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Autore: parolecomemarchi    13/07/2014    1 recensioni
Sono storie che dicono chiaro e tondo chi siamo, come ci siamo trovati e perchè, scoprono il nostro essere fino ad illuminarne ogni ombra.
siamo io e te insieme.
sono ricordi che ci guidano al presente, sono i racconti di noi due.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Raccolta di One Shot.

Racconti di noi due.

 
 



Perfect stranger

-Papà, papà!- sento una vocina chiamarmi a gran voce dalle scale, i suoi piccoli ed impacciati passi che si confondo tra lo scricchiolare del legno e il suo respiro affannato dalla corsa.
-Dimmi figliolo- lo accolgo tra le mie braccia e con un salto lui è sopra le mie ginocchia, le sue piccole mani intorno alla mia nuca e i suoi occhioni verdi che fissano i miei.
-Non qui, non qui!- esclama incitandomi a far su e giù con le ginocchia, lui ride e mi si aggrappa con ancor più trasporto, si arrampica rude sul mio petto e i suoi corti capelli castani mi accarezzano il viso provocandomi solletico, le punte spettinate di chi si è appena alzato da un riposino.
-E dove allora?- gli chiedo sorridendo, ammirando il mio campione che si alza in un batter d’occhio e mi tira per una mano verso la poltrona al fianco del camino acceso, le ultime fiamme si innalzano ad annerire i mattoni e a bruciare definitivamente il legno, lasciando solo grigia e bianca cenere.
-Là papà, sulla poltrona di mamma!- e così dicendo mi trascina con affanno fino alla famosa e tanto da lui amata poltrona in pelle rossa della sua mamma, nonché mia moglie.
-E perché proprio qui piccolo?- ora sono davvero curioso di scoprire il motivo di tanta eccitazione, tanto da avermi praticamente sradicato dal mio amato divano bianco.
Con uno spintone allo stomaco, assai poco delicato aggiungerei, mi fa sedere e con un altro dei suoi istantanei salti mi è sopra di nuovo, ora la sua testa appoggiata al mio petto, all'altezza del cuore che batte regolare e la schiena al mio addome.
Si accoccola per bene e solo dopo qualche minuto di silenzio, che passa a racimolare le idee e le parole da dirmi, solo quando il fuoco lancia gli ultimi sbuffi di fumo, la sua piccola e rosea bocca si apre pronunciando parole che mi colgono alla sprovvista.
Lo guardo attentamente, l’ombra di un sorriso commosso sulle mie labbra, lui ridacchia quando gli faccio il solletico sui fianchi, una strizzata e poi torno serio.
-Perché questa richiesta?- e sono del tutto convinto di poterla soddisfare, ma non succede tutti i giorni che tuo figlio di sette anni ti chieda di raccontare l’incontro tra i suoi genitori, è qualcosa di particolare e da una parte strano.
-Perché beh, volevo sapere come.. in fondo voglio scoprire se..- balbetta insicuro e tutta la sua precedente euforia sembra esser stata risucchiata come da un aspirapolvere prosciuga - sicurezza, e mi sento tranquillo perché ricomincia ad essere il bambino timido che conosco meglio di me stesso.
-Avanti, parla- lo incito con un sorriso che lui sbircia con la coda dell’occhio, si tormenta le piccole mani e poi spara la motivazione tutta d’un fiato, come se a tutto ciò avesse pensato migliaia e migliaia di volte, anche se io non posso sapere se ciò è realmente accaduto.
-Voglio sapere come nasce l’amore- e pronunciando la frase in un sussurro si fa tutto rosso, io rido di cuore e sento che in lui l’imbarazzo sale alle stelle, ma non sono così crudele da farlo voltare verso di me per ammirare il suo volto versione pomodoro.
Mi sembra strano però che non l’abbia chiesto a sua madre e così glielo chiedo, in parole gentili e sempre accompagnate da un sorriso sincero e la sua risposta mi fa ridere ancor più.
-Ma come papà! Lo dovresti sapere che le femmine ci mettono troppo zucchero quando si tratta di sentimenti!- e allora mi preoccupo che stia documentandosi su ciò.
-Ok figliolo, mettiti ben seduto che la storia è un po’ lunga, ma cercherò di soffermarmi solo sui punti salienti.- mi preparo anche io, scavo con le dita sui braccioli morbidi della poltrona e muovo i fianchi per posizionarmi in modo comodo, poi chiudo gli occhi e mi appoggio completamente alla seduta, accompagnata da Trav.
-Non so se hai fatto domande del genere anche alla mamma, ma io racconterò la mia versione dall'inizio, così come le cose me le ricordo. E comunque, ciò che dico non deve influenzarti in alcun modo perché, mamma te lo ripete molte volte, da giovane ero un po’.. pazzo. Bene.. sei pronto?- premetto il mio racconto con poche parole, e la mia domanda viene accolta e confermata con un breve ma veloce annuire con il capo da parte di Travis.
Chiudo gli occhi e mi lascio prendere dai ricordi.

