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Autore: LightsTurnOff    29/06/2014    1 recensioni
Infilò il cellulare di nuovo in tasca e poi si affidò totalmente alla musica mettendo le cuffiette e premendo il tasto play senza neanche far caso a quale canzone fosse in riproduzione: qualunque essa fosse avrebbe fatto male in ogni caso.
Stava tornando a casa, tornava da Jimmy.
Love, love will tear us apart... again.
Ecco, quel brano faceva parte del mucchio di stronzate che Matt gli aveva infilato nel lettore portatile, lui e quella fottuta musica di merda.
Love, love will tear us apart... again. [...]
Il dolore della consapevolezza di essere fragile, di potersi rompere da un momento all'altro come una bottiglia di birra.
Tornava il dover dimostrare a se stesso che lui non si sarebbe infranto, voleva sentirsi invincibile e lo faceva così, distruggendosi; si distruggeva perché sapeva che qualcuno l'avrebbe salvato, che Jimmy non l'avrebbe lasciato affondare nel mare della disperazione, lui ci riusciva sempre a tirarlo su.
“Bri, forse dovresti fare una pausa, non per fare il guastafeste ma domani c'è l'anniversario di matrimonio dei tuoi, lo sai come ci tengono.”
“Oh fanculo Jimmy, lo sai che tanto andrà tutto bene.”
|Bratt|AU|Teenage!verse|
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Don't let the water drag you down
Prologo.






Matt se n'era andato.
Brian aveva guardato il treno partire percorrendo la banchina a grandi passi come a volerlo raggiungere, ma questo aveva aumentato di velocità fino a scomparire oltre le colline che si scorgevano in lontananza; poi si era fermato sul ciglio e avevo preso a guardare le rotaie abbassando lo sguardo fino ad incontrare la punta delle proprie scarpe.
Gli faceva male la testa, lo stomaco scioglieva le sue stesse pareti.
Alcuni passanti avevano prestato attenzione a quel ragazzo solo per pochi secondi, altri lo avevano additato mentre cercava di rincorrere l'ultima carrozza, nessuno invece gli aveva rivolto la parola.
Un' espressione sconsolata gli accartocciava il volto, le guance erano di un rosso acceso per la rabbia che aveva accumulato e forse si sarebbe messo ad urlare, se non fosse stato troppo orgoglioso da cercare di tener dentro il più possibile.
Si sedette su una panchina mentre una voce maschile annunciava l'arrivo di un treno sul binario quattro, i gomiti erano piantati nelle cosce e la testa racchiusa tra i palmi; picchiettava i piedi a terra, Brian, come se si aspettasse di veder riapparire Matt da un momento all'altro con un mazzo di fiori ed un enorme sorriso stampato sulle labbra.
Il cellulare che aveva nella tasca dei pantaloni vibrò e lui lo tirò fuori il più velocemente possibile, per poi rimanere deluso dopo aver scorto il nome del mittente del messaggio sulla parte alta dello schermo: Jimmy.
Diceva solo: torna a casa, ma in quelle tre parole si celava un mondo intero fatto di preoccupazioni e di sigarette fumate nervosamente in veranda, di unghie mangiucchiate e di rabbia che lacerava le pareti delle guance sanguinanti per colpa dei denti.
Quel ragazzo era stata l'unica ancora di salvezza per Brian per moltissimo tempo e lo era ancora, erano l'uno i salvatori dell'altro e non c'era istante in cui James non provasse apprensione nei confronti del suo migliore amico, quando non era al suo fianco con una bottiglia di birra in mano.
Erano fratelli, ognuno conosceva i segreti più reconditi e le reazioni dell'altro in qualunque situazione, perciò Jimmy sapeva che il suo migliore amico non avrebbe mai risposto a quel messaggio e così fu, ma sapeva anche che avrebbe seguito all'istante il suo consiglio, cosa che altrettanto fece.
Infilò il cellulare di nuovo in tasca e poi si affidò totalmente alla musica mettendo le cuffiette e premendo il tasto play senza neanche far caso a quale canzone fosse in riproduzione: qualunque essa fosse avrebbe fatto male in ogni caso.
