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Autore: SephAndNike production    29/08/2008    6 recensioni
Sono trascorsi più di due anni, e dopo il sanguinoso Torneo delle Tenebre... ne hanno fatto un altro! In nome dell'originalità! Ecco i nostri eroi che tornano ad affrontare con lo spirito di sempre una nuova minaccia (e anche due fanciulle non troppo indifese) in una storia a a due mani ricca tanto di suspence quanto di humor... almeno, speriamo! Recensite!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cap1 L’isola era da tempo immemore un ammasso di soli ricordi. Nell’aria che si respirava si poteva percepire, ancora, il metallico odore di sangue. Gli stessi alberi ne erano impregnati, e i fiori sembravano aver preso coloriti mai visti prima.
Dove ancora tutto era solo cenere, si ricominciarono a sentire delle voci in lontananza.
“Che i lavori abbiano inizio”
I grandi mostri metallici ricoprirono metà dell’isola e, insieme, ruggirono e emisero fumi densi dal colore grigio.
Ormai mancava poco tempo. Davvero poco.
 
Capitolo 1
“Un nuovo inizio”
 
Alla fine dello scorso torneo delle arti marziali nere, e del grande torneo del Makai, tutti iniziarono a cercare un modo per vivere in tranquillità, lontani da qualsiasi guerra.
Yusuke e Kuwabara tentavano, disperatamente,  di trovare lavoro in un ufficio di assicurazioni, Kurama era stato preso come sottosegretario nell’ufficio del padre, Hiei , dopo aver abbandonato Mokuro e il suo gruppo, vagabondava fra le dimensioni occupandosi degli umani dispersi o i demoni infiltrati nel mondo degli uomini.
La tranquillità, quasi paragonabile alla noia, presto si sarebbe spezzata. Tutti loro da tempo ormai percepivano una sensazione strana proveniente da ovest. Un eco lontano che li richiamava tutti a rapporto.
Un giorno che sarebbe venuto molto presto.
 
Ore 16:10. Dal grande ufficio della Minamino corporation si iniziò a sentire un lontano echeggiar di passi. Una valanga di lavoratori si stava precipitando all’uscita, quasi sfondando le porte.
Ma mentre quelli, uniformemente, si avviarono alle porte, il primo ad uscire fu un ragazzo dai lunghi capelli rossi, vestito in giacca e cravatta, che portava in mano una valigetta ventiquattrore di pelle nera.
Shuichi, questo è il suo nome, pareva aver fretta di tornare a casa. L’ansia che pervadeva i suoi occhi e il sudore che gli rigava la fronte erano la prova della sua preoccupazione.
Girò al primo angolo e si fiondò dentro una farmacia.
“ desidera qualcosa signore?”

 
Senza nemmeno riprendere fiato ne calma, rimise il portafoglio di nella valigetta e riprese a correre.
Lasciava che gli alberi gli sfrecciassero accanto, non degnò nemmeno ai semafori un minimo di attenzione.  Se qualcuno lo avesse incidentalmente tamponato probabilmente non si sarebbe comunque fermato. Aveva una missione da compiere. Un medicinale da portare alla madre.
Superato l’ennesimo semaforo rosso, ed essersi sorbito le lamentele, incrociò il giornalaio scontrando la spalla con un individuo.
Essendosi accorto del colpo si voltò e gridò:
“Mi scusi!”
Ma appena si accorse dell’individuo rallentò i propri passi fino a fermarsi completamente.
Aveva, per errore, scontrato una ragazza dai lunghi capelli, quasi arrivavano alle ginocchia, di un color nero corvino con forti riflessi blu. Il corpo longilineo, armonioso anche se con poche forme, vestita come una normale ragazza di tokyo.
Si voltò incrociando il suo sguardo gli sorrise e mosse le labbra per dire “non fa niente”.
Fu allora che Kurama notò gli occhi: la profondità dell’oceano e un senso di infinito cadere si rifletteva nelle sue pupille. Un segno sulla guancia, che lo confondeva dall’essere un tatuaggio o una cicatrice di vecchia data, lo mise in allerta.
