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Autore: Frances    31/07/2008    1 recensioni
Mio fratello mi odia.
Se ne andrà senza un solo commento.
E d'ora in poi, mi rivolgerà solo sguardi pieni di vergogna."
[ Byakuya & Rukia - Byakuya x Hisana ]
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Byakuya Kuchiki, Kuchiki Rukia
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Si permetteva di rado di arrivare per ultimo quando il capitano Yamamoto convocava un’assemblea; tuttavia, quella mattina, quando varcò con passo tranquillo le due enormi porte spalancate, sentì gli sguardi di tutti gli altri dodici capitani – schierati ordinatamente gli uni di fronte agli altri, come avversari pronti a fronteggiarsi – posarsi su di lui quasi all’unisono.  Concesse ad ognuno di loro un’occhiata distratta, salutandoli con un serio e rispettoso cenno del capo, mentre senza dire una parola raggiungeva il proprio posto, tra l’imponente capitano Kyoraku e la minuta Retsu Unohana della Quarta Brigata.

Le grandi lanterne illuminavano abbondantemente l’intera sala delle assemblee, l’ampio salone che si estendeva nel cuore della caserma della Prima Squadra e che era sede decisionale dell’intero Gotei Tredici. Gli haori bianchi affiancati portavano impressi i numeri caratteristici di ogni singola brigata, pendendo dalle spalle di quegli shinigami che conservavano nel loro portamento un’autorità superiore a qualsiasi altra. Ogni volta che Byakuya entrava in quella sala, con l’adunanza al completo, l’ondata di reiatsu che lo investiva era a malapena sopportabile: un malessere che tutti cercavano di affievolire limitando l’emanazione, ma che tuttavia sembravano patire in ugual misura.

Qualcuno tossì attutendo il rumore nel palmo della mano, qualcun altro si schiarì la voce, Toushiro Hitsugaya incrociò le braccia con aria contrariata, un basso ringhio parve scuotere la maschera di legno che nascondeva il volto del misterioso capitano Komamura. Byakuya intravide con la coda dell’occhio il lento movimento del capitano dell’ottava compagnia che spostava appena l’ampio cappello di paglia ed il tic nervoso che di tanto in tanto coglieva la palpebra sinistra di Mayuri Kurotsuchi, distorcendo il suo sorriso statico ed artificiale.

Sin dalla prima volta che vi era entrato, indossando il mantello che lo identificava come il neo eletto comandante della Sesta Brigata, Byakuya aveva percepito l’atmosfera pesante che costantemente permeava la sala: molte delle personalità presenti non riuscivano a stare insieme nella stessa stanza per più di qualche istante senza iniziare una contesa. Era una tensione fastidiosa ed irritante da cui lui non si era mai fatto influenzare, limitandosi ad ascoltare in un dignitoso silenzio.

L’uomo che aveva tossito poco prima fu colto da un improvviso e più violento attacco di tosse; un sopracciglio assottigliato del Capitano Ichimaru si inarcò in un’espressione impietosita, mentre lui prendeva il respiro e rompeva quel silenzio scomodo:

« Nya, » miagolò, con voce acuta « accidenti, Juusantai taichou. Dovrebbe riguardarsi di più, o finirà per ammalarsi di nuovo. Non dovrebbe strafare, con l’età che ha.»

Juushiro Ukitake ci mise qualche istante prima di riprendersi del tutto; respirò profondamente e deglutì, poi tornò composto, con un sorriso tranquillo ad illuminargli le labbra pallide. Il volto smunto portava ancora i segni della sua persistente malattia: pochi giorni prima aveva subito una ricaduta dalla qualche ancora faticava a risollevarsi.

« Ti ringrazio, Ichimaru. Ora sto bene.» gli rispose, con tono grato, massaggiandosi la nuca, la mano che si insinuava fra i lunghi capelli bianchi « Mi spiace di arrecarvi disturbo.»