Stava tornando a casa, tornava da Jimmy.
Love, love will tear us apart... again.*
Ecco, quel brano faceva parte del mucchio di stronzate che Matt gli aveva infilato nel lettore portatile, lui e quella fottuta musica di merda.
Love, love will tear us apart... again.
Ed era quella stessa musica che anche l'altro ragazzo stava ascoltando a bordo della carrozza numero sei, sedile vicino al finestrino. Il dolore partiva dalle caviglie e saliva sempre più giù, gli intorpidiva le ossa e le dita delle mani.
In quel momento aveva gli occhi chiusi e la testa appoggiata al vetro, la musica chiudeva qualsiasi rapporto con il mondo esterno ed una parte di lui avrebbe voluto andare avanti così per sempre con solo il ritmo lento ma cadenzato dei Joy Division ed il buio intorno a lui.
Si ricorda ai gentili passeggeri che-”
Matt alzò un po' il volume così da coprire del tutto quella voce che rimbombava fastidiosamente in ogni carrozza per poi tornare al suo dolore fisico e psicologico, a quella sensazione di soffocamento che non riusciva in alcun modo ad alleviare; aveva anche provato a piangere, aveva stretto gli occhi più che poteva spremendo le ghiandole lacrimali al massimo, ma niente: il senso di vuoto e la disperazione e la sensazione che nulla sarà mai di nuovo come prima lo avevano prosciugato anche dei liquidi corporei.
Love, love will tear us apart... again.
Mancavano ancora diverse ore alla fine del suo viaggio e, prima di vedere gli sportelli chiudersi, aveva incrociato le dita nella speranza di addormentarsi, ma concentrarsi su qualunque cosa che non fosse la musica che era costretto ad ascoltare significava ricordare il viso di Brian che lo fissava oltre il vetro, che esprimeva tutto e niente come delle nuvole grigie da cui, inaspettatamente, parte un fulmine che incendia un albero poco lontano. E non puoi fare altro che rimanere a guardare, spaventato ed affascinato, ad assistere al tragicamente meraviglioso spettacolo della natura.
Perché Brian non era altro che questo: pesanti gocce d'acqua che ti fendono il viso ma che ti dissetano.
Quando aprì gli occhi, Matt si rese che il sole non era più alto come prima, che forse l'estate stava finendo ma che ad Huntington Beach avrebbe continuato a fare caldo perché era questa l'unica cosa che quella città sapeva fare, bruciare e sciogliersi, ma forse lì dove stava andando il clima sarebbe stato diverso e magari in quel momento stava tirando vento o il cielo era terso ma l'aria molto meno umida.
Anche il tempo non era lo stesso, in quel posto dove stava andando con così tanta fretta, il paesaggio fuori dalla finestra della sua camera sarebbe stato sconosciuto ai suoi occhi per diversi giorni e, seppur avrebbe continuato a cercare ogni mattina, non avrebbe mai più trovato il profumo di Brian sotto il cuscino.
Then love, love we tear us apart... again.

***

Brian alla fine aveva passato tutto il weekend a casa di Jimmy avvisando i suoi genitori con un messaggio freddo e sbrigativo, erano rimasti seduti al piccolo tavolo della cucina a mangiare cibo surgelato, a bere e fumare con le giuste dosi di caffè di tanto in tanto. Avevano anche parlato, qualche volta, ma per la maggior parte del tempo erano stati ad osservarsi in silenzio; d'altronde non c'era alcun bisogno di parlare, se non si aveva nulla di nuovo da dire.
La testa di entrambi era leggera, lievemente annebbiata ed una nuvola di fumo aleggiava sopra le loro teste. Jimmy, invece, aveva gli occhi ridotti a fessure e gli zigomi arrossati per colpa della birra, la finestra aperta alle sue spalle faceva sì che la brezza estiva gli scompigliasse i capelli.
Il cielo si era scurito, non vi erano più le linee dorate del sole a striare le nuvole, stava per farsi notte, ma non faceva freddo.
