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Autore: G K S    20/07/2014    2 recensioni
- Cosa significa essere pazzi?
- Cosa significa stare rinchiusi in una stanza bianca?
// Parlo di una stanza munita di sbarre alla finestra in una soffocante oasi di pace priva di qualsiasi umanità realmente palpabile, priva di luce, priva di vita. //
Forse significano la stessa cosa ma non si può... scappare?
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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E questa è fatta! *sosprira*
Godetevi il finale e ovviamente fatemi sapere il vostro parere se vi va' :3
 







 


T u t t o






Nathan venne liberato da un operatore dalla camicia di forza. Gli consegnò il piatto con il cibo: banale tonno con insalata, come sempre avrebbe avuto quindici minuti di tempo per finire il cibo, poi lui, chiunque fosse, sarebbe tornato e gli avrebbe rimesso addosso la camicia di forza.
Nathan si scoccò le dita e cominciando a mettersi in bocca il cibo chiese, quasi fra se: «Non uscirò mai vivo di qui vero?»
L’operatore, che di norma non gli aveva mai rivolto la parola si girò a guardarlo: «Beh...» Cominciò: «Tu sei completamente fuori di testa.» 
«Certo...» Fece Nathan scuotendo la testa, rendendosi conto di essersi illuso, per qualche secondo che ci fosse ancora una possibilità, in mezzo a tutta quella confusione mentale non c’era neanche una parte di lui che credeva a quelle parole.
E poi... che sciocco doveva essere. Quel beh, buttato giù per l’appunto come una parola da poco conto era stata registrata dal suo cervello come una speranza. 
Ormai si aggrappava a qualsiasi cosa, a quella finestra, alla signora Stovyn, ormai non era più in grado di porsi dei limiti, non sarebbe riuscito ad andare avanti neanche se fosse stato costretto e neanche se non avesse avuto quei punti fermi. La verità era che se non avesse più avuto neanche quei contatti...
«In realtà Nathan...» Continuò l’operatore con la scritta Mike sulla targhetta: «La signora Stovyn sta premendo molto fortemente sul dirigente e sulla commissione d’esame del tuo caso, non mi sento di escludere che magari...» «Cosa?» Chiese immediatamente Nathan con lo sguardo freddo infiammato da quella notizia incredibile: «Beh...» Fece Mike alzando un sopracciglio: «Direi che potresti essere spostato con gli altri detenuti, non ci hai mai creato problemi e comunque sembra che la tua situazione giuridica non sia così...»
Ma Nathan smise di ascoltare.
Spostarsi con gli altri detenuti, avrebbe voluto dire basta camicia di forza, basta strisciare fino alla porta per premere il pulsante rosso per il bagno, basta alienazione, basta paura del buio della sua stanza imbottita, basta essere bianco come un cadavere. Già, si disse tra se, sorridendo a Mike: «Essere un detenuto normale significa che posso uscire all’aperto non è vero? Qui nel campo.»
Mike annuì aprendo la porta della sua stanza imbottita: «Si, e sta tranquillo Nathan, finirà così. La signora Stovyn riuscirà a convincerli, è troppo determinata per non farcela, ce la farà Nathan.»
Lo guardò e Nathan gli sorrise di nuovo come non faceva da mesi e mesi  in direzione di quell’uomo che vedeva ogni giorno senza riuscirlo mai a vedere davvero, riscaldato da quella notizia fiammeggiante che voleva dire qualsiasi cosa, la notizia che valeva tutto.
Mike stava per chiudersi la parta bianca alle spalle, Nathan era di nuovo imprigionato nella camicia di forza, anche se non allo stesso modo.
Alzò lo sguardo verso di lui, aveva gli occhi verdi si rese conto il ragazzo, e disse qualcosa, l’ultima di quella giornata:
«Ce la farai Nathan, ne sono certo, ce la farai.»
  
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