiglia dei
Kuchiki, lo aveva osservato indossare per la prima volta lo scialle ed
il kenseikan.
«
Volevo una tua opinione in merito, prima di prendere qualsiasi
decisione.» le
parole di Ukitake persero per un istante la loro fermezza, mentre una
sua mano
correva rapida a soffocare qualche debole colpo di tosse «
Cosa ne pensi?»
«
Potrebbe essere una buona occasione per la signorina
Kuchiki.» aggiunse
sommessamente Kaname Tousen, lo sguardo cieco che esplorava il vuoto,
la
carnagione scura che colorava i suoi lineamenti marcati ed austeri,
mentre i
capelli neri come pece gli ricadevano intrecciati lungo la schiena,
legati da
un nastro.
Gli
sguardi di tutti si concentrarono su Byakuya Kuchiki: lui
abbassò leggermente
le palpebre, tornando a fissare un punto indefinito sul pavimento di
legno.
Ognuno di quegli illustri shinigami si aspettava la stessa risposta;
tuttavia,
quando chiuse gli occhi e si accinse a rispondere, ciò che
disse non sembrò
soddisfare le loro aspettative.
«
No.»
Le
occhiate di tutti divennero improvvisamente confuse: Ukitake
sgranò appena gli
occhi, basito:
«
No?»
«
La tua proposta riempie di orgoglio sia me che Rukia e onora il nome
del nostro
casato intero, capitano.» spiegò cautamente
Byakuya, sovrastando il basso
mormorio che aveva preso a serpeggiare fra le due schiere di shinigami
« Ma il
seggio è un dono che non possiamo permetterci di accettare,
date le attuali
capacità di Rukia.» Yamamoto si lasciò
sfuggire un rumoroso verso di disapprovazione,
soffiando attraverso i lunghi baffi che gli nascondevano la bocca, ed
il
sorriso di Gin Ichimaru venne inaspettatamente sostituito da
un’espressione innocente
di puro disorientamento.
Ukitake
tuttavia sembrava quello più turbato: avanzò
qualche passo deciso verso il capitano
Kuchiki, stringendo le mani a pugno:
«
…ma perché? Byakuya, hai visto anche tu quanto
sia potente lo shikai della
signorina Kuchiki. Il seggio è il minimo che potrei
darle.» scosse il capo
energicamente, guardandolo quasi con astio « Negarglielo
sarebbe
un’ingiustizia. Non ti permetterò di...»
«
Juushiro Ukitake.» la voce imperiosa di Byakuya lo interruppe
ancora prima che
potesse concludere la frase « Ti prego di stare al tuo posto.
Non hai il
diritto di prendere decisioni che influenzino così
profondamente il futuro di
Rukia.»
Il
volto di Ukitake si colorò di un leggero livore, mentre le
sopracciglia nere si
aggrottavano minacciosamente, sprofondando fra i suoi stanchi occhi
infiammati
di rabbia. Quando prese il fiato per ribattere, la sua voce aveva
assunto un
tono particolarmente cupo:
«
Sono il suo Capitano.»
«
Non ho mai affermato il contrario …» Byakuya
Kuchiki gli rivolse un’occhiata
gelida « …ma Rukia è prima di tutto mia
sorella.»
Ukitake
si fermò nell’atto di protestare, la voce che gli
moriva in bocca. Si limitò a
fissare Byakuya per qualche istante, senza trovare le giuste parole per
sostenere la propria causa.
«
Rukia è un membro del mio clan e mia erede. E’ mio
dovere indicarle quale sia
la strada migliore da percorrere. Non ho intenzione di lasciarti fare
ciò che
più ti aggrada.»
Quelle
parole estremamente brusche fecero cadere un silenzio gravoso su tutti
i
presenti; il reiatsu di Byakuya era improvvisamente diventato intenso e
minaccioso, e creava un bizzarro contrasto con
l’immobilità dei suoi equilibrati
lineamenti che non tradivano alcun turbamento. Sul volto di Gin
Ichimaru era
riapparso il sorriso, mentre Kenpachi ridacchiava: il resto
dell’assemblea
sembrava tutt’altro che divertita.
«
Il capitano Kuchiki ha ragione, Ukitake–san…»
fu il tono conciliante del capitano Aizen a dissolvere
quell’atmosfera tetra;
era rimasto silenzioso ed in ascolto fino a quel momento, ma quando
aprì bocca
la tensione sembrò affievolirsi. La sua voce ed i suoi gesti
bonari avevano
sempre avuto quell’effetto « Dovremmo rispettare il
volere del nobile Byakuya.»
