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Autore: Cippominchio    08/06/2014    7 recensioni
Sapete cosa è una roleplayer? Cosa vuol dire creare dei legami tra personaggi inventati da due persone diverse tra loro?
Chi parla è una roleplayer ormai accanita che racconta le sue avventure in chiave Introspettiva ma anche decisamente comica.

Le avventure di una giovane ragazza e del suo mondo spesso non capito,o non condiviso.
Primo capitolo revisionato e modificato
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Memorie di una Roleplayer

 

Whitout you

 

Si passa le mani tra i capelli, stropicciandoli tutti e appiattendoli, per poi tirarli verso l'alto.
Si gira a destra e a sinistra convinta di rotolarsi beatamente nel suo letto.
Ma che sogno strano che ha appena fatto. Ha sognato Judith.
Proprio Judith, uno dei suoi personaggi, mentre le punta il coltello alla gola, e le dice che loro sono reali. Che assurdità!
In quel sogno Judith le diceva qualcosa sul fatto che erano approdati, non lo sapevano nemmeno loro come, su un’isoletta sperduta vicino al Madagascar, e che vivevano le loro tranquille esistenze, solamente perché lei li aveva creati.
Continua a girarsi su quel coso ruvido, ma non si scompone. Deve aver tolto la federa durante il sonno, quando sente le gambe bagnate e il panico l'attanaglia.

 

Se l’è fatta addosso?

 

No, impossibile. A ventun’ anni ancora fa la pipì a letto?
No, deve aver fatto il solito sogno, quello in cui va a fare pipì al bagno e invece l’ha fatta a letto.
Muove un po' la bocca, stringendo gli occhi, e sente che c'è qualcuno lì con lei.

“Io ve l’avevo detto. Non ne ero propriamente sicuro di riuscire a farla venire qua senza qualche problema eh...” Ciò che le arriva alle orecchie è una voce maschile, ma decisamente effeminata.
“Johnny, hai decisamente fatto del tuo meglio, sta tranquillo. Per il momento è qui, dai su su, oh, nooo non piangere!” Una voce delicata, materna, risponde all'altra ovattando il suono del pianto. No... non è possibile.
Apre gli occhi di scatto e si mette seduta.
Davanti ai suoi occhi si presenta una distesa infinita d'acqua, di un colore tendente ora all’arancio, ora al rosa più chiaro. Ora Mare. Ora tramonto.
Si volta di scatto e trova davanti a sé una decina scarsa di persone.
Inizia a scuotere la testa, e sente che è difficile respirare. No, tutto quello non è possibile.
Si piega su se stessa, stringendo tra le mani la testa. È un incubo, solo un fottutissimo incubo da cui deve uscire. Perché loro non possono essere diventati realtà... oltretutto, lei lì cosa diavolo ci fa?
Sente lacrime calde scenderle lungo il viso. Non può essere stata strappata dalla sua realtà in quel modo così brutale. Loro sono una parte di lei, certo, ma lei ha le sue amicizie, i suoi impegni, GLI ESAMI DI MATURITÀ!
Si mette in piedi a fatica, per poi togliere le mani dal viso e trovarseli davanti.
Judith la scruta con sguardo altero, tipico di chi è a capo di un gruppo di persone e ogni giorno è costretto ad affrontarne una nuova.
“È viva! È VIVA! NON L'HO UCCISA!” Quel ragazzo dai capelli strani, il trucco pesante sugli occhi, i lobi dilatati, salta sulla spiaggia felice come un bambino che a Natale trova sotto l'albero il regalo che tanto desiderava.
“Tu... TU NON MI HAI UCCISA RAZZA DI CHECCA ISTERICA GENERATA DALLA MIA MENTE IN UN ATTIMO DI FOLLIA? RIPORTAMI IMMEDIATAMENTE A CASA!” Urla con tutto il fiato che ha in gola, il busto rivolto in avanti.
Lì per lì non pensa a quanto quelle parole possano offendere il piccolo Johnny, ma quando il silenzio generale la investe allora, in quel preciso istante, se ne rende conto.
“Johnny... scusami... ti... ti prego... io...”
Le mancano le parole per quanto è mortificata. Sa che Johnny ci ha messo un po' ad accettare la sua omosessualità, che quel suo essere così eccentrico e stravagante è solamente una maschera per difendersi dagli insulti.
Li osserva uno a uno. Non sono tutti, ce ne sono solamente alcuni, forse la parte più ‘tranquilla’ della sua pura follia creativa.
Si volta verso Judith e sospira. Non ha niente con sé, né un cambio, né il cellulare, né i libri per studiare.
“Ora parla, a te che ho dato il dono della diplomazia, prima che vi cancelli tutti quanti parla Judith!”
Quella in tutta risposta si stringe nelle spalle e guarda gli altri, che annuiscono in silenzio. Ma niente, lei non proferisce parola.
“Ok ho capito.” Un ragazzo biondo, alto all'incirca un metro e ottanta si fa avanti con il suo sorriso smagliante. Trasmette tranquillità e pace. Un angelo, con tanto di occhi azzurri e fisico perfetto, né troppo muscoloso né troppo asciutto, con delle spalle possenti.
“Mattheus..” Le parole di RJ sono come un sussurro. Lui è una delle sue creature più recenti. Un angelo custode.
“Si sono proprio io RJ. Ma abbiamo un problema. Cioè una buona parte di loro ha un problema. Ora per favore stammi a sentire. Parecchi si sono rifiutati di rimanere qui con noi a parlare in maniera civile, ma... il problema è il seguente. È un mese circa che siamo qui. Piombati su quest'isola senza sapere il perché, parecchi di noi non erano nemmeno a conoscenza degli altri prima di piombare qui.”
Prende un lungo respiro, e inclina la testa di lato facendo scrocchiare il collo.