« Nessun disturbo, capitano.» borbottò con voce cavernosa Kenpachi Zaraki, senza guardarlo, con le braccia conserte ed espressione vacua; un sorriso grottesco apparve sulla sua bocca, mentre la cicatrice che gli solcava il volto si increspava in maniera inquietante « Piuttosto dovremmo lamentarci alquanto del ritardo del nostro qui presente signor capitano di sangue blu

Byakuya dischiuse gli occhi, squadrandolo appena da sotto le lunghe ciglia nere. Quel breve scambio di sguardi fece in modo che il Capitano dell’Undicesima allargasse il sorriso, mugugnando:

« …Il signorino Kuchiki oggi è meno incline del solito a sopportare le provocazioni. Sarà per qualche problema in famiglia?»

« Suvvia, Zaraki–san…» si intromise a voce bassa e conciliante il capitano Unohana, sorridendo in quella maniera che riusciva silenziosamente a tenere a bada chiunque – anche i più arroganti ed agguerriti membri dell’undicesima divisione – « Non siate aggressivo con il capitano Kuchiki. Può capitare a tutti di arrivare in ritardo, non è vero?»

Byakuya si rifiutò di sprecare fiato per rispondere alle petulanti ingiurie di Zaraki e si limitò ad ignorarlo, abbassando nuovamente il capo; questo fu sufficiente a zittire il ghignante capitano numero undici, anche se come sempre, non avrebbe mai ammesso la sconfitta.

« Siamo venuti qui a perdere tempo o c’è un motivo?» sbottò tagliente la piccola Soi Fon della Seconda Brigata – e comandante delle Forze Speciali. Lo shihakusho e l’haori attillati mettevano in risalto il suo fisico magro ed allenato, mentre i cerchi dorati che le decoravano i capelli tintinnavano ad ogni suo movimento, all’estremità di due lunghe e sottili trecce.  

« Chiedo venia, piccola comandate Fon!» intonò ancora Ichimaru, sollevando una mano, con un tono che sconfinava nello scherno in maniera fin troppo palese « Non era nostra intenzione infastidirti.» la giovane shinigami ebbe un fremito, ma riuscì a controllarsi con facilità.

« Silenzio.» il suono imperioso di quella voce fece repentinamente ammutolire i capitani. Genryuusai Yamamoto si alzò in piedi dal suo seggio, poggiando entrambe le mani in cima al suo nodoso e spesso bastone. La barba bianca gli ricadde sul petto lunga e folta, intrecciata con un nastro viola.

L’anziano shinigami fece qualche passo tra le due file allineate:

« Non vi ho convocati perché litighiate.» lì ammonì, aprendo appena gli occhi, mentre il volto veniva solcato da profonde rughe d’espressione « Come vi ha giustamente fatto notare il Capitano Soi Fon, nessuno di noi ha tempo da perdere.» il suo cipiglio accusatore si spostò velocemente da Ichimaru a Zaraki « Mi sbaglio, forse?»

« Nossignore! » rispose prontamente Gin, con un sorriso divertito stampato sulle labbra, mentre Kenpachi si limitava a sbuffare, distogliendo lo sguardo.

« Bene.» la voce roca di Yamamoto tornò atona, mentre si voltava lentamente per tornare al suo seggio « Preferirei non dovervi più richiamare.»

Mentre osservava con poca partecipazione la figura del Capitano Generale che occupava nuovamente il proprio scranno, Byakuya colse appena il bisbiglio tranquillo che sfuggì dalle labbra incurvate di Shunsui Kyoraku:

« Più il tempo passa, e più il vecchio Yama diventa spaventoso.»

Byakuya sbatté le palpebre, tornando a focalizzare la sua attenzione altrove: la cosa non gli interessava.

« Dunque, proseguiamo con l’ordine del giorno. Ukitake.» esordì infine Yamamoto, tossicchiando « Volevi proporre un’elevazione di grado. Di cosa si tratta?»