Brian aveva voglia di fumare, ancora, con i gomiti poggiati sul davanzale ed il naso oltre gli infissi, così si alzo ma dovette attendere qualche istante prima di muoversi ed aspettare che la testa smettesse di girare. Accese la Marlboro e tirò piano, attese poi l'arrivo del sapore amarognolo ma questo era attutito dal pastone che aveva in bocca da giorni, l'alcol e il tabacco e il cibo gli avevano chiuso le papille gustative. Non poteva fare a meno, mentre prendeva boccate di fumo, di volgere lo sguardo al braccio avvolto da pellicola trasparente: poco prima era andato nel suo negozio di tatuaggi di fiducia per dare colore ai demoni e mostri che gli correvano sulle braccia, lo aveva fatto perché Matt se n'era andato e, da allora, il suo costante desiderio di autodistuggersi si era placato o, almeno, sapere di star ingerendo catrame a pieni polmoni poteva bastargli. Inizialmente quelle facce grottesche che gli si erano mischiate alla pelle erano il suo modo per tirar fuori tutte le paure e le preoccupazioni che infestavano la sua vita tardo adolescenziale che si affacciava in quella degli adulti ma, dopo tutto quello che era successo, guardarsi le braccia gli ricordava solo il viso del ragazzo che per quei mesi aveva accarezzato, baciato, forse amato.
Non importava cosa gli stessero marchiando addosso, poteva essere di tutto per ciò che lo riguardava, la cosa importante era che ci fosse sempre quel leggero bruciore a fior di pelle, il rossore e l'ago che entrava ed usciva.
Quando Jimmy venne al suo fianco con un plaid nero sulle spalle, Brian si distolsi dai suoi pensieri, anche l'amico fumava e il suo sguardo si perdeva oltre quanto lui stesso potesse vedere.
La loro amicizia, quella sua e di Jimmy, era fatta di battute squallide e azioni ancor più stupide, non parlavano mai davvero, non avevano mai avuto la necessità di conoscersi perché bastava trovare ognuno negli occhi dell'altro le risposte che cercavano. E, nei suoi occhi, quando ormai la sera aveva avvolto le case e i grattacieli, vedeva lo sgomento e la paura di perdere Brian forse per sempre; il moro avrebbe voluto mettergli una mano sulla spalla e dirgli che non sarebbe successo, che stava bene, ma sarebbe stata una bugia che avrebbe rincuorato più lui stesso che Jimmy.
"Finirà mai?" chiese Jimmy, con sguardo preoccupato.
"Di cosa stai parlando?"
Brian rispose con un'altra domanda dopo aver buttato fuori qualche sprazzo di fumo, la sigaretta era quasi alla fine e ormai faceva schifo, era quasi tentato a spegnerla.
"Di te che ti autodistuggi e io che cerco di salvarti, di me che rischio di lasciarci la pelle per colpa tua e di noi che ci chiudiamo in casa a farci del male col sorriso sulle labbra; è patetico, ok? Patetico, smettiamola."
Brian gli rivolse uno sguardo dispiaciuto, non sapeva cosa dire. "Vado a rollare un'altra canna." aggiunse subito dopo.
Jim gli voleva bene e non voleva salvarsi senza di lui il quale, pur essendogli grato, si sentiva terribilmente in colpa perché, l'unica cosa che riusciva a pensare era che tutto quello schifo era solo all'inizio.
Si spostò dalla finestra per andare in camera dell'amico, direzione? La scrivania piena di vestiti sporchi, suoi e di Jimmy,vestiti che fece cadere a terra con un gesto noncurante per poi sedercisi su, gambe aperte e gomiti sulle cosce, pronto per girare quella sua canna tanto desiderata. Con il grinder già posato sulla scrivania, tirò fuori dalla tasca il sacchettino trasparente in cui conservava la marijuana, notando che era quasi finita.
“Ma sì, che con quella che resta non ce ne esce neanche un'altra,” disse svuotando il contenuto nel grinder nero e posizionandoselo fra le mani, facendolo girare con i palmi per non perdere la pressione.