Iniziava a percepire una sorte di brivido freddo partirgli dalla punta dei piedi fino ai capelli.
Quasi istintivamente si accarezzò la rosa che aveva nei capelli, provando a tornare sui propri passi.
Finché, quella sensazione di brivido, divenne vera e propria aria fredda e, improvvisamente, tutto attorno a sé parve congelarsi.
Il suo fiato creava minuscole nuvolette bianche e le persone parevano immobilizzate.
E’ un campo d’energia spirituale di elevata potenza, pensò Kurama, voltandosi di scatto, alla ricerca di una risposta a quel mutamento improvviso, e notò che l’unica persona che riusciva ancora a muoversi era la strana ragazza.
Anzi, sembrava che avesse creato lei stessa quel cambiamento. Fu allora che Kurama sfilò la rosa e si preparò.
Qualsiasi cosa fosse accaduta si sarebbe trovato preparato. Fissò la ragazza, ancora di spalle che continuava a camminare per la strada, quando percepì una flebile energia proveniente da nord.
C’era qualcun altro che continuava a muoversi. C’era qualcuno che, come lui e la ragazza, notava il cambiamento e continuava a camminare come nulla.
E proprio da dove guardava, sbucò un demone dalle forme serpentesche, che strisciava tra le gambe degli umani pronto ad attaccare la preda giusta.
Indossava solo vesti logori e le squame erano insanguinate. Probabilmente, come pensò Kurama, il passaggio per il mondo degli umani gli doveva essere costato molto. Sia dal punto di vista fisico che spirituale.
Annusava cercando disperatamente energia e sangue. Pareva sperduto.
 E’ solo un demone inferiore. Sarà meglio levarlo di mezzo, pensò Kurama, ma appena provò a trasformare la sua rosa in frusta, la ragazza dai lunghi capelli anticipò ogni sua mossa.
Allungò la mano destra facendo comparire attorno ad essa delle preoccupanti nubi nere, che si condensarono e unirono, risucchiate come dal palmo, per poi formare una spada dalla lunghezza spropositata, nera ed evanescente.
Era circondata da vapori neri che creavano a loro volta delle bolle liquide, come fatte di petrolio.
“Ma quella è…”
Impugnata saldamente l’arma, la ragazza scattò rapida tra le persone, arrivando faccia a faccia col demone al quale, senza dare un secondo di più, staccò la testa senza un minimo di esitazione. Non ebbe il tempo di sibilare che il corpo si disciolse in nubi nere.
Accadde tutto in meno di un istante: non ci fu sangue, non ci furono più tracce.
“…la mefistohara.”
La ragazza strinse l’elsa e il fumo e le bolle di petrolio tornarono, risucchiate, nella mano.
Si voltò e fissò Kurama: il segno sulla sua guancia pulsava di vita e gli occhi erano divenuti neri come gli abissi più profondi.
Gli sorrise con carineria, poi si levò dal suolo una bolla di fumo nero che la inghiottì. Quando la nuvola scura si fu dileguata, anche la ragazza era sparita.
In un attimo tutti tornarono a camminare, come niente. Le lancette dell’orologio puntavano ancora lo stesso orario.
Ma Kurama non poteva negare ciò che aveva visto con i suoi occhi, nonostante tutti gli altri sembrassero ignari.
Non riusciva ad essere calmo e fermo come al solito: da quel che sapeva quell’arma veniva utilizzata dagli sciamani e raramente i demoni erano dotati di tale potere. Un potere che tempo addietro era stato bandito e temuto, perché capace di portare solo morte e distruzione, e perché utilizzato unicamente da persone straordinariamente temibili..
Ma allora come mai non aveva percepito nemmeno un minimo di energia? Ora che sapeva, come poteva garantire la propria salvezza?
Rimise la rosa al suo posto e raccolse la tranquillità rimasta per tornare di fretta a casa.
