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Autore: Kurotsuki    12/06/2014    1 recensioni
Tsubaki vive da sola insieme alla sorella di due anni più piccola, per poter sopravvivere guardagna il necessario grazie ad un lavoro part-time che deve però mantenere segreto a causa del regolamento scolastico della scuola che frequenta. Un giorno però, incontra un ragazzo che la metterà alle strette, stravolgendo completamente la sua vita.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lemon, Raccolta | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Problemi da risolvere

Non va bene. Continuavo a ripetermi. Non va bene per niente.
Dettata dall’istinto o dalla semplice compassione, mi ritrovavo a girare lungo tutti i corridoi della scuola. Non so bene quali fossero le mie intenzioni in quel momento, forse ero semplicemente curiosa di sapere del suo passato, forse speravo che, conoscendolo un po’ più a fondo, avrei smesso di odialo…no, quello era fuori discussione… Passai per il cortile, fra le classi del primo e del secondo piano, diedi una controllatina anche ai bagni maschili, eheh, ma nulla, del nuovo arrivato nessuna traccia.
TSUBAKI! Urlò una voce alle mie spalle. D’impulso mi voltai e vidi Arata che, un po’ barcollante, si affrettava a raggiungermi.
Era palesemente stanco, aveva il fiatone e giunto di fronte a me si chinò con le mani sulle ginocchia per riposare.
Ma guardatelo, e questo sarebbe l’asso della squadra di basket? Un po’ di corsa ed è già stanco. Ironizzai con un filo di cattiveria.
Ti ho cercata dappertutto, giustificò, come se mi avesse letto nel pensiero
ma dov’eri finita?
Non mi hai sentita prima? Stavo cercando quel simpaticone di Ichinose, lo hai visto in giro per caso? Risposi come se fosse uno dei tanti compiti di una rappresentante. Non ero preoccupata, volevo solo sapere dove si fosse cacciato.
Guarda che quello lì è tornato pochi istanti dopo la tua uscita dalla classe, tutti pensavano che vi foste incontrati
. Mi informò, seccato all’ idea di dover parlare di “quello lì”.
Come scusa? Chiesi con voce tremante mentre il mio nervoso cresceva a dismisura. Io perdo tempo a cercarlo e lui se ne sta bello tranquillo?
Quel coso lì, Ichinose, quel suo modo di chiamarlo mi strappò un sorriso è in classe.
Così, senza alcun motivo, mi sentì presa in giro.
Rimasi un attimo a riflettere e, preso per mano Arata, lo trascinai lungo i corridoi che ci avrebbero ricondotti in classe.
Bene. Torniamo anche noi, Arata.
A causa del mio “infallibile” intuito, non mi resi conto dell’imbarazzo provato da Arata in quel momento.
Non che la cosa mi dispiaccia ma…Tsubaki potresti allentare un po’ la presa? Tra un po’ mi si bloccherà la circolazione. Ammise scherzoso, ma io ero troppo presa dai miei pensieri per ascoltare le sue parole.
Tsubaki? Dico sul serio, sii gentile. Ma nulla, da me nessuna risposa né azione.
Tsubaki… Il suo tono di voce prima gentile, adesso era più serio e deciso.
MI ASCOLTI SI O NO? Urlò lasciando con forza la mia mano. Mi voltai, stranita dal suo gesto e notai subito un Arata diverso dal solito, un Arata che raramente mi era capitato di vedere. Era furioso.
Sei sempre la solita! Rimproverò puntandomi il dito contro. Pensi sempre a te stessa e non ti accorgi di chi ti sta intorno. Vuoi tardi una svegliata? Razza di tardona che non sei altro! Sinceramente, non riuscivo a capire perché mi stesse rivolgendo quelle parole, ne fui così impressionata che non riuscì nemmeno a replicare.
Io mi faccio un giro, tu fa un po’ come ti pare. Concluse allontanandosi.
Mentre la sua figura si faceva via via sempre più lontana, rimuginai su ciò che mi aveva detto.
Tardona? Tardona a me?! COME TI PERMETTI RAZZA DI UOMO-PORCOSPINO!
Si può sapere che cavolo gli è preso? Parlarmi in quel modo solo perché non gli ho dato retta. Avevo la testa fra le nuvole, tutto qui.
Con le parole di Arata che mi frullavano in testa, mi diressi in classe più confusa che mai e ignara del tempo che passava, mi ritrovai davanti la porta della mia classe alla fine della seconda ora.