Il
capitano della Sesta Brigata fece un breve passo avanti, abbandonando
il
proprio posto nello schieramento, concedendo ad Aizen una sola breve
occhiata
sprezzante; sapeva che non sarebbe di certo stato
l’intervento pacificatore del
Capitano della Quinta Divisione a stabilire chi, fra il capofamiglia
dei
Kuchiki l’erede degli Ukitake, avrebbe conquistato la
vittoria in quella
battaglia.
«
Non ho intenzione di acconsentire alla promozione di Rukia. Per questo
motivo,
vi prego di non chiedermelo mai più.» lo disse con
un tono fermo che non
ammetteva repliche, rivolgendosi all’adunanza intera
« Capitano Ukitake, vi
auguro una rapida guarigione.» lo aggiunse con cortesia,
guardandolo di
sfuggita un attimo prima di rivolgersi a Yamamoto, inflessibile
« Ora imploro
che mi diate il permesso di ritirarmi.»
Non
servivano spiegazioni quando era un Kuchiki a chiedere. Il capitano
generale
acconsentì con un lento cenno del capo, senza aggiungere
altro, mentre gli
altri shinigami osservavano – Byakuya si voltò in
un sommesso frusciare di
vesti, avanzando a grandi passi verso l’uscita senza degnare
nessuno di loro
neppure di un’occhiata.
Tuttavia
si fermò poco prima di oltrepassare le due grandi porte
ancora spalancante,
mentre un tuono preannunciava l’ennesima tempesta autunnale.
«
Zaraki Kenpachi.» sillabò lentamente, senza
espressione nella voce « La
prossima volta che oserai pronunciare una sola parola con
l’intento di
infangare la mia casata,» voltò il capo il tanto
necessario ad intravedere con
la coda dell’occhio la sagoma possente di quello sfacciato
bellicoso del
Rukongai, poi concluse, il tono che fremeva d’ira ben
controllata « potresti
mettermi nella disdicevole condizione di dover punire codesta tua
indole
irrispettosa.»
E
detto questo scomparve con un solo, silenzioso passo del suo rinomato
ed
impeccabile shunpo.
{ •
***
• }
Le
sentì mentre faceva scorrere delicatamente le doppie porte;
la sua ombra minuta
venne proiettata, mentre si inchinava, lungo tutto il tatami della
stanza:
«
Niisama, sono di ritorno dal primo incontro con la mia nuova
squadra.»
«
Che seggio?» lui glielo domandò con urgenza, senza
lasciarle dire nient’altro,
senza neppure voltarsi a guardarla. Ci fu un attimo di imbarazzato e
contrito
silenzio prima che lei trovasse la forza di bisbigliare:
«
Sono estremamente dispiaciuta…» la voce si fece
fioca « una persona con la mia
forza non può sperare di ottenere una posizione elevata
subito dopo essere
entrata nella brigata.»
Byakuya
deglutì appena, mentre una liberatoria sensazione di
sollievo gli percorreva
tutto il corpo, dandogli nuovamente la possibilità di
respirare. Aveva
involontariamente trattenuto il fiato fino a quel momento, in un moto
di
ansiosa incertezza.
«
Capisco.» fece una pausa, poi aggiunse, senza troppa
attenzione « Puoi
ritirarti.»
E
mentre sentiva che lei strisciava via, richiudendo le porte, Byakuya
continuò a
fissare le proprie lunghe dita adagiate sulla stoffa del kimono, stando
seduto
sui talloni, nella sua stanza buia.
Cerca di capire, Rukia.
L’ho fatto per proteggerti.
Se
lo disse con forza, quasi volesse convincersene lui stesso. Ma
più se lo
ripeteva, più lo assaliva la consapevolezza di non aver
agito nell’interesse di
Rukia. Se solo lo sprigionamento di Sode no Shirayuki non gli fosse
apparso
così spaventoso, se solo non avesse intravisto negli occhi
di Rukia quella
determinazione, quella luce che la faceva sembrare così lontana.
Respirò
lentamente, mandando la testa all’indietro con un mugolio
soffocato; sentì i
muscoli del collo rilassarsi, mentre i capelli neri gli ricadevano
liberi lungo
la schiena.
Sono un egoista.
Aprì
lentamente gli occhi, scrutando il soffitto
nell’oscurità, colmandosi di quel
silenzio assoluto ed innaturale, cercando un conforto che sapeva di non
poter
ricevere.