“Siamo solamente noi. Non c'è nessun altro, qui. Noi in quest'isola sperduta nel nulla... e a parecchi di loro iniziano a mancare i loro compagni, la loro vita... Judith non parla. Ma...”
In tutta risposta RJ alza una mano per farlo tacere, perché ora ha capito. Sono soli, abbandonati a loro stessi. E questo per ognuno di loro porta a una conseguenza, riesce a percepirlo.

Johnny, poverino, sente la mancanza del suo compagno Tohir, per questo si era proposto di portarla lì.

Mattheus non ha preoccupazioni, se non per i bambini dell'orfanotrofio che protegge.

Judith, invece, è divorata dal senso di colpa per aver lasciato nuovamente solo il suo branco e il suo compagno, che sicuramente si stava domandando che fine avesse fatto.
Vede una mano alzarsi, nascosta nel gruppo, e le si avvicina.
“Rebelle!"
Riconoscibile grazie alla sua chioma di ricci indomabili, ma con il viso leggermente scavato e due profonde occhiaie. “Si..io..Io voglio la mia famiglia RJ, voglio Conan.”
Annuisce e si siede sulla sabbia scuotendo la testa.

Surreale. Ecco l'aggettivo adatto per definire quella situazione.
“Ho.. ho bisogno di farmi una doccia, e con me non ho nulla, né un computer, né dei libri, né un cambio di vestiti.”
“Posso aiutarti io in questo” un’altra voce, profonda e cavernosa, le fa alzare lo sguardo. Carnagione scura, capelli acconciati in lunghi dread che gli arrivano fino alla vita. Le porge una mano per alzarsi e lei la prende , sentendosi sollevare.
“ Basta parlare. Andiamo all'ospedale e lì avrai tutto ciò di cui hai bisogno”

 

 

 

 

“Balthazar! Tra un'ora all'ospedale”

“No Judith, andate su alla montagna, da Astrid e James. Ditegli che RJ è all'ospedale, gli angeli verranno con me per sicurezza. Ah… vedo del fumo dal bosco. Qualcuno fermi Adhara o incendierà tutto”. Detto ciò si trascina dietro la povera RJ, facendola salire su una macchina decisamente costosa.

RJ si appoggia al sedile e chiude gli occhi, cercando di rendere il più razionale possibile la cosa. Era su un isola, con i suoi personaggi, sparita senza dir niente a nessuno.


“Mi daranno per dispersa Balthazar.”

“Non lo so, per questo devi chiedere a Johhny! E non è stato assolutamente gentile da parte tua trattarlo in quel modo.”

“Ma io devo tornare a casa Balth!”

“Penseremo anche a quello RJ, ora però silenzio.”

 

Lo vede scendere dalla macchina e lei lo segue, senza proferir parola. Aveva dimenticato che il Dottore fosse un tipo molto silenzioso.

Cammina per i corridoi affollati dell'ospedale, finché non si trovano davanti a una bella porta in mogano.

“Questo è il mio studio, di là c'è una brandina. Puoi dormire lì se vuoi, io cerco qualcosa da farti mettere. Fuori dalla porta ci sono Eleonor, Mattheus e Anouk.”

“Bathazar, ma non siete soli!”

“No, siamo in una città ovviamente, ma i nostri compagni, le nostre famiglie non sono qui. Pensa ad Adhara che non ha notizie di sua figlia!”

“E Marlene?” domanda sedendosi sul letto e togliendosi le scarpe.

“Chi?”

“Marlene McKinnon! Ha una bambina piccola anche lei.” Lo guarda preoccupata.

“Ma tra di noi non c'è nessuna Marlene RJ!

“Marley?”
“No”

“Mela?”

“No”

“Ne sei propriamente sicuro Balth?”
“Abbastanza sicuro. Provo a chiedere agli altri” dice chiudendosi la porta alle spalle.

Marlene non è tra loro. E allora dove può essersi cacciata? Scuote la chioma rossa e si mette sulla brandina, guardando il muro. Non può pensare ai loro problemi. Lei deve tornare a casa.



Note Autrice: Ciao a tutti! Sono contentissima di sapere che questa storia sta piacendo. È nata così per caso in un momento dove a tutto volevo pensare tranne che allo studio >.<
Dunque un grazie a chi ha recensito il primo capitolo. Grazie per le critiche costruttive che mi servono sempre per migliorare.
Grazie anche a chi,dopo il primo capitolo, mi ha spronato ad andare avanti perchè pensavo fosse una scemenza.
Un Grazie particolare alla mia Beta-Reader che nonostante tutto mi segue :D
Che dire spero che anche questo capitolo vi sia piaciuto. A breve vorrei aprire una pagina su Facebook o su Tumbler dove illustrarvi i volti dei personaggi visto che vanno man mano ad aumentare.
Fatemi sapere che ne pensate o voi che passate e leggete senza commentare.

 

   
 
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