 
-Ehi bro! Molla quelle valige e andiamo a fare un giro per il campo, Dean ci vuole in perlustrazione- il mio migliore amico Chaz entra con trasporto nella stanza dove ora alloggiamo e mi trascina fuori a suon di spintoni, io sbuffo scocciato.
-Senti bello, io non ho voglia di ‘perlustrare’- sottolineo la parola con le virgolette - a quest’ora del mattino, sono sfinito e voglio solo dormire- rientro in stanza con passo veloce appena la sua presa su di me si fa meno salda, ma non molla.
-Oh no! Non ti lascerò rovinare la tua e la nostra reputazione al Campus solo perché non hai voglia o solo perché, e non provare a negarlo, ancora ti senti una checca da quando Jessica ti ha lasciato- mi rimprovera duro ripigliandomi per la manica della maglietta larga e bianca che indosso e mi trascina di nuovo fuori, noncurante dei miei infiniti lamenti.
Vorrei contraddirlo su quanto ha affermato, ma lui è mio fratello e mi conosce meglio di chiunque altro, probabilmente meglio di me stesso.
-Quindi? Qual è il problema bro? La amavo e lei mi ha solo usato, ho il diritto di sentirmi una merda o no?- mentre percorriamo il corridoio e infine la scalinata per uscire dai dormitori lo fermo e glielo dico, santo cielo! Da quando Justin Bieber, il figo dell’intero campus, non può soffrire per amore? Io non vedo nulla di scritto, né cartelli né leggi che me lo impediscono e se fosse una regola la romperei sicuramente, è ciò che so fare meglio.
-Ok bro, ma devi riprenderti cazzo! Sono passati 4 mesi da tutto quel marasma e tu ancora sei infossato mentre lei se ne va scopando a destra e a manca come se non fosse successo niente- mi rimprovera lui costringendomi ad uscire nel cortile, esattamente davanti ai dormitori femminili, la perlustrazione me la dovrò subire comunque.
-Dovresti fare come lei- mi dice tutto ad un tratto, mentre già abbiamo avvistato Ryan e Dean, seduti su una panchina distante si e no 6 metri da noi.
-Cosa intendi dire? Porgere il culo a chiunque?- ridacchio consapevole che la battuta è del tutto inopportuna, ma riesco a ricavarmi una risatina e una vigorosa pacca su una spalla che ricambio subito dopo.
-No cretino, intendo dire che dovresti trovare un ripiego- e mentre dice ciò la sua voce si fa più bassa, poi capisco che è per la vicinanza agli altri, loro odiano vedermi così debole e non sopportano questi discorsi sulle donne che quindi possiamo solo fare io e Chaz, lui è il migliore.
-Ripiego?- proununcio quella parola e  non mi piace affatto, ripiegare significa usare a mia volta i sentimenti di un’altra ragazza, e non voglio farlo.
Potrò anche avere la fama del puttaniere qui, ma io tengo fede a mamma "una donna va rispettata Justin, anche se non la ami e se non la sopporti, anche se lei fa di tutto per farsi odiare, tu devi comunque rispettarla’" e avrei ascoltato le sue parole fino a quando non sarei schiattato.
La mamma è pur sempre la mamma, o no?
-Si, insomma- riprende Chaz ora più sbrigativo –Qualcuna con cui dimenticare. Magari un rapporto senza legami, tipo scopa-amici solo sesso. Intendi?- mi sorride divertito già sapendo che avrei comunque ceduto.
-Lo sai che mamma..- e lui al solo udire le mie parole mi si allontana e sbuffa sonoramente, poi mi si ri-affianca e mi butta quasi a terra con uno spintone.
-Quanto puoi essere idiota? La mamma, la mamma, la mamma… la vedi qui in giro?- fa girandosi attorno con lo sguardo portando una mano agli occhi, stile esploratore –Beh io no- e alla fine mi concede un’altra pacca sulla spalla e io comincio a stufarmi di tutto quel toccarmi, diamine non per qualcosa ma fa male!
-Non gioco con i sentimenti delle ragazze Chaz, e dovresti saperlo ormai. Mamma riempiva di lezioni anche te- e ora lo spintono io, i ragazzi intanto si alzano dalle panchine e ci fanno segno di seguirli, così non continuiamo la conversazione.
-Ok ok, ma tutte le ragazze che ti sei scopato l’anno scorso?- e così dicendo pensa di avermi incastrato, ma io ho sempre fatto una differenziazione tra le due categorie: donne – puttane.