James, rimasto dietro di lui, lo guardava con la coda dell'occhio mentre si sistemava l'erba fra le mani e nel frattempo faceva scivolare via il tabacco dalla Marlboro, vedeva quello sguardo vuoto come non lo vedeva da tanto; aveva finalmente trovato una via d'uscita lui, ma ora era ancora peggio di prima, glielo si leggeva -anzi per meglio dire non glielo li leggeva- in faccia, sembrava un automa, il cui unico scopo era fuggire via dalla sofferenza e per farlo, si autodistruggeva.
Brian voleva diventare un corpo vuoto, privo di anima.
“Et voilà,” disse il moro con un sorriso sardonico in volto mentre mostrava la lunga canna al suo migliore amico, girata ad arte anche grazie alle dia affusolate e ben allenate e, diciamolo, non tutto era merito della sua passione per la chitarra.
La cosa che faceva preoccupare Jimmy era che Brian non parlava, per nulla. Non che ci fosse bisogno di parlare con lui, la loro amicizia andava oltre quello, si capivano con uno sguardo, un gesto, anche con il silenzio, ma questo avrebbe fatto bene a Brian che invece faceva finta di nulla. Era un processo che l'amico conosceva fin troppo bene, Haner era fatto così, quello che lo feriva be', lo cancellava dalla sua vita.
Per lui non era mai esistito.
E non gli importava che questo cancellare il passato lo portasse alla distruzione totale, fisica e mentale, la sua reazione era sempre la stessa. Non importava se la notte il suo inconscio gli ricordava che quei ricordi erano reali, lui affondava la testa nella sabbia per non vedere e non sentire, si buttava sull'alcool e sulla droga per non sentire le catene che stringevano il suo cuore in una morsa letale, che lo facevano sanguinare dolorosamente.
Quello che non capiva Brian era però che anestetizzare la parte non fa, sì sentire dolore, ma nel frattempo ne ritarda anche la guarigione lasciando quella ferita sempre aperta, pronta ad infettarsi. Il danno collaterale è che se la ferita è anestetizzata non riesci a sentire l'infezione e probabilmente quando la si avverte è troppo tardi.
“Dai, passami 'sta canna,” disse James prendendola fra le mani prima che una metà si bruciasse e inspirando il fumo a pieni polmoni, trattenendolo quanto bastava per sentirli far male, mentre il suo corpo assorbiva catrame e thc, oltre a tutte le altre schifezze prodotte dalla combustione.
Pensare che proprio in quella stanza aveva avuto inizio tutto lo faceva quasi sentire in colpa.
Dal canto suo Brian aveva la mente sgombra, non pensava a nulla se non al mal di testa che però non sentiva, sapeva di averlo, ma non gli faceva male davvero. Nulla gli faceva male, neanche il ricordo dei suoi occhi, neanche il riverbero della sua voce. Lui stava bene, almeno per quel momento in cui l'alcool e la droga attutivano le sue emozioni. Poi se tutto passava tornava la rabbia, tornavano le lacrime che gli bruciavano negli occhi senza voler uscire, tornavano le parole urlate e quelle non dette, tornava il dolore. Il dolore di averlo perso, il dolore di non aver lottato abbastanza, il dolore del suo stomaco che implodeva su se stesso perchè il suo corpo in qualche modo doveva pur reagire, il dolore delle unghia che affondavano nella carne perchè non potevano più graffiare la sua schiena.
Il dolore della consapevolezza di essere fragile, di potersi rompere da un momento all'altro come una bottiglia di birra.
Tornava il dover dimostrare a se stesso che lui non si sarebbe infranto, voleva sentirsi invincibile e lo faceva così, distruggendosi; si distruggeva perché sapeva che qualcuno l'avrebbe salvato, che Jimmy non l'avrebbe lasciato affondare nel mare della disperazione, lui ci riusciva sempre a tirarlo su.
“Bri, forse dovresti fare una pausa, non per fare il guastafeste ma domani c'è l'anniversario di matrimonio dei tuoi, lo sai come ci tengono.”
“Oh fanculo Jimmy, lo sai che tanto andrà tutto bene.”
Il suo cellulare squillava ma lui non lo sentiva, steso nel letto l'unica cosa che riusciva a percepire era la testa che gli scoppiava, lo stomaco che bruciava forte, accompagnato da quel senso di vuoto con la nausea per il cibo, e una fitta al petto, di quelle che sembra che quell'organo non funzioni più, quella fitta che lui evitava da giorni.