Quel volto però lo ossessionava: chi era quella ragazza? Cosa ci faceva una creatura così potente nel mondo umano? E soprattutto, rappresentava un pericolo?
Intanto nell’ufficio d’assicurazioni Mishiku Tawara, Yusuke Urameshi e Kazuma Kuwabara erano intenti a lavarsi le mani nel bagno degli uomini. Entrambi fissavano la loro immagine riflessa nello specchio, quasi non riconoscendosi.
“Sembro un dannato pinguino con questo vestito da capoufficio.”
Fece Yusuke, cercando di allargare il nodo della cravatta, di un colore giallo-oro.
“Meglio pinguino che barbone ,se permetti.”
Rispose Kuwabara sistemandosi con l’acqua il ciuffo rosso pensando a quanto la giacca gli stesse divinamente.
Guardandosi e rimettendosi a posto le ultime cose, uscirono dal bagno pronti a rientrare nell’ufficio del capo.
Ma quel mondo così cementato, pieno di documenti d’archiviazione e monotonia parevano esser molto lontani dalla mente di Yusuke.
Lui non voleva essere rinchiuso, era un animale libero. Quella restrizione e quel luogo non facevano parte di quel che era, e tutto sembrava aver preso un colore grigiastro come quello della costrizione.
Il pensiero di una vita spesa a quel modo era troppo triste. Anche se non era più un detective, veniva comunque richiamato nel mondo dei demoni, eppure non gli bastava.
Da tempo ormai non combatteva. Da tempo i suoi poteri demoniaci inquieti reclamavano la vita.
Quando i suoi pensieri si soffermarono sull’immagine ansiosa di lui barbuto mentre vedeva una partita di calcio con Keiko che badava ai nove figli, di cui quattro gemelli, dall’angolo del corridoio vicino alla segreteria esplose un fascio di luce e comparve dal nulla una ragazza dai capelli azzurri.
“Botan?!?”
Esclamò Kuwabara, incredulo, guardandosi attorno sperando che nessuno vedesse quell’apparizione.
“salve ragazzi!” fece la ragazza, salutandoli, avvicinandosi a loro vestita come una segretaria d’ufficio “ era da tempo che non ci vedevamo”
“Già, ma non per colpa nostra, direi” Contraddì Yusuke, quasi sbuffando per ripicca.
In effetti di tempo ne era passato e non essendo più un detective era raro ricevere le convocazioni da parte di Koenma.
Tutto sembrava essere diventato parte di un passato molto remoto. Persino nello sguardo di Botan si poteva notare una certa malinconia.
“Ma dai, non stiamo qui a discutere! Usciamo, ho una richiesta molto speciale per voi, ragazzi” Riprese Botan, col suo solito sorriso smagliante.
“Di che si tratta?” domandò Kuwabara.
“Non ci crederete: abbiamo una missione d’emergenza. Koenma ha chiesto il vostro aiuto”
 

 
“ e quindi tu vuoi farmi credere che per mesi non vi siete accorti di due forze troppo potenti qui nel regno degli umani?” Fece allibito Yusuke, sbottonandosi giacca e camicia allentando la cravatta.
“Esatto. Purtroppo non riusciamo ancora a capacitarci come possa essere successo una cosa del genere. Sarebbe un punto a nostro sfavore se si venisse a sapere che creature del genere se ne vanno in giro senza permesso qui sulla Terra. Il re Enma non ne sarebbe felice e di sicuro chiuderebbe definitivamente i varchi dimensionali, mandando a monte il patto fatto da te, Mukuro e Yomi. Il nostro terrore è quello di un complotto: magari c’è qualcuno dall’altra parte che vuole sfondare il vostro regno”
“Ma scusa e nella possibilità che queste siano creature semplicemente disperse qui, voi li uccidereste lo stesso?”
Chiese Kuwabara, facendo cenno alla cameriera di portargli un altro frappe alla fragola e banana.
“Non li avremmo uccisi comunque. Ma finchè sono qui e non sappiamo chi siano nessuno ci darà la sicurezza di chi ci troviamo davanti. Potrebbero essere assassini o peggio.”