 

-Papà cosa significa ‘scopare’?- e quell'improvvisa domanda di Trav mi fa andare nel pallone più totale, ma quella mia anima giovanile da cattivo ragazzo non potevo di certo soffocarla, visto che era quasi il centro di tutto.
-Ehm, significa… beh si, significa passare la scopa insieme!- e con questa mia uscita davvero poco elegante e a dir poco idiota mi rimetto nella carreggiata dei ricordi che ora diventano più chiari che mai.
-Però ora lasciami parlare senza interruzioni ok?- e spero che davvero mi ascolti perché non saprei proprio come spiegare molti altri termini che compariranno tra le mie parole. –Ok papà- e sento che ora posso stare almeno un po’ più tranquillo.


-Primo: ho sempre scopato con le ragazze che si offrivano a me, quindi era la loro volontà e secondo: quello è solo piacere carnale, e la maggior parte delle volte non conosco neanche il loro nome. Semplicemente si alzano a rapporto finito e a mai più. Intendi?- e così l’avevo definitivamente messo a tacere.
Camminammo per tutto il campus, ed era enorme, frequentavamo il terzo anno del Los Angeles City College, a un migliaio e più chilometri da casa, ma ormai era abitudine fatta per noi e quasi ne gioivo, insomma vivere da solo in una casa mia, nella soleggiata Los Angeles era un sogno e se con me c’erano alcool, ragazze e i miei migliori amici, allora era direttamente il paradiso.
-Beh ragazzi, qui c’è davvero molta merce- disse Dean che capeggiava il gruppo, strofinandosi le mani e ammiccando a destra e a manca a diverse ragazze carine.
Io annuii sovrappensiero, erano tutte carine certo, a parte qualcuna, ma nessuna di loro era davvero bella o affascinante, quel primo anno mi aveva proprio deluso, avevo sperato di poter ripiegare con una ragazza da togliere il fiato, magari da rivedere più volte invece della solita ed unica scopata da sbronzi, quando probabilmente sei talmente ubriaco da non distinguere la destra dalla sinistra.
-Bene, ci vediamo a all'inizio delle lezioni in casa, comunque non credo che quest’anno avremo corsi comuni- e mentre le parole uscivano dalla bocca di Dean io ero ancora nel mio irraggiungibile mondo, mentre con sguardo vacuo osservavo il nulla in direzione dell’edificio scolastico, dove ci sono le classi per i diversi corsi.
Sentì quasi indistintamente le pacche e i saluti dei miei amici e rimasi fermo e solo nel bel mezzo del cortile, accanto ad un tavolo da pic-nic.
Mi riscossi solo dopo pochi minuti e sostituii la mia espressione da coglione perso nel mondo dei sogni a quella tipica di Justin Bieber, ragazzo più popolare del L.A.C.C. 
Non tornai in stanza come gli altri, ed entrai nella struttura per i corsi intento a partecipare a quel primo ed inutile giorno di college, erano molti gli studenti che non partecipavano alle prime lezioni, perché è come in tutte le scuole, non si fa altro che presentazioni ai nuovi insegnanti e chiacchierate sugli argomenti con quelli conosciuti.
Entrai nella mia aula, la n°14, per seguire la lezione di francese avanzato, la professoressa Turner ci aspettava seduta alla cattedra, gli occhialoni spessi e grandi quasi quanto il resto della faccia ancora insostituiti, quelli che le avevano fatto guadagnare il soprannome di ‘Gufo’ i suoi occhi a palla ti seguivano ovunque.
Entrai in ritardo, come mio solito, la reputazione andava mantenuta fin dal primo giorno e chi li avrebbe subiti gli altri con le loro prediche sul rispetto e bla bla bla? Io di certo no.