Era ora di bere.
Per dimenticare e non sentire.
Svicolò dal letto cercando di non svegliare l'amico che dormiva sulla poltrona come un barbone, facendo lo slalom tra le bottiglie vuote e i vestiti sparsi per il pavimento, evitando accuratamente le mutande che Jimmy aveva deciso di usare come zerbino. Il suo obiettivo era la bottiglia di sambuca avanzata dalla sera prima, quella che stava sullo scaffale, nascosta dietro lo zucchero e il sale.
Prese un bicchiere e lo sciacquò con noncuranza solo per versarci il liquore prima che una mano gli fece cadere tutto addosso, bagnandogli parte della maglia e tutto il pantalone e lasciando che Brian esprimesse tutto il suo disappunto con colorite espressioni.
"Ti sembra ora di iniziare a bere, coglione?" La voce che arrivò dritta alle orecchie del moro non fu quella che si sarebbe aspettata di sentire. Quella frase dai toni incazzati, ma solo perché aveva imparato a volergli bene a modo suo, fu accompagnata dal tonfo di un borsone buttato per terra e nella visuale, rimasta fissa sul bicchiere vuoto e sui pantaloni bagnati, entrò il coinquilino di James che lo osservava con la severità dipinta negli occhi dal taglio sottile. La puzza di alcool ed erba appestava tutto l'appartamento e sapeva benissimo cosa volesse dire. Non gli andava a genio che i suoi due amici si trascinassero in serate devastanti o almeno non quanto quelle dei loro tempi più bui!
"Bentornato a casa nanerottolo," disse Brian scompigliandogli i capelli per poi posare il bicchiere sul piano di marmo bianco e liscio, macchiato da alcool e caffé, e sarebbe tornato in stanza se le urla di Jimmy non lo avessero bloccato.
"Haner, bastardo! Puoi prendertelo il cazzo di cellulare la prossima volta? Sta suonando da ore!"
E Sullivan entrò in cucina lanciandolo in direzione del proprietario che lo mancò di striscio, con soltanto i boxer addosso, solo per accorgersi in un secondo momento del coinquilino che lo guardava torvo, spostando lo sguardo da James a Brian, cercando silenziosamente le motivazioni, che in cuor suo già sapeva, che giustificassero le loro azioni. Soprattutto perché entrambi sapevano che poi il casino l'avrebbe dovuto ripulire tutto lui.
"Oh ben tornato Johnny, com'è andato il weekend?"
"Sicuramente meglio del vostro," rispose acido iniziando a svuotare i due posaceneri stracolmi sotto lo sguardo divertito di James.
Il telefono di Brian, caduto a terra, riprese a suonare e solo allora il proprietario si degnò di raccoglierlo e rispondere borbottando qualcosa come un buongiorno, seguito poi da una sciorinata di scuse su quanto fosse impegnato quel giorno.
"Non ci vengo, l'hai capito sì o no? No, non me ne frega nulla che è importante per voi, non ne ho voglia ok?" E chiuse il telefono, spegnendolo onde evitare altre rotture di scatole. Non sarebbe andato a quel noiosissimo anniversario, non in quelle condizioni in cui sentiva il suo corpo e la sua mente fare male, in cui il senso di colpa gli legava lo stomaco già martoriato dal ritmo di vita sregolato di quei giorni, in cui il pensiero che tutto potesse essere diverso gli logorava il cervello. Non aveva voglia di vedere i suoi felici quando lui moriva dentro, non quando lo poteva sentire almeno.
"Era tua madre?" Chiese James riempendosi un bicchiere d'acqua e sedendosi sulla prima sedia libera, osservando il suo coinquilino che sbuffando si stava già dando da fare a sgomberare la cucina.
"Non ci vado alla festa dell'anniversario, inutile che parli James," fu la risposta secca del moro che sfilandosi una Marlboro dal pacchetto se l'accese, lasciando il pacchetto aperto sul tavolo come a dire chi ne vuole ne prenda.
"Col cazzo Haner, tu alzi il culo e te ne torni a casa!"
