Un
battere
sulla porta insistente mi fece svegliare con la luna abbastanza storta.
La
sveglia proiettava sul muro le ore 8.00.
Non avevo da lamentarmi di solito venivo svegliata alle 6.00.
Aprì la porta
sbadigliando.
“Salve Syrya, dormivi?”
“Mhh.. lei che ne pensa?”, lo feci entrare e
preparai il caffè, che però bevvi
solo io perché Hector aveva già fatto colazione.
“Vestiti, ti ho trovato un lavoro e..”
guardò i miei abiti sulla sedia
“..sceglieremo vestiti più adatti.”
Annuì e andai in bagno a cambiarmi. Dieci minuti dopo
eravamo fuori casa nel
centro di Londra.
Mi guardavo intorno abbastanza meravigliata, in fondo io in diciotto
anni non
avevo quasi mai messo il naso fuori dal collegio e, quelle poche volte
che lo
facevo non venivo di certo in centro.
“Ehm…signor Portman..io ho solo…tre
sterline… non credo bastino”.
Portman scoppiò in una fragorosa risata.
“Non basteranno di certo, ma di questo non devi preoccuparti
hai ancora gli
averi di famiglia.”
Non ci avevo mai pensato, che stupida.. tutto quello che era
appartenuto alla
mia famiglia ora era tutto mio.. buono a sapersi!
Prima di entrare in una via piena di negozi Hector mi
squadrò da capo a piedi
socchiudendo appena gli occhi.
“Qualcosa.. non va?” mi guardai per vedere che cosa
avessi di strano e a mio
parere, assolutamente nulla.
“Stavo solo pensando a cosa ti manca e quale tipo di
abbigliamento potrebbe
andarti bene….”
Entrammo in una specie di centro commerciale, dove vendevano di tutto e
di più.
Avrei voluto compare un sacco di roba ma Hectori camminava spedito,
quasi
avesse paura che scappasse ciò che cercava.
Di scatto si fermo e io inevitabilmente gli sbattei addosso.
“Ecco… vieni”.
Una commessa mi accolse dandomi un calice con dello champagne da bere,
mentre
visitavo il negozio.
Capì che doveva essere un posto importante e parecchio
costoso. Hector mi mandò
nel reparto femminile.
“Scegli pure quello che più gradisci io
sarò di là.”
Incominciai a guardarmi intorno. Afferrai un bel po’ di
vestiti e con la mia
montagnetta di cose mi diressi a provarle in camerino.
Il primo completo che mi provai fu un paio di jeans, una maglietta
lunga verde
con una spalla scoperta, la felpa aperta sopra e un cappellino con i
lustrini,
le scarpe erano alte color fucsia con il tacco. Sorrisi guardandomi
allo
specchio, stavo benissimo. Aggiudicato.
Passai, al secondo, al terzo…. Alla fine di tutto ero andata
da Hector
mostrandogli magliette, gonne, pantaloni e completi. Tutti di suo
gradimento.
Mi fece rimanere vestita con i jeans e la maglietta, dicendo che mi
sarebbe
servito essere vestita così.
“Era essenziale che tu cambiassi vestiti, sai per il
colloquio di lavoro…che si
terrà proprio lì”.
Davanti a me c’era un bar. Io barista? Ma non ero capace.
Un uomo appoggiato alla porta, finì di fumare il suo sigaro
poi ci guardò.
“Desiderate?”
“Lei è Syrya Lee” disse indicandomi
“siamo qua, per il posto di lavoro di cui
avevamo parlato.”
L’uomo si ricordò e sorridendo ci
invitò ad entrare per illustrarci quale
sarebbe stato il mio lavoro
Ci sedemmo ascoltando.
“Bene. Allora iniziamo con il dire che io mi chiamo Mark
Wolfgan.”.
Quel nome mi ricordò qualcosa, ma ancora non ricordavo cosa.
Che strano.
“Bhe, come puoi vedere siamo in un bar, quindi il lavoro che
dovrai fare è
scontato. Hector mi ha detto che non hai mai fatto un lavoro di questo
tipo,vero?”
Annui vigorosamente.
“Tranquilla non è un problema, ci saranno altri
due ragazzi qua che ti
aiuteranno e ti spiegheranno anche come stare alla cassa.”
Io non ero abituata a rapporti con la gente.. come avrei fatto?
Guardai Wolfgan per dire qualcosa, ma appena incrociai il suo sguardo
sentì la
pelle bruciare e tutto intorno a me divenne nero.
Fu
solo per
un momento, poi tutto tornò come prima. Pensai ad un calo di
zuccheri dato che
non avevo mangiato nulla ed ero abituata a farlo invece.