Il capitano della Tredicesima Divisione annuì debolmente, facendosi avanti di un breve passo, il volto contratto in una maschera sofferente: checché ne dicesse, era evidente che la malattia continuasse a tormentarlo anche in quello stesso istante. Ad ogni modo tentò di ergersi in tutta la sua statura quando, schiarendosi la voce, annunciò:

« Volevo sottoporre al giudizio dell’assemblea una decisione che mi sono ritrovato a contemplare da qualche giorno a questa parte.» la sua espressione si indurì « La mia sottoposta Kuchiki Rukia possiede uno shikai notevole. E’ mia intenzione elevarla al grado di quarto seggio della mia brigata.»

Gli occhi di Byakuya volarono rapidi e imperturbabili ad Ukitake; sentì nuovamente quello spasmo nervoso percorrergli le dita delle mani, ma rimase immobile, in ascolto.

Vi fu un attimo di smarrimento e di completo mutismo prima che i capitani esprimessero le loro opinioni: il primo a parlare fu Kyoraku, sollevando perplesso il bordo intrecciato del suo copricapo:

« Uno shikai tanto forte da meritare un seggio nella brigata, Juushiro? La signorina Kuchiki è appena arrivata, mi sbaglio?»

Ukitake annuì gravemente:

« La signorina Kuchiki entrerà a far parte definitivamente della mia divisione tra una settimana. Tuttavia ho avuto modo di osservare le sue capacità mentre si allenava nel campo addestramento della mia caserma.» il suo sguardo deciso si spostò sulla piccola sagoma del capitano della Decima Brigata « E’ una zampakuto di ghiaccio come la sua, Hitsugaya,» poi tornò a rivolgersi all’intera assemblea « e se ben addestrata, potrebbe raggiungere il livello di capitano senza particolari difficoltà.»

Ichimaru sghignazzò appena, esibendosi in un sorrisetto compiaciuto:

« Che sorpresa, ne? La piccola Rukia sfodera uno shikai che colpisce il capitano Ukitake a tal punto...» si strinse nelle spalle « perché un semplice seggio, allora? Se il suo reiatsu è davvero così straordinario, fai di lei una bella e promettente luogotenente.»

Byakuya rimase silenzioso, cercando di trattenere un improvviso e violento impulso che lo aveva quasi spinto a poggiare la mano destra sull’elsa di Senbonzakura. Lo mandava in bestia che l’argomento di conversazione fosse Rukia, che tutti parlassero di lei come se lui non fosse presente ad ascoltarli, e che Ichimaru si riferisse a lei con così poco rispetto. Tuttavia non diede alcun segno di fastidio e continuò ad ascoltare.

« L’idea del luogotenente non è malaccio,» interloquì ancora Kyoraku, un attimo prima di volgersi in direzione del vicino capitano della Sesta Brigata « Capitano, il posto di ufficiale aiutante nella tua divisione è vacante, nevvero?»

Un profondo grugnito di disapprovazione provenne da Kenpachi Zaraki:

« La Sesta Brigata in mano ai Kuchiki? Non sia mai che vogliate rovinare l’intero Gotei.» scosse il capo, facendo tintinnare rumorosamente le campanelle che decoravano la sua stravangate acconciatura « Se alla Sesta serve un luogotenente, ti cedo il mio sesto seggio con piacere, Capitano. Chissà che la tua natura silenziosa non gli chiuda quella bocca larga che si ritrova.»

« Byakuya.» il richiamo di Ukitake gli fece alzare lo sguardo immediatamente; sentire che il proprio nome non veniva affiancato dal titolo onorifico non smetteva mai di sorprenderlo. Tuttavia non ribatteva quando era Juushiro a chiamarlo in maniera confidenziale: anche se il suo volto gioviale suggeriva tutt’altro, il tredicesimo capitano lo aveva accompagnato durante la sua crescita ed il suo tirocinio, e si era inginocchiato profondamente nel giurargli fedeltà quando, durante la cerimonia che aveva investito Byakuya del ruolo di nuovo capofamiglia dei Kuchiki, lo aveva osservato indossare per la prima volta lo scialle ed il kenseikan.

« Volevo una tua opinione in merito, prima di prendere qualsiasi decisione.» le parole di Ukitake persero per un istante la loro fermezza, mentre una sua mano correva rapida a soffocare qualche debole colpo di tosse « Cosa ne pensi?»