La risposta arrivò secca da Johnny, che impassibile cercò l'approvazione del coinquilino che si limitò a chinare il capo senza rispondere. Neanche Brian disse nulla, si prese semplicemente le sigarette e il telefono e uscì sbattendo la porta d'ingresso.
Non sarebbe rimasto dove non era voluto.
Prese la via di casa senza neanche voltarsi indietro, la testa gli pulsava, sentiva addosso ancora i segni, gli odori, i postumi, del suo weekend con l'amico, che il coinquilino aveva amabilmente rovinato in pochi minuti ma adesso non era quello il problema e non lo era neanche tornare a casa, era affrontare la realtà che varcando la soglia di casa, investito dall'imminente sfuriata dei suoi, non avrebbe chiamato il suo Matt per sfuggire all'ambiente malsano dei genitori. Doveva sbattere in faccia alla realtà dei fatti, non c'era più Jimmy che lo aiutava a fuggirla, avrebbe dovuto ammettere che aveva combinato un casino e che non avrebbe potuto rimediare.
Si rimise a fumare, ma le sigarette non erano sufficienti a placare quel turbinio inconsistente di pensieri, emozioni e ricordi. Camminava ma non vedeva veramente il paesaggio intorno a lui, non vedeva la gente, le palme che segnavano il percorso lungo la costa, non vedeva l'oceano, il traffico e gli edifici, vedeva solo quell'addio doloroso e senza senso senza capire come erano arrivati a quel punto, ripercorrendo tutti gli errori del passato e chiedendosi se potendo tornare indietro avrebbe cambiato il suo modo d'agire. Erano queste considerazioni che gli facevano male, la consapevolezza che lui si sarebbe comportato allo stesso modo, pronto ad affogare ma impreparato a cambiare.
Non sapeva dire quanto tempo ci avesse messo per ritrovarsi davanti la porta di casa, aveva perso la cognizione del tempo già da giorni a dire il vero, e neanche gli importava, sfilò le chiavi dalla tasca posteriore del jeans ed entrò in casa.
Ad accoglierlo trovò suo padre in smoking, che appena lo vide cambiò almeno un paio di volte colore in viso.
“Si può sapere dove sei stato? Non l'avevi smessa con 'sta storia?” gli chiese lui urlandogli contro non appena realizzò che il figlio aveva ripreso le vecchie abitudini, l'odore di erba e alcool e le occhiaie ne erano testimoni inequivocabili.
“Non sono affari che ti riguardano,” rispose secco il figlio senza neanche degnare di uno sguardo il genitore e avviandosi verso le scale, in cerca della sua camera e della sua chitarra; venne però fermato dal padre che lo costrinse a voltarsi e, con la mano ancora salda sull'avambraccio del figlio, gli mollò un sonoro schiaffo in pieno viso, schiaffo che Brian non sentì ma che anzi gli fece quasi bene, quel formicolio era imparagonabile a quella distruzione che aveva dentro.
“Sono affari che mi riguardano invece, fin quando ti distruggi a spese mie,” urlò ancora puntando gli occhi scuri in quelli del figlio, così simili ai suoi. Ma quelli del padre trasmettevano ansia e preoccupazione, quelli di Brian erano beffardi e vuoti.
“Ok, va bene, ora vai che se no mamma si incazza; divertitevi.”
Svincolandosi dalla presa del padre se ne salì in camera sua, lasciando il genitore sconcertato e attonito al piano di sotto, mentre lui si stese sul letto e chiuse gli occhi che gli bruciavano. Non l'avesse mai fatto, il film della sua vita gli passò davanti in mille flash e il vuoto dentro crebbe.
Gli occhi si inumidirono di nuovo.





*Love will tear us apart, Joy Division


--- Corner ---
Nuova storia, nuova collaborazione, nuova avventura!
I propositi sono buoni, bisogna solo sperare che gli esami e i vari impegni siano clementi e che permettano ad ispirazione e stesura di proseguire avanti senza intoppi.
Il titolo è tratto da una canzone dei The Pretty Reckless, Under The Water.
Hope you enjoyed, guys, ogni commento o inserimento tra preferiti/seguite/ricordate sarà più che gradito!
   
 
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