-Come sempre Bieber in ritardo, ha intenzione di superare il record dello scorso anno?- chiese lei evidentemente scocciata e sarcastica, ma io con il mio miglior sorrisetto da affronto mi avvicinai alla cattedra –Dovrebbe saperlo prof, sono uno di parola- e così mi andai a sedere in un posto libero in ultima fila tra le risate di chi sapeva.
Mi ero riferito ad uno dei primi giorni di college, quando le avevo promesso di ritardare ogni anno sempre di più in cambio di buoni risultati e beh, ci ero riuscito. 
68 ritardi e la media dell’otto nella sua materia e non solo, lei non sapeva di essersi messa contro un canadese, il francese lo parlavo molto bene anche se molte volte incespicavo su alcune pronunce, ma insomma non sbagliare nulla è umanamente impossibile, a meno che tu non sia Kelly Grace.
Secchiona delle secchione, capeggiava il suo gruppo da ben due anni e si era guadagnata l'odio di tutte le cheerleader in una sola settimana, se nella gerarchia scolastica lei non ricoprisse l'ultimo scalino allora mi potrei persino permettere di ammirarla, perchè neanche i secchioni nel L.A.C.C. sono i classici studiosi tutti libri e niente amici, ad esempio Kelly degli amici ce li aveva e non era vittima di bullismo visto che sapeva farsi rispettare.
Era tutto migliore in quel college, non per altro era il migliore di tutta Los Angeles e io ero entrato con solo il mio cervello e un aiutino dai muscoli, una borsa di studio per il capitano della squadra di basket ci stava.
-Veda di non farsi cacciare anche questo primo giorno- e dopo questo avvertimento dal Gufo mi ero racchiuso nel mio silenzio aspettando che tutto finisse.
Non sapevo neanche io perchè non mi ero inabissato nel mio letto come ogni primo giorno da tre anni ormai, forse perchè preferivo un noioso silenzio accademico piuttosto che un chiassoso parlare a vanvera di quelli che definivo i miei amici, ma tranne Chaz li usavo un po' come con le ragazze, per scalare la vetta della popolarità.
Il padre di Dean era vicepreside di quel posto e se non fosse per questo sarei stato sbattuto fuori il secondo giorno del primo anno, ma quella bravata geniale ci era comunque costata una settimana di lavori forzati per la cuoca della mensa, ma ne era valsa la pena per quel magnifico scherzo.
Nascondere 100 grilli saltellanti e iperattivi nella borsa firmata di Skylar Keys non era stato affatto facile, ma il suo salto con urlo era stato epico, registrato da più di 200 cellulari e caricato su quasi tutti i social, uno scherzo epico si, ma piuttosto crudele e lo devo riconoscere.
A fine corsi, dopo ben due ore di letteratura inglese che per quel giorno equivaleva a chiacchiere su qualche poeta ormai morto e argomenti di cui non mi importava un accidente, potei godermi il silenzio del cortile vuoto, per essere settembre faceva fin troppo freddo, ma questo non mi impediva di pranzare da solo e all'aperto, non il massimo della popolarità, ma ad inizio anno potevo anche permettermelo, sopratutto se Dean e Ryan non sarebbero venuti a saperlo.
Fissando con sguardo annoiato la mensa affollata, soprattutto matricole, mangiavo lentamente e a grandi morsi un panino comprato nel bar al piano sottostante il mio, dove frequentavo i corsi avanzati.