“E noi in tutto questo che c’entriamo?” sfidò Yusuke, diventato quasi suscettibile.
“Ovvio no? Siete gli unici a conoscere questa città meglio di chiunque altro. Gli unici ad avere una forza in grado di catturarli. Se riuscirete nell’intento avrete un lauto compenso”.
Ci furono dei secondi di silenzio dopo quell’affermazione: negli occhi di Kuwabara c’era un noto brillìo, mentre Yusuke già era intento a levarsi giacca e camicia.
“devo quindi dedurne che avete accettato?”
Yusuke sbuffò illuminando poi il volto di un sorriso quasi beffardo: “ In fin dei conti siamo i più forti guerrieri di tutte le dimensioni, cara mia.”
 

 
Dalle parti del Hanayashiki Amusement Park, l’ombra fuggente di Hiei sfrecciava d’albero in albero, sorvegliando e guardando dall’alto ogni famigliola, ogni turista, ogni stupido essere umano.
Nella sua testa ormai, però, regnava il vuoto. Aveva perso la voglia persino di sorvegliarli e/o salvarli.
Quindi lasciava passare l’apatia e la noia come una cosa di tutti i giorni. Tanto stanco da anche veder raramente Kurama e gli altri.
Sentiva dentro di sé la conclusione di un esistenza vuota, ormai finita.
“Uff…” sbuffava, rintanatosi sopra i rami di un albero di pesco in piena fioritura. L’ombra e i petali che volteggiavano, l’aria fresca di una primavera alle porte.
Tutto era così momentaneamente meraviglioso che quasi si sentì trasportato verso una calma interiore.
Forse quella tranquillità non gli dava poi così tanto fastidio, come pensava.
Finché non sentì un qualcosa cascare dall’altro lato dell’albero, tanto da smuovere le fronde facendo cadere decine e decine di petali al suolo.
Non poteva essere un uccello, non avrebbe fatto tutto quel casino. Così si voltò di scatto a vedere dietro l’altra parte del tronco.
Invece di trovarci un gatto o un qualche animale, lì stesa su un ramo stava una ragazza.
Quasi stranito, Hiei rimase al riparo per non farsi notare, osservando ogni suo movimento e ogni dettaglio fisico.
Era buffa: i suoi capelli, di un color rosso vivo, erano corti ed erano sistemati col gel verso l’alto, davanti aveva una frangetta non uniforme di color biondo, e dall’attaccatura dietro dei capelli partiva una lunghissima treccia come altre due, più corte, che portava ai lati del volto.
Il volto non riusciva bene a distinguerlo, ma doveva avere degli occhi color dell’oro, o almeno così gli sembrava. Doveva avere un fisico atletico, scattante, ma non per questo armonioso e con molte forme, dato anche il seno abbondante.
Aveva un quaderno di piccole dimensioni, forse un moleskine, sul quale stava scribacchiando.
No, guardando meglio stava disegnando. Improvvisamente poggiò la matita in un incavo del ramo e si voltò di scatto, incrociando direttamente lo sguardo di Hiei.
Lui, spaventato, non reagì scappando, come al suo solito, si sentiva pietrificato.
“Avevi intenzione di spiarmi ancora per molto?”. La voce della ragazza era ferma, tranquilla.
Hiei non rispose. Anzi non sapeva proprio come rispondere.
“oltre a essere uno spione sei anche muto.”
“NON SONO MUTO!” rispose innervosito Hiei, mostrando un leggero imbarazzo.
“allora ce l’hai la voce quando vuoi. Bene, almeno non dovrò intrattenermi con un mezzo incapace.”
La ragazza si voltò e lo fissò negli occhi porgendogli la mano.
“Piacere di conoscerti, compagno d’albero”
In un primo momento Hiei aveva quasi rifiutato quella mano, ma quella ragazza aveva un sorriso così sincero che gli sembrò brutto non rispondere alla cortesia.