Bene, ci siamo, tranquilla.  Più che in classe, era come se stessi per andare in guerra. Feci un respiro profondo e aprì la porta con tutta la forza che avevo. Alla faccia della calma. Appena entrata, il mio sguardo si mise alla ricerca del mio bersaglio, era seduto sul suo banco, intento a parlare con alcune ragazze che già gli avevano messo gli occhi addosso. Aveva una gamba accavallata sull’altra e le mani nelle tasche dei pantaloni, quell’ espressione seria ma al tempo stesso spenta, gli faceva assumere un’aria cupa e solitaria, l’aria di chi non si preoccupa di ciò che accade attorno a lui. TU! Esclamai puntandogli il dito contro. Si può sapere dove ti eri cacciato? Ti ho cercato per tutta la scuola! Conclusi avvicinandomi a lui che, per tutta risposta si voltò dalla mia parte. Gentile da parte sua.
Non mi risulta che qualcuno ti abbia chiesto di venirmi a cercare, hai fatto tutto da sola e, comunque, non ho bisogno che una come te mi faccia da balia. La sua calma imperturbabile, era quella che realmente mi dava sui nervi. Ma che…. Sospirai come un toro pronto all’attacco.
Per tua informazione, caro il mio nuovo arrivato, hai davanti la vice-presidente del consiglio studentesco, preoccuparmi dei ragazzi di questa scuola è uno dei miei comp... Non feci in tempo a finire la frase che tornò a parlare con le sue ammiratrici ignorandomi completamente. Grrr, che essere infimo… Forse era meglio finirla in fondo, potevo ritenermi soddisfatta. Feci qualche altro passo e tornai a sedere al mio posto.
Ahahah Ichinose, non pensi di essere stato troppo cattivo nei confronti di Yoshikawa? In fondo era solo preoccupata per te. Ci mancavano i commenti pungenti delle vipere. Parlavano come se non ci fossi. Lui non rispose, si limitò ad ascoltare tutto ciò che quelle due avessero da dire senza mai replicare, a quanto pare con gli altri non era un tipo molto eloquente. Che sia timido? Pensai guardandolo. No, assolutamente impossibile.
Non pensi di aver esagerato un po’? Chiese Aoi voltandosi dalla mia parte.
Che? Replicai stranita. Non dirmi che la pensi come quello lì. Ecco che arriva la ramanzina…
Non la penso come “Ichinose”, pronunciò scandendone il cognome, è solo che questa volta ti sei comportata un po’ da…
Da?
Feci eco.
Da ficcanaso. Forse non te ne accorgi ma a volte la tua curiosità supera davvero il limite. E poi, continuò come se non avesse già detto abbastanza questa tua mania di dire: “Sono il vice-presidente del consiglio studentesco” lo ammetto, il tuo modo di imitarmi era divertente, lo ripeti così spesso che ormai sembra più una scusa per fare come ti pare.
Concluse con quella sua solita espressione saccente. Che fosse davvero come così? Non mi ero mai accorta di essermi aggrappata così tanto al mio ruolo all’interno della scuola.
Che abbia ragione?
Ripensai a tutto quello che mi era capitato poche ore addietro, all’arrivo del nuovo ragazzo e a tutto il resto…forse…in effetti… mi ero davvero comportata da ficcanaso…solo un pochino. Nelle ore successive meditai sul da farsi, nonostante quella mattinata così burrascosa, decisi di mantenere le distanze da quel ragazzo, anche se, in un certo senso, mi somigliava, la sua compagnia non mi giovava di certo. Ero sicura fosse la scelta migliore. Giunta pausa pranzo, io, Aoi e le gemelle ci dirigemmo nel giardino della scuola, uno dei posti in cui mi sentivo più a mio agio: ubicato nel retro della scuola, era abbastanza grande, l’erba veniva annaffiata ogni giorno tramite un sistema d’irrigazione e giorno per giorno era possibile sentire il profumo dell’erba bagnata, lo adoravo; in primavera poi, era piacevolissimo sedersi ai piedi di un albero e godersi un po’ d’aria fresca.
E così Suzuki ti ha finalmente detto ciò che pensa eh? Pronunciarono in coro le gemelle.
Una volta arrivate, ci sedemmo su una panchina di marmo e raccontai alle ragazze di ciò che era successo tra me e Arata e, a giudicare dal loro silenzio, non furono molto sorprese dal suo atteggiamento, a quanto pare ero la sola a non conoscere questo suo lato.
Finalmente? Che vorreste dire? Chiesi.
Vogliono dire che finalmente Arata si è deciso a confessarti i suoi veri sentimenti. Proseguì Aoi.
Sentimenti? Vuoi dire che non mi sopporta? Quello stupido mi ha persino chiamata “tardona”. Borbottai infastidita.
Ah mia cara Tsubaki, sospirò Aoi poggiandomi una mano sulla spalla, sei ancora piccola per questi discorsi da grandi, te ne renderai conto a tempo debito. Le gemelle scoppiarono in una risatina alquanto fastidiosa.
Smettetela di trattarmi come una bambina tutte le volte. Pronunciai infastidita.
La campanella sta per suonare, sarà meglio che tornare in classe. Sospirai. Ci vediamo dopo. Mi alzai e mi diressi verso l’interno della scuola.
Non ero assolutamente arrabbiata con le ragazze, sapevo che, probabilmente, ero davvero troppo infantile per rendermi conto di chi o cosa avessi attorno. Se la mia testardaggine non avesse preso il sopravvento, non avrei iniziato quest’insulsa battaglia contro Ichinose, se non fossi stata troppo egoista, non avrei infastidito Arata e, se fossi stata almeno un po’ matura, adesso sarei ancora a ridere e a scherzare con le mie amiche là fuori.
Tsubaki, sei una stupida.