Perso nei pensieri e nelle fantasticherie in cui ero solito immedesimarsi non mi accorsi dei passi leggeri che smuovevano l'erba e da una parte ero scusato visto che il vento era abbastanza forte da scuotere le chiome degli alberi che accerchiavano lo spazio verde, e solo quando si sedette a terra la vidi.
A dieci passi da me ma in linea con il mio corpo, era seduta una ragazza a gambe incrociate che inforchettava pezzi di frutta fresca con una forchetta di plastica per poi portarsela alla bocca, masticando lentamente mentre come me, poco prima, fissava la mensa piena e rumorosa.
Da quel momento in poi mi assicurai di non farmi notare anche se aveva dovuto vedermi in precedenza, lo spazio così grande e io solo, era impossibile non notarmi in quella distesa verde, ma se un'altra ragazza sarebbe venuta da me chiedendomi di condividere il pranzo, lei non l'aveva fatto e mi aveva ignorato come se non sapesse di me e della mia fama, ma questo non faceva che provocarmi piacere e stimolare il mio interesse.
Mi voltai verso di lei con il busto, i miei occhi scuri che scrutavano la sua minuta figura che sostava a così poco da me, ma che sembrava infinitamente lontana.
Come un'angelo, era bella come un angelo e sentivo che non poteva appartenere a quell'atmosfera insulsamente terrestre, lei era troppo per esistere in un nulla come quello.
Continuai a fissare il suo corpo snello ed esile nel mentre finivo il mio pranzo, da lontano percepivo il suo respiro calmo e regolare e il ritmo con cui infilava in bocca i pezzi di frutta, le sue labbra rosee che si schiudevano sotto il dolce sapore del suo cibo e il freddo vento che le faceva rabbrividire la pelle e le scompigliava i capelli scuri, e a me sembrava surreale.
Mi sentì la gola particolarmente secca e ruvida, quasi bruciava e non capì cosa mi fosse accaduto, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era a lei e ad ogni suo movimento, come se fossi ipnotizzato dal danzare dolce e fluente delle sue membra, lei era tutto ciò che le altre ragazze scorte nella perlustrazione non erano.
Era affascinante, interessante e ipnotizzante, sentivo la voglia di parlarle come un antico richiamo dentro di me, la mia bocca che premeva per far uscire suoni a lei rivolti, e niente mi aveva mai scosso come lei prima, tutte le avventure durate una sola notte sembrarono eclissarsi e mi sentì come un bambino alle prime armi con i sentimenti.
Esitavo inspiegabilmente, dovevo parlarle? e cosa avrei potuto dirle? Avrei voluto tanto baciarla, ma sarebbe stato troppo, eravamo solo due estranei, ma io volevo le sue labbra più di qualunque altra cosa in quel momento, sentivo che avrebbero potuto risolvere ogni mio problema.
Mi complessai per interi minuti, continuando ad osservarla rapito dalla naturalezza e scioltezza di ogni suo gesto, il movimento dolce ed accurato delle sue mani che chiudevano il contenitore del pranzo e che lo rimettevano nella borsa marrone che le pendeva su un fianco snello.
Alla fine non feci niente e la guardai mentre si alzava e se ne andava, muoveva passi sicuri nell'erba mentre il verde le risucchiava le caviglie e le accarezzava i morbidi jeans che le fasciavano le gambe toniche, e come un vero maschio il mio sguardo fu catturato da ogni sua rotondità e allora compresi, quando il mio stomaco prese a sfrigolare guardandola e pensando a lei, che ero stato colpito come da un fulmine a ciel sereno che portava il suo nome.