Imbarazzato, guardando da un’altra parte, portò in avanti la mano destra, che la ragazza strinse.
Nello stesso momento in cui le mani entrarono in contatto Hiei percepì qualcosa di molto strano: la mano pareva essere scottante, ma non riusciva a levarla, come incollata.
Sentiva un crescente dolore di bruciatura sia sul palmo che sul dorso e, all’apice della sopportazione, fissò la ragazza:  nei suoi occhi parevano riflettersi un altro paio di occhi simil felino, e il suo intero corpo era pervaso di un energia spirituale potentissima e ardente di color bianco.
Era lucente e allo stesso tempo malevolo e spaventoso.
Quando riuscì staccò la mano da quella della ragazza, perdendo per un attimo l’equilibrio.
“E’ successo qualcosa?” fece lei, sorridendogli, come se non fosse accaduto nulla.
E Hiei capì.
“Tu non sei umana.”
La ragazza sgranò gli occhi e il sorriso sul suo volto si spense in un soffio.
“Che c’è? Ti disturba il fatto che ci sia una della tua stessa razza?”
Velocemente nella testa di Hiei apparve un unico pensiero: catturarla. Una così non poteva andarsene a zonzo per il mondo degli umani, col suo occhio vedeva che non portava il marchio del permesso di soggiorno. Così , senza nemmeno risponderle, si buttò su di lei per catturarla e lei, di rimando, balzò a un ramo più alto, scendendo velocemente sul ciglio della strada, correndo.
“Tsk! Dannazione”
Balzò giù dall’albero e prese a inseguirla.
“Oltre che forte questa qui è pure veloce. Non sarà facile prenderla”
 

 
“Scusate il ritardo. Abbiamo avuto piccoli problemi con la borsa dell’acqua calda.”
Appena entrato nel bar, Kurama si sistemò i capelli: affascinante, bellissimo, alla moda,  intelligente e misterioso. Le donne che lo guardavano svenivano al suo passaggio.
“KURAMAAAAAAAAAAAAAA!”
Kuwabara balzò dalla sedia precipitandosi al suo collo, abbracciandolo con tutta la forza dei suoi muscoli.
“maledetto volpino quanto tempo che non ci vedevamo. Te e quel dannatissimo ufficio”
Arrossito da cotanta leggerezza nell’abbracciarlo, Kurama non riprese fiato, quasi soffocato da tutta quella malinconia.
Poco più in là Yusuke aveva un lungo sorriso su tutta la faccia, il sorriso che si ha quando si è davvero felici mentre Botan pareva avere gli occhi lucidi.
“Che accoglienza ragazzi, sono passati solo pochi mesi.”
“Beh ma anche un corno che ne sono passati pochi. Il telefono non basta, Kurama.”
Rispose Yusuke, avvicinandosi per dargli una pacca sulla spalla.
“ ma a parte i convenevoli, cosa è successo? Che c’è di così urgente?”
Botan, ripresasi dal minuscolo momento di commozione, prese dalla borsetta che portava con se una serie di fogli plastificati.
In essi c’erano dei grafici, bozze di disegni e foto sfocate in ombra.
“QUESTO è il nostro problema.”
I tre si avvicinarono prendendo i fogli in mano, leggendo e scrutando i dettagli delle foto: c’erano solo delle ombre indefinite.
“dovreste cambiare fotografo” fece ironico Yusuke, ributtando i fogli sul tavolino.
In effetti su quelle tre foto c’era solo una luna e un ombra davanti, confusa dai contorni degli alberi, nella seconda in un parco su una banchina erano stati fotografati controluce due persone di spalle e nella terza un occhio tutto mosso.
“Non è facile fotografare dei demoni in movimento in una città affollata come questa. E’ difficile per noi riuscire a identificarli, anche perché i nostri fotografi ecco…”
Botan riprese fiato.
“…sono tutti stati uccisi. E questi sono gli unici reperti che abbiamo per identificarli.”