 

Al mio ritorno in aula, trovai Arata ad aspettarmi davanti sul ciglio della porta, si avvicinò con il capo abbassato e con le mani nelle tasche della divisa.
Io, volevo chiederti scusa per prima. Mi spiace, non so davvero che mi sia preso. Dopo tutti quegli anni, conoscevo Arata abbastanza da capire quando facesse sul serio e quando no. Era davvero dispiaciuto e il fatto che non riuscisse a guardami ne era una prova inconfutabile.
Sono io a doverti chiedere scusa. Se non avessi avuto la testa fra le nuvole non ti avrei fatto perdere le staffe. Conclusi rivolgendogli un sorriso.
Allora, facciamo come se non fosse successo niente. Replicò tutto contento, poi entrò in classe a parlare con altri ragazzi.
Mi sentivo più serena, ero felice di aver risolto almeno uno dei problemi che avevo causato.
Con espressione serena ed impassibile, mi diressi al mio banco senza rivolgere il benché minimo sguardo al mio vicino e, una volta seduta, attesi con ansia il ritorno delle mie amiche.

Sceeeema. Sentì un leggero peso sulla testa. Aoi, per ammonire il mio comportamento, era venuta a salutarmi colpendomi la testa con un libro.
Lo so, me lo merito. Commentai. Ti chiedo scusa, a te e alle ragazze. Sussurrai quasi timidamente.
Non preoccuparti. Confortarono le gemelle. Possiamo capire come ti sia sentita, siamo tue amiche, ti conosciamo bene. Continuò Aoi.
Era fatta, una giornata iniziata nel peggiore dei modi, stava per trasformarsi in una semplicissima giornata di scuola, colorata dalla compagnia delle persone a me più care.

 