« Potrebbe essere una buona occasione per la signorina Kuchiki.» aggiunse sommessamente Kaname Tousen, lo sguardo cieco che esplorava il vuoto, la carnagione scura che colorava i suoi lineamenti marcati ed austeri, mentre i capelli neri come pece gli ricadevano intrecciati lungo la schiena, legati da un nastro.

Gli sguardi di tutti si concentrarono su Byakuya Kuchiki: lui abbassò leggermente le palpebre, tornando a fissare un punto indefinito sul pavimento di legno. Ognuno di quegli illustri shinigami si aspettava la stessa risposta; tuttavia, quando chiuse gli occhi e si accinse a rispondere, ciò che disse non sembrò soddisfare le loro aspettative.

« No.»

Le occhiate di tutti divennero improvvisamente confuse: Ukitake sgranò appena gli occhi, basito:

« No?»

« La tua proposta riempie di orgoglio sia me che Rukia e onora il nome del nostro casato intero, capitano.» spiegò cautamente Byakuya, sovrastando il basso mormorio che aveva preso a serpeggiare fra le due schiere di shinigami « Ma il seggio è un dono che non possiamo permetterci di accettare, date le attuali capacità di Rukia.» Yamamoto si lasciò sfuggire un rumoroso verso di disapprovazione, soffiando attraverso i lunghi baffi che gli nascondevano la bocca, ed il sorriso di Gin Ichimaru venne inaspettatamente sostituito da un’espressione innocente di puro disorientamento.

Ukitake tuttavia sembrava quello più turbato: avanzò qualche passo deciso verso il capitano Kuchiki, stringendo le mani a pugno:

« …ma perché? Byakuya, hai visto anche tu quanto sia potente lo shikai della signorina Kuchiki. Il seggio è il minimo che potrei darle.» scosse il capo energicamente, guardandolo quasi con astio « Negarglielo sarebbe un’ingiustizia. Non ti permetterò di...»

« Juushiro Ukitake.» la voce imperiosa di Byakuya lo interruppe ancora prima che potesse concludere la frase « Ti prego di stare al tuo posto. Non hai il diritto di prendere decisioni che influenzino così profondamente il futuro di Rukia.»

Il volto di Ukitake si colorò di un leggero livore, mentre le sopracciglia nere si aggrottavano minacciosamente, sprofondando fra i suoi stanchi occhi infiammati di rabbia. Quando prese il fiato per ribattere, la sua voce aveva assunto un tono particolarmente cupo:

« Sono il suo Capitano.»

« Non ho mai affermato il contrario …» Byakuya Kuchiki gli rivolse un’occhiata gelida « …ma Rukia è prima di tutto mia sorella.»

Ukitake si fermò nell’atto di protestare, la voce che gli moriva in bocca. Si limitò a fissare Byakuya per qualche istante, senza trovare le giuste parole per sostenere la propria causa.

« Rukia è un membro del mio clan e mia erede. E’ mio dovere indicarle quale sia la strada migliore da percorrere. Non ho intenzione di lasciarti fare ciò che più ti aggrada.»

Quelle parole estremamente brusche fecero cadere un silenzio gravoso su tutti i presenti; il reiatsu di Byakuya era improvvisamente diventato intenso e minaccioso, e creava un bizzarro contrasto con l’immobilità dei suoi equilibrati lineamenti che non tradivano alcun turbamento. Sul volto di Gin Ichimaru era riapparso il sorriso, mentre Kenpachi ridacchiava: il resto dell’assemblea sembrava tutt’altro che divertita.

« Il capitano Kuchiki ha ragione, Ukitake–san…» fu il tono conciliante del capitano Aizen a dissolvere quell’atmosfera tetra; era rimasto silenzioso ed in ascolto fino a quel momento, ma quando aprì bocca la tensione sembrò affievolirsi. La sua voce ed i suoi gesti bonari avevano sempre avuto quell’effetto « Dovremmo rispettare il volere del nobile Byakuya.»