“Pensa di potercela fare?”
“Bhe.. si. In fondo apprendo le cose in fretta. Non ci
sarà alcun problema.”, sorrisi
appena.
Mi girava la testa e non riuscivo più a respirare. Volevo
andarmene da
quell’ufficio, immediatamente.
Corsi fuori facendo cadere la sedia a terra con un tonfo, mi portai le
mani
alla gola sentendo che l’aria non passava più, era
come se qualcosa lo
impedisse.
Hector mi raggiunse quasi subito.
“Ma che succede?”, lo guardai ed inizia a sentirmi
meglio.
“Io.. niente, mi era mancata l’aria per qualche
secondo.”, sorrisi cercando di
essere convincente.
“Sarà stato per via del caldo, andiamo.”
Mentre ci dirigevamo a casa, passano in una via un po’ buia
ma che portava alla
nostra strada molto più in fretta.
Nascosto in un angolino vidi un micio color nero con gli occhi verdi.
Era
davvero bello, ma quando mi avvicinai per accarezzarlo
scappò via. I soliti
gatti randagi…
Quando arrivammo a casa, Hectori uscì nuovamente e io non
sapevo cosa fare.
Mi voltai e vidi che sul divano c’era esattamente lo stesso
gatto visto per
strada. Come aveva fatto ad arrivare lì?
Feci per avvicinarmi e prenderlo, ma questo sparì. Guardai
il divano. Iniziavo
ad avere le allucinazioni?
Senti un miagolio alle mie spalle, voltandomi vidi di nuovo il gatto in
un
angolino. Ma che accidenti c’era questo gatto o no?
Cercai di riavvicinarmi per prenderlo e lui non oppose storie, si fece
accarezzare per un po’ ma poi sparì nuovamente.
C’era qualcosa che non mi quadrava.
Il preside camminava per i corridoi sorridente e tutti i ragazzi appena
lo
vedevano si mettevano sull’attenti, ma di certo a lui non
importava più di
tanto.
Minerva lo raggiunse correndo.
“Albus! Finalmente ti trovo!”, aveva quasi il
fiatone.
“Calma, calma, che devi dirmi di così urgente da
farti perdere il fiato?”
“Ho trovato la ragazza.”
Silente divenne serio e fece cenno alla donna si seguirlo nel suo
ufficio.
“Ebbene?”.
Minerva si sedette iniziando a parlare.
“La ho osservata e senza dubbio è lei la ragazza
che cerchiamo…ma lei sai
qualcosa di tutto questo?”
“Non credo, e penso che neanche si aspetti tutto questo,
dobbiamo essere cauti
e non provocarle nessun tipo di shock.”
“Si.. ma allora come saprà?”
“Ora di settembre c’è tempo, un modo si
troverà tranquilla.”
Silente appariva pensieroso mentre guardava l’immagine di
Kehana in una sfera
di cristallo.
Alle 7.00 puntuale la sveglia di Kehana suonò. Era giunto il
momento di andare
al lavoro.
Si vestì come al colloquio ed uscì. Quando
arrivò erano le 8.15, era arrivata
con circa 15 minuti di anticipo, meglio così.
Entrò nel bar ma non vide nessuno in un primo momento, poi
una ragazza sbucò da
sotto il bancone.
“Ciao! Tu sei Kehana vero?”, ma com’era
che tutta la gente che incontrava
sapeva già chi era lei?
“Piacere io sono Emma. Wolfgan mi ha detto che
dovrò insegnarti un po’ il
mestiere giusto?”
“Si io non sono pratica.” Ammisi imbarazzata.
La ragazza mi sorrise.
“Non preoccuparti, è tutto molto
semplice.”
Mi fece mettere il grembiule ed iniziò ad illustrarmi i vari
drink, stuzzichini
e altro.
Quello era il pezzo più semplice, anche perché
avevo una tabella con scritto i
significati dei nomi.
Dopo un oretta e i primi danni iniziali, avevo anche capito come
funzionava la
cassa, mi divertiva tantissimo!
La parte più difficile arrivò quando feci le
prove per portare il vassoio con i
bicchieri. Puntualmente lì rovesciavo.
Alla decima volta riuscì a tenere in equilibrio tutti i
bicchieri facendo
cadere solo un po’ del loro contenuto.
“Sei stata brava!” disse Emma.
“Bhe.. come inizio non c’è male, vedremo
quando ci sarà gente.”
Essendo quella una prova, salutai Emma ed uscì. Ero davvero
brava non c’era che
dire, la modestia non fa parte di me.
Quando uscì dal bar la mia attenzione fu catturata da una
collanina luccicante
a terra.