Finiti gli allenamenti al club, mi diressi subito allo "Sweet" per il mio lavoro part-time. Con un pizzico di fortuna, riuscì a prendere il treno in orario e ad arrivare puntuale in negozio. Scuola, folla, lavoro, dovevo tornare a farci l’abitudine altrimenti la stanchezza mi avrebbe sopraffatta.
Oggi viene poca gente eh? Osservò Yuya. Generalmente il locale era sempre affollato, in effetti quella quiete era abbastanza strana.
Già che fort…che strano. Ammisi per niente dispiaciuta.
Si vede lontano un miglio che non stai bene, visto che i clienti sono pochi va a casa, ci penso io qui. Ecco perché adoravo quella ragazza, sempre gentile e disponibile verso il prossimo. Accettai immediatamente e, ringraziata Yuya per la quarantesima volta, uscì dal negozio e mi incamminai verso casa.
Si era fatto buio e, giunta a metà strada, inizia a sentirmi come osservata, mi voltai molte volte ma niente, nulla di sospetto. Iniziai a pensare che fosse semplicemente uno scherzo giocato dalla stanchezza così, decisi di non farci più caso fino a quando, però, con la coda dell’occhio vidi un’ombra accanto alla mia.
Batti la fiacca eh, principessa. Quelle parole, pronunciate accanto al mio orecchio, mi fecero sobbalzare.
Questa voce…
D’impulso, mi girai e riconobbi la figura con cui mi ero scontrata il giorno prima.
Nonostante la vicinanza però, anche questa volta non riuscì a vederlo in faccia, il volto infatti era quasi del tutto coperto dal cappuccio della maglietta che aveva indosso. Una cosa però mi fu familiare: il suo profumo, ero sicura di averlo già sentito da qualche parte, una fragranza delicata, simile al cocco e ai fiori d’arancio, un profumo bellissimo.
Si può sapere che vuoi da me? Ti avverto, se cerchi di derubarmi caschi male, sono tutto meno che ricca, sai.
C’era qualcosa in lui che mi dava sui nervi, già…forse il fatto che fosse un ladruncolo da quattro soldi.
Niente di tutto questo,  mi diverto a perseguitarti, tutto qui. Disse scoppiando in una risata fragorosa.
Già, questo lo avevo capito, allora? Vuoi dirmi chi sei o vuoi giocare a ancora nascondino ?
Se non fossi stata troppo stanca, lo avrei seguito in lungo e in largo per riuscire a togliere quel suo cappuccio ma, ahimè, in quel momento non ne fui proprio in grado.
Scherzi? Giocare con te è troppo divertente però, sai…comincio a pensare che la tua sia solo una copertura, fai la finta tonta per raccogliere prove e smascherarmi davanti a tutti. Azzardò. Anche oggi, hai recitato la parte della finta tonta per farmi cadere in trappola. Non è forse così? Chiese avvicinando il suo viso al mio.
Come scusa? Quale copertura? Oggi? Intravidi una smorfia. Non posso crederci, vuoi dire che questa sei davvero tu?! Iniziai a pensare che si stesse prendendo gioco di me, non riuscivo a seguirlo, non sapevo dove volesse andare a parare. Restò a fissarmi per diversi istanti, poi fece un passo indietro.  Vorrei continuare a farti compagni ma si è fatto tardi, adesso devo andare. Ci vediamo presto, cara la mia detective-tonta. Mi diede le spalle e, alzando la mano come per salutarmi, si addentrò in un vicolo oscuro.
Mi chiesi perché, di punto in bianco, mi vennero affibbiati così tanti soprannomi poco gentili. Che fossero in realtà parole dette per gentilezza? No, impossibile.
Fa il gradasso quanto vuoi ma sta pur certo che una volta raccolte abbastanza prove, ti sbatterò in cella. Dissi come se qualcuno mi stesse ascoltando.
E POI, BASTA DARMI DELLA TONTA, CHIAROO?!?! Sperai che almeno questa parte l’avesse sentita.

 

Finalmente fui a casa, Sakura era già tornata e a giudicare dalla scarpe sistemate davanti alla porta e dagli schiamazzi che giungevano dal piano di sopra, era in compagnia di alcune amiche. Nonostante il carattere espansivo, era sempre stata restia nel portare qualche amica in casa, non voleva che qualcuno poco importante entrasse nel suo mondo quindi, adesso che lo aveva fatto, ero contenta nel sapere che potesse contare su qualcuno all’infuori di me.
Pensai che fosse meglio non disturbarle così restai al piano di sotto e accesi la tv.




Emh....Credo di dovere delle scuse a coloro che mi hanno sempre seguita,

tipo a due/tre persone ma chissene, io vi amo!!
In questi ultimi mesi me ne sono successe tante, così tante da poterci
creare un'altra fanfiction XD Non lo farò, state tranquilli! Cooomunque,
come vi dicevo, non ho avuto proprio modo di scrivere in tutta tranquillità
il nuovo cap ç_ç, penso mi sia venuto un po' noioso ora che ci penso ma
spero sia solo una mia impressione XD Ho già le idee pronte per il 6° quindi,
 forse, spero...non lo so, credo di riuscire a scriverlo più in fretta XD
Detto, questo... Eccoci al 5° capitolo di Unmei No Itazura Tutta colpa del destino,
come vi sembra la storia fin qui? Una gran caca...capolavoro =D, non è così? XD
Nei capitoli che seguiranno ho in mente un piccolo special e spero sia di vostro gradimento =^^=
Alla prossima!
またね Mata-nee
   
 
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