Ci fu un attimo di silenzio. Capirono tutti che individui del genere erano di una pericolosità inaudita, tanto da eliminare qualsiasi prova della loro esistenza.
“non hanno documenti qui a Tokyo, non sono schedati nel mondo dei demoni. Nulla di nulla. Sembrano essere inesistenti”
Proseguì Botan, mostrando loro gli schedari del Makai e di coloro che l’avevano abbandonato o che erano morti.
“l’unica cosa che sappiamo è che sono degli assassini e ladri professionisti. Non possiamo dirvi di certezza quanto, ma hanno rubato la metà quasi esatta del tesoro interno del Makai e Ningenkai.”
“ E con furti di così grande valore non vi siete minimamente mossi?”
Accusò Kurama, scosso da una leggera inquietudine, facendo sobbalzare Botan dalla sua calma.
“Abbiamo avuto dei problemi più grandi che badare a qualche ladruncolo. Il fatto è che si sono arricchiti ad una velocità impressionante e sono sfuggiti a qualsiasi sicurezza.”
“In poche parole noi dobbiamo trovare degli efferati assassini, ladri professionisti e rapidi come ombre qui a Tokyo? Perfetto. Tutt’a un tratto pensavo di annoiarmi.”
Fece Yusuke, sbruffone come suo solito.
“Se qualcuno disturba la MIA città allora dovrà pagarla”
Kuwabara si levò la giacca sbottonandosi la camicia. Brillava sul petto una S. (sorvolate su questo nelle vostre recensioni… nda – Seph)
“E NESSUNO POTRA IMPEDIRMI DI SALVARLA!!”
“Fammi indovinare” fece Yusuke “ da quanto tempo aspettavi di fare una scena del genere?”
“da sempre” sorrise innocentemente, riabbottonandosi la camicia.
“direi di partire alla ricerca fin da subito. Non sono tranquillo nel pensare che due efferati killer si aggirino da queste parti.”
Disse Kurama, uscendo in fretta dal bar seguito dagli altri.
“Dividerci sarebbe la cosa migliore…ma….”
Kurama guardò dall’altro ciglio della strada: lì vedeva una piccola ombra nera correre a velocità impressionante.
“…quello non è Hiei?!?”. Anche gli altri aguzzarono la vista: sì era proprio lui, correva dietro un’altra persona più in là, in una rapidità che solo loro riuscivano a vedere.
“SEGUIAMOLO!”




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Seph: da quanto volevamo mettere questa storia su internet!! Roba che va avanti dalla terza media! Ehi, non linciateci con le recensioni...
Nike: in effetti ormai la muffa avanza rapidamente sotto le mie acselle sudate...ma lasciando da parte il puzzo ecco qua una NUEVA AVVENTURA!!! Alla faccia...sta venendo completamente diverso dalla prima stesura ve?
Seph: e chi se la ricorda la prima stesura....  non ha l'aria di una cosa molto intelligente manco adesso, ma noi lo amiamo per quello che è, è il nostro bambino! (oddio, Seph, rinsavisci...). Comunque (rinsavita) questa storia mi mancava da morire...
Nike: già...pure a me. Le mie mutande mi hanno ricordato che era ora di dargli una spolverata. beh ma signori signore bimbi belli e bimbi brutti e quelli che fanno i rutti siamo solo all'inizio!! ...ehm....seph? non credi che iniziamo a sembrare un po' pazze? secondo me non recensirà nessuno per la demenzialità delle autrici.
Seph: benvenuta nel mio mondo. Ora non resta che pubblicare ed incorciare le dita. Comunque tanto per la cronaca, siamo pazze come sembriamo, ma questo non si è mai rivelato essere un difetto ^^ Un grazie anticipato a tutti quelli che recensiranno! Un bacio da Sephirah! (ecchissenefrega! ndVoi)
Nike: right right right! Un grazionissimo paciocchissimo e un bafone sul pancione a tutti da Nike ( mamma mia sembro un teletubbies...talmente mielosa da far venire le carie)

 
  
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