Il capitano della Sesta Brigata fece un breve passo avanti, abbandonando il proprio posto nello schieramento, concedendo ad Aizen una sola breve occhiata sprezzante; sapeva che non sarebbe di certo stato l’intervento pacificatore del Capitano della Quinta Divisione a stabilire chi, fra il capofamiglia dei Kuchiki l’erede degli Ukitake, avrebbe conquistato la vittoria in quella battaglia.

« Non ho intenzione di acconsentire alla promozione di Rukia. Per questo motivo, vi prego di non chiedermelo mai più.» lo disse con un tono fermo che non ammetteva repliche, rivolgendosi all’adunanza intera « Capitano Ukitake, vi auguro una rapida guarigione.» lo aggiunse con cortesia, guardandolo di sfuggita un attimo prima di rivolgersi a Yamamoto, inflessibile « Ora imploro che mi diate il permesso di ritirarmi.»

Non servivano spiegazioni quando era un Kuchiki a chiedere. Il capitano generale acconsentì con un lento cenno del capo, senza aggiungere altro, mentre gli altri shinigami osservavano – Byakuya si voltò in un sommesso frusciare di vesti, avanzando a grandi passi verso l’uscita senza degnare nessuno di loro neppure di un’occhiata.

Tuttavia si fermò poco prima di oltrepassare le due grandi porte ancora spalancante, mentre un tuono preannunciava l’ennesima tempesta autunnale.

« Zaraki Kenpachi.» sillabò lentamente, senza espressione nella voce « La prossima volta che oserai pronunciare una sola parola con l’intento di infangare la mia casata,» voltò il capo il tanto necessario ad intravedere con la coda dell’occhio la sagoma possente di quello sfacciato bellicoso del Rukongai, poi concluse, il tono che fremeva d’ira ben controllata « potresti mettermi nella disdicevole condizione di dover punire codesta tua indole irrispettosa.»

E detto questo scomparve con un solo, silenzioso passo del suo rinomato ed impeccabile shunpo.

{ •  ***  • }

 

Le sentì mentre faceva scorrere delicatamente le doppie porte; la sua ombra minuta venne proiettata, mentre si inchinava, lungo tutto il tatami della stanza:

« Niisama, sono di ritorno dal primo incontro con la mia nuova squadra.»

« Che seggio?» lui glielo domandò con urgenza, senza lasciarle dire nient’altro, senza neppure voltarsi a guardarla. Ci fu un attimo di imbarazzato e contrito silenzio prima che lei trovasse la forza di bisbigliare:

« Sono estremamente dispiaciuta…» la voce si fece fioca « una persona con la mia forza non può sperare di ottenere una posizione elevata subito dopo essere entrata nella brigata.»

Byakuya deglutì appena, mentre una liberatoria sensazione di sollievo gli percorreva tutto il corpo, dandogli nuovamente la possibilità di respirare. Aveva involontariamente trattenuto il fiato fino a quel momento, in un moto di ansiosa incertezza.

« Capisco.» fece una pausa, poi aggiunse, senza troppa attenzione « Puoi ritirarti.»

E mentre sentiva che lei strisciava via, richiudendo le porte, Byakuya continuò a fissare le proprie lunghe dita adagiate sulla stoffa del kimono, stando seduto sui talloni, nella sua stanza buia.

 

Cerca di capire, Rukia. L’ho fatto per proteggerti.

 

Se lo disse con forza, quasi volesse convincersene lui stesso. Ma più se lo ripeteva, più lo assaliva la consapevolezza di non aver agito nell’interesse di Rukia. Se solo lo sprigionamento di Sode no Shirayuki non gli fosse apparso così spaventoso, se solo non avesse intravisto negli occhi di Rukia quella determinazione, quella luce che la faceva sembrare così lontana.

Respirò lentamente, mandando la testa all’indietro con un mugolio soffocato; sentì i muscoli del collo rilassarsi, mentre i capelli neri gli ricadevano liberi lungo la schiena.

 

Sono un egoista.

 

Aprì lentamente gli occhi, scrutando il soffitto nell’oscurità, colmandosi di quel silenzio assoluto ed innaturale, cercando un conforto che sapeva di non poter ricevere.

   
 
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