-Ti è piaciuta?- chiesi stranamente agitato a Trav, lui sbatteva le palpebre continuamente, come a voler scacciare il sonno che lo chiamava inesorabilmente, chissà se ora mi reputava una femminuccia per il modo in cui pensavo a sua madre.
Lui annuii distrattamente e sorrise, cercando di nascondersi al mio sguardo mentre si stropicciava un occhietto, risi di cuore e lo accolsi ancor più tra le mie braccia -Non ti nascondi alla mia infallibile magia 'cerca-sonno'! E' ora di andare a dormire!- e così dicendo lo presi in braccio, anche se con fatica dato che non era più così leggero come un tempo, e cominciai a salire le scale accompagnato dai suoi lamenti.
-Proprio una bella storia, ma le parolacce non si dicono!- mi rimproverò scendendo dalle mie braccia, gli bastò dimenare un po' di più i piedi e sentì di non potercela fare più.
-Ma facevano parte della storia!- scherzai con lui, ma ora sembrava che volesse prendere il mio posto di padre -Lo dirò a mamma- mi sorrise furbo facendo per scappare di sotto, lo bloccai per le gambe appena in tempo, sorrisi colpito dalla sua furbizia, voleva scartarmi di lato e passare con una finta.
-No che non lo farai- gli dissi prendendolo a testa in giù e portandolo nella sua stanzetta blu disordinata che più non si può, ma aveva ripreso da sua madre per questo e mi fece quasi piacere ritrovare in lui un po' di quella donna che amavo.
-Oh si, a meno che..- e con un sorrisetto in cui mi rividi chiaramente, quello di affronto che sapevo gli avrebbe portato tanti guai quanti ne aveva portati a me, mi si piazzò davanti in tutta la sua piccola statura.
Mi fece sorridere di tenerezza, ma cercai di mantenermi serio incrociando le braccia al petto e imitando la sua sua posizione autoritaria.
-Ehm?- lo apostrofai chiaramente in attesa di sentire 'vediamo fino a dove si spinge il piccoletto' mi venne da pensare.
-A meno che tu non mi canti una canzone!!!- e corse nella nostra stanza a prendere la chitarra, io lo seguì già scuotendo la testa, non che non volessi cantare per lui, ma era tardi e anche io sentivo il peso della stanchezza.
-No piccolo, è tardi- dissi prendendogli di mano lo strumento e poggiandolo sul suo lettino, e come se fosse stato programmato la porta di casa si chiuse con uno schiocco e la voce di mia moglie si ripercosse attraverso le mura di casa, Trav mi guardò furbo e corse di sotto seguito da me che lo acchiappai nel momento in cui fece per urlare a mamma tutto ciò che avevo detto, odiava quando dicevo parolacce in presenza di nostro figlio.
-Lascialo parlare Justin!- mi riproverò ridendo e subito dopo baciandomi sulle labbra, schioccò un bacio anche a Travis e io lo lasciai andare, ma prima che potesse parlare lo precedetti, sussurrandogli ad un orecchio -Ok, ti canterò la canzone- con tono sconfitto.
-Cosa volevi dirmi?- chiese lei posando la borsa sul tavolo della cucina e avvicinandosi di nuovo a noi, mentre uno sbadiglio lasciava le sue morbide labbra. 
-Nulla mamma, solo che papà è stato un fesso a non parlarti quel primo giorno al college- e prima che potessi ri-acciuffarlo corse via nella sua stanza, io sorrisi mentre Abby mi guardò confusa.
-Cosa hai combinato?- mi chiese mentre la racchiusi in un caldo abbraccio, le nostre fronti in contatto e i brividi ancora a percuotere il mio corpo per intero -Io? proprio niente.- e le sorrisi ingenuo come le piaceva, come facevo sempre quando io e Trav ne combinavamo una delle nostre.
-Spero di non doverti punire dopo aver saputo ciò che avete combinato tu e il mini te lì sopra.- sussurrò suadente al mio orecchio, rabbrividì immediatamente e me lo fece venire duro in un istante, maledetta la sua voce eccitante e maledetta la mia debolezza verso lei.
-Ti vedo sai?- alzò la voce per farsi sentire da Trav che ci spiava dalla ringhiera delle scale, io sorrisi.
-Credo che ti toccherà farlo, amore- e la baciai come non avevo avuto il coraggio di fare quel primo giorno.

 
*Jazzy99 space*
Tento qualcosa che mai ho fatto, una raccolta di OS che gira tutta intorno al filo conduttore di un padre che racconta il primo amore a suo figlio, in tal caso Justin a Travis e per quest'idea mi sono ispirata a tutte le volte che mia nonna mi parla di nonno che mi guarda tutti i giorni da lassù. (manchi nonno!)
Quando ne parla le luccicano gli occhi e io volevo prendere quest'emozione grandissima e cercare di riportarla almeno in piccola parte qui.
Spero che il mio tentativo sia riuscito, recensite?
-Sara


 
 
